Lettere circolari

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Quinta lettera circolare

Sulla cura che bisogna avere di perseverare nella propria vocazione

« Quapropter, fratres, magis satagite ut per bona opera certam vestram vocationem et electionem faciatis ».

« E per questo, fratelli, sforzatevi sempre più per rendere certa la vostra vocazione e la vostra elezione per mezzo delle vostre opere buone ». ( 2 Pt 1,10 ),

Carissimi fratelli e sorelle carissime in Gesù Cristo Signore Nostro.

Questa esortazione del Principe degli Apostoli è indirizzata a tutti i cristiani; come tale essa si riferisce a noi tutti; ma, senza allontanarmi dallo spirito dell'Apostolo, mi propongo con l'aiuto del Signore e con l'assistenza del suo Divino Spirito, di farne un'applicazione che sia particolare per voi e per tutti quanti con l'andar del tempo il Signore potrebbe chiamare a seguire le vostre tracce, sia nella Società del Cuore adorabile di Gesù, sia in quella del Sacratissimo Cuore di Maria.

Per esigenza della vostra vocazione particolare, dovete tendere non solo alla santità come tutti i fedeli, ma alla perfezione della santità.

Dio vi ha chiamati; vi ha scelti in Gesù Cristo, suo Figliolo; vi ha distinti fra tutti i suoi figli diletti, tra i figli della sua Chiesa, tra i fratelli, tra i membri di Gesù Cristo; Egli ha fissato su voi, e su ciascuno di voi, sguardi di benevolenza, « perché non solamente siate santi » ma lo siate in modo eccellente e perfetto; non solamente « perché siate senza macchia e sozzura al suo cospetto » ma anche perché siate adorni di ogni virtù, arricchiti di ogni specie di grazie, ricolmi dei suoi più preziosi doni ( Ef 1,4 ).

I - Eccellenza della vostra vocazione

Dio vi ha chiamati, vi ha scelti perché apparteniate in modo più particolare al Divin Cuore di Gesù, all'amabilissimo Cuore di Maria.

Egli ha dato voi a questi sacri Cuori e questi Cuori si sono dati a voi.

Voi dovete pubblicarne la gloria, riprodurne in voi le virtù, essere infuocati dal loro amore ed accenderne per quanto sta in voi tutti i cuori.

Non dovete affatto avere altri sentimenti dai loro.

Come essi, voi non dovete vivere e respirare che per la gloria di Dio, che per riprodurre in voi,'-" sue perfezioni, che per lavorare alla salvezza del mondo.

Come essi in tutte le vostre azioni, in tutte le vostre parole, in tutti i vostri pensieri, dovete proporvi unicamente il suo beneplacito, adorarlo in spirito e verità e formargli un popolo di veri adoratori come Egli li desolerà.

« Nam et Pater tales quaerit, qui adorent eum ». « Sono questi gli adoratori che vuole il Padre » ( Gv 4,23 ).

Dio vi ha chiamati, vi ha scelti verso la fine dei secoli, in un tempo in cui il mondo pende verso il suo declino; in cui le devastazioni dell'empietà, in cui il regno dell'incredulità che si estende su tutti i popoli precedentemente sottomessi all'impero di Gesù Cristo, sembrano annunciare alla Chiesa quei giorni infausti predetti dai santi Apostoli, in cui le nazioni usciranno dal suo grembo e la terranno sotto la loro tirannica dominazione.

Dio, dico, vi ha chiamati, vi ha scelti in questi ultimi tempi per far risplendere in voi le ricchezze della sua grazia; per vedere in voi l'immagine del suo dilettissimo Figlio; per compiacersi in voi; per trattarvi come Lui stesso l'ha trattato; per opporre voi ai torrenti di iniquità che coprono la superficie della terra; per preservare dal naufragio una infinità di anime; e per mostrare in voi, in seno alla Chiesa oppressa, una immagine viva della Chiesa primitiva e tutte le virtù dei primi cristiani.

Tale è la vostra vocazione. Essa è così grande e nobile che il vostro spirito, quando pur sia prevenuto da grandi lumi, non potrà concepirne mai quaggiù tutta la grandezza, tutta la sublimità, che vi saranno perfettamente note solo nell'eternità.

Tali sono i fini sublimi per cui Dio vi ha chiamati e scelti, per essere alla fine dei tempi ciò che sono stati i primi discepoli agli inizi dell'era cristiana.

A loro esempio, dovete essere, secondo la misura della grazia che vi sarà accordata, « la luce del mondo, il sale della terra, come una città posta sul monte santo » ( Mt 5,13 ) la consolazione della Chiesa nel tempo della sua afflizione, la gloria di Gesù Cristo.

Allorquando dense tenebre copriranno la faccia del nostro emisfero, quando agli occhi di un mondo incredulo e corrotto « il sole » di giustizia « sarà diventato nero come un sacco di crine » ( Ap 6,12 ) voi dovete essere come un globo luminoso il cui splendore deve servire a far conoscere che la Sposa di Gesù Cristo è la stessa in tutti i tempi, sempre bella, sempre senza macchia e senza ruga; dovete essere del numero di « quei coraggiosi che con la spada in mano, fanno cerchio al letto nuziale di questa santa sposa, e la difendono contro le sorprese ed i terrori della notte » ( Ct 3,7.8 ).

Dal vostro seno deve uscire una folla di atleti generosi, di sante vergini, che effonderanno ovunque il buon odore di Gesù Cristo e che con i loro travagli, con l'effusione del loro sangue sparso per Gesù Cristo, fermeranno sul suo nome i colpi vendicatori della divina Giustizia, e suppliranno per il suo Corpo, che è la sua Chiesa, quanto manca ancora ai suoi patimenti.

Le grazie della vocazione

Giudicate da ciò quale sia l'abbondanza delle grazie che Dio vi ha destinate; e quanto siano eccellenti i doni che la sua Sapienza tiene come in serbo per voi, e di cui ha disegnato di ricolmarvi, se siete fedeli alla vostra vocazione.

« Essa che dispone tutto con dolcezza, e giunge con forza da un capo all'altro » ( Sap 8,1 ) con la cura che sempre ha di proporzionare i mezzi usati con il fine che si propone.

Non dubitatene affatto « Chi vi ha chiamato è fedele » ( 1 Ts 5,24 ).

