Compendio di Teologia Ascetica e Mistica

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Delle virtù morali

Art. I. Della virtù della prudenza

Ne esporremo: 1° la natura; 2° la necessità; 3° i mezzi di perfezionarvisi.

I. La natura.

Per meglio intenderla diamone la definizione, gli elementi costitutivi, le specie.

1016. 1° Definizione: è una virtù morale e soprannaturale, che inclina l'intelletto a scegliere, in ogni circostanza, i mezzi migliori a ottenere i vari fini subordinandoli al fine ultimo.

Non è quindi né la prudenza della carne, né la prudenza puramente umana: è la prudenza cristiana.

A) Non è la prudenza della carne, che ci rende ingegnosi nel trovare i mezzi a ottenere un fine cattivo, a soddisfare le passioni, ad arricchire, a conseguire onori; e che è condannata da S. Paolo, perché nemica di Dio e ribelle alla sua legge e nemica dell'uomo che conduce alla morte eterna.

Non è neppure la prudenza puramente umana, che studia i mezzi migliori per ottenere un fine naturale senza subordinarlo al fine ultimo; come la prudenza dell'industriale, del commerciante, dell'artista, dell'operaio, che cercano di guadagnare denaro e gloria senza darsi pensiero di Dio e della felicità eterna.

A costoro bisogna ricordare che a nulla serve il conquistare anche il mondo intero se poi si perde l'anima.

1017. B) É la prudenza cristiana, che appoggiandosi sui principii della fede, tutto riferisce al fine soprannaturale, vale a dire a Dio conosciuto e amato sulla terra e posseduto nel cielo.

È vero che la prudenza non si occupa direttamente di questo fine, che le è proposto dalla fede; ma l'ha continuamente dinanzi, per studiare, alla sua luce, i mezzi migliori a dirigere tutte le azioni verso cotesto fine.

Si occupa quindi della vita in tutti i suoi particolari: regola i pensieri per impedirli di andare lontani da Dio; regola le intenzioni per rimuoverne ciò che potrebbe corromperne la purezza; regola gli affetti, i sentimenti, i voleri, per riferirli a Dio; regola perfino gli atti esteriori e l'esecuzione delle nostre risoluzioni per ordinarli all'ultimo fine.

1018. C) Questa virtù risiede propriamente parlando nell'intelletto, perché giudica e discerne ciò che, in ogni particolare circostanza, è più atto a conseguire il nostro fine; è una scienza all'applicazione che alla conoscenza dei principii aggiunge quella delle cose e persone fra cui dobbiamo condurre la vita.

Tuttavia la volontà interviene per muovere l'intelletto ad applicarsi alla considerazione dei motivi e delle ragioni onde fare una savia scelta, e poi più tardi per ordinare l'esecuzione dei mezzi scelti.

1019. D) La regola della prudenza cristiana non è la sola ragione, ma la ragione illuminata dalla fede.

Se ne trova la più nobile espressione nel Sermone del monte, in cui Nostro Signore compie e perfeziona la legge antica, sgombrandola dalle false interpretazioni dei dottori giudei.

La prudenza soprannaturale attinge dunque luce e ispirazioni nelle massime evangeliche che sono diametralmente opposte a quelle del mondo.

Per farne l'applicazione alle azioni quotidiane ricorre agli esempi dei Santi, che vissero secondo il Vangelo, e agli insegnamenti della Chiesa infallibile che viene a guidarci nei casi dubbi.

Così siamo moralmente certi di non traviare.

D'altra parte i mezzi da lei adoperati sono non solo mezzi onesti ma mezzi soprannaturali, la preghiera e i sacramenti, che, moltiplicandoci le forze per il bene, ci fanno giungere a risultati assai migliori.

Il che si vedrà anche meglio studiando gli elementi costitutivi di questa virtù.

1020. 2° Elementi costitutivi.

Per operare prudentemente sono specialmente necessarie tre condizioni: esaminare con maturità, risolvere con senno, eseguir bene.

A) Ci vuole prima di tutto maturo esame per studiare i mezzi più atti al conseguimento del fine che uno si propone, esame che dev'essere proporzionato all'importanza della risoluzione da prendere.

A farlo con più maturità, uno rifletterà da sé e consulterà i savi.

1021. a) Rifletterà da sé sul passato, sul presente e sull'avvenire.

1) La memoria del passato gli sarà di grandissima utilità poiché il fondo della natura umana rimane sempre lo stesso nel corso dei secoli, conviene consultare la storia per vedere come i nostri padri risolvettero i problemi che ci stanno dinanzi: le esperienze che essi tentarono per risolverli illumineranno la esperienza nostra e ci risparmieranno molti errori; vedendo ciò che riuscì bene e ciò che andò a vuoto, capiremo meglio quali siano gli scogli da schivare e i mezzi da prendere.

