Teologia dei Padri

Indice

La santificazione - La fede

1. - La fede in Cristo, che giustifica gli empi

Ebbene, io dico che coloro i quali tanto orgogliosamente presumono di sé, da credere che tutto debba attribuirsi alla forza della loro volontà e da negare che sia loro necessario l'aiuto divino per vivere nel bene, io dico che costoro non possono credere in Cristo.

A niente giovano le sillabe che formano il nome di Cristo, i sacramenti di Cristo, quando ci si oppone alla fede in Cristo.

Ora, la fede in Cristo consiste nel credere in colui che giustifica l'empio, credere nel mediatore senza il quale non ci possiamo riconciliare con Dio, credere nel Salvatore che è venuto per cercare e salvare chi si era perduto, credere in colui che dice: Senza di me niente potete fare ( Gv 15,5 ).

Chi dunque, non riconoscendo la giustizia di Dio che giustifica l'empio, vuole imporre la sua superba giustizia, non può credere in lui.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 53,10

2. - Il dono della giustificazione

Se non ci abbandoniamo in preda alla pigrizia e non incoraggiamo le inquiete ispirazioni della malizia, ma ci adoperiamo per dirigere il nostro animo ed elevare i nostri pensieri verso il Signore, non v'è dubbio che egli, da parte sua, ci verrà incontro e ci condurrà certamente presso di sé.

Ogni aspirazione a piacere al Signore e a servirlo, infatti, comincia già nei pensieri.

Cerca, perciò, di renderti gradito al Signore, contemplandolo costantemente nella profondità del tuo io, andando alla sua ricerca con i pensieri e costringendo la tua stessa volontà a tendere con perseveranza verso di lui; vedrai, così facendo, come il Signore si chinerà verso di te e verrà a porre in te la propria dimora.

Quanto più, infatti, concentri l'animo tuo nella ricerca di Dio, tanto maggiormente il Signore viene sollecitato, dalla sua stessa misericordia e bontà, a venirti incontro e a ristorarti.

Egli scruta fissamente il tuo intelletto, con i suoi pensieri e le sue meditazioni, per accertarsi del modo come tu lo cerchi, con tutta la tua anima ovvero con pigrizia e superficialità.

Così, allorché si accorgerà della sollecitudine con la quale cerchi di tendere verso di lui, il Signore allora si manifesterà e ti apparirà, ti fornirà il suo aiuto e sarà l'artefice della tua vittoria, liberandoti dai tuoi nemici.

Constatando anzitutto, infatti, il tuo ardore nel ricercarlo e il modo come ogni tua speranza è incessantemente riposta in lui, egli ti insegnerà e ti farà il dono dell'autentica preghiera e di quel verace amore che è egli stesso, diventando, in te, ogni cosa: paradiso, albero della vita, perla, corona, architetto, contadino, creatura sofferente e divinità imperturbabile, uomo e Dio, vino, acqua viva, agnello, sposo, soldato, arma, « tutto in tutti »: Cristo.

Come il bimbo non è capace di curare e di assistere se stesso, ma si limita a volgere lo sguardo verso la mamma, piangendo, finché questa, intenerita dall'affetto, non lo prenda in braccio; così pure le anime fedeli ripongono la loro speranza unicamente nel Signore, considerandolo come l'artefice di ogni bene.

Come il tralcio s'inaridisce senza la vite, infatti così accade a chi voglia ricever giustificazione senza l'aiuto e i meriti di Cristo.

Colui che giustifica se stesso senza ricorrere al solo che possa giustificarlo, perciò è simile al brigante e al ladro, che non entra attraverso l'ingresso, ma sale da un'altra parte ( Gv 10,1 ).

Eleviamo, dunque, il nostro corpo e facciamone un altare, ove deporre tutti i nostri pensieri; preghiamo, poi, il Signore, perché invii dal cielo un fuoco grande e invisibile che bruci, fino alla consumazione, l'altare e tutto quanto vi è deposto.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 31,3-5

3. - Cristo in noi

Tu hai esaminato te stesso, ti sei riconosciuto colpevole, hai giudicato la tua vita dicendo: ho fatto questo peccato, e Dio mi perdonò; ne ho commesso un altro e la giustizia non mi ha colpito; ho ascoltato il Vangelo e lo ho disprezzato; sono stato battezzato, ma sono ricaduto nelle stesse colpe di prima: che faccio? dove vado? che via di scampo ho ancora?

Quando tu dici a te stesso queste cose, già Cristo è colto dal fremito, perché è la fede che freme.

Nella voce di colui che freme, c'è già la speranza della risurrezione.

Se la fede è dentro di te, dentro di te c'è Cristo che freme e si turba; poiché se la fede è in noi, Cristo è in noi.

Lo attesta l'Apostolo: Per mezzo della fede Gesù Cristo abita nei nostri cuori ( Ef 3,17 ).

Se la tua fede deriva da Cristo, Cristo è nel tuo cuore.

Ricordatevi l'episodio del Vangelo, in cui si narra di Cristo che dormiva nella barca: i discepoli, vedendosi esposti al pericolo di un imminente naufragio, gli si avvicinarono e lo svegliarono.

Cristo si alzò, comandò ai venti e alle onde, subito si fece gran calma sul mare.

Fa' anche tu così. I venti entrano nel tuo cuore come se tu navigassi in questa vita su un mare procelloso e pieno di scogli pericolosi: il vento entra, sconvolge le onde, e la tua navicella ne è quasi travolta.

Chi sono questi venti? Ti è stata rivolta un'offesa e tu sei colto dall'ira: l'offeso è il vento, l'ira è l'onda travolgente, sei in pericolo, perché ti prepari a rispondere, ti prepari a restituire l'offesa con un'altra più grave, e già la tua nave si avvicina al naufragio.

Sveglia a questo punto Cristo che dorme.

Tu eri travolto dalle onde, stavi per rispondere con un'ingiuria all'oltraggio che ti è stato fatto, perché Cristo dormiva sulla tua navicella.

Il sonno di Cristo nel tuo cuore è l'oblio della fede.

Infatti, se svegli Cristo, cioè se fai appello alla fede, Cristo si desta nel tuo cuore e ti parla.

Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 49,19

4. - La fede, dono di Dio

Convinti come tutto ciò che è necessario alla salvezza veniva donato loro dal Signore, gli apostoli giunsero a chiedergli il dono della fede dicendo: Signore, aumenta in noi la fede! ( Lc 17,5 ).

Non presumevano dunque di poter ottenere la salvezza col loro libero arbitrio, ma erano convinti che doveva venir elargita loro per dono di Dio.

E lo stesso autore della salvezza umana ci insegna quanto la nostra fede sia labile e debole, e quanto poco possa bastare a se stessa, se non fosse sorretta dall'aiuto di Dio, dicendo a Pietro: Simone, Simone: ecco che Satana vi ha ricercati per vagliarvi come grano; ma io ho pregato il Padre mio perché la tua fede non venga meno ( Lc 22,31-32 ) …

Se perfino in Pietro, dunque, alla fede era necessario l'aiuto del Signore per non venir meno, chi sarà tanto presuntuoso e cieco che ritenga di non necessitare del soccorso quotidiano del Signore per poterla custodire? …

La sopportazione più strenua che ci permette di sostenere le tentazioni gravi non dipende dalla nostra virtù, secondo l'Apostolo, ma piuttosto dalla misericordia e dall'opera mitigatrice di Dio: dice infatti: Nessuna tentazione vi ha sorpresi, se non umana; Dio infatti è fedele, e non permetterà che siate tentati oltre il vostro potere, ma con la tentazione provvederà anche il modo di uscirne bene, dandovi il potere di sostenerla ( 1 Cor 10,13 ).

E che Dio adatti, cioè avvalori il nostro animo a compiere ogni opera buona, e inoltre che egli operi in noi ciò che a lui piace, ce lo insegna lo stesso Apostolo: Ma il Dio della pace, che nel sangue di un patto eterno suscitò dalle tenebre il grande pastore del gregge Gesù Cristo, vi adatti in ogni opera buona, attuando in voi ciò che è gradito al suo cospetto ( Eb 13,20-21 ); il che egli volle ottenere ai Tessalonicesi, pregando così: Ma lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio nostro Padre, che ci ha amati e ci ha donato la consolazione eterna e la speranza buona nella grazia, esorti i vostri animi e li avvalori a ogni opera e discorso buoni ( 2 Ts 2,16-17 ).

Anzi, lo stesso timore di Dio, per il quale ci teniamo stretti a lui, ci viene infuso dal Signore: lo attesta chiaramente il profeta Geremia, parlando a nome di Dio in questi termini: E darò loro un solo cuore e un'anima sola, perché mi temano tutti i giorni, perché tutto vada bene a loro e, dopo di loro, ai loro figli; farò con loro un patto eterno, non cesserò di beneficarli e infonderò nel loro cuore il mio timore, affinché non si allontanino da me ( Ger 32,39-40 ).

Anche Ezechiele dice: E darò loro un cuore nuovo, e riverserò nelle loro viscere uno spirito nuovo, toglierò dalla loro carne il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, affinché camminino nei miei precetti, custodiscano le mie leggi e le osservino, e siano per me il mio popolo, e io per essi il loro Dio ( Ez 11,19-20 ).