Vi concederà abbondantissimamente gli aiuti che vi saranno necessari per corrispondere alla vostra vocazione.

Se questa vocazione è grande e sublime, lo saranno pure le grazie che Egli vi concederà : « Egli può fare per voi quanto ha fatto per altri, assai di là di quanto gli domandiamo, di quanto perfino possiamo comprendere » ( Ef 3,20 ).

Farà si che « tutto quanto è in voi, il vostro spirito, l'anima, il corpo, siano conservati senza macchia fino alla venuta di Gesù Cristo, Signore Nostro » ( 1 Ts 3,13 ).

Vi manderà il suo Spirito che discenderà e si poserà su voi, e vi riempirà dei suoi doni.

« Manifesterà ai piccoli ciò che nasconde ai saggi ed ai prudenti del secolo » ( Mt 11,25 ).

Insegnerà la scienza, darà l'intelligenza a quelli che si sono» volontariamente « svezzati dal latte » delle umane consolazioni, « a coloro che si sono strappati dalla mammella » ( Is 28,9 ).

I Sacri Cuori di Gesù e di Maria, a cui vi siete consacrati, si comunicheranno a voi; e l'uno e l'altra saranno « come un segnacolo » misterioso e divino, « impresso sul vostro cuore e sul vostro braccio » ( Ct 8,6 ); sul vostro cuore, perché tutti i vostri affetti siano puri; sul vostro braccio, affinché tutte le vostre opere siano sante.

A questo sigillo, la Trinità santa vi riconoscerà come porzione favorita del suo dominio e nulla vi potrà strappare dalle sue mani.

Questi Cuori saranno il vostro tesoro; tesoro sempre aperto per voi; tesoro dove troverete ogni cosa, tutte le virtù di cui avrete bisogno, tutti i doni che potrete desiderare, il rimedio a tutti i vostri mali, soddisfazioni sovrabbondanti per pagare tutti i debiti che potreste contrarre con la Giustizia divina ; tesoro inesauribile : quante più ricchezze spirituali vi attingerete, tanto più ne potrete attingere delle nuove e più preziose, sia per voi stessi che per gli altri.

Questi Cuori saranno l'asilo sicuro, il bastione inaccessibile dove in ogni tempo potrete mettervi al riparo dai vostri nemici; l'oratorio invisibile e secreto ad ogni altro che il Padre celeste, dove, lontano dalle creature, nel seno della divinità, domanderete nel nome di Gesù Cristo grandi cose che vi saranno accordate, una fontana di salute e di pace dove, nel deserto di questa vita, spegnerete un po' la sete che vi causerà l'assenza del Diletto!

Infine l'altare, dove brucia di giorno e di notte il fuoco del più puro amore, su cui vi offrirete, vi immolerete incessantemente, nelle fiamme della carità.

Ricompense

Da queste effusioni ammirevoli dei Cuori di Gesù e di Maria nei vostri cuori, dalla sublimità della vostra vocazione che unisce così strettamente i vostri cuori a quei Sacri Cuori, voi potete pure giudicare della ricompensa che vi è riservata dopo questa vita.

Tutto dipende dalla nostra unione e rassomiglianza con Gesù.

E quale unione maggiore e quale rassomiglianza più perfetta con Gesù di quella di coloro che si sono intieramente votati al suo Cuore, che non hanno avuto sulla terra beni che per consacrarglieli, forza e potenza che per impiegarli al suo servizio, onori che per fargliene omaggio; che non hanno affatto avuto altri sentimenti che i suoi, altri desideri che quello di piacergli e di glorificarlo, che non hanno vissuto che per amarlo e farlo amare, che infine hanno preso parte, come Lui e per amore di Lui, alle persecuzioni, ai disprezzi, ai rifiuti, ad ogni specie di cattivi trattamenti e di contraddizioni da parte del mondo?

Potreste dunque dubitare che « una grande e grandissima ricompensa non vi sia riservata in cielo »? ( Mt 5,12 ).

Voi vedrete Dio, amerete Dio, godrete in Dio, lo possederete in modo proporzionale all'amore che avrete avuto per Gesù, alla professione che avrete fatto di appartenere al suo Cuore Divino e soprattutto all'amore di predilezione che questo Divin Cuore ha avuto lui stesso per voi.

Gesù vi presenterà al Padre, presentandogli il suo Cuore, nel quale staranno racchiusi i vostri cuori.

Gli presenterà le vostre opere, gli atti interiori che avrete formulato, le parole che avrete pronunciato, le sofferenze che avrete affrontato.

Gli presenterà queste opere come sue, spoglie di quanto la debolezza umana vi aveva messo di proprio e di difettoso, e rivestite degli splendori del suo Cuore, animate dal suo spirito, arricchite dei suoi meriti, tutte ardenti dei bruciori del suo amore.

Come tali, l'Uomo-Dio le offrirà al Padre e gliene chiederà la ricompensa per voi, o piuttosto gliela domanderà per se stesso: « Ecco, dirà al Padre, quelli che voi m'avete dato; appartengono al mio Cuore.

In un secolo perverso, in mezzo al mondo più corrotto, più empio, essi sono stati gli organi di questo mio Cuore, gli interpreti del mio amore.

Avrebbero voluto infiammarne tutti i cuori, fare di tutti gli uomini dei veri adoratori, e far rivivere negli ultimi tempi un'immagine dell'innocenza e della santità della mia Chiesa nei bei giorni delle sue origini ».

« Voglio, o Padre, che siano là dove sono io stesso » « Fateli sedere con me sul mio trono, come io sto assisa sul vostro trono » ( Ap 3,21 ).

Tutti i miei santi, come mèmbri del mio Corpo, partecipano alla mia gloria.

Questi, come facenti parte del mio Cuore, partecipino alla sua ricompensa, siano eternamente rivestiti della sua gloria, ricchi dei suoi beni, belli della sua bellezza, felici della sua felicità.

« Pater, quos dedisti mihi, volo ut ubi sum ego, et illi sint mecum » ( Gv 17,24 ).

« L'amore che voi avete avuto per me si posi su di essi e che io stesso sia in essi l'oggetto delle vostre compiacenze eterne ».

Dilectio qua dilexisti me in ipsis sit et ego in ipsis » ( Gv 17,26 ).