Ma bisogna consultare pure la propria esperienza: a cominciare dall'infanzia ci siamo trovati o in un modo o in un altro, alle prese con simili difficoltà; dobbiamo pensare a ciò che ci è riuscito e a ciò che ci fu causa di cattivo esito, e dire risolutamente a noi stessi: non voglio più espormi agli stessi pericoli né soccombere alle stesse tentazioni.

2) Ma si deve pure tenere conto del presente, delle condizioni diverse in cui viviamo; ogni secolo, ogni uomo ha la particolare sua indole, e noi stessi non abbiamo più nell'età matura gli stessi gusti che avevamo in gioventù.

Onde qui interverrà l'intelletto per aiutarci a interpretare bene le esperienze passate adattandole alle circostanze presenti.

3) Da ultimo anche l'avvenire può bene essere interrogato: prima di risolvere, è utile prevedere, per quanto è possibile, le conseguenze dei nostri atti su noi e sugli altri.

Con la memoria del passato e con la previsione, dell'avvenire si riesce a ben ordinare il presente.

Applichiamo tutto questo a una determinata virtù, alla castità: la storia mi ricorderà quanto fecero i Santi per restare puri in mezzo ai pericoli del mondo; la mia esperienza mi dirà quali furono le mie tentazioni, i mezzi usati per resistervi, le vittorie e le sconfitte; e da ciò io potrò conchiudere con grande, probabilità quale risultato avrà nell'avvenire questo o quel passo, questa o quella lettura, questa o quella conversazione.

1022. b) Ma non basta riflettere, bisogna pure saper consultare gli uomini savi ed esperimentati: una parola, un'osservazione di un amico, di un parente, talora perfino di un servo, ci apre gli occhi e ci mostra un lato delle cose da noi dimenticato o negletto: quattro occhi vedono meglio di due, e dalla discussione scaturisce la luce.

Quanto più non deve ciò dirsi della parola di un direttore che ci conosce, e che, essendo disinteressato nell'affare, vede meglio di noi ciò che ci è utile al bene dell'anima?

Si consulterà dunque con diligenza e docilità un uomo savio ed esperimentato; il che del resto non toglie che esercitiamo la nostra sagacia, onde vedere con rapidità ed esattezza quanto vi è di fondato nei consigli altrui e nelle osservazioni nostre.

Ma non si deve dimenticare di ricorrere al migliore dei consiglieri, al Padre dei lumi, e un Veni Sancte Spiritus divotamente recitato ci tornerà spesso più utile di molti esami.

1023. B) Dopo aver bene esaminato, bisogna giudicare bene, vale a dire risolvere quali, tra i mezzi suggeriti, sono veramente i più efficaci.

Per riuscirvi:

a) si rimoveranno accuratamente i pregiudizi, le passioni e le impressioni, che sono elementi perturbatori del giudizio, e uno si metterà risolutamente di fronte all'eternità per valutar tutto al lume della fede:

b) non si dovrà fermarsi alla superficie delle ragioni che fanno inclinare a questa o quella parte, ma esaminarle a fondo, con, perspicacia, pesandone bene il pro ed il contro;

c) infine si giudicherà con risolutezza, senza abbandonarsi a soverchie esitazioni; quando si è riflettuto proporzionatamente all'importanza dell'affare e preso il partito che sembra migliore, Dio non ci rimprovererà la nostra condotta, avendo noi fatto quanto dovevamo per conoscerne la volontà; onde possiamo far assegnamento sulla sua grazia per l'esecuzione delle nostre risoluzioni.

1024. Non bisogna infatti tardare ad eseguire il fissato disegno: al che tre cose si richiedono previdenza, circospezione, e precauzioni.

a) Previdenza: il prevedere importa calcolare prima gli sforzi necessarii ad eseguire i nostri disegni, gli ostacoli che incontreremo e i mezzi di vincerli, onde poi proporzionare lo sforzo al risultato che si vuol ottenere.

b) Circospezione: bisogna aprire gli occhi, considerare bene cose e persone che ci stanno attorno per trarne il migliore partito possibile; osservare tutte le circostanze per adattarvisi; tener d'occhio gli eventi per approfittarne se favorevoli, per prevenirne le cattive conseguenze se contrarii.

c) Precauzioni: "[videte quomodo caute ambuletis] Vedere come si vive".

Anche quando si è cercato di prevedere tutto, le cose non succedono poi sempre come le avevamo previste, perché limitata e fallibile è la nostra saggezza.