Ecco l'insegnamento profondo e chiarissimo di tutto ciò: anche l'inizio della buona volontà ci viene concesso per ispirazione del Signore, quando egli ci attrae alla salvezza o direttamente o per esortazione altrui o quasi costringendoci; e ugualmente da lui ci viene donata la perfezione della virtù.

A noi è dato solo di corrispondere con vigore o con tiepidezza a questo stimolo e aiuto di Dio, meritandoci così il premio o i castighi ben degni per aver negletto o, rispettivamente, cercato di conformarci, con devota obbedienza, al suo dono, alla sua provvidenza a noi elargita con somma degnazione e bontà.

Giovanni Cassiano, Conferenze, 3,16-19

5. - Se Dio non ci dà forza, non siamo niente

Certi corpi esercitano una naturale attrazione su altri corpi, come, ad esempio, la calamita che attira il ferro oppure la cosiddetta nafta a contatto con il fuoco.

Non diversamente la fede, quand'è sincera e profonda, attira il miracolo da parte di Dio …

A mio avviso, allo stesso modo come, prendendo spunto dalle realtà materiali, il terreno, benché opportunamente lavorato non può essere sufficiente, da solo, a produrre il raccolto se non vi si unisca anche l'opera della semenza e, più ancora, l'acconcia predisposizione del luogo stesso ove il seme venga gettato, secondo il disegno di colui che organizza e manda ad effetto il lavoro così come l'ha concepito ( e né, d'altronde, il luogo scelto ad ospitare il seme varrebbe da solo all'opera, senza l'accorto trattamento del terreno ); allo stesso modo la forza miracolosa, senza la fede del malato, non manifesta punto la propria efficacia in vista della guarigione, come, da parte sua, la fede, quale che sia la sua purezza, non può sortire miglior risultato senza la potenza divina.

Ora, quanto sta scritto a riguardo della sapienza, applicalo alla fede e alle virtù particolari, parafrasando il testo nella maniera seguente: « Se anche, infatti, qualcuno fosse perfetto, nella fede, tra i figli degli uomini, nel caso in cui gli venisse meno quella potenza che proviene da te non sarebbe più stimato alcunché »; ovvero: « Se vi fosse qualcuno perfetto, nell'intelligenza, tra i figli degli uomini, costui non sarebbe ritenuto nulla, senza l'intelligenza che promana da te » …

Che, dunque, il sapiente non meni vanto della sua sapienza né il forte della sua forza ( Ger 9,22 ); ciò che è degno di lode, infatti, non appartiene a noi, ma è, piuttosto, dono di Dio ( Ef 2,8 ): la sapienza che deriva da lui, la forza che trova in lui la propria origine e, parimenti, per quanto concerne le altre virtù.

Origene, Commento al Vangelo di san Matteo, 10,19

6. - Promessa per i credenti

Serviamo Dio con purezza di cuore, fratelli: solo in questo modo, infatti, potremo dirci giusti.

Se, invece, non sapremo mantener fede alla sua promessa e non lo serviremo, saremo infelici, secondo quanto afferma la parola profetica: Infelici coloro che si mostrano esitanti nel loro cuore e dicono: « Abbiamo udito tutto questo molto tempo fa, fin dall'epoca dei nostri padri; noi, però, pur avendo atteso giorno per giorno, non abbiamo visto nulla ».

Incoscienti! Paragonatevi a un albero, prendete esempio dalla vite: prima cadono le foglie; in un secondo momento spunta il germoglio, poi il grappolo verde e, infine, l'uva matura.

Le cose stanno, appunto, così: il mio popolo ha subito sconvolgimenti e sofferenze; alla fine, tuttavia, conseguirà il bene [ si tratta di una curiosa citazione, pressoché identica anche nella lettera di Clemente, cap. 23; forse appartiene al Libro di Elad e Modat, un testo apocrifo di carattere profetico citato anche nel Pastore di Erma, cap. 7 ].

Perciò, fratelli miei, non lasciamoci prendere dal dubbio; perseveriamo, piuttosto, nella speranza, allo scopo di riscuotere il premio: fedele è, infatti, colui che ha promesso ( Eb 10,23 ) di accordare a ciascuno conformemente alle sue opere.

Se ci comporteremo, dunque, con rettitudine al cospetto di Dio, saremo accolti nel suo regno e conseguiremo quelle promesse che occhio mai non vide né orecchio mai udì né mai cuore d'uomo ha potuto gustare ( 1 Cor 2,9 ).

Stiamo preparati in ogni momento al regno di Dio, vivendo nella carità e nella giustizia: non conosciamo, infatti, il giorno in cui il Signore farà la sua apparizione.

Clemente di Roma, Seconda Lettera ai Corinti, 11-12

7. - Ricchezza nella fede

La fede è garanzia delle cose sperate, prova di realtà che non si vedono.

In questa, infatti, gli antichi hanno ricevuto una testimonianza ( Eb 11,1-2 ) …

Gran cosa è un uomo che crede, più ricco di tutti i ricchi: tutte le ricchezze dell'universo, infatti, appartengono a colui che ha fede ( Pr 17,6 ), dal momento che egli le disprezza e le calpesta.

Coloro che sono ricchi di beni materiali, infatti, benché ne posseggano in gran copia, dal punto di vista dell'anima sono vittime della miseria: quanto più capitalizzano, tanto più sono tormentati dal bisogno di ciò che manca loro.

L'uomo di fede, invece, paradossalmente, è ricco nella sua povertà: consapevole di possedere quel tanto di indumenti e di cibo che risultano indispensabili, se ne accontenta ( 1 Tm 6,8 ), rifiutando la ricchezza.

Non è, inoltre, unicamente presso noi cristiani che vige una stima così profonda per la fede: tutto ciò che accade nel mondo, anzi, anche a opera di chi è al di fuori della Chiesa, si compie sotto il segno della fede.

É in virtù della fede che persone sino a quel momento estranee si uniscono in matrimonio, divenendo l'una partecipe del corpo e dei beni dell'altra, grazie proprio a quella fede che inerisce all'unione coniugale.

Anche il lavoro dei campi si sostiene sulla fede: nessuno, infatti, si sobbarcherebbe ad una fatica del genere, se non confidasse di raccoglierne i frutti.

É con la fede che gli uomini percorrono il mare e, confidando nella loro modesta imbarcazione, barattano il solidissimo elemento della terra con l'instabile agitazione delle acque, sospinti da nebulose speranze, ma muniti d'una fede più salda di qualsiasi ancora.

La maggior parte delle azioni umane, perciò, trovano il loro fondamento nella fede: né una persuasione del genere è radicata solo presso di noi, ma anche, come s'è detto, fra coloro che ci sono lontani.

Questi infatti, benché non accettino le Scritture, ma sostengano certe loro ideologie, nondimeno è proprio per fede che aderiscono a quest'ultime.

Anche la lettura di oggi vi chiama ad una fede autentica, indicandovi la via per mezzo della quale tocca anche a voi di rendervi bene accetti a Dio: si legge, infatti, che senza la fede è impossibile piacere a Dio ( Eb 11,6 ).

Come potrebbe accadere, infatti, che un uomo si disponga a servire Dio, senza aver fede nella sua ricompensa?

Quando mai una fanciulla concepirebbe il proposito di restare vergine o un giovane abbraccerebbe la castità, se non credessero che la corona della purezza non appassisce mai ( 1 Pt 5,4 )?

La fede è l'occhio che rischiara ogni coscienza e suscita ogni intelligenza.

Dice, infatti, il profeta: Se non avrete fede, non comprenderete ( Is 7,9b ).

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 5,1-4

EMP N-56. - Due aspetti della fede

Devi dire con gli apostoli: Signore, aumenta la nostra fede ( Lc 17,5 ), perché qualcosa di questa fede ti appartiene, ma quello che tu per mezzo di essa ricevi dal Signore, è immenso.

La parola « fede » è infatti unica come vocabolo, ma ha un duplice significato.

C'è infatti un aspetto dogmatico della fede e riguarda il consenso dell'anima a una certa verità.

Questo aspetto della fede è meritorio per l'anima, come dice il Signore: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio ( Gv 5,24 ), e ancora: Chi crede in lui non è condannato, ma è passato dalla morte alla vita ( Gv 5,18.24 ).

Grandezza dell'amore di Dio per gli uomini!

I giusti infatti sono sempre piaciuti a Dio.

Ora Gesù ti concede in un istante quello che costoro hanno acquistato piacendo a Dio per mezzo di lunghi anni di osservanze legali.

« Perché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con tutto il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo » ( Rm 10,9 ) e sarai posto nel paradiso da colui che vi ha introdotto il ladrone.

Non dubitare che questo sia possibile, perché colui che sul santo Calvario ha salvato il ladrone divenuto improvvisamente credente, salverà anche te quando avrai creduto.

C'è un secondo aspetto della fede: è la fede che ci è donata da Cristo come un carisma, perché a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito ( 1 Cor 12,8-9 ).

Questa fede ci è donata come una grazia dallo Spirito Santo, non è dunque soltanto una fede dogmatica, ma ha il potere di realizzare quello che supera le forze umane.

Colui che possiede questa fede dirà a questa montagna: Spostati da qui a là, ed essa si sposterà ( Mt 17,20 ).

Perché quando qualcuno pronuncia questa parola con fede, credendo che essa si compirà, e senza esitazione interiore, allora riceve la grazia della sua realizzazione.