II - Non trascurare nulla per rendere certa questa vocazione

Se vi siete formato, carissimi fratelli e carissime sorelle, un'esatta idea dello stato che avete abbracciato, se avete ben compreso la natura di queste Società, lo scopo intimo che si propongono, i mezzi che usano i doveri che prescrivono, le disposizioni che esigono dai loro membri, i nomi di cui si ornano, l'unione intima che esse hanno con i Cuori di Gesù e di Maria, da cui scendono, come da divina sorgente, tutte le grazie e tutti i favori celesti, ciò che abbiamo ora esposto non ha nulla che vi possa sorprendere.

Converrete senza esitazione che io non ho detto troppo né per le grazie che vi potete attendere dalla divina Bontà in questa vita, né per le grandi ricompense che vi sono riservate nell'altra.

Ed allora percepite quanto abbia ragione di applicare alla vostra vocazione a queste Società ciò che S. Pietro dice in generale della vocazione al Cristianesimo e come sia importante per voi: « non trascurare nulla per rendere certa la vostra vocazione e la vostra elezione ».

È per voi un obbligo indispensabile perché, se non è impossibile perdere la vocazione al Cristianesimo, lo è ancor meno perdere la vocazione allo stato religioso, per quanto sicura possa essere.

Esempi terribili che abbiamo sotto gli occhi mi dispensano dal portarvene le prove.

Mi limiterò dunque a parlarvi dell'obbligo che vi incombe di lavorare con tutta la energia a conservare la vostra vocazione, ed a consolidarvi sempre più in essa.

Questo obbligo è basato su tre ragioni principali che è bene considerare attentamente:

1) sull'eccellenza della vostra vocazione;

2) sul rispetto e la conformità che dovrete alla volontà di Dio;

3) sugli estremi pericoli che correte se, per difetto di vigilanza e di cura, venite a perdere la vocazione.

Non ho da dilungarmi sulla prima considerazione; ne ho parlato sufficientemente e voi siete convinti che la grazia della vostra vocazione è, in Dio; l'effetto di una particolare predilezione, il segno dei grandi disegni che Egli ha su di noi, il pegno degli eccellenti doni che vi ha destinati, e del trono elevato che vi attende in cielo.

Voi riconoscete pure « che portate questo tesoro in vasi fragili» ( 2 Cor 4,7 ); che potreste perderlo ad ogni istante, che nemici innumerevoli, nemici sempre vigili spiano ogni vostra mossa per togliervelo, che tutto tentano per ciò e che riusciranno infallibilmente nei loro perniciosi progetti, se vi afflosciate nei vostri sforzi, se vi lasciate sorprendere dalla negligenza e dal sonno.

Come non sentireste con ciò quanto sia indispensabile per voi vegliare, con costanza e senza sosta, per rafforzarvi, sempre più nella grazia della vostra vocazione, che è essa stessa un bene così grande, e che deve procacciarvi tanti altri beni e nel tempo e nell'eternità!

Passo alla seconda considerazione : al rispetto ed alla conformità che si deve alla volontà di Dio.

Non è qui il posto di esaminare la vostra vocazione.

Devo supporre ch'essa è vera, perché parlo a quelli che si sono arruolati - in queste Società sia con l'atto di Consacrazione, sia con l'emissione dei Voti.

Devo supporre, che prima di impegnarvi, avete preso il tempo richiesto per riflettervi; che avete conosciuto, almeno in generale, quale fosse lo stato che abbracciavate, e quali ne fossero i doveri principali; che avete esplorato le vostre disposizioni, la vostra attrattiva soprannaturale, le vostre forze; che, prima di tutto avete consultato la volontà di Dio e che, impegnandovi, avete avuto la mira di compiere questa volontà e di lavorare con maggior sicurezza alla vostra salvezza.

Suppongo ancora che i Superiori preposti per esaminare la vostra vocazione abbiano adempiuto tale dovere essenziale nei vostri riguardi; che abbiano delicatamente considerato davanti a Dio se voi avevate le disposizioni che caratterizzano una buona vocazione; se la leggerezza, il capriccio, se qualche improvviso entusiasmo di devozione, se qualche motivo naturale, se qualche considerazione umana, non vi avessero influito in qualche cosa; e se voi agivate soltanto con la mira della vostra salvezza, della vostra perfezione, della salute del prossimo, della gloria di Dio e del compimento della sua volontà.

Con simili precauzioni non c'è da temere di esservi ingannati nella scelta dello stato.

Avete fatto quanto era in vostro potere per conoscere la volontà di Dio.

« Dio è fedele », non ha potuto mancare di dirigervi nella via della sua santa volontà, in un punto così essenziale per voi, e che lui solo poteva farvi conoscere.

Vi ha fatto conoscere la sua volontà; ma quando si tratta di uno stato che ci lega alla pratica dei consigli evangelici, non è ordinariamente con l'imporci un precetto di seguirla; egli si accontenta di invitarci.

Perciò raramente a questo scopo si serve di vie straordinarie; ci sarebbe della presunzione ad aspettarselo e della temerità a desiderare che lo facesse.

Attraverso gli eventi, mediante le luci interiori che ci concede, per mezzo di sentimenti del cuore, con certe impressioni che fa sentire all'anima, per il consiglio dei suoi ministri, attraverso l'approvazione dei Superiori Egli ha l'abitudine di farci conoscere la sua volontà.

La sua Provvidenza vi ha posto in certe situazioni, vi ha fatto incontrare certe persone; vi ha fatto capitare tra le mani certi libri, certi scritti.

È con qualcuno di questi mezzi od altri simili, che voi siete arrivati alla conoscenza dello stato a cui il Signore vi aveva destinati.

La grazia, senza che voi vi aveste da pensare, in mille maniere vi aveva preparati da lungi.

In un certo momento essa ha parlato più fortemente ai vostri cuori; ha trionfato delle ripugnanze che la natura in voi apponeva alle sue attrattive.

Quanto avete sentito, avete visto di questo stato, ha concentrato la vostra attenzione; l'avete desiderato; una luce divina ve ne ha fatto vedere l'eccellenza e la bontà; un sentimento soprannaturale, impresso nel fondo della vostra anima, vi ha fatto intendere ch'era qui che il Signore vi chiamava, ch'era questa la strada per cui voleva che voi veniste da Lui; che qui vi avrebbe assistiti, protetti, illuminati; che con la sua assistenza avreste superato ogni sorta di ostacoli; che vi avreste trovato pace ed abbondanza di ogni bene; e che da qua sareste arrivati sicuramente al grado di felicità che vi è riservato in cielo.