Conviene quindi, nella vita morale come negli affari, avere delle riserve, circondarsi di precauzioni: il nemico spirituale ha spesso dei contrattacchi, come abbiamo spiegato più sopra, n. 900; è quello il momento di ricorrere alle proprie riserve d'energia, alla preghiera, ai sacramenti, ai consigli d'un direttore.

Così non si cade vittime di circostanze impreviste; non si rimane sconcertati; e con la grazia di Dio si riesce a condurre a buon fine i disegni prudentemente fissati.

1025. 3° Le diverse specie di prudenza.

La prudenza si distingue secondo le cose su cui si esercita: è individuale quando regola la condotta personale ed è quella di cui abbiamo parlato: è sociale quando riguarda il bene della società; ed essendoci tre specie di comunità, la famiglia, lo Stato e l'esercito, si distinguono pure tre specie di prudenza: la prudenza domestica, che regola le relazioni degli sposi tra loro, dei genitori verso i figli e viceversa; la prudenza civile, che mira al bene pubblico e al buon governo dello Stato; la prudenza militare, che si occupa della condotta degli eserciti.

Non entreremo qui nei particolari; i principii generali che abbiamo esposti bastano al fine propostoci.

Spetta agli sposi cristiani, ai governanti e ai capi militari studiare a fondo l'applicazione di questi principi alla loro particolare condizione.

II. Necessità della prudenza.

La prudenza è necessaria tanto per dirigere noi stessi quanto per dirigere gli altri.

1026. 1° Per dirigere noi stessi, ossia per santificarci.

È lei infatti che ci fa schivare il peccato, e praticare le virtù.

A) Per schivare il peccato, bisogna, come abbiamo già detto, conoscerne le cause e le occasioni, studiare e preparare i rimedi.

Ed è quello che fa la prudenza, come possiamo conchiudere dallo studio dei suoi elementi costitutivi: consultando l'esperienza dei passato e lo stato attuale dell'anima, vede ciò che per noi è o nell'avvenire potrebbe essere causa od occasione di peccato; quindi suggerisce i mezzi migliori onde sopprimere o attenuare queste cause e la strategia più atta a vincere le tentazioni e trarne anzi profitto.

Senza questa prudenza, quanti peccati si commetterebbero! quanti se ne commettono per difetto di prudenza!

1027. B) La prudenza è pure necessaria per praticare le virtù e agevolare così l'unione con Dio.

A ragione si paragonano le virtù a un cocchio che ci conduce a Dio e la prudenza al cocchiere che lo guida, [auriga virtutum] conducente; è come l'occhio dell'anima che vede la via da seguire e gli ostacoli da evitare.

1) É necessaria alla pratica di tutte le virtù: delle virtù morali, che devono tenersi nel giusto mezzo e schivare gli opposti eccessi; e anche delle virtù teologali, che devono praticarsi a tempo opportuno e con mezzi appropriati alle varie circostanze della vita: così spetta alla prudenza esaminare quali sono i pericoli che minacciano la fede e i mezzi per allontanarli; in che modo può essere coltivata la fede e diventare più pratica; in che modo s'ha da conciliare la confidenza in Dio e il timore dei divini giudizi, schivando nello stesso tempo la presunzione e la disperazione; in che modo la carità può informare tutte le nostre azioni senza turbare l'esercizio dei doveri dei nostro stato.

E quanta prudenza non occorre nella pratica della carità fraterna!

2) Anche più necessaria è per la pratica d'un certo numero di virtù che paiono contradittorie: la giustizia e la bontà, la dolcezza e la fortezza, le sante austerità e la cura della salute, la sollecitudine per il prossimo e la castità, la vita interiore e gli affari.

1028. 2° Non meno necessaria è la prudenza nella pratica dell'apostolato.

a) Sul pulpito, la prudenza suggerisce al sacerdote ciò che si deve dire e ciò che si deve tacere, come si deve parlare per non offendere gli uditori, per adattare la divina parola al loro grado d'intelligenza, per persuadere, commuovere e convertire.