Di questa fede si parla quando è detto: Se avrete fede parla un granellino di senapa ( Mt 17,20 ).

Come infatti il grano di senapa è di piccole dimensioni, ma nasconde un'energia grandissima, e da minuscolo seme si sviluppa al punto di allungare lontano i suoi rami e di poter persino accogliere gli uccelli, così in un istante la fede compie nell'anima le più grandi imprese.

L'anima si rappresenta Dio e lo contempla secondo le sue possibilità, quando è illuminata dalla fede in Cristo; allora abbraccia i confini dell'universo; prima che si consumi questo mondo, ne vede il giudizio, come pure la giusta retribuzione annunciata dai Vangeli.

Abbi dunque per quanto dipende da te questa fede in Gesù Cristo, per ricevere da lui quella fede che compie opere superiori all'uomo.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale, 5,10-11

8. - Affidiamoci alla fede

Voi scrutate minuziosamente nelle Scritture, credendo di ottenere, attraverso di queste, la vita eterna ( Gv 5,39 ).

In questo caso la parola « scrutare minuziosamente » ha il significato di « chiedere », di « nutrire un ardente desiderio ».

Nella Scrittura, infatti, occorre investigare accuratamente, perché essa sia conosciuta con esattezza.

Dio, d'altronde, vuole farci un prezioso dono, ma il pensiero non è in grado di comprenderne la portata.

A questo scopo, invece, è indispensabile la fede, la più efficace medicina per le anime …

Che cosa otteniamo, infatti, attraverso la fede?

Riceviamo i benefici di Dio, diventiamo migliori, non dubitiamo né esitiamo più su nulla, ma troviamo la pace …

Siamo chiamati « credenti », infatti, perché riponiamo fiducia, senza ombra d'esitazione, in quanto è stato detto e non dubitiamo di nulla.

Se si trattasse di cose umane, allora sì che sarebbe opportuno scandagliarle con cura!

Dal momento che, al contrario, sono cose di Dio, dobbiamo soltanto averne rispetto e credere in esse.

Se non crederemo, non avremo neppure l'assoluta certezza che Dio esista.

Come puoi esser sicuro, infatti, della sua esistenza, se pretendi da lui delle prove?

L'indizio principale che tu conosca Dio consiste proprio nel fatto che tu creda in ciò che egli afferma, senza bisogno di prove e di argomenti …

É attraverso la fede che gli uomini del passato si sono resi illustri, mentre senza la fede ogni cosa è andata in rovina.

E che dire riguardo alle realtà celesti?

Se passiamo in rassegna le cose di quaggiù, scoprirai com'esse avvengano proprio in virtù della fede: senza l'ausilio di questa non si concludono accordi, non si esercitano mestieri né si compie alcun'altra cosa.

Se dunque qui, dove tutto trabocca di falsità e di menzogna, c'è bisogno della fede, a maggior ragione ve ne sarà nella dimensione trascendente!

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera a Timoteo, 1,2-3

EMP N-37. - Fermi e forti nella fede

Fratelli, restiamo sempre saldamente attaccati alla nostra speranza e al pegno della nostra giustizia, Cristo Gesù che portò nel suo corpo i nostri peccati sulla croce ( 1 Pt 2,24 ), lui che non ha mai peccato e nella cui bocca non fu trovato inganno ( 1 Pt 2,22 ); ma per noi, affinché viviamo in lui, ha tutto sopportato.

Siamo dunque imitatori della sua sapienza e, se soffriamo per il suo nome, glorifichiamolo.

Lui stesso ci si è presentato come modello e a lui abbiamo creduto.

Vi esorto tutti a obbedire alla parola di giustizia e a perseverare nella pazienza, come avete visto coi vostri stessi occhi non soltanto nei beati Ignazio, Zosimo e Rufo, ma anche negli altri che erano tra voi, in Paolo stesso e negli altri apostoli.

Siamo persuasi che essi non hanno corso invano, ma nella fede e nella giustizia, e che sono nel luogo che era stato loro promesso, vicino al Signore col quale hanno sofferto.

Non hanno amato il secolo presente ( 2 Tm 4,10 ), ma Cristo che è morto per noi e che Dio ha risuscitato per noi.

Restate dunque in questi sentimenti, e seguite l'esempio del Signore, « fermi e saldi nella fede, amando i vostri fratelli, amandovi scambievolmente », uniti nella verità, preoccupandovi gli uni degli altri nella dolcezza del Signore, senza disprezzare nessuno.

Quando potete fare il bene, non differitelo, perché l'elemosina libera dalla morte ( Tb 12,9 ).

Siate tutti sottomessi gli uni agli altri, conservando una condotta irreprensibile tra i pagani, perché le vostre buone opere ( 1 Pt 2,12 ) vi attirino la lode e il Signore non sia bestemmiato a causa vostra.

Maledetto colui che fa bestemmiare il nome del Signore ( Is 52,5 ).

Insegnate a tutti la saggezza nella quale voi stessi vivete …

Che Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo, e lui stesso, il sommo eterno sacerdote, vi faccia crescere nella fede e nella verità, nella dolcezza e senza collera, nella pazienza e nella longanimità, nella sopportazione e nella castità; vi dia parte all'eredità dei suoi santi, e così anche noi con voi, e a tutti coloro che sotto il cielo credono nel nostro Signore Gesù Cristo e nel Padre suo che lo ha risuscitato dai morti.

Pregate per tutti i santi.

Pregate anche per i re e per le autorità; pregate per coloro che vi perseguitano e vi odiano e per i nemici della croce; così il frutto che voi portate sarà visibile a tutti e voi sarete perfetti in lui.

Policarpo, Lettera ai Filippesi

EMP C-6. - « Rivolgete a lui lo sguardo e sarete illuminati »

Dolce è la luce, ed è bello contemplare il sole con i nostri occhi ( Sir 11,7 ) …

Se la luce mancasse, il mondo non avrebbe più un ordine e la vita sarebbe senza vita.

Per questo Mosè, l'uomo che vedeva Dio, ha scritto: « E Dio vide che la luce era buona » ( Gen 1,4 ) …

Quando lo scrittore sacro parla del sole, dobbiamo pensare che abbia sotto gli occhi la grande, vera, eterna luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo ( Gv 1,9 ), cioè Cristo, il salvatore e redentore del mondo.

Dopo essersi svelato agli occhi dei profeti, egli si è fatto uomo ed è entrato fin nelle estreme profondità della condizione umana.

É di lui che parla il profeta Davide: Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, preparate una via a colui che cavalca le nubi: Signore è il suo nome, esultate davanti a lui ( Sal 68,5 ).

E ancora la grande voce di Isaia: « Terra di Zabulon e terra di Neftali, voi che abitate la via del mare di là del Giordano, la Galilea delle genti; popoli che eravate nelle tenebre, guardate questa grande luce.

Su di voi che abitate nel paese dell'ombra di morte, una luce risplenderà » ( Is 8,23-9,1 ).

Sì, questa luce è dolce, ed è bello per gli occhi contemplare questo sole di gloria che, al tempo della sua incarnazione, ha detto: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita ( Gv 8,12 ).

E ancora: La causa della condanna sta in questo: la luce è venuta nel mondo ( Gv 3,19 ).

Così dunque, attraverso questa luce del sole che vediamo con gli occhi del corpo, viene preannunciato il sole spirituale di giustizia, che risplendette dolcissimo per coloro a cui, in quel tempo, fu dato di poter accogliere gli insegnamenti di Cristo e di guardarlo con gli occhi del corpo, mentre viveva in mezzo agli uomini come un uomo qualsiasi.

Eppure non era un uomo qualsiasi: era il vero Dio, come dimostra il suo potere di ridare la vista ai ciechi, di far camminare gli storpi e udire i sordi, di guarire i lebbrosi e di ricondurre i morti alla vita con un semplice comando.

Ma anche adesso non c'è niente di più dolce che fissare su di lui gli occhi dello spirito, contemplando interiormente la sua irresistibile, divina bellezza; niente di più dolce che essere illuminati e abbelliti da questa partecipazione, da questa comunione con lui.

Allora tutto il nostro essere, fin nell'intimo, è colmato di dolcezza e di santità, la nostra mente si apre all'intelligenza, e una gioia divina ci invade in tutti i giorni della vita presente.

E quello che significa questa parola dell'Ecclesiaste: Per numerosi che siano gli anni dell'uomo, egli sempre sarà nella gioia ( Qo 11,8 ).

Veramente questo sole di giustizia assicura a chi lo guarda la felicità, secondo questa profezia di Davide: i giusti si rallegreranno in presenza di Dio, esulteranno di gioia ( Sal 68,4 ), e ancora: Esultate, o giusti, nel Signore ( Sal 33,1 ).

Giovanni d 'Agrigento, Commento all'Ecclesiaste, 10,2

9. - L'oggetto della fede

Il Signore nel Vangelo, volendo guidare i suoi discepoli verso la perfetta fede, disse: Chi è fedele nelle piccole cose, è fedele anche nelle grandi; chi, invece, è ingiusto nelle piccole cose, sarà ingiusto anche nelle grandi ( Lc 16,10 ).

Ma in che cosa consistono le « piccole » e le « grandi cose »?