Potreste misconoscere a questi segni la voce del Signore?

Non vi parla in una maniera tanto sensibile; ma non vi manifesta meno sicuramente la sua volontà di quando, rivolgendosi ai discepoli, diceva loro con dolcezza soggiogante: « Venite e seguitemi ».

Questa volontà non ha nulla di imperioso e di minacciante; merita forse meno il vostro rispetto e la perfetta conformità?

È la volontà onnipotente del Re supremo; è questa volontà che ha tirato dal nulla tutti gli esseri e che potrebbe farveli rientrare.

Al minimo segno di questa volontà, gli Spiriti celesti sarebbero pronti a discendere, dal fastigio della gloria, nella profondità dell'abisso.

Con quale rispetto dovete ascoltarla!

È la volontà benefica di un Dio pieno di amore; è quella dell'Uomo-Dio, del Salvatore degli uomini che vi invita a quanto vi ha di più santo, di più onorevole, di più vantaggioso per voi.

Vuole che siate del numero dei suoi più intimi amici; che prendiate parte ai suoi più preziosi favori; che voi siate associati ai suoi stati ed alle compiacenze che il Padre mette in Lui; che non viviate quaggiù che per la sua gloria è per quella del suo Padre; e che un giorno, assisi con lui sul suo trono, godiate eternamente della sua felicità.

Con quale premurosità dovete seguire questa volontà!

Con quale perfezione dovete ad essa conformarvi!

Occorre che essa vi ordini queste cose con impero, ch'essa vi faccia sentire i suoi tuoni per forzarvi ad accettare quanto vi offre il suo amore?

Grande sventura la perdita della vocazione

Quale ingiuria non fareste alla Divina Maestà, quale torto fareste a voi stessi, se non l'accettaste?

Quale sarebbe soprattutto l'eccesso del vostro accecamento e della vostra follia, se, dopo aver riconosciuto per qualche tempo la volontà dì Dio, dopo aver goduto del beneficio della vostra vocazione, veniste poi a perderne lo spirito, perché non vi siete applicati con tutte le vostre forze, secondo il consiglio del Capo degli Apostoli, a rendere sempre più certa la vostra vocazione ed elezione; e se, con ciò, meritaste d'essere privati di tutti i vantaggi annessi a questa sublime vocazione, delle grazie insigni di cui essa doveva essere sorgente per voi e di tutta la gloria che vi avrebbe assicurato in cielo!

Non è soltanto alla perdita di tutti questi vantaggi preziosi che vi esporrebbe questa mancanza di vigilanza per la conservazione del vostro tesoro; l'ho già detto, ed è una terza considerazione, tale mancanza di vigilanza esporrebbe al maggior pericolo la vostra stessa salvezza.

Questo pericolo sarebbe manifesto se voi arrivaste a rinunciare apertamente agli impegni sacri contratti con il Signore.

Agire così, sarebbe abiurare il giogo pieno di dolcezza del Salvatore del mondo, per sottomettervi al giogo tirannico del nemico del genere umano; disertare la milizia di Gesù Cristo per arruolarvi sotto gli stendardi di Satana; infine firmare in qualche modo il decreto della vostra eterna riprovazione, che, come dice l'Apostolo, è l'eredità di quelli che, dopo di aver giurato fedeltà a Gesù Cristo, non temono affatto di violare questo primo giuramento: « Habentes damnationem, quia primam fidem irritavi fecerunt ». « Rendendosi degni di condanna per aver violato il loro primo giuramento » ( 1 Tm 3,12 ).

Non è ciò di cui pretendo parlarvi. Non presumo che lo spirito di malizia e di tenebre prevalga tanto su voi da travolgervi in un delitto che vi metterebbe, quasi irrevocabilmente, nella strada larga della perdizione.

Sarebbe più da temere che egli persuadesse quelli che non hanno ancora impegni sacri, con l'emissione dei voti, o per i quali il tempo di questi impegni sacri sarebbe trascorso, che possano impunemente mancare alla loro vocazione.

È dunque a costoro che mi rivolgo; e per trattenerli dal cadere in questo tranello di Satana, li avverto che non potrebbero lasciarsi sorprendere senza correre il massimo pericolo, quello di perdersi eternamente.

E mi spiego. Non ci sarà affatto per essi infrazione ai voti, poiché non sono mai stati legati da voti o perché hanno cessato di esserlo; e di più il male non avrà né la stessa evidenza, né la stessa gravita.

Non avrà la stessa evidenza, perché nell'intervallo di tempo dalla prima consacrazione fino all'emissione dei voti, poté accadere che gli stessi soggetti o i loro Superiori abbiano forse riconosciuto che la vocazione non era vera.

Non è il caso che esaminiamo qui, poiché supponiamo vera la vocazione e la dobbiamo presumere, a meno che intervengano cambiamenti indipendenti dalla volontà dei soggetti e riconosciuti dai Superiori; cambiamenti che per la natura stessa delle nostre Società, si devono verificare più raramente che in ogni altra Società religiosa.

Ma, supposta anche la verità della vocazione, il male non avrebbe la medesima evidenza, od anche non ne avrebbe alcuna, perché si potrebbero creare illusioni a se stessi o agli altri. Il male non avrebbe la stessa gravita; non darebbe, per se stesso, la morte all'anima, non la separerebbe intieramente da Gesù Cristo, per il motivo che, nella vocazione ad uno stato di perfezione, la volontà del Signore non ci è intimata come un precetto rigoroso.

Forse anche, non considerando la vocazione che come un semplice invito alla pratica dei consigli, potrebbe capitare di non corrispondervi o di non farlo con costanza, senza con ciò rendersi colpevole di peccato, ma soltanto di una considerevole imperfezione.

Come giudicare la grazia della vocazione

È difficile, ne convengo, concepire che una volontà di Dio, che ci è molto palese in cosa importante, non sia che un semplice invito e che non si commetta che un peccato leggero, che una imperfezione, quando si resiste a questa volontà di Dio coscientemente, con ostinazione e malgrado vive e frequenti sollecitazioni da parte sua; quando vi si resiste, per quanto essa si sforzi di attirarci a sé per ciò che v'è di più capace di muovere un'anima e quando lo si faccia per qualche considerazione umana o per il timone di qualche pena temporale; quando infine vi si resiste in un punto capitale da cui dipendono ordinariamente la nostra felicità ed infelicità eterne.