Forse anche più necessaria è nel fare il catechismo, dove si tratta di formare i giovanetti e stampare nella loro anima un'impronta che durerà poi tutta la vita.

b) Al confessionale, la prudenza è quella che fa del confessore un giudice perspicace ed integro, capace di discernere la varia colpevolezza, interrogare: i penitenti con precisione e chiarezza secondo l'età e la condizione di ciascuno, tenendo ,conto di tutte le circostanze; un dottore capace di istruire senza scandalizzare, di lasciare certe anime nella buona fede o avvertirle secondo i vari risultati che si possono prevedere; un medico capace di esplorare con delicatezza le cause della malattia, scoprirne e savviamente prescriverne i rimedi; un padre così affettuoso da ispirare confidenza e così riserbato da non ispirare troppo umana simpatia.

c) In tutto ciò che riguarda battesimi, prime comunioni, matrimonii, Estrema Unzione, funerali, quanta finezza è necessaria per conciliare i desiderii delle famiglie e le leggi divine e liturgiche i nelle visite agli infermi o nelle visite di apostolato quanta avvedutezza ci vuole!

d) Lo stesso si dica nell'amministrazione temporale delle parrocchie, in fatto di tariffe per le diverse cerimonie, nell'obolo per il culto; per sapere ottener tutti i mezzi necessari alla Chiesa senza urtare i parrocchiani, senza scandalizzarli, senza compromettere la riputazione di perfetto disinteresse di cui ogni sacerdote deve godere.

III. I mezzi di perfezionarsi in questa virtù.

1029. C'è un mezzo generale che s'applica a tutte le virtù, morali e teologali, è la preghiera, con cui attiriamo in noi Gesù e le sue virtù.

Lo accenniamo, qui una volta per sempre per non doverci poi tornare sopra; e non parleremo più che dei mezzi proprii a ciascuna virtù.

1030. 1° Il principio generale che presiede a tutti gli altri e si applica a tutte le anime è di riferire tutti i giudizi e tutte le risoluzioni alfine ultimo soprannaturale.

È ciò che S. Ignazio consiglia a principio degli Esercizi Spirituali, nella meditazione fondamentale.

a) Osserviamo per altro che questo principio non sarà inteso da tutte le anime allo stesso modo: gl'incipienti, considerando il fine dell'uomo, si fisseranno piuttosto sulla salvezza dell'anima, i perfetti sulla gloria di Dio; questo secondo modo è in sé migliore, ma non tutte le anime potrebbero intenderlo e gustarlo.

b) A concretare meglio questo principio, si può affiggerlo a qualche massima che ce lo porrà vivamente sotto gli occhi, per esempio: [Quid hoc ad aeternitatem!] Che cosa significa questo per l'eternità! ‑ [Quod aeternum non est, nihil est.] Questo è eterna, non lo è, non c'è nulla. ‑ [ Quid prodest homini?] Che giova un uomo? …

In pratica poi il convincersi bene di alcuna di queste massime, il ritornarci sopra fin che ci sia divenuta familiare, l'abituarsi a viverne, è il mezzo efficace per fissarci nell'anima i fondamenti della cristiana prudenza.

1031. 2° Armati di questo principio, gl'incipienti si applicano a liberarsi dai difetti contrari alla prudenza cristiana.

a) Combattono quindi vigorosamente la prudenza della carne, che cerca avidamente i mezzi di soddisfare la triplice concupiscenza, mortificando l'amore del piacere e ripensando che le false gioie di questo mondo, molto spesso seguite da amari dispiaceri, sono un nulla in paragone delle gioie eterne.

b) Rigettano premurosamente l'astuzia, l'inganno, la frode anche nel perseguimento di un fine onesto, persuasi che la migliore politica è ancora l'onestà, che il fine non giustifica i mezzi e che, secondo il Vangelo, si deve associare la semplicità della colomba alla prudenza del serpente.

Cosa tanto più necessaria perchè talora si rimproverano questi difetti, per lo più ingiustamente, ai devoti, ai sacerdoti, ai religiosi.

Si coltiverà dunque con ogni premura la lealtà perfetta e la evangelica semplicità.

1032. c) Lavorano a mortificare i pregiudizi e le passioni che sono elementi perturbatori del giudizio: i pregiudizi, che inducono a prendere una risoluzione per motivi preconcetti che possono essere falsi o irragionevoli; le passioni, superbia, sensualità, voluttà, eccessiva sollecitudine dei beni del mondo, che agitano l'anima e le fanno scegliere non ciò che è meglio, ma ciò che è più dilettevole e più utile rispetto ai temporali interessi.

Ad affrancarsi da queste perturbatrici influenze, richiamano le massime evangeliche: "[Quarite primum regnum Dei et justitiam ejus] Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia,".

Evitano quindi di prendere risoluzioni sotto l'impulso di una viva passione e aspettano che sia tornata la calma nell'anima.

Se poi occorresse risolversi presto, si raccolgono almeno un momento per mettersi alla presenza di Dio, implorarne i lumi e fedelmente seguirli.

d) A combattere la leggerezza dell'animo, la corrività nei giudizi o la sconsideratezza, badano a non operare mai senza riflettere, senza chiedersi per quali motivi operano, quali saranno le conseguenze buone o cattive dei loro atti, il tutto in relazione con l'eternità.

