Summarium Documentorum

Appunti sulla figura morale di Fr Teodoreto

Scritti dal Dott. Carlo Tessitore, teste 5° del Processo Ordinano.

Il dott. Carlo Tessitore teste n. 5, in risposta alla richiesta di « una più approfondita conoscenza della figura spirituale del Servo di Dio » Fratel Teodoreto e per una più ampia informazione sulla origine della Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata e sull'incontro di Fr. Teodoreto con Fra Leopoldo, rilascia la seguente dichiarazione.

In essa inoltre si propone di chiarire il punto n. 22-4 del Votum, ultima parte, per quanto si riferisce alla introduzione dei Voti nella allora « Pia Unione del SS. Crocifisso ».

Appunti sulla figura morale del Fr. Teodoreto

Uomo serio, che non prende le cose alla leggera, in ogni campo.

Nulla di più lontano da lui di quella tiepidezza così fortemente condannata nell'Apocalisse, e dalla superficialità che rende vano tanto lavoro.

L'impegnarsi a fondo in tutte le cose che intraprendeva era nella natura del suo carattere, che non poteva soffrire gli indecisi, i tira e molla, così numerosi e così nocivi nella società.

Questa disposizione naturale, assai favorevole all'opera della grazia, fu da questa confermata nel bene, orientata verso la perfezione in tutti i campi, specialmente nella consacrazione a Dio, e nella sua attività apostolica, e ne costituì lo stile.

In seno alla Chiesa egli scelse decisamente lo stato di perfezione e lavorò sul serio a realizzarne il programma.

Tale atteggiamento venne subito notato dai suoi confratelli e anche dagli allievi, che lo ribattezzarono presto così; « il Fratello che prega sempre ».

Se la risolutezza di impegno era applicata soprattutto nel campo della vita spirituale, si faceva sentire anche nella attività pratica, manifestando lo stile dell'uomo.

Bisogna però aggiungere subito che da lui irradiava l'intensa vita interiore, che ne rendeva amabile il tratto e frequente il sorriso di benevolenza verso l'interlocutore, specialmente verso i giovani.

Cosicché il suo temperamento severo era temperato da una dolcezza esemplare ed incoraggiante, senza essere mai debole.

Se doveva correggere qualcuno sapeva usare, secondo i casi, anche il modo forte, e davanti alla sua severità non c'era alcuno che osasse resistere.

Fra i catechisti era molto raro che dovesse riprendere qualcuno, tanta era la stima e l'affetto che tutti gli portavano, ma con gli allievi, specialmente dei corsi serali, talvolta bisognava far la faccia severa, e anche questi, davanti a lui, diventavano degli agnellini.

Eppure agli inizi della sua carriera di insegnante aveva avuto molta difficoltà a tenere la disciplina in classe.

Fu una vera crisi, che egli risolvette con i mezzi soprannaturali.

Si rivolse fiducioso a S. Giuseppe con una novena e con una promessa il cui contenuto non volle mai rivelare ad alcuno.

La grazia richiesta con tanta fede venne concessa con abbondanza.

Da allora in poi, sia nelle classi che in tutte le adunanze che dovette presiedere, si faceva subito la più perfetta disciplina, al solo suo apparire.

Era piuttosto riservato e a qualcuno poté sembrare freddo.

Ma bastava fare una passeggiata con lui in campagna per vedere quanto sentisse le bellezze della natura e quanto entusiasmo gli suscitassero.

Discorrendo con lui di vari argomenti ho sempre notato quanto sapesse ammirare le vere bellezze e i valori della vita, di ogni specie, anche se c'era subito l'orientamento a tutto convogliare verso Dio.

Si asteneva dal dar giudizi su chicchessia.

Una sola volta l'ho udito esclamare: « Il tale catechista è proprio una nullità ».

Era un giudizio perfettamente azzeccato, ed era dato in sede riservata.

Inoltre i fatti lo confermarono ampiamente. Tuttavia mi stupì.

Mai avevo sentito e mai più dopo di allora sentii da lui un giudizio così severo.

Sapeva quindi conoscere gli uomini, ma sapeva anche dissimulare.

Molti Fratelli e molti giovani subivano il fascino della sua persona, in cui vedevano un modello di santità così alto, così puro e così amabile: Dio solo conosce i frutti del suo buon esempio e del suo apostolato.

Anche tra il pubblico Fr. Teodoreto godeva largamente della fama di santità e numerose persone ricorrevano a lui per consiglio e per raccomandarsi alle sue preghiere.

In tutto era ammirabile il suo equilibrio, il buon senso, il buon spirito, la semplicità e modestia, la naturalezza, tutti quei valori naturali, cioè, che la grazia non annulla, ma sublima, nonché la costante serenità e spesso anche il buon umore.

Amava persino le barzellette.

Tutto ciò richiede evidentemente una padronanza di sé, frutto di assidua mortificazione.

La Regola dei Fratelli è già di per sé abbastanza pesante: alzata al mattino alle 4,30, in tutte le stagioni; un'ora e mezza di preghiera, preparazione delle lezioni.