Le « piccole cose » rappresentano le promesse di questo mondo, vale a dire tutto ciò che il Signore assicurò che avrebbe fornito a quanti avessero creduto in lui: il cibo, il vestito e le altre esigenze materiali, ovvero la buona salute e altre necessità del genere, raccomandando, però, di non esser solleciti di tutto ciò, ma di sperare fiduciosamente in lui, dal momento che il Signore avrebbe soccorso, in tutto, quanti fossero ricorsi a lui.

Le « grandi cose », invece, sono costituite dai doni del mondo eterno e incorruttibile, che il Signore promise di elargire ai credenti in lui e a quanti, costantemente desiderosi di possederli, glieli avessero richiesti.

Questo fu, infatti, il suo precetto: Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia; tutto il resto, poi, vi sarà dato in soprappiù ( Mt 6,33; Lc 12,31 ).

In questo modo, attraverso le « piccole cose » e i bisogni di questo mondo, viene messa alla prova la fede che ciascuno nutre nei confronti di Dio: egli, infatti, promise di soddisfare queste necessità soltanto nell'eventualità che noi non avessimo alcuna preoccupazione per esse, ma ci prendessimo cura unicamente delle realtà escatologiche.

Appare allora chiaro come realmente crede nelle realtà incorruttibili e ricerchi davvero i valori eterni, colui la cui fede sia conforme al modello descritto.

Ciascuno di coloro che intendono obbedire alla « Parola di Verità », infatti, deve mettere alla prova e interrogare se stesso, o esser sottoposto al giudizio di uomini spirituali, per verificare la qualità e la misura della sua fede e della sua adesione a Dio, e se egli veramente nutre fede nella verità sulla sua parola oppure vive in una giustizia e fede solo apparenti e si illude soltanto di aver fede.

Ognuno, infatti, viene esaminato e messo alla prova, per controllare se sia fedele nelle « piccole cose ».

E ascolta in che modo: « Affermi di ritenerti degno del regno dei cieli e di esser figlio di Dio, nato dall'alto, e coerede di Cristo, e che regnerai con il Signore per tutti i secoli e godrai delle delizie nella luce arcana, per gli infiniti e innumerevoli secoli, al pari di Dio? ».

E ogni volta tu risponderai: « Sì. Per questo motivo, infatti, ho abbandonato il mondo e mi sono consacrato al Signore ».

Esamina dunque te stesso, se per caso ancora ti assillino preoccupazioni terrene e una viva apprensione a riguardo degli abiti e del nutrimento per il tuo corpo, insieme ad altre sollecitudini e aspirazioni del genere, come se fossi disposto a procurarti, con le tue sole risorse, tutto ciò che ti è stato concesso, senza prenderti, per contro, cura alcuna di te stesso.

Se, infatti, sei persuaso che otterrai, in abbondanza, dei beni immortali, eterni e definitivi, tanto più devi credere che il Signore soddisferà quelle necessità caduche e terrene che anche gli uomini empi, le bestie e gli uccelli vedono appagate.

Dice, infatti, il Signore, per distoglierci da ogni preoccupazione materiale: Non datevi pensiero a riguardo di ciò che mangerete o di ciò che berrete o dell'abito con cui vi vestirete.

Anche i pagani, infatti, si danno da fare per procurarsi tutte queste cose ( Mt 6,31-32 ).

Se dunque sei ancora ansioso per queste cose e non credi con tutto te stesso alla parola del Signore, sappi che, benché tu sia persuaso di aver fede, non sei affatto certo che otterrai quei beni eterni che costituiscono il regno dei cieli e, incredulo come sei, sei tuttora irretito nei lacci delle realtà meschine e corruttibili.

Avverte ancora il Signore, nel Vangelo: Come il corpo vale di più del vestito, così l'anima ha più valore del corpo ( Mt 6,25; Lc 12,23 ).

Credi pure, perciò, che la tua anima, per i meriti di Cristo, conseguirà il rimedio per guarire le continue e incurabili ferite, contratte presso gli uomini, che sono le vergognose passioni.

Per questo il Signore è disceso fra noi, per prestare le sue cure, egli che è il solo vero medico e guaritore, alle anime dei fedeli, liberandole dalle passioni e dalla sordida lebbra della malizia.

Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 48,1-3

10. - Educazione dei credenti

Quando leggiamo: La tua fede ti ha salvato ( Mc 5,34 ), non dobbiamo ritenere che il Signore affermi decisamente che si salveranno tutti coloro che in qualsiasi modo avranno creduto, senza magari aver operato in conformità alla loro fede.

Egli, infatti, rivolgeva queste parole unicamente a quei giudei che osservavano la legge e avevano vissuto sino a quel momento irreprensibilmente, privi tuttavia soltanto della fede nel Signore.

Sarebbe dunque un controsenso che il credente vivesse dissolutamente; egli, al contrario, deve liberarsi dalla schiavitù della carne e distogliersi dai vizi: solo così potrà raggiungere quella dimora alla quale è destinato.

Più del credere importa il conoscere, allo stesso modo come, più dell'essere salvi, conta, una volta divenuti tali, essere ritenuti degni del più alto onore.

Perciò il nostro credente, liberatosi con molta perseveranza dei propri vizi, ricerca la penitenza più dura che lo porti a una condizione migliore della precedente, recando con sé la ricchezza rappresentata dall'espiazione dei peccati commessi a seguito del battesimo.

Pertanto egli si tormenta ancor di più quando non riesce ancora, o non vi perviene del tutto, a conseguire ciò di cui vede altri godere.

Il che, appunto, suscita in lui quella vergogna per quanto gli manca ( in ciò consistono, per il credente, le sofferenze più crude ).

Buona è, infatti, la giustizia di Dio e giusta la sua bontà.

Anche allorché, infine, scontate tutte le pene che si hanno da espiare e subita la punizione per ogni delitto commesso, saranno cessate le sofferenze, ciascuno continuerà ad avvertire, nondimeno, un intenso e costante dolore, nel vedersi considerato degno di un altro ovile, separato da coloro che sono glorificati per la loro giustizia.

Clemente Alessandrino, Stromata, 6,108,4-109,6

11. - Fede e amore

Senza l'amore la fede è vana.

La fede del cristiano è accompagnata dall'amore, la fede del demonio è senza amore; quelli che però non credono sono peggiori del demonio, più tardi a capire che non il demonio.

Non so chi non vuole credere in Cristo; costui non giunge neppure a imitare i demoni; ma ecco, crede in Cristo, ma lo odia; fa la confessione di fede per timore del castigo, non per amore del premio.

Anche i demoni temevano di essere puniti.

Aggiungi a una fede siffatta l'amore, ed essa diventerà una fede quale ce la descrive l'apostolo Paolo: La fede che opera per mezzo dell'amore ( Gal 5,6 ); hai così scoperto il cristiano, hai trovato il cittadino di Gerusalemme, il concittadino degli angeli, il pellegrino che sospira lungo la via.

Aggregati a lui, perché è tuo compagno di viaggio; corri con lui, purché anche tu sia quello che è lui.

Agostino, Commento alla prima lettera di san Giovanni, 10,2

12. - L'antica regola della fede

Si chiama regola della fede [ « regula fidei », « kanòn tes aletheias », è il simbolo della fede, il riepilogo delle verità essenziali e immutabili del credere ] - per far subito professione della dottrina che qui si difende - quella per cui si crede che vi è assolutamente un solo Dio, un unico creatore del mondo;

il quale trasse l'universo dal nulla mediante il Verbo suo, messo prima d'ogni cosa;

e che questo Verbo, chiamato Figlio di lui, nel nome di Dio apparve in vario modo ai patriarchi, si fece udire sempre nei profeti, e infine discese per lo Spirito e la potenza di Dio Padre nella vergine Maria, si fece carne nel suo seno e, nato da lei, fu Gesù il Cristo;

il quale poi predicò la nuova legge e la promessa nuova del regno dei cieli;

compì dei miracoli;

fu crocifisso e il terzo giorno risuscitò;

salito al cielo sedette alla destra del Padre;

mandò, in propria vece, la potenza dello Spirito Santo a dirigere i credenti;

e tornerà in splendore per trarre i santi al godimento della vita eterna e delle promesse celesti, e per condannare gli empi al fuoco perpetuo, dopo aver compiuta degli uni e degli altri la risurrezione della carne.

Questa regola di fede fu istituita da Cristo, e lo proveremo; e perciò non suscita fra noi questioni, all'infuori di quelle che le eresie generano e che formano eretici.

Tertulliano, La prescrizione contro gli eretici, 13

13. - L'oggetto della fede

La fede consiste in ciò: che l'uomo creda in Dio Signore di tutto, che ha creato il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che contiene; che ha fatto Adamo a sua immagine, che ha dato la legge a Mosè, che ha comunicato il suo Spirito ai profeti e ha poi mandato il suo Cristo nel mondo.

Inoltre, che l'uomo creda alla risurrezione dei morti e al sacramento del battesimo.

Questa è la fede della Chiesa di Dio.

Ma essa richiede anche che l'uomo si liberi dalle osservanze dei tempi, dei sabati, dei noviluni e delle feste, dalla magia e dalla negromanzia, dalle superstizioni caldee e dall'inganno demoniaco, dall'impurità e dalle gozzoviglie, dalle false dottrine degli strumenti del demonio e dall'allettamento dei discorsi ingannatori, dalla bestemmia e dall'adulterio, dalla falsa testimonianza e dalla doppiezza.