Questa riflessione sarà proporzionata all'importanza della risoluzione da prendere, e in cose gravi consulteranno persona savia e sperimentata.

Così a poco prenderanno l'abitudine di non risolvere nulla e di nulla fare senza riferirlo a Dio e all'ultimo fine.

e) Infine, ad evitare l'irrisolutezza e l'eccessiva esitazione a risolversi, si baderà a rimuovere le cause di questa malattia spirituale, ( animo troppo complesso o troppo perplesso, timidezza nell'intraprendere, ecc. ) facendosi fissare da un savio direttore, onde si risolverà con franchezza nei casi ordinari e si chiederà consiglio nei casi più difficili.

1033. 3° Le anime proficienti si perfezionano nella prudenza in tre modi:

a) Studiando le azioni e le parole di Nostro Signore nel Vangelo, per trovarvi il modo di condursi e attirare in sé, colla preghiera e coll'imitazione, le disposizioni di questo divino Modello.

1) Così se ne ammirerà la prudenza nella vita nascosta: passa trent'anni nella pratica di quelle virtù che ci costano tanto, l'umiltà, l'obbedienza, la povertà, prevedendo che, senza questa lezione di cose, noi non avremmo mai saputo praticare queste così necessarie virtù.

E non se ne ammirerà meno la prudenza nella vita pubblica: lotta col demonio così da sconcertarne i disegni e confonderlo con risposte che non ammettono replica; porge il suo insegnamento secondo le circostanze; non palesa se non gradatamente la sua qualità di Messia e di Figlio di Dio; usa paragoni familiari per far meglio capire il suo pensiero, e parabole per coprirlo o svelarlo secondo che volevano le circostanze; smaschera abilmente gli avversari e risponde alle capziose loro interrogazioni con altre domande che li sconcertano; forma progressivamente gli apostoli, sopportandone i difetti e adattando l'insegnamento alla loro capacità "[non potestis portare modo] ora si può sopportare"; sa peraltro dire loro dure verità, come l'annunzio della sua passione, a fine di prepararli allo scandalo della croce; anche nel corso della dolorosa sua passione risponde con calma così ai giudici come ai loro servi, sapendo tacere a tempo opportuno; … sa insomma conciliare in ogni cosa la più perfetta prudenza con la fermezza e la fedeltà al dovere.

2) Il suo insegnamento poi si compendia in queste parole: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia … Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe … Vigilate e pregate: Quaerite ergo primum regnum Dei et justitiam ejus… Estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae … Vigilate et orate".

Meditare questi insegnamenti e questi esempi e ardentemente supplicare Nostro Signore di farci parte della sua prudenza: tal è il mezzo principale di perfezionarsi in questa virtù.

1034. b) Coltiveranno poi gli elementi costitutivi della prudenza di cui abbiamo parlato, vale a dire il buon senso, l'abito della riflessione, la docilità a consultare gli altri, lo spirito di risolutezza, lo spirito di previsione e di circospezione.

1035. c) Infine daranno alla loro prudenza le qualità additate da S. Giacomo, il quale, dopo avere distinta la vera dalla falsa sapienza, aggiunge: "[Quae autem desursum est sapientia, primum quidem pudica est, deinde pacifica, modesta, suadibilis, plena misericordia et fructibus bonis, non judicans, sine simulatione] Ora le cose che la saggezza dall'alto invece è anzitutto pura, poi pacifica, modesta, facile da pregò, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, e senza ipocrisia".

Pudica, vigile nel serbare quella purità di corpo e di cuore che ci unisce a Dio, e quindi all'eterna sapienza.

Pacifica, serbando la pace dell'anima, la calma, la moderazione, la ponderazione che giovano a prendere savie risoluzioni.

Modesta, piena di condiscendenza verso gli altri, e quindi anche [suadibilis]compiacente, facile a lasciarsi persuadere e a cedere alle buone ragioni; scansando così gli sdegni provocati dalle contese.

[Plena misericordia et fructibus bonis]Piena di misericordia e di buoni frutti, piena di misericordia verso gli sventurati, lieta di beneficarli, perché è segno di cristiana saggezza l'accumulare tesori per il cielo.

[Non judicans, sine simulatione]Non giudicare, senza dissimulazione, senza parzialità né doppiezza e senza ipocrisia, difetti che turbano l'anima e il giudizio.

1036. I perfetti praticano la prudenza in modo eminente, sotto l'efficacia del dono del consiglio, come spiegheremo trattando della via unitiva.

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