Posso tuttavia ben supporlo; suppongo, dico, che resistendo in questo modo alla Volontà Divina che ci chiama ad uno stato di perfezione, oppure, ciò che non è un male minore, respingendola con l'allontanarsi per sempre dopo di esservi stati fedeli per qualche tempo, non si sarebbe colpevoli che di colpa leggera, per la ragione che la vocazione, dalla parte del Signore, non è che un invito, e che un invito è cosa di puro consiglio; ma io dico che, anche in questa ipotesi, una tale colpa, di qualunque entità sia, metterebbe la salvezza nel massimo pericolo.

Per convincersene basta, mi sembra, richiamare, ciò che è, in generale, la grazia della vocazione religiosa.

Non ripeteremo quanto ne abbiamo già detto; io non la tratto che come mezzo di salvezza.

È una grazia di luce: Dio solo conosce la via attraverso cui dobbiamo camminare per arrivare a lui; le grazie che ci ha destinato e che ci sono necessario; il grado di gloria e di santità a cui è chiamato ciascuno di noi; i mezzi di cui bisogna far uso e senza i quali non si raggiunge mai l'eterna felicità.

Tutti gli uomini, per quanto chiamati alla salvezza non vi debbono arrivare per la stessa strada e con gli stessi mezzi; non sono destinate per tutti le medesime grazie.

Gli uomini sono incapaci di conoscere quelle fra le cose presenti che loro convengono, e ciascuno di noi può dire, quasi ad ogni istante, quanto diceva un santo re di Giuda: « Ignoriamo ciò che dobbiamo fare e non ci resta che elevare i nostri sguardi a te. ( 2 Paral 20,12 ).

« Spesso, dice la Sapienza, la strada che sembra buona ci potrebbe condurre alla morte » ( Pr 16,25 ).

Dio solo sa ciò che conviene a ciascuno di noi; Lui solo da tutta l'eternità ha pesato sulla bilancia della sua sapienza la misura e la qualità delle grazie che ci destina, dei servizi che si attende da noi, degli atti di virtù che ci meriteranno la ricompensa e delle colpe che ci meriteranno il castigo.

Sono verità che non possiamo ignorare, risultano dalla nozione che abbiamo di Dio, dalla conoscenza di noi stessi.

La Santa Scrittura ce le richiama dovunque; tutta la teologia le insegna.

Dio, con la grazia della vocazione, viene in nostro aiuto: rischiara il nostro accecamento; ci da una fiaccola per guidarci nelle tenebre; risponde al grido dei nostri cuori per cui lo preghiamo di farci conoscere la via per la quale dobbiamo andare fino a Lui.

« Notam fac mihi viam in qua ambulem » « Fatemi conoscere la strada che devo battere » ( Sal 143,10 ).

Che fate se non ascoltate la grazia della vocazione, se chiudete gli occhi alla luce?

Camminate a casaccio; deviate dal sentiero che vi è indicato per prenderne un altro; spegnete la fiaccola che vi viene presentata; respingete i mezzi che vi sono offerti.

Che cosa potere allora aspettarvi?

Dio può senza dubbio nella sua misericordia aprirvi un'altra via, offrirvi altri mezzi.

Ma avete diritto di pretendere ciò? Potete prudentemente sperarlo?

Non avete ogni motivo di temere che Egli permetta che vi smarriate e che persistiate nel vostro smarrimento, con allontanarvi sempre più ogni giorno dal cammino che vi aveva indicato?

Avete diverse strade davanti a voi: ve ne è indicata una come quella che deve condurvi alla meta; per capriccio voi ne prendete un'altra: non è volere smarrirvi?

Non è forse un correre un rischio certo di non arrivare mai allo scopo che dovete proporvi?

La grazia della vocazione, per rapporto a voi, è una grazia di predilezione e potete applicare a voi stesso quanto il Profeta disse del popolo d'Israele e che ancor più conviene al popolo cristiano, di cui Israele era figura.

« Dio non è stato così liberale verso le altre nazioni; non ha rivelato affatto ad esse i suoi sentimenti » ( Sal 147,20 ).

Vi ha distinto dalla stessa massa dei cristiani, per collocarvi più da vicino alla sua Persona; voi appartenete in modo speciale al suo Cuore; voi dovete essere, alla fine dei secoli, gli strumenti del suo amore, per rapporto agli uomini.

Quante grazie e doni e favori vi sono destinati per questo. Che magnifica ricompensa vi attende!

Resistendo alla grazia della vostra vocazione, respingendola dopo di averla accolta, dimostrate il poco conto che fate dei doni di Dio, dei suoi favori, del suo amore.

Non è forse una grande irriverenza verso la sua divina Maestà, un'enorme ingratitudine per i suoi benefici, uno strano abuso delle sue grazie più preziose, dei suoi lumi più abbondanti?

Pertanto io voglio ammettere ancora questo: Egli non vi priva per tutto ciò della sua amicizia; non vi esclude dalla salvezza, perché non ha voluto far uso della sua autorità.

Non vi ha fatto un espresso comando, non ha fatto che invitarvi, come il giovane dell'evangelo, ad abbandonare tutto per mettervi al suo seguito.

Non sarete dunque riprovato, precisamente per non aver obbedito alla sua voce che vi chiamava; ma se voi imitate quel giovane, se l'offerta che vi presenta il Salvatore del mondo è per voi come lo fu per lui, materia di afflizione.

« Abit tristis » « se ne andò tutto triste », non avete forse da temere la sorte di quel giovane e che anche a voi si applichino, come a lui, quelle spaventevoli parole del Signore: « Quanto è difficile ad un ricco entrare nel regno dei celi! È più facile ad un cammello passare per la cruna di un ago! » ( Mt 19,23 ).

In quell'incontro difficile, in quella tentazione più forte, dove Dio prevede che verrete a trovarvi, avrete bisogno di una grazia straordinaria, di una di quelle grazie che Dio non fa che ai suoi intimi amici, ai suoi più fedeli servitori; ma non avete da temere che una tale grazia non vi sia data?

Dio non deve rifiutarvela, secondo la sua ordinaria giustizia e l'ordine comune della sua Provvidenza? Ed allora che diverrete voi?