Queste sono le opere della fede fondata su Cristo, la roccia vera, su cui si eleva tutto l'edificio.

Afraate Siro, La fede

14. - Garanzia della nostra salvezza

Dobbiamo mantenere ferma e costante la norma della fede e osservare i comandamenti di Dio: credere cioè in Dio, temerlo perché è il Signore, e amarlo perché è nostro Padre.

Ora, l'adempimento di queste opere lo si consegue con la fede, come dice Isaia: Se non avete fede, non potrete comprendere ( Is 7,9 ).

La verità ci porta alla fede, perché la fede ha per oggetto cose che esistono veramente: così che noi crediamo in esseri che davvero sono, e proprio perché realmente sono, manteniamo costantemente ferma la nostra convinzione a loro riguardo.

Dato poi che la fede è garanzia della nostra salvezza, dobbiamo prenderci gran cura di acquistare una vera intelligenza delle realtà che veramente esistono.

Ed è la fede che ce la procura, come ci hanno tramandato gli anziani che furono discepoli degli apostoli.

In primo luogo ( la fede ) ci raccomanda di ricordare che abbiamo ricevuto il battesimo per la remissione dei peccati, nel nome di Dio Padre e nel nome di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, morto e risorto, e nello Spirito Santo di Dio; ( di ricordarci ) inoltre, che questo battesimo è il sigillo della vita eterna ed è la nostra nuova nascita in Dio, così che ora noi non siamo più figli di uomini mortali, ma figli del Dio eterno; ( e di ricordarci ) infine, che l'Essere eterno è Dio, che è al di sopra di ogni cosa creata; che tutto è a lui soggetto perché egli ha fatto tutte le cose.

Perciò Dio non ha autorità e dominio sopra realtà create da un altro, ma su ciò che viene da lui, e ogni cosa è di Dio; per questo motivo, Dio è onnipotente, e ogni cosa proviene da Dio.

Ireneo di Lione, Dimostrazione della predicazione apostolica, 3

15. - La fede che giustifica e le opere buone

Tutti sono stati esaltati e glorificati, non in grazia dei loro meriti, né per le loro opere o per la pratica della virtù, ma per il volere di Dio.

Anche noi, pertanto, dopo esser stati chiamati dalla volontà divina alla fede in Gesù Cristo, non possiamo giustificarci da noi stessi, per mezzo della nostra sapienza o intelligenza, della nostra pietà o delle opere che abbiamo compiuto con purezza di cuore, ma veniamo giustificati invece dalla fede, attraverso la quale l'onnipotente Iddio ha reso giusti tutti fin dal principio.

A lui dunque sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Ora, se le cose stanno davvero in questo modo, che cosa faremo allora noi, o fratelli?

Smetteremo, forse, di operare il bene? Non terremo più in alcun conto la carità?

Non permetta il Signore che questo ci accada!

Adoperiamoci invece con tutto il nostro impegno e il nostro ardore a realizzare ogni opera buona.

Il Creatore stesso, infatti, che è il Signore di tutte le cose, si allieta e si compiace anche lui delle proprie opere.

Egli, con la sua infinita potenza, ha tracciato i cieli, ordinandoli con la sua inesauribile intelligenza; ha diviso la terra dalle acque che la circondavano, consolidandola sul granitico fondamento della sua volontà.

Gli animali stessi che popolano la terra, sono stati chiamati all'esistenza dal comando divino; dalla sua potenza è stato formato il mare per gli animali che vi dimorano, dopo esservi stati posti da lui.

Iddio, infine, con le sue mani sante e immacolate ha plasmato l'uomo, la creatura più nobile e più perfetta, perché provvista d'intelligenza.

Il Signore impresse all'uomo l'orma della propria immagine, allorché disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e secondo la nostra somiglianza …

E Dio fece l'uomo; maschio e femmina li fece ( Gen 1,26-27 ).

Dopo aver creato tutte queste cose, il Signore le lodò e le benedisse, dicendo: Crescete e moltiplicatevi ( Gen 1,28 ).

Osserviamo come tutti i giusti si compiacciano di compiere opere buone e il Signore stesso, che di opere buone è adorno, se ne allieti.

Ecco perciò il modello che dobbiamo seguire: compiamo senza alcuna esitazione la sua volontà e dedichiamoci, con tutte le nostre forze, alla realizzazione di opere sante.

Il solerte operaio riceve a testa alta la mercede del suo lavoro, mentre quello pigro e indolente non osa guardare in volto il suo datore di lavoro.

Noi, pertanto, dobbiamo essere zelanti e premurosi nell'adempimento del bene, giacché è Dio ad elargirci ogni cosa.

Il Signore ha infatti detto: Ecco il Signore Iddio che viene con la sua ricompensa e la sua retribuzione lo precede ( Is 40,10 ): egli accorderà a ciascuno secondo le opere che questo compie ( Pr 24,12 ).

Con tali parole, perciò, egli ci esorta non soltanto a credere in lui con tutto il nostro cuore, ma a tenere altresì lontani da noi la passività e il disinteresse nei confronti del bene.

Poniamo nel Signore il nostro vanto e ogni nostra sicurezza!

Mostriamoci docili alla sua volontà, considerando che tutta la schiera dei suoi angeli, che gli sta intorno, si conforma costantemente alla sua volontà.

La Scrittura infatti dice: Diecimila miriadi lo attorniavano e mille migliaia lo servivano ( Dn 7,10 ), gridando: Santo, Santo, Santo, il Signore Dio degli eserciti, tutta la creazione è piena della sua gloria ( Is 6,3 ).

Anche noi, perciò, concordemente e tutti uniti in un cuore solo, innalziamo a lui, con insistenza, a una sola voce, il nostro grido, affinché egli ci elargisca quei gloriosi e grandi doni che ci ha promesso.

Sta infatti scritto: Quel che occhio mai non vide, né orecchio mai udì, né mai cuore d'uomo ha potuto gustare, questo Dio ha preparato per coloro che lo amano ( 1 Cor 2,9; Is 64,4; Is 65,16 ).

Clemente di Roma, Lettera ai Corinti, 32-34

EMP J-2. - La regola di fede

Ecco la regola della nostra fede, le fondamenta del nostro edificio, ciò che dà fermezza al nostro comportamento.

Primo articolo della nostra fede: Dio Padre, increato, illimitato, invisibile; Dio uno, creatore dell'universo.

Secondo articolo: il Verbo di Dio, Figlio di Dio, Gesù Cristo, nostro Signore; rivelato ai profeti conformemente al genere delle loro profezie e al disegno del Padre; per sua mediazione, tutto è stato fatto; alla fine dei tempi, per riassumere in sé ogni cosa, s'è degnato di farsi uomo fra gli uomini, visibile, tangibile, per distruggere in tal modo la morte, fare apparire la vita e operare la riconciliazione tra Dio e l'uomo.

Infine, terzo articolo: lo Spirito Santo; tramite lo Spirito i profeti hanno profetizzato, i nostri padri hanno appreso le cose di Dio e i giusti sono stati guidati lungo la via della giustizia; alla fine dei tempi, è stato diffuso sugli uomini in modo nuovo, affinché su tutta la terra essi fossero rinnovati, per Dio.

Questa è la ragione per cui il battesimo della nostra nuova nascita è posto sotto il segno di questi tre articoli.

Dio Padre ce l'accorda in vista della nuova nascita nel suo Figlio tramite lo Spirito Santo.

Poiché coloro che portano in sé lo Spirito Santo sono condotti al Verbo che è il Figlio, e il Figlio li conduce al Padre, e il Padre ci concede l'incorruttibilità.

Senza lo Spirito è impossibile vedere il Verbo di Dio, e senza il Figlio non ci si può accostare al Padre.

Poiché la conoscenza del Padre è il Figlio, e la conoscenza del Figlio si fa tramite lo Spirito Santo, e il Figlio dona lo Spirito in conformità al beneplacito del Padre.

Per lo Spirito, il Padre è chiamato l'Altissimo, l'Onnipotente, il Signore delle potestà.

Così noi perveniamo alla conoscenza di Dio; noi sappiamo che Dio esiste, che è creatore del cielo e della terra e di tutte le cose, creatore degli angeli e degli uomini, Signore, per cui tutto ha avuto origine, da cui tutto procede, ricco di misericordia, di grazia, di compassione, di bontà, di giustizia.

É il Dio di tutti: degli ebrei, dei pagani, dei credenti.

Per i credenti è Padre: perché alla fine dei tempi, egli ha aperto il testamento della loro filiazione adottiva.

Per gli ebrei è Signore e legislatore: perché nei tempi intermedi, allorché gli uomini l'avevano dimenticato, abbandonato, e si erano a lui ribellati, Dio li sottomise alla Legge, onde insegnare loro che hanno un Signore che è loro creatore e autore, che ha dato loro il soffio di vita e che essi sono tenuti ad adorare giorno e notte.

Per i pagani Dio è creatore, autore, Signore supremo.

E per tutti egli è sostentatore, re e giudice.

Nessuno sfuggirà al suo giudizio, sia egli ebreo o pagano, sia egli peccatore credente o spirito angelico.

E coloro che ora rifiutano di credere nella sua bontà, conosceranno la sua potenza nel giorno del giudizio, secondo la parola del santo Apostolo: Non vedi che la bontà di Dio ti spinge a penitenza?