E poi la scuola per parecchie ore, intercalata da altre pratiche di pietà.

Al termine della giornata si ha proprio bisogno di distensione e di riposo.

Invece il Fr. Teodoreto era anche Direttore della Scuola Serale, che incominciava alle 20,30 e terminava alle 22,30.

Prima delle 23 non poteva mai essere a letto.

Durante qualche anno scolastico lo potei sostituire io nell'assistenza alla scuola serale, ma poi la mia famiglia si trasferì lontano e dovetti interrompere questo servizio.

Oltre al peso della scuola, diurna e serale, nonostante il sacrificio che gli costava, il Fr. Teodoreto sentiva ancora il bisogno di fare delle penitenze.

Purtroppo queste erano segrete e ne viene notizia solamente da qualche spiraglio: gli oggetti trovati nella sua camera, qualche accenno nei suoi propositi scritti, ad esempio: « Nessun pasto senza qualche mortificazione », ecc.

Lo spirito di fede e di zelo, caratteristico della Regola lasalliana, gli era come connaturato, e pareva che vivesse costantemente in una atmosfera soprannaturale, tanto era spontaneo e costante in lui il giudicare, parlare e agire secondo Dio.

In modo particolarissimo questo apparve nella fondazione dell'Unione Catechisti.

L'idea gli venne sotto l'ispirazione delle direttive avute durante il suo secondo noviziato, in cui si insisteva sulla necessità delle opere di perseveranza tra gli allievi dei Fratelli S. C. Fu come una parola d'ordine, anzi una mozione dello Spirito Santo, che gli veniva attraverso quelli che egli riteneva i rappresentanti di Dio nei suoi riguardi.

Egli concluse con il proposito di riunire dei giovani veramente buoni e di aiutarli a vivere santamente.

In questa iniziativa il Fr. Teodoreto vedeva un mezzo per rendere più efficace la scuola dei Fratelli e cioè quell'apostolato a cui aveva consacralo la sua vita e cioè un sussidio per tendere alla perfezione del suo stato, come educatore e come consacrato a Dio.

E qui appare dunque la psicologia dell'uomo che mira a formare delle élites, che lo seguano nel suo sforzo quotidiano di elevarsi al di sopra del grigiore quotidiano.

In questo sforzo non c'è nulla di presuntuoso, ma il puro desiderio di seguire concretamente l'invito di Gesù: « siate perfetti », invito purtroppo assai dimenticato dai cristiani tutti, a cui è rivolto, e c'è il proposito di essere fedele alla sua vocazione di religioso, educatore e consacrato a Dio.

Sicuramente nel Fr. Teodoreto c'era anche una molla segreta nel suo temperamento, alieno dalla leggerezza e dalla indecisione, che nello stato religioso trovò conferma e aiuto, c'era un entusiasmo che dopo averlo orientato verso lo stato di perfezione gli diede ali per tutta la vita, cosicché, vecchio ottantenne, ne aveva ancora i fremiti, che gli potevano invidiare i giovani.

Tuttavia non mise mano subito all'esecuzione: l'ambiente pareva refrattario a un certo ordine di idee.

Nessuno credeva che fosse possibile associare dei giovani senza porre a base il divertimento: sport, filodrammatica, ecc.

Per una iniziativa che non dico andasse contro corrente, ma trovava un ambiente psicologicamente lontano dalle sue vedute, il Fr. Teodoreto aveva ancora bisogno di qualche segno da parte della Divina Provvidenza.

E il segno gli fu dato, ma sempre in quell'orizzonte di fede in cui era come immerso.

Un giorno una donna gli presentò una copia di quella « devozione a Gesù Crocifisso » che oggi i catechisti diffondono in tutte le parti del mondo.

Era ancora scritta a mano.

Quella donna gli disse che l'autore era un frate francescano, che voleva rimanere ignoto, e che con la recita di quella preghiera si erano ottenute molte grazie.

Fr. Teodoreto la esaminò, la trovò bella e incominciò a praticarla.

Egli era allora direttore della comunità di S. Pelagia, afflitta da tre problemi:

1) il pericolo di perdere il diritto di dare gli esami nella propria scuola;

2) la necessità di trovare un luogo adatto per le vacanze estive dei Fratelli;

3) la necessità di un'opera di perseveranza per gli allievi, che conservasse e perfezionasse l'educazione scolastica.

Per ottenere la grazia di risolvere questi tre problemi il Fr. Teodoreto fece praticare la devozione a Gesù Crocifisso a tutta la comunità dei Fratelli.

L'esito fu pronto e più che soddisfacente.

Il pericolo riguardante il diritto degli esami passò; la comunità poté acquistare una casa a Pessinetto, in Val di Lanzo, per le vacanze estive e le circostanze misero il Fr. Teodoreto in grado di iniziare l'opera di perseveranza, che gli stava a cuore da tanti anni.