Infine, la grazia della vocazione non è una semplice grazia; è una prima grazia, una grazia originale a cui sono quasi inseparabilmente incatenate infinite altre; è una catena non interrotta di grazie, il cui ultimo anello è la grazia della perseveranza finale, questa grazia che non si può meritare ma che si è sicuri di ottenere con una fedeltà costante e con la preghiera.

Una volta rotta questa catena, soprattutto per l'infedeltà alla grazia della vocazione, è ben difficile saldarne di nuovo gli anelli; ed allora quale disgrazia non c'è da temere?

Ma non spingiamo così lontano le nostre considerazioni; fermiamoci a ciò che costituisce propriamente la grazia della vocazione religiosa.

Richiamatevi ciò che allora avete provato.

Quanta luce, quante sante ispirazioni, quanti buoni impulsi, quante dolci e pressanti sollecitazioni da parte del Signore!

Da parte vostra invece, quante resistenze, spesso ostinate, quale alternativa di gioia e di tristezza, di timore e di speranza, di sconforto e di pace, secondo che eravate fedele od infedele alla voce di Dio che vi chiamava!

Era in voi un combattimento straziante, una lotta interiore tra la carne e lo spirito, tra la natura e la grazia, tra il cielo e l'inferno, tra il vostro spirito e lo Spirito di Dio.

Gesù Cristo e Satana si disputavano l'un l'altro il possesso della vostra anima.

Tutto ciò non vi sottolinea quanto fosse importante per voi corrispondere alla grazia della vostra vocazione? quanto il Signore lo volesse da voi, quanto lo desiderasse ardentemente?

Voi lo intuivate a volte; vi sembrava, e non vi ingannavate, considerando ciò come l'effetto di una illuminazione divina, vi sembrava che la vostra sorte eterna dipendeva dal successo di questa lotta, che tutta la vostra perfezione, che tutta la vostra eterna salute vi fosse annessa.

Se voi finite con il dimenticarlo; se per notevole infedeltà arrivate a perdere la grazia della vostra vocazione, qual rischio non correte mai?

Ciò potrebbe riguardare tutti quelli che Dio chiama a sé, prima ancora che essi prendano alcun impegno; ma riguarda più specialmente coloro tra noi che, senza avere ancor fatto voti, hanno assunto alla presenza di Dio degli impegni iniziali con la loro Consacrazione, perché questa suppone che non soltanto essi hanno per qualche tempo esaminato se fosse vera la propria vocazione, ma che essa è stata diligentemente esaminata ed approvata come tale da coloro che avevano grazia per decidere e che costoro non vi hanno trovato nulla, ne nelle loro disposizioni personali né in tutto ciò che li riguardava, che facesse loro credere che la loro vocazione non fosse vera.

Le stesse ragioni hanno ancor maggior forza per quelli che hanno emesso i voti, perché essi non l'hanno fatto che dopo un maggior lasso di tempo, in seguito a più frequenti esami, dopo prove più rudi, dopo un'approvazione più meditata da parte dei ministri del Signore, incaricati di questa cura nel suo nome.

Essi sono stati pienamente, intimamente convinti della verità della loro vocazione, mentre invece non si può presumere che questa convinzione possa trovarsi in coloro la cui vocazione non sarebbe vera.

Come infatti potremmo persuaderci di agire, mirando a Dio e con motivi soprannaturali, mentre non siamo mossi che da criteri bassi e terrestri?

Sono stati dunque chiamati da Dio a questo stato di perfezione e non per un tempo limitato, ma per tutta la durata della loro vita.

Poiché, bisogna ben sottolinearlo, quando si entra in queste nostre Società, non è impiego passeggero che ci prendiamo; non è una confraternita in cui ci si impegni per qualche tempo, liberi poi di abbandonare quando si vorrà; è uno stato stabile e permanente che si abbraccia, dapprima come per collaudare le proprie forze con impegni che, per quanto sacri, non legano intieramente la volontà; poi con il più forte e più sacro legame: quello dei voti religiosi.

Queste Società vi sono state presentate così: non sareste stati affatto ammessi, neppure alla Consacrazione ed ancor meno all'emissione dei voti; non sareste stati affatto creduti chiamati da Dio, se non aveste avuto il piano di vivervi e di morirvi nella pratica dei consigli evangelici, nell'osservanza delle regole, e sotto l'obbedienza dei superiori.

Proprio così le Società dei Sacri Cuori di Gesù e Maria vi sono state mostrate, l'una e l'altra, nei loro rispettivi piani; è questa la nostra maniera di vita quale è stata tracciata sul Memoriale presentato all'approvazione del Romano Pontefice; è quella che Egli ha approvato ed ha permesso a tutti di abbracciare.

Senza questa ferma risoluzione di stabilità che proviene invariabilmente dalla nostra vocazione, non formeremmo una Società aspirante ad essere dichiarata religiosa, quando piacerà alla Santa Chiesa di ammetterla a questa qualifica, e non potremmo neppure prometterci di rendere mai importanti servizi alla Chiesa.

Senza questa risoluzione, a che si ridurrebbe la nostra vocazione, e perché tante prove, tanti esami, tanti combattimenti, tante ripugnanze da parte della natura, tante opposizioni da parte del principe delle tenebre?

Perché un noviziato di almeno un anno nella società delle Figlie del Cuore di Maria e di due anni intieri in quella del Cuore di Gesù, se il sacrificio di se stesso deve essere di così corta durata; se, dopo di aver sacrificato la propria volontà durante il corto spazio di un anno, si può in tutta tranquillità di coscienza riprenderne il libero uso e disporre a piacimento della propria persona, dei propri beni, allorquando è trascorso questo spazio di tempo?

È vero che conformemente alle disposizioni del Sommo Pontefice, essendo annuali i vostri voti, quando è spirato il termine di un anno, voi rimanete liberi dall'impegno che avevate assunto con i voti; ma voi rientrate nello stato in cui vi trovavate prima di emettere questi voti.

Prima di questo tempo, voi eravate tenuti ad emetterli per dar seguito alla vostra vocazione; se, per vostra propria scelta e senza giuste ragioni, non l'aveste fatto e foste usciti dal vostro stato, sareste stati refrattari alla vostra vocazione; voi avreste, come l'abbiamo fatto vedere, resistito alla voce di Dio; vi sareste scostati dalla via che vi tracciava; ve ne sareste scostati in un punto decisivo, da cui di solito dipende la salvezza delle anime; avreste misconosciuto e rifiutato i benefici più preziosi di Dio.