Or tu, con la tua durezza e col tuo cuore impenitente, accumuli sopra di te ira per il giorno dell'ira e della manifestazione del giudizio di Dio.

Allora egli darà a ciascuno secondo le sue opere ( Rm 2,4-8 ).

Tale è colui che, nella Legge, è chiamato Dio d'Abramo, Dio d'Isacco, Dio di Giacobbe: Dio dei viventi.

Di questo Dio, l'altezza e la grandezza superano ogni descrizione.

Ireneo di Lione, Dimostrazione della predicazione apostolica, 6-8

16. - Fede e opere

Molti si gloriano delle opere, e trovi molti pagani che proprio per questo non vogliono farsi cristiani, perché ritengono di bastare a se stessi con la propria vita buona.

L'importante è vivere bene, dicono: che ha da comandarmi Cristo?

Di vivere bene? Ma io vivo bene; in che mi è necessario Cristo?

Non commetto nessun omicidio, nessun furto, nessuna rapina, non desidero i beni altrui, non mi macchio in alcun adulterio.

Si trovi infatti nella mia vita qualcosa degna di rimprovero, e chi mi avrà rimproverato guadagnerà un cristiano.

Costui ha di che gloriarsi, ma non dinanzi a Dio.

Non così si comportava il padre nostro Abramo … Abramo credette a Dio e ciò gli fu computato a giustizia ( Gen 15,6 ).

Dunque Abramo è stato giustificato dalla fede.

Colui che già intende « non dalle opere ma dalla fede », si guardi da quell'abisso di cui ho parlato prima: Vedi dunque che dalla fede, non dalle opere è stato giustificato Abramo: di conseguenza farò tutto quello che voglio, perché anche se non avrò fatto nessuna buona opera e avrò soltanto creduto in Dio, mi sarà computato a giustizia.

Se così ha detto e deciso, è caduto ed è precipitato; se ancora pensa così ed è incerto, corre grave pericolo.

Ma la Scrittura di Dio, ben compresa, non solo libera dal pericolo colui che rischia di affondare, ma risolleva dall'abisso anche chi è già sommerso …

Giacomo nella sua lettera, contro quanti non volevano operare il bene presumendo ( di salvarsi)  con la sola fede, loda le opere di quello stesso Abramo, di cui Paolo aveva lodato la fede; e i due apostoli non sono affatto in contraddizione tra loro.

Costui infatti parla di un atto a tutti noto, cioè che Abramo offrì suo figlio a Dio per essere sacrificato.

Mirabile opera, ma derivante dalla fede.

Lodo l'edificazione dell'opera, ma vedo il fondamento della fede; lodo il frutto della buona opera; ma riconosco la radice nella fede …

Nessuno dunque consideri buone le sue opere prima della fede: dove non c'era fede, neppure c'era la buona opera.

É l'intenzione che fa buona l'opera, e l'intenzione è diretta dalla fede.

Non prestare troppa attenzione a ciò che fa l'uomo, ma a ciò che ha di mira nell'operare, allo scopo verso cui dirige il braccio della sua ottima guida.

Supponi che un uomo governi ottimamente la sua nave, ma abbia dimenticato la meta cui tende; ecco, egli sa reggere in modo esperto il timone, sa muoverlo ottimamente, sa dare di prora alle onde, sa guardarsi in modo da non esserne investito di fianco; è dotato di tanta forza da volgere la nave dove vuole e da dove vuole; ma a che gli vale tutto questo se a chi gli domanda: Dove vai?

Egli risponde: Non lo so. Oppure se non dice: Non lo so, ma dice: Vado a quel porto, e non corre affatto verso quel porto ma verso gli scogli …

Dunque, fratelli, Abramo è stato giustificato per la fede; ma se le opere non hanno preceduto la fede, l'hanno tuttavia seguita, sarà forse sterile la tua fede?

Se tu non sei sterile, non lo sarà neppure la tua fede.

Hai creduto in qualcosa di male, e con il fuoco della tua malizia hai bruciato la radice della tua fede?

Credi dunque, tu che devi operare.

Ma tu obietti: Non dice così l'apostolo Paolo.

Al contrario, Paolo dice proprio questo, quando afferma: la fede che opera per mezzo dell'amore ( Gal 5,6 ); e in un altro passo: la pienezza della legge è dunque la carità ( Rm 13,10 ); e altrove: perché tutta la legge è pienamente racchiusa in questo solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso ( Gal 5,14 ).

Guarda un po' se non vuole che tu operi colui che dice: Non commettere adulterio, non ammazzare, non desiderare, e ogni altro precetto, tutto compendiando in questa frase: amerai il prossimo tuo come te stesso; la carità non può far del male al prossimo; dunque la carità è la pienezza della legge ( Rm 13,9-10 ).

La carità ti permette forse di far qualcosa di male a colui che ami?

Ma forse ti limiti a non far nulla di male, senza però fare neppure qualcosa di bene.

Dunque la carità ti consente di non dedicarti per quanto puoi a colui che ami?

Non è forse quella carità che prega anche per i nemici?

Può dunque abbandonare l'amico colui che desidera il bene del nemico?

Orbene, se la fede è senza amore, sarà anche senza opere.

Ma, perché tu non ti stia a preoccupare pensando alle opere della fede, aggiungi ad essa la speranza e l'amore, e non pensare a quello che farai.

L'amore stesso non può stare inerte.

Che cos'è infatti che, in certi uomini, opera perfino il male, se non l'amore?

Mostrami un amore inerte e ozioso!

Non è forse l'amore che compie i crimini, gli adulteri, i delitti, gli omicidi, e ogni genere di lussuria?

Purifica dunque il tuo amore; l'acqua che scorre nella fogna, fa' che si volga al giardino: lo stesso trasporto che nutriva per il mondo, lo rivolga all'Artefice del mondo.

Forse che vi viene detto: Non amate niente! Tutt'altro!

Sareste pigri, morti, detestabili, miseri, se non amaste nulla.

Amate, ma state attenti a ciò che amate …

Allora vi saranno in noi quelle tre virtù di cui parla l'Apostolo: fede, speranza e carità ( 1 Cor 13,13 ) …

Qui l'Apostolo prende le mosse dalla fede, dicendo: fede, speranza, carità; in un altro passo prende le mosse dalla carità stessa: La carità che deriva da un cuore puro, da una coscienza buona e da una fede sincera ( 1 Tm 1,5 ).

Quanto a noi, cominciamo ora dal mezzo, cioè dalla coscienza stessa e dalla speranza.

Chi vuole avere buona speranza, ripeto, abbia una buona coscienza; ma per avere una buona coscienza, creda e operi.

Dal mezzo giungiamo al principio e alla fine; creda e operi, poiché appunto il credere compete alla fede, l'operare alla carità.

Come dunque può dire l'Apostolo che l'uomo è giustificato dalla fede senza le opere ( Rm 3,28 ), mentre altrove parla della fede che opera per mezzo dell'amore ( Gal 5,6 )?

E allora non opponiamo l'apostolo Giacomo a Paolo … perché Paolo stesso dice: Anche se avrò la fede tanto da trasportare le montagne, ma non avrò la carità, a niente mi giova ( 1 Cor 13,2 ).

Ne consegue che se la fede senza la carità a niente giova, la carità, quando c'è, necessariamente opera, e la fede stessa opera nell'amore.

In qual modo dunque sarà giustificato l'uomo per la fede senza le opere?

Risponde l'Apostolo stesso: Ecco perché ti ho detto questo, o uomo, perché cioè non ti sembri di dover quasi presumere riguardo alle tue opere, e di aver ricevuto per il merito delle tue opere la grazia della fede.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 32,2-6

17. - Fede e precetto

Nessun animo semplice si lasci ingannare, ritenendo di conoscere Dio professando in lui una fede morta, cioè priva di buone opere, come quella dei demoni, non dubitando di raggiungere la vita eterna, dato che il Signore dice: Ma questa è la vita eterna, che conoscano te unico vero Dio e colui che hai mandato Gesù Cristo ( Gv 17,3 ).

Orbene, gli deve venire in mente anche che sta scritto: Da ciò lo conosciamo: se osserviamo i suoi comandamenti.

Colui che dice: lo conosco, e non osserva i suoi comandamenti, è mendace, e in ciò non vi è verità ( 1 Gv 2,3-4 ).

E nessuno pensi che i suoi comandamenti si riducano alla sola fede - quantunque nessuno abbia osato dir ciò -; infatti, perché le menti non fossero confuse dalla moltitudine dei precetti, egli ha proposto due comandamenti, dei quali ha detto: da essi dipende tutta la legge e i profeti ( Mt 22,40 ).

Si potrebbe dire giustamente che i comandamenti di Dio si riducono alla sola fede, se però questa la si intende non morta, ma viva, operante cioè nell'amore; tuttavia in seguito Giovanni stesso ha spiegato bene quello che diceva soggiungendo: Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del suo Figlio Gesù Cristo e che ci amiamo a vicenda ( 1 Gv 3,23 ).

Questo dunque importa: credere in Dio con fede retta, adorare Dio, conoscere Dio, per ottenere da lui aiuto a vivere bene e indulgenza se dovessimo peccare; non perseverando cioè ostinatamente nelle azioni che egli odia, ma allontanandocene e dicendo a lui: Ho detto: Signore, abbi pietà di me: salva la mia anima, perché ho peccato contro di te ( Sal 41,5 ).