Il Fr. Teodoreto avrebbe desiderato di conoscere l'autore della « devozione a Gesù Crocifisso », il quale godeva fama di santità, ma tutti gli zelatori della « devozione » avevano l'ordine di non rivelarlo.

Però, durante una sepoltura a cui erano presenti parecchi di questi zelatori, il Fr. Teodoreto sentì uno che diceva agli altri: « Sono stato a S. Tommaso, ma Fra Leopoldo non ha potuto venire » e mangiò la foglia.

« L'autore della devozione dev'essere questo Fra Leopoldo che sta a S. Tommaso » disse tra sé, e gli venne il desiderio di andarlo a trovare.

Ma c'era il divieto dei frati a Fra Leopoldo di ricevere tanta gente, e temette di essere indiscreto.

Per risolvere l'incertezza entrò nella vicina chiesa di S. Francesco d'Assisi, e davanti a un gran Crocifisso ivi esposto recitò la « devozione ».

Alla fine della preghiera ogni esitazione era scomparsa e Fr. Teodoreto andò decisamente a suonare alla porta del convento di S. Tommaso.

Gli venne ad aprire lo stesso Fr. Leopoldo, che lo accolse con molta gentilezza, ma che essendo allora occupato lo pregò di ritornare e gli fissò un appuntamento.

Nella notte seguente chiese al Signore come dovrebbe comportarsi con Fr. Teodoreto e ne ebbe in risposta: « Sii umile e abbi confidenza ».

Naturalmente Fr. Teodoreto ritornò: i due Servi di Dio avevano fatto l'uno all'altro un'ottima impressione.

« La conversazione di Fra Leopoldo », scrive il Fr. Teodoreto nella sua biografia, « ebbe sempre un'unzione speciale e un'efficacia soprannaturale da potersi paragonare a quella prodotta da un corso di esercizi spirituali ben fatti ».

E di esercizi spirituali il Fr. Teodoreto se ne intendeva.

Naturalmente gli incontri dei due Servi di Dio si ripeterono molte volte e Fr. Teodoreto ne approfittò per chiedere consiglio:

« I caratteri di onestà del Servo di Dio e un insieme di circostanze provvidenziali mi fecero ritenere essere volontà di Dio che dovessi tener conto di quanto mi sarebbe notificato da Fra Leopoldo ».

Perciò nella primavera del 1913 ( 23 aprile, ore 17 ) gli esposi l'idea di formare un'associazione di giovani veramente buoni e zelanti nell'apostolato catechistico... e aggiunsi:

« Abbia la bontà di pregare il Signore perché si degni di far conoscere se un'opera di tal genere può sussistere, perché mi spiacerebbe iniziarla e poi... doverla sciogliere ».

Fra Leopoldo con incantevole ingenuità gli promise che ne avrebbe parlato a Gesù la notte seguente e gli avrebbe rilento la risposta del Signore e la sera stessa alle ore 21, mentre piegava Gesù Sacramentato, udì queste parole:

« Dirai al Fr. Teodoreto che faccia quello che ha in mente ».

Non c'era bisogno di ulteriori specificazioni, perché nella mente di Fr. Teodoreto c'era già tutto un piano di azione ben chiaro.

In questo episodio c'è tutto Fra Leopoldo, che ha bisogno di passare le notti davanti al SS. Sacramento ( dopo una lunga giornata di lavoro ) per soddisfare la sua sete di amore a Gesù, e c'è tutto Fr. Teodoreto « pius et prudens » uomo di fede, veramente consacrato a Dio e sempre alla ricerca della volontà di Dio.

Nella diversità di stile c'è in entrambi la medesima fiamma, ed e quindi naturale che si capiscano subito e così bene.

La risposta di Fra Leopoldo mise in moto Fr. Teodoreto, che per fortuna era Direttore della comunità e che fece scegliere i migliori ragazzi di ogni classe.

Ogni settimana li riuniva per una conferenza sulla vita spirituale, e ogni mese per una giornata di ritiro.

Egli propose ai giovani di formare una associazione per rimanervi anche al termine della scuola, per coltivare la vita interiore.

I giovani corrisposero benissimo.

Il nome della nuova associazione ebbe origine dalla devozione a Gesù Crocifisso e dall'apostolato catechistico, che erano nel programma, e si chiamò « Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata », titolo molto poco moderno e giovanile, ma che non sollevò alcuna obiezione.

Io conobbi l'Unione nel 1917.

Nella Quaresima di quell'anno frequentavo il catechismo presso la parrocchia di S. Teresa.

Il catechista che ci faceva lezione, Stefano Massaia, mi invitò a partecipare alle adunanze dell'Unione Catechisti, il sabato sera alle 21, nella scuola ROMI tenuta dai Fratelli delle Scuole Cristiane.

Accettai l'invito e al sabato successivo mi recai all'Unione.

Vi si accedeva da una porticina in via Rosine 14 che dava direttamente in una classe.

I ragazzi incominciavano ad affluire alle 20,30 e attendevano chiacchierando allegramente che arrivasse Fr. Teodoreