La Trinità

Indice

Libro III

Proemio

1.1 - Motivo per cui Agostino ha deciso di scrivere sulla Trinità

Coloro che lo vogliono mi credano: preferisco occuparmi a leggere che a scrivere libri.

Quelli che non credono ciò ma possono e vogliono sperimentarlo, mi diano da leggere dei libri con cui si risponda alle mie ricerche e alle domande degli altri, domande che debbo subire per l'incarico che svolgo al servizio di Cristo e perché mi brucia l'ardente desiderio di difendere la nostra fede contro gli errori di uomini carnali e grossolani. ( 1 Cor 3,1-2; 1 Cor 2,14 )

Vedranno allora con quale facilità mi asterrò da questa fatica e con quanta gioia io lascerò in ozio la mia penna.

Ma se delle opere che dobbiamo leggere su questi argomenti non esistono sufficienti edizioni in lingua latina, o non se ne trovano affatto, o in ogni caso possiamo trovarne difficilmente; se d'altra parte non abbiamo tanta pratica della lingua greca da essere capaci di leggere e capire libri che trattano di queste cose ( in questo campo, da quel poco che è stato tradotto, non dubito si possa trovare tutto ciò che possiamo utilmente cercare ); se d'altra parte non posso resistere ai fratelli che, in forza del loro diritto su di me, divenuto loro servitore, mi chiedono insistentemente di pormi soprattutto al servizio dei loro lodevoli desideri in Cristo con la mia lingua e la mia penna, che sono in me come una biga spronata dalla carità; e se confesso che io stesso scrivendo quest'opera ho imparato molte cose che non sapevo, questo mio lavoro non deve apparire superfluo a chiunque, sia egli un fannullone o una persona molto dotta, dato che a molti che non sono né pigri né dotti, e fra questi anche a me, esso è non poco necessario.

Quindi, fortemente sostenuti e aiutati da ciò che abbiamo letto di quanto altri hanno scritto su questo argomento, ho deciso, spintovi da Dio, di studiare e con il suo aiuto di esporre, ciò che ritengo si possa piamente 1 studiare ed esporre sulla Trinità, Dio uno, supremo e supremamente buono.

Cosicché, se non esistono altri libri di questo genere, ce ne sia uno da leggere per coloro che abbiano volontà e capacità di farlo; se già ve ne sono, se ne troveranno tanto più facilmente, quanto più ve ne saranno.2

1.2 - Attende, più che un lettore benevolo, un critico indipendente

Certo, se in tutte le mie opere io desidero non soltanto un lettore benevolo ma anche un critico indipendente, tanto più in questi scritti, in cui volesse Iddio che la stessa importanza dell'argomento spingesse a proporre delle soluzioni tante persone, quante ve ne sono che fanno obiezioni.

Ma come non voglio che il mio lettore sia compiacente con me, così non voglio che chi mi critica sia compiacente con sé.

Quello non ami me più della fede cattolica, questi non ami se stesso più della verità cattolica.

A quello dico: "Non devi sottometterti ai miei scritti come alle Scritture canoniche; in queste anche ciò che non credevi, appena l'avrai scoperto, credilo immediatamente; in quelli invece ciò che non vedi come certo non accettarlo con fermezza, se non l'avrai compreso come certo".

Così a questo dico: "Criticherai i miei scritti non in base al tuo modo di vedere o alla tua animosità, ma secondo la Scrittura, o in base ad argomenti indiscutibili.

Se vi scoprirai alcunché di vero, la sua presenza non è cosa mia ma deve diventare, per mezzo della comprensione e dell'amore, cosa tua e mia; se invece vi avrai costatato qualcosa di falso, in quanto errore è cosa mia, ma per mezzo della vigilanza bisogna far sì che non sia più né tuo né mio".

1.3 - Riassunto del libro precedente

Questo terzo libro, dunque, inizia dal punto in cui era giunto il secondo.