Agostino, La fede e le opere, 22,40-41

18. - La fede non tiene conto delle persone e non guarda la condizione degli uomini

Non cercare, col pretesto della tua nobiltà di nascita, di anteporti a qualcuno, e non considerare inferiore a te le donne meno nobili o quelle che sono nate in località meno celebri.

La nostra religione non tiene conto delle persone e non guarda qual è la condizione degli uomini, ma il loro animo; uno lo classifica o schiavo o nobile, in base ai suoi costumi.

In Dio esiste un unico concetto di libertà: il non essere schiavi dei peccati; e, sempre secondo lui, la nobiltà più alta è costituita dall'eccellenza delle virtù.

Davanti a Dio c'è forse un uomo più nobile di Pietro?

E tra le donne chi è più ragguardevole della beata Maria, che pure ci viene presentata come sposa d'un artigiano?

Eppure a quel povero pescatore Cristo affidò le chiavi del regno dei cieli, e quella sposa di un artigiano meritò di essere la madre di colui che diede in mano a Pietro quelle stesse chiavi.

In verità Dio ha scelto le cose più comuni e meno apprezzabili di questo mondo, per portare all'umiltà i potenti e i nobili.

D'altra parte, è perfettamente inutile che uno si faccia un vanto della nobiltà della propria famiglia, dal momento che tutti quelli che sono stati redenti dal medesimo sangue di Cristo hanno, davanti a Dio, pari onore e identico prezzo.

E non conta la condizione in cui si è nati, quando tutti rinasciamo uguali in Cristo.

Ora, se anche possiamo dimenticare che discendiamo tutti per generazione da un unico uomo, dobbiamo per lo meno ricordarci sempre che chi ci rigenera tutti è Uno solo.

Girolamo, Le Lettere, IV, 21 ( a Celanzia )

19. - La fede nelle realtà che non si vedono

Quando il capostipite del genere umano fu per la sua colpa espulso dai gaudi del paradiso, venne fra le angosce di questa cecità e di questo esilio che noi stessi soffriamo; peccando infatti uscì completamente di sé e non poté più vedere la beatitudine della patria celeste, che prima contemplava.

Nel paradiso l'uomo si era abituato a godere delle parole di Dio, a partecipare alla purezza di cuore, all'eccelsa visione propria dei beati spiriti angelici; ma quando cadde quaggiù, si allontanò dal lume spirituale che lo riempiva.

E noi, nati dalla sua carne, nelle tenebre di questo esilio, certo, abbiamo udito che esiste la patria; abbiamo udito dei suoi cittadini, gli angeli di Dio; abbiamo udito che uniti a questi angeli sono gli spiriti dei giusti e degli uomini perfetti; ma tutti gli uomini carnali, dato che non possono conoscere per esperienza quelle realtà invisibili, dubitano che realmente esista ciò che non vedono con gli occhi del corpo.

Dubbio che certo non poté esistere nel nostro progenitore, perché, anche cacciato dalle gioie del paradiso, ricordava ciò che aveva perduto, dato che l'aveva visto.

Ma gli altri, quando ne odono parlare, non possono sentire e ricordare tali realtà, perché nessuno di loro ne ha esperienza diretta, come lui, almeno per il passato.

Proprio come se una donna incinta fosse chiusa in carcere, e ivi desse alla luce un figlio da allevare e far crescere in carcere.

Se sua madre gli parla del sole, della luna, delle stelle, dei monti e dei prati, degli uccelli volanti, dei cavalli trottanti, egli, che non conosce se non le tenebre del carcere, ode che tutto ciò esiste, ma non conoscendole per esperienza diffida della loro vera esistenza.

Così gli uomini nati nella cecità di questo loro esilio, quando odono che vi sono beni sommi e invisibili, dubitano della loro vera esistenza, perché conoscono direttamente solo queste povere realtà visibili tra cui sono nati.

É avvenuto per questo che lo stesso Creatore delle cose visibili e invisibili, l'Unigenito del Padre, è venuto quaggiù per redimere il genere umano, e ha mandato nei nostri cuori lo Spirito Santo, perché ricevessimo da lui una nuova vita e credessimo in ciò che non possiamo conoscere ancora per esperienza.

Tutti noi dunque, che abbiamo ricevuto questo spirito pegno della nostra eredità, non dubitiamo della vita di tali realtà invisibili.

Ma chiunque non è ancora incrollabile in questa certezza, deve senz'altro prestare fede alle parole degli uomini più perfetti di lui, e credere a quelli che ormai, per dono dello Spirito Santo, esperimentano le realtà invisibili.

Sarebbe sciocco infatti che quel fanciullo ritenesse che la madre mentisce parlandogli della luce, perché egli stesso null'altro conosce se non le tenebre del suo carcere.

Gregorio Magno, Dialoghi, 4,1

20. - Immagini come oggetto della nostra conoscenza

Com'è possibile che tu sia polvere e insieme immagine di Dio?

Com'è possibile spiegare la volta celeste, il movimento degli astri, il loro ordine, la loro regolarità, il loro unirsi come il loro allontanarsi?

Quali sono i confini del mare?

Da dove proviene il soffio del vento, il mutare delle stagioni?

Da dove le piogge?

Tu, o uomo, nulla comprendi di tali fenomeni: un giorno tu li capirai bene, quando avrai raggiunto la perfezione.

Quelle cose che oggi vediamo non sono la verità, ma immagini della verità.

Se tu ora non ti conosci e non sai chi sei per quanto voglia disputare su tali questioni, se non puoi comprendere ciò che ti attestano i sensi, come puoi credere di conoscere perfettamente chi è Dio e quanto grande egli sia!

Gregorio di Nazianzo, La dottrina della fede, 2

21. - Preghiera per la preservazione della fede

Conserva incontaminato in me, ti prego, questo rispetto assoluto per la mia fede e fino alla dipartita del mio spirito dona alla mia coscienza di proclamarla, affinché possa ottenere per sempre quello che ho professato nel simbolo, quando fui battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; cioè che adori te, nostro Padre, e insieme con te il Figlio tuo; che meriti lo Spirito Santo tuo che esiste da te per mezzo del tuo Unigenito.

É infatti per me testimone pienamente attendibile di questa fede colui che dice: Padre, tutto ciò che è mio è tuo e tutto ciò che è tuo è mio ( Gv 17,10 ); cioè il mio Signore Gesù Cristo: che resta in te, da te e presso te Dio in eterno: che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.

Ilario di Poitiers, La Trinità, 12,57

EMP I-48. - La fede della Cananea

Il Vangelo offre alla nostra considerazione la grande fede, la sapienza, la perseveranza e l'umiltà della Cananea …

Questa donna era dotata di una pazienza non comune.

Alla sua prima richiesta, il Signore non risponde nulla ( Mt 15,23 ).

Ciò nonostante, continua a implorare con insistenza il soccorso della sua bontà …

O donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come desideri ( Mt 15,28 ).

Sì, possiede una grande fede.

Pur non conoscendo né gli antichi profeti né i recenti miracoli del Signore, né i suoi comandamenti e le sue promesse, e in più respinta da lui, ella persevera nella sua richiesta, non smette di insistere con colui che la fama gli aveva indicato come il Salvatore.

E così la sua preghiera viene esaudita in modo strepitoso.

Il Signore le dice: Ti sia fatto come desideri; e in quel momento la figlia della donna guarì …

Quando qualcuno ha la coscienza macchiata dall'egoismo, dall'orgoglio, dalla vanagloria, dalla collera, dalla gelosia o da qualche altro vizio, ha, come quella cananea, una figlia crudelmente tormentata da un demonio ( Mt 15,22 ).

Corra perciò a supplicare il Signore di guarirla … e lo faccia con umile sottomissione; non si giudichi degno di partecipare alla sorte delle pecorelle d'Israele, delle anime pure, e si consideri indegno della ricompensa del cielo.

La disperazione tuttavia non lo spinga a desistere dalla preghiera, ma abbia una fiducia incrollabile nell'immensa bontà del Signore.

Colui che ha potuto trasformare un ladrone in un confessore della fede, un persecutore in apostolo e semplici pietre in figli di Abramo, sarà anche capace di trasformare un cagnolino in una pecorella d'Israele …

Vedendo l'ardore della nostra fede e la tenacità della nostra perseveranza nella preghiera, il Signore finirà per aver pietà di noi e ci accorderà quello che desideriamo.

Una volta messa da parte l'agitazione dei nostri cattivi sentimenti e sciolti i nodi dei nostri peccati, la serenità di spirito tornerà in noi unitamente alla possibilità di agire correttamente …

Se, nell'esempio della Cananea, persevereremo nella preghiera con fede incrollabile, la grazia del nostro Creatore verrà in noi, correggerà in noi tutti gli errori, santificherà tutto ciò che è impuro, pacificherà ogni agitazione.

Il Signore infatti è fedele e giusto; egli perdonerà i nostri peccati e ci purificherà da ogni bruttura se grideremo a lui con la voce implorante del nostro cuore.

Beda il Venerabile Omelia, 1,22

22. - L'efficacia della fede semplice

Domandiamo alla massa di coloro che credono, e che si sono mondati dalla sozzura dei vizi, in cui prima s'avvoltolavano, quale dei due sistemi sia preferibile: correggere i propri costumi, credendo, senza far ragionamenti, che c'è un castigo per le colpe e un premio per la virtù; oppure sdegnare la fede semplice e non incominciare la riforma dei propri costumi, finché non si sia condotta fino al fondo l'indagine sui principi razionali della dottrina.

É evidente che, fatta eccezione per pochi, gli altri non arriveranno neppure a quella rettitudine di vita che la semplice fede assicura, ma rimarranno nella loro corruzione.

E questo è uno degli argomenti che dimostrano l'origine divina di una dottrina tanto salutare agli uomini …

Però, anche secondo la nostra dottrina, è molto meglio aderire ai dogmi con la ragione e la sapienza, che con la semplice fede.

E se il Verbo in alcuni casi ha voluto la fede semplice, lo ha fatto per non lasciare nessun uomo senza aiuto, come dichiara l'apostolo Paolo quando dice: Siccome, nei sapienti disegni di Dio, il mondo non conobbe Dio per mezzo della sapienza, Dio si compiacque di salvare i credenti mediante la stoltezza della predicazione ( 1 Cor 1,21 ).

Origene, Contro Celso, I,9.13

EMP I-15. - La semplicità della fede di Zaccheo

L'occhio della fede, con la pupilla della semplicità, riconosce la voce di Dio appena questa si fa sentire.

La luce della sua parola si fa strada nell'uomo: egli le va gioiosamente incontro e la accoglie in sé, come dice il Signore nel Vangelo: Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono ( Gv 10,27 ).

Colui che conserva la fede originaria nella sua integrità è veramente come la pecora del pastore …

Quelli che, chiamati, hanno immediatamente obbedito alla voce che li invitava, avevano l'anima libera dal peso dell'attrattiva per le cose terrestri.

I legami del mondo sono un peso per l'intelligenza e il pensiero, e coloro che ne sono intralciati difficilmente riescono a udire la voce di Dio che li chiama.

Ma gli apostoli e, prima di loro, i giusti e i padri, non erano in queste condizioni: essi obbedirono prontamente, e partirono svelti e leggeri, perché il mondo non li teneva legati a sé.

Niente può legare e intralciare l'anima che è sensibile alla parola di Dio: essa è aperta e pronta, così che la voce di Dio, ogni volta che si fa sentire, la trova disposta a riceverla.

Il Signore chiamò Zaccheo dal sicomoro su cui era salito, e subito Zaccheo si affrettò a scendere e lo ricevette nella sua casa: desiderava vederlo e diventare suo discepolo prima ancora di essere chiamato.

É degno di ammirazione il fatto che abbia creduto nel Signore senza che questi gli avesse parlato e senza averlo visto materialmente, ma soltanto sulla parola degli altri: questo perché la fede che era in lui si era conservata viva e vigorosa come alle origini.

Zaccheo ha mostrato la sua fede quando, udendolo parlare, ha creduto nel Signore; e la semplicità della sua fede è apparsa quando ha promesso di dare la metà dei suoi beni ai poveri e di restituire quadruplicato quanto aveva preso con frode.

Se lo spirito di Zaccheo in quel momento non avesse posseduto in pienezza la semplicità che deve essere propria della fede, non avrebbe fatto a Gesù questa promessa, e non avrebbe distribuito in poco tempo quello che aveva accumulato lavorando per anni e anni.

La semplicità dava largamente ciò che l'astuzia aveva ammassato; la purezza dell'anima disperdeva ciò che era stato accumulato con scaltre macchinazioni.

La fede rinunciava a ciò che l'ingiustizia aveva trovato e posseduto, proclamando che tutto questo non le apparteneva.

La fede infatti ha come suo unico bene Dio, e non vuole possedere altre cose insieme a lui; tutti i beni hanno per lei poco valore, all'infuori dell'unico bene duraturo che è Dio.

Essa è stata messa dentro di noi per farci trovare Dio e possedere lui solo, per farci vedere che tutto ciò che non è lui ci porta alla rovina.

Filosseno di Mabbug, Omelia, 4,77-80

23. - Il Cristo come unico mezzo per arrivare alla vista di Dio

Giovanni, l'araldo di Dio, più o meno in questa maniera esortava a essere pronti per la venuta di Dio, del Cristo.

E questo era ciò che volle significare il silenzio di Zaccaria.

Quel silenzio attendeva il frutto precursore del Cristo, affinché la luce della verità sciogliesse il mistico silenzio delle parole dei profeti dai significati reconditi, e si facesse buona novella.

E dunque tu, se desideri vedere veramente Dio, poni mano a purificazioni che a lui si addicano: non a foglie d'alloro e non a certe fasce trapunte di lana e di porpora; ma incoronandoti di giustizia e cingendoti delle foglie della temperanza, ricerca con molta attenzione Cristo.

… Io infatti sono la porta, egli dice in qualche punto ( Gv 10,9 ).

Dobbiamo conoscere a fondo questa Porta, se vogliamo conoscere Dio, affinché egli ci spalanchi tutte quante le porte dei cieli.

Razionali infatti sono le porte della Somma Ragione, del Verbo, e le apre solo la chiave della fede … Dio nessuno lo conobbe, se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo sveli ( Mt 11,27 ).

E questa porta che finora è stata serrata a chiave, io so bene che chi la apre rivela le cose che sono oltre, e mostra quelle cose che neppure era possibile pensare prima, se non passando attraverso il Cristo, attraverso il quale soltanto si giunge alla vista di Dio.

Clemente Alessandrino, Protrettico, I,10

EMP L-29. - Il Verbo, luce degli uomini nelle Scritture

Svegliati, tu che dormi, sorgi dai morti, e su di te splenderà il Cristo ( Ef 6,14 ), il sole della risurrezione, generato prima dell'aurora, che coi suoi raggi dà la vita.

Nessuno dunque disprezzi il Verbo, perché questo sarebbe un disprezzare se stesso senza saperlo.

Dice infatti la Scrittura: Oggi, se udite la sua voce, non indurite il vostro cuore ( Sal 95,8 ) …

E questo « oggi » si estende ad ogni nuovo giorno, fintantoché si dirà « oggi ».

É un oggi che, come la nostra capacità d'imparare, dura fino alla consumazione finale.

Allora il vero oggi, il giorno senza fine di Dio, verrà a coincidere con l'eternità.

Obbediamo dunque sempre alla voce del Verbo di Dio, perché questo oggi è eterna immagine dell'eternità; ancora, il giorno è simbolo della luce, e luce degli uomini è il Verbo, nel quale noi vediamo Dio …

Poiché ama tutti gli uomini, il Signore li invita alla conoscenza della verità ( 1 Tm 2,4 ), ed è lui stesso che invia loro il Paraclito.

In che cosa consiste questa conoscenza?

Nella pietà, cioè nel vivere coscientemente la propria relazione a Dio.

E la pietà è utile a tutto, secondo san Paolo, perché possiede la promessa della vita presente e della vita futura ( 1 Tm 4,8 ) …

Per assimilare l'uomo a Dio secondo quanto è possibile, questa pietà gli dà un maestro adatto: Dio, che solo può imprimere nell'uomo, secondo il suo merito, la somiglianza divina.

Avendo l'esperienza di quest'opera divina di educazione, l'Apostolo scrive a Timoteo: « Fin da fanciullo tu conosci le sacre Scritture: esse possono darti una sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù » ( 2 Tm 3,15 ).

E sono veramente sacri, questi testi che santificano e divinizzano.

Le loro lettere e le loro sillabe sacre formano le opere che lo stesso Apostolo, nel medesimo passo, chiama « ispirate » e utili per insegnare, per convincere, per correggere, per formare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia perfetto, pronto ad ogni opera buona ( 2 Tm 3,16-17 ).

Le esortazioni degli altri santi non potrebbero assolutamente avere la stessa efficacia di quelle del Signore: egli è davvero colui che ama l'uomo e la sua unica opera è la salvezza dell'uomo …

Gustate e vedete com'è buono il Signore ( Sal 34,9 ).

La fede vi introdurrà a questo, l'esperienza ve lo insegnerà, la Scrittura, come un pedagogo vi guiderà.

Venite, figli, essa dice, ascoltatemi, v'insegnerò il timore del Signore.

Poi, come rivolgendosi già a dei credenti, aggiunge immediatamente: Chi è l'uomo che desidera la vita, che ama lunghi giorni felici? ( Sal 34,12-13 ).

Potremmo dire: siamo noi gli adoratori del bene, i seguaci della bontà.

Ascoltate dunque, voi che siete lontani, ascoltate, voi che siete vicini.

Il Verbo non si nasconde a nessuno.

Egli è la nostra luce comune, splende per tutti gli uomini.

Affrettiamoci dunque verso la salvezza, verso la nuova nascita.

Affrettiamoci, noi che rappresentiamo la molteplicità, a riunirci in un solo amore secondo l'unità della sostanza divina.

Così l'unione di molte voci, quando la dissonanza e la dispersione si sono trasformate in armonia divina, diventa un'unica sinfonia che obbedisce a un solo capocoro, a un solo maestro, il Verbo, si riposa nella Verità stessa e può dire: Abba, Padre ( Rm 8,15 ).

Dio accoglie con tenerezza questa voce in cui si esprime la verità, come il primo frutto che gli viene dai suoi figli.

Clemente Alessandrino, Il Protrettico, 9

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