Ecco lo stato in cui ancora siete, in cui non avete ancor cessato e non cesserete affatto di essere.

Dopo di aver emessi, una o più volte, i voti, la vostra infedeltà alla vocazione sarebbe tanto più grave quanto più contagioso ne sarebbe l'esempio; ed il male deve apparire ancor più grande nello stato attuale in cui si trovano le nostre Società ai loro inizi.

Dio vi aveva scelti per essere delle pietre di fondamento dell'edificio; era per voi il pegno dei più grandi favori; se voi ve ne andate, non sarà certo per voi se il nuovo edificio non crolla, se l'opera di Dio non perisce intieramente.

Quanto bene impedito! quante anime perse eternamente per colpa vostra!

Non è un'infrazione ai voti, ma una notevole infedeltà, una mancanza contagiosa che mette nel più grande pericolo la vostra salvezza.

La disposizione del Romano Pontefice, limitando, per il momento, i nostri voti nelle due Società, a voti annuali, non cambia nulla alla grazia della vocazione, alle disposizioni che esige da noi ed agli obblighi che ci fa contrarre con Dio.

Lo scopo del Santo Padre non è stato certamente, non si può neppure supporre che lo sia stato, di impedirci di corrispondere alla nostra vocazione nella maniera più perfetta e di votarci intieramente e per sempre a Dio, in Società di cui ha approvato la forma di vita, che ha qualificato come iniziative pie ed utili e che ha permesso a chiunque di abbracciare; solamente non ha permesso di farlo con voti perpetui e solenni.

Ce n'è abbastanza per far vedere che le ragioni da noi allegate, restano con tutta la loro forza; che riguardano soprattutto coloro che hanno fatto voti; e che la cessazione dell'obbligo annesso ai voti non coinvolge la cessazione dell'obbligo annesso alla vocazione.

Ma se l'obbligo annesso alla vocazione resta in tutta la sua efficacia, perché Sua Santità avrebbe ristretto la facoltà concessa di emettere voti a voti annuali?

Potrei dispensarmi dal rispondere a questa domanda; ciò che ho detto è sufficientemente provato.

Ma, se mi è permesso di entrare nelle mire del Sommo Pontefice, credo di scorgerne parecchie ragioni.

La prima è presa dalle circostanze, che non gli permettevano di fare di più a nostro vantaggio.

Si possono facilmente richiamare queste circostanze; e la promessa che il Santo Padre ha fatto d'accordare una pubblica approvazione in tempi più calmi sembra insinuare questa ragione.

Una seconda ragione riguarda l'istituto stesso.

Essendo di nuovo genere, è potuto sembrar più prudente approvarlo per qualche tempo, non venendo permessi che voti annuali e semplici prima di dargli piena e perfetta consistenza con la perpetuità e solennità dei voti.

Altre ragioni riguardano i singoli. Siccome voti semplici ed annuali non sono affatto in se stessi un ostacolo alla perfezione ed alla costanza delle anime fedeli alla propria vocazione; che anzi possono al contrario servire a far brillare la loro fedeltà, il Santo Padre ha voluto, con questo mezzo, provvedere alla debolezza di quelli, la cui vocazione non sarebbe stata vera o che avrebbe mancato di coraggio, di costanza e di fedeltà; e rendere meno grave e scandalosa la loro colpa in un tempo in cui, non essendo più sostenuta la disciplina ecclesiastica dal braccio secolare, non può più essere la stessa nel campo dei voti religiosi, ed in cui potrebbe essere più difficile ricorrere alle dispense.

Ha voluto pure, senza dubbio, dare ai superiori un mezzo dolce e facile di epurare il Corpo della Società dei cattivi soggetti, la cui condotta non potrebbe che essere di cattiva edificazione e disonorarla.

Comunque sia, mi sembra evidente che non ci sia nulla nei voti annuali che lasci insinuare che si possa, dopo la loro cessazione, riprendere ciò che è stato consacrato al Signore, senza andar contro la vocazione, senza uscire dalla strada che Dio ci aveva tracciato, e senza correre i pericoli terribili a cui sono esposti tutti quelli che sono infedeli alla vocazione.

Come sono da compiangere, come sono ciechi quanti non hanno compreso queste cose!

Tocca a Dio che scandaglia i cuori il giudicarli; contentiamoci di gemere sulla loro sorte e temiamo per essi i castighi del Signore.

Possano questi castighi non estendersi di là dal tempo.

Ricordiamoci delle parole dell'Apostolo: « Il giusto vive di fede » « se egli diserta » se egli si scosta dal cammino, « non piacerà affatto alla mia anima ».

Ma aggiungiamo con l'Apostolo: « Per noi, non siamo affatto figli di diserzione, il che produrrebbe infallantemente la nostra perdita ». ( Eb 10,30-39 ).

Non servano che ad eccitare la nostra vigilanza i voti annuali, e ci rendano più attenti a mettere in pratica il consiglio che ci da il principe degli Apostoli: « di fare ogni sforzo per rendere certa la nostra vocazione e la nostra elezione con il mezzo delle buone opere ».

III - Mezzi generali di assicurare la vocazione

Sarebbe abbastanza naturale parlare qui delle opere buone.

Me lo ero proposto; ma la materia s'è moltiplicata sotto la penna, e passa già i limiti che mi ero prescritto.

D'altronde, siccome queste opere buone non sono le medesime nell'una e nell'altra Società, è meglio parlarne separatamente in lettere differenti.

Mi limiterò dunque a mettervi brevemente sotto gli occhi alcuni mezzi generali e comuni a tutti, con il cui aiuto potrete assicurare sempre più la vostra vocazione.

1° mezzo: La riflessione.

Fate una seria attenzione a quanto è stato detto sulla grazia della vocazione, sull'eccellenza di questa grazia, sulla predilezione che il Signore vi ha attestato accordandovela; sulle grazie inestimabili di cui è sorgente, sulla perseveranza finale a cui deve condurvi e di cui essa è il pegno più sicuro; sulla gloria sublime che vi deve procacciare.

Tali considerazioni fanno dapprima la più viva impressione su di un'anima; portano luce allo spirito; producono nel cuore il desiderio di essere fedeli ed il timore di non esserlo; ma poi con il tempo questa impressione si cancella; per conservarla, per rianimarla, bisogna richiamarle sovente.