Eravamo pervenuti al punto in cui si voleva mostrare che il Figlio non è inferiore al Padre, perché questi ha mandato, quello è stato mandato, e che lo Spirito Santo non è inferiore né all'uno né all'altro, per il fatto che nel Vangelo si legge ( Gv 14,26; Gv 15,26; Gv 16,7 ) che egli è stato mandato dall'uno e dall'altro.

Poiché il Figlio è stato mandato dov'era, dato che venne in questo mondo, ( Gv 16,28 ) ed era già in questo mondo, ( Gv 1,10 ) e poiché anche lo Spirito Santo è stato mandato là dove egli era, dato che lo Spirito del Signore riempie l'universo e tutto abbraccia e sa tutto ciò che si dice, ( Sap 1,7 ) avevamo iniziato a studiare questa questione: se il Signore sia stato mandato dalle profondità dell'invisibile in quanto è nato nella carne e, come se fosse uscito dal seno del Padre, apparve agli occhi degli uomini in natura di servo; ( Gal 4,4; 1 Gv 4,2; Gv 1,18; Fil 2,7 ) se perciò anche lo Spirito Santo sia stato mandato in quanto anch'egli apparve sotto l'apparenza corporea di una colomba, ( Mt 3,16 ) e di fuoco diviso in forma di lingue, ( At 2,3 ) cosicché l'essere mandati abbia significato per essi uscire, agli occhi dei mortali, dalle segrete profondità spirituali, sotto qualche forma corporea, e così, poiché il Padre non ha fatto ciò, la Scrittura dica di lui che ha mandato soltanto, non che sia stato anche mandato.

Ci si è poi domandato per quale motivo la Scrittura non dica qualche volta che il Padre è stato mandato, se era lui che si manifestava per mezzo di quelle forme corporee che apparvero agli occhi degli antichi.

Se invece allora era il Figlio che si manifestava, per quale motivo sarebbe detto "inviato" tanto tempo dopo, ossia quando era venuta la pienezza dei tempi, ( Gal 4,4 ) perché nascesse da donna, dato che era mandato anche prima, quando cioè appariva sensibilmente in quei fenomeni?

E se è esatto che lo si dica "inviato" solo quando il Verbo si è fatto carne, ( Gv 1,14 ) perché allora si legge nella Scrittura che lo Spirito Santo è stato mandato, se di lui non si ebbe una simile incarnazione?

Se invece in quelle antiche apparizioni non si manifestava né il Padre, né il Figlio, ma lo Spirito Santo, perché anch'egli soltanto ora è detto "inviato", se già prima era mandato in queste diverse maniere?

Poi abbiamo fatto una suddivisione affinché queste cose venissero trattate con la più grande diligenza, e abbiamo posto tre questioni.

La prima è stata risolta nel secondo libro; ne restano due, e di esse inizierò a trattare ora.3

Infatti si è già indagato e dimostrato che, sotto quelle antiche forme sensibili e sotto quelle apparizioni, non si è solo manifestato il Padre né solo il Figlio, né solo lo Spirito Santo ma, senza restrizione alcuna, il Signore Dio in cui riconosciamo la Trinità stessa, ovvero una qualunque delle Persone della Trinità, che il testo della narrazione indicava attraverso alcune circostanze.

1.4 - Secondo problema: Dio per manifestarsi ha creato un nuovo essere, o ha fatto ricorso agli Angeli?

Ora anzitutto esaminiamo quanto segue.

Al secondo posto nella nostra suddivisione c'era questa domanda: è stato creato appositamente un essere, solo per svolgere questa funzione, un essere in cui Dio si manifestasse agli sguardi degli uomini secondo che egli riteneva opportuno in quel momento, oppure venivano mandati degli Angeli che già esistevano, perché parlassero in nome di Dio, assumendo un'apparenza corporea, tratta dal mondo sensibile, secondo le esigenze della loro missione, ovvero modificando e trasformando,4 secondo il loro volere, lo stesso loro corpo ( al quale non obbediscono, ma che, sottomesso, obbedisce loro ) in apparenze appropriate e adatte ai loro compiti, in forza del potere loro concesso dal Creatore?

Trattata questa parte della questione, nella misura che il Signore concederà, si dovrà infine vedere la questione che ci eravamo proposti di studiare: il Figlio e lo Spirito Santo erano già stati mandati anche prima e, se è così, che differenza esiste tra questa missione e quella di cui si legge nel Vangelo? ( Is 48,16; Gv 10,36; Gv 14,26; Gv 15,26; Gv 16,7; Gal 4,4 )

Oppure nessuno dei due è stato mandato prima che il Figlio nascesse da Maria vergine o che lo Spirito Santo apparisse visibilmente nella colomba e nelle lingue di fuoco? ( Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3,22; Gv 1,32; At 2,3 )

1.5 - Natura dell'azione degli Angeli

Ma confesso che supera le forze del mio spirito decidere se gli Angeli, conservando la spiritualità del loro corpo, operando con questa in maniera più segreta, assumano dagli esseri inferiori più corpulenti un qualcosa che, adattato a loro, mutino come se fosse una veste e lo trasformino in ogni sorta di forme sensibili anch'esse vere, come vera acqua fu mutata dal Signore in vero vino; ( Gv 2,9 ) ovvero se trasformino proprio i loro stessi corpi, come vogliono, in maniera adatta a ciò che fanno.

Ma qualunque di queste due ipotesi sia vera, non è cosa che importi per la presente questione.

Sono un uomo e nessuna esperienza può permettermi di comprendere queste cose, come le comprendono gli Angeli che fanno tutto questo e lo conoscono molto meglio di quanto io sappia come il mio corpo è modificato dalla disposizione della mia volontà, esperienza che ho fatto sia in me, sia negli altri.

Ma non è opportuno dire ora che cosa m'inclini a credere su questo problema l'autorità della divina Scrittura, perché sarei costretto a provarlo e ne deriverebbe un discorso troppo lungo su di un argomento che non è necessario alla presente questione.

1.6 - Compito degli Angeli nelle teofanie

Ora dobbiamo vedere questo: erano opere degli Angeli quelle forme corporee che apparivano agli occhi degli uomini e quelle voci che risuonavano ai loro orecchi, quando le creature sensibili, docili al volere del Creatore, prendevano le forme adatte alle circostanze?

Di tale docilità nel libro della Sapienza è scritto: La creatura infatti che obbedisce a te che l'hai fatta, esplica la sua energia per castigare gli ingiusti e si modera per beneficare quelli che confidano in te.

Perciò anche allora adattandosi a tutti questi cambiamenti serviva la tua benignità che tutto nutre, secondo il volere di coloro che aspiravano a te. ( Sap 16,24-25 )

La potenza della volontà divina, per mezzo delle creature spirituali, giunge fino agli effetti visibili e sensibili delle creature corporee.

Dove infatti non opera ciò che vuole la Sapienza di Dio ( 1 Cor 1,24.21; Sir 1,3.4 ) onnipotente, la quale estende la sua forza da un'estremità all'altra del mondo e tutto amministra con bontà? ( Sap 8,1 )

2.7 - La volontà divina causa suprema di tutto

Ma una cosa è l'ordine naturale nelle trasformazioni o variazioni dei corpi, il quale sebbene sia sottoposto a Dio, ( Gb 26,11 ) tuttavia per la sua abituale costanza ha perduto ogni fascino; così sono tutti i fenomeni di nascita, di morte, di mutazione, che si ripetono in cielo, in terra, in mare a intervalli brevissimi o certo non lunghi.

Altra cosa è lo stesso ordine naturale dei fenomeni meno comuni che accadono a lunghi intervalli di tempo.

Anche questi però, benché lascino stupita molta gente, sono fenomeni che gli studiosi di scienze naturali hanno ormai spiegato, e sono diventati nel volgere delle generazioni tanto meno meravigliosi quanto più ripetuti e noti.

Tali sono le eclissi di sole o di luna, certi fenomeni siderali rari, i terremoti, i parti mostruosi degli animali ed altri fatti consimili, nessuno dei quali si compie senza la volontà di Dio, sebbene ciò non appaia ai più.

E così, nella loro vanità, i filosofi, incapaci di scorgere la causa superiore a tutte le altre, ossia la volontà di Dio, hanno potuto attribuire quei fenomeni ad altre cause, o vere, ma prossime, o false e non suggerite affatto dalle loro ricerche sugli esseri corporei ed i loro ritmi, ma solo dai loro pregiudizi ed errori.

2.8 - Esempi

Farò, se possibile, qualche esempio che renda più chiare queste cose.

Certo il corpo umano presenta una massa di carne, una forma elegante, membra tra loro armonizzate e differenziate, un certo equilibrio della salute.

In esso è stata ispirata un'anima che lo governa ed essa è un'anima razionale, tale cioè che, sebbene mutevole, possa partecipare alla sapienza immutabile, così da essere compartecipe di una medesima realtà, come in un Salmo si legge di tutti i santi, con il concorso dei quali, quasi fossero pietre vive, si va edificando nei cieli la Gerusalemme di lassù, la nostra Madre eterna. ( 1 Pt 2,5; Ef 4,12; Eb 12,22 )

Dice infatti il Salmo: Si edifica Gerusalemme come città di compartecipanti ad una stessa realtà. ( Sal 122,3 )

Questa stessa realtà indica qui il Bene sommo ed immutabile che è Dio, la sua sapienza e la sua volontà.

Di lui si canta in altro Salmo: Tu li muterai ed essi muteranno, ma tu rimarrai lo stesso. ( Sal 102,27-28 )

3 - La volontà di Dio causa suprema agisce per mezzo dell'anima del giusto

Rappresentiamoci dunque con il pensiero un saggio la cui anima ragionevole sia già partecipe della immutabile ed eterna verità, che la consulti circa tutte le azioni e non faccia assolutamente nulla che in essa non abbia visto doversi fare, per agire virtuosamente nella sottomissione e nell'obbedienza ad essa.

Supponiamo che quest'uomo, dopo aver interrogato la legge suprema della giustizia divina, udita misteriosamente con l'orecchio del suo cuore, e per comando di essa, spossi il suo corpo in qualche opera di misericordia e contragga una malattia e, consultati i medici, senta l'uno diagnosticare come causa della malattia la mancanza di umore nel corpo, l'altro l'eccesso di umori; l'uno di essi indicherebbe la vera causa, l'altro sbaglierebbe, ma sia l'uno che l'altro si pronuncerebbe circa le cause prossime, ossia circa quelle corporee.

Ma se si cercasse la causa di quell'essiccamento e si trovasse che è la fatica volontaria, si sarebbe giunti già ad una causa superiore, proveniente dall'anima che governa il corpo e influisce su di esso.

Ma nemmeno questa sarebbe la causa prima.

Questa causa prima era da identificarsi senza dubbio nella stessa sapienza immutabile, che l'anima di questo saggio aveva servito per amore, ed ai cui comandi misteriosi aveva obbedito nell'intraprendere la fatica volontaria; perciò si scoprirebbe con assoluta esattezza che la causa prima di quella malattia non sarebbe che la volontà di Dio.

Supponiamo ora che quel saggio nel compiere quel lavoro, intrapreso per dovere e per pietà, si sia servito di aiutanti che abbiano collaborato alla sua opera buona, ma senza servire Dio con la medesima volontà, bensì unicamente per venire in possesso di una ricompensa, oggetto delle loro cupidigie carnali, oppure per evitare delle noie materiali.

Supponiamo che abbia anche fatto uso, se lo esigeva il compimento dell'opera intrapresa, di animali da soma; questi sono esseri animati privi di ragione e perciò non muoverebbero le loro membra sotto i carichi, perché convinti di fare un'opera buona, ma solo spinti dall'istinto del loro godimento e per evitare i maltrattamenti.

Supponiamo infine che abbia usato anche di cose corporee sprovviste di sensibilità, necessarie alla sua opera, cioè frumento, vino, olio, vestiti, denaro, libri e qualsiasi altra cosa simile.