2° mezzo: La vigilanza.

Questa vigilanza consiste soprattutto nell'evitare con cura tutto quanto potrebbe scuotere in noi la grazia della vocazione, nel ricorrere a quanto può rafforzarla e fortificarla.

Lo spirito mondano, l'orgoglio, l'amore delle cose terrene, la dissipazione, ecco tutto ciò che può diminuire in noi e farci perdere intieramente la grazia della vocazione.

Evitiamo, combattiamo quanto ci è possibile, queste disgraziate inclinazioni.

Ciò che fortifica la vocazione è lo spirito di Gesù Cristo, l'umiltà, il disprezzo dei beni terrestri, dei piaceri, delle soddisfazioni dei sensi, il ritiro ed il raccoglimento.

È qui che devono tendere tutti i nostri passi. Questo deve essere il principio ed il termine della nostra condotta ordinaria.

3° mezzo : La preghiera.

Senza questo mezzo gli altri sarebbero privi di forza.

Da Dio solo si può ricevere la luce e la forza che ci sono necessarie per perseverare, per perfezionarci nella grazia della nostra vocazione.

Ogni giorno e parecchie volte al giorno, ringraziate Dio di questa grazia e di tutte quelle che avete ricevuto in conseguenza.

Ogni giorno domandate a Dio con le più vive istanze, per il Cuore del suo divin Figlio che si degni concedervene la continuazione e la perfezione.

« Perfìce gressus meos in semitis tuis » « Rafforza i miei passi nelle tue vie ».

Rivolgetevi per questo sovente alla Vergine santa, a cui dovete riconoscervi debitore di una così grande grazia, al vostro Angelo Custode, ai vostri santi patroni.

4° mezzo : Ricorrere ai Superiori.

Questo mezzo è particolare, ma è essenzialissimo; è efficace contro ogni specie di tentazioni; è necessario contro quelle che intaccano la vocazione.

Chi non è sottomesso all'obbedienza potrebbe, forse, condursi impunemente con le proprie risorse; può sperare che Dio lo illuminerà da sé in ciò che riguarda la propria condotta personale.

Non è così del religioso; egli deve lasciarsi governare dai suoi Superiori.

È ad essi che Dio da immediatamente le luci con cui deve regolarsi, è da essi che deve riceverle.

Non è più con i propri occhi che egli deve vedere, ma con quelli del Superiore o delle persone che Egli ha incaricato della sua condotta.

Dio l'ha così ordinato perché non vuole turbare l'ordine che ha stabilito.

È dunque necessario, ed è uno dei principali doveri dell'obbedienza, scoprire ai Superiori i primi pensieri, i primi sentimenti che si possono avere contro il proprio stato, allo scopo di conoscere da essi la volontà di Dio e di attenersi al loro parere.

Dio non permetterà mai che voi siate ingannati, agendo in tal modo.

Voi lo sarete certamente, meriterete di esserlo, se vorrete riferirvi al vostro proprio giudizio.

A questi mezzi S. Pietro vuole che si unisca l'esercizio delle opere buone.

È impossibile che non le facciate se siete fedeli a questi mezzi; come non sarebbe possibile che voi foste fedeli a servirvi di questi mezzi, se trascuraste l'esercizio delle opere buone.

Si perde lo spirito del Cristianesimo quando non si fanno le opere del cristiano.

Si perde lo spirito della vocazione religiosa quando non si fanno le opere del vero religioso.

Quest'opere sono soprattutto quelle che derivano più direttamente dai tre voti sostanziali della religione, dal disprezzo della terra, dall'orrore del piacere, dalla perfetta rinuncia alla propria volontà.

Ne rimandiamo i particolari ad altro tempo.

Finisco, miei carissimi fratelli e carissime sorelle nei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, con lo scongiurarvi, con il Principe degli Apostoli, di essere fedeli alla vostra santa vocazione e di non trascurare nulla per conservarvi in essa e rafforzarvi sempre più « Quapropter, fratres, salagite … ».

Ve ne scongiuro per questi stessi Cuori a cui vi siete consacrati.

Ve ne scongiuro per l'amore di predilezione che essi vi hanno testimoniato, scegliendovi a preferenza di tanti altri, attirandovi ed associandovi a sé.

Ve ne scongiuro per i vostri più preziosi interessi, per l'importanza stessa del dovere che vi raccomandiamo.

Siate fedeli alla vostra vocazione. Qualunque siano le vostre disposizioni, la vostra vocazione non cambia affatto.

Dio da voi vuole sempre ciò che ha voluto. « Egli non muta affatto; non si pente assolutamente dei suoi doni ».

« Sine poenitentia sunt dona Dei ».

La vocazione è un puro dono della liberalità del Signore, ma voi potete perderla con la vostra infedeltà.

Il Padre vi ha dato il suo Figliolo; ed il Figlio vi ha rinchiusi nel suo Cuore.

Nessuno può strapparvi dalle mani del Figlio, nessuno può togliervi dal suo Cuore.

Solo voi potete strappare voi stessi dalle sue mani benefiche od uscire dal suo Cuore tutto bruciante d'amore.

Ma che! Fareste così violenza al suo amore? Sareste così ingrati verso Dio, tanto nemici di voi stessi da arrivare ad una tale infedeltà, da immergervi nella peggiore delle sciagure?

L'Uomo-Dio, nella preghiera che fece la vigilia della sua morte, rivolgeva queste parole al Padre: « Io ho difeso quelli che tu mi avevi affidato, e nessuno di essi è perito se non il figlio della perdizione, perché si compissero le Scritture ».

Come gli Apostoli, noi apparteniamo a Gesù Cristo; Gesù Cristo ci difende, egli ha pregato per noi.

Piaccia al Signore che nessuno di noi perisca e divida la sorte di Giuda, il figlio della perdizione!

Possiamo noi invece essere tutti inseparabilmente uniti in Gesù Cristo e non essere tutti assieme che una sola cosa in Lui, come Gesù Cristo è una identica cosa con il Padre, secondo la domanda che Egli ha rivolto in questa stessa preghiera!

È pure ciò che anch'io domando al Padre celeste, per i meriti di quel medesimo Figlio, per voi tutti e per ciascuno di voi; è ciò che io vi auguro dal più intimo del cuore, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia.

Parigi, 23 febbraio 1802

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