Tutti i corpi usati in questo lavoro, corpi animati o inanimati, sarebbero mossi, consumati, riparati, distrutti, di nuovo prodotti e sotto l'azione dello spazio e del tempo subirebbero trasformazioni sempre nuove.

Ebbene la causa di tutti questi fatti visibili e mutevoli sarebbe forse diversa dalla invisibile e immutabile volontà di Dio, che per mezzo dell'anima pia, divenuta quasi sede della sapienza, si serve di tutte le cose, sia delle anime cattive e irragionevoli, sia di corpi da esse animati e vivificati, sia di corpi inerti, prendendo a proprio servizio prima di ogni altra cosa la stessa anima buona e santa, dopo averla indotta ad una devota e sincera sottomissione?

4.9 - La volontà di Dio dispone di tutti gli esseri secondo le sue irrevocabili decisioni

L'ipotesi che noi abbiamo fatto in forma di esempio, circa un solo uomo saggio, sebbene ancora vivente in corpo mortale, ed in possesso di una visione parziale, ( 1 Cor 13,12; 2 Cor 5,6 ) è possibile estenderla ad una casa in cui abita una comunità di tali saggi, ad una città o anche alla terra intera, nel caso che l'impero e il governo delle cose umane5 sia nelle mani di uomini saggi, religiosamente e pienamente sottomessi a Dio.

Ma, poiché questo non si è ancora avverato ( prima infatti occorre che, in questo pellegrinaggio durante la vita mortale, ci esercitiamo e ci educhiamo tra i flagelli con la forza della mansuetudine e della dolcezza ), raffiguriamoci proprio quella patria superiore e celeste dalla quale siamo lontani.

Lassù la volontà di Dio, che ha i venti per suoi messaggeri, i lampi di fuoco per suoi ministri, ( Eb 1,7; Sal 104,4 ) presiede sul suo trono alto, santo, segreto, nella sua casa, nel suo tempio, tra gli spiriti che unisce tra loro una suprema pace ed amicizia, e fonde in un solo cuore l'ardore della carità.

Di là si diffonde dappertutto, movendo con ordine perfettissimo prima le creature spirituali, poi quelle materiali.

Di tutte le cose si serve secondo le sue irrevocabili decisioni; delle immateriali e delle materiali, degli spiriti ragionevoli e irragionevoli, di coloro che per la sua grazia sono buoni e di coloro che per la loro propria volontà sono cattivi.

Ma come i corpi più pesanti e più deboli sono governati secondo un ordine determinato da corpi più sottili e più potenti, così tutti i corpi sono governati da un essere vivente ed il vivente privo di ragione da un vivente ragionevole, il vivente ragionevole che si è fatto disertore e peccatore da un vivente ragionevole, pio e giusto, e questo da Dio stesso; così tutta la creazione è governata dal suo Creatore, dal quale, per mezzo del quale e nel quale è stata anche creata e ordinata. ( Col 1,16; Rm 11,36 )

Di conseguenza la volontà di Dio è la causa prima e suprema di tutte le forme e i movimenti sensibili.

Niente infatti di visibile e sensibile accade senza che dal profondo del suo palazzo invisibile ed intelligibile il supremo Sovrano l'abbia comandato o l'abbia permesso, in conformità alla ineffabile ripartizione dei premi e delle pene, delle grazie e delle ricompense in questo vastissimo e immenso Stato, che è l'intera creazione.

Indice

1 Cicerone, De fin. bon. mal. 3, 1, 2;
Agostino, C. Acad. 3, 12, 27: NBA, III/1;
Serm. D.ni in monte 1, 3, 10: NBA, X/2;
Retract. 1,1,9
2 Sopra 1,3
3 Sopra 2,7,13;
Sopra 2,18,35
4 Cicerone, De orat. 3, 45, 177;
Orat. part. 7, 23
5 Crisippo, Fragm. 35;
Cicerone, De fin. bon. mal. 2, 12, 37;
De off. 1, 43, 153; 2, 2, 5;
Tuscul. 4, 26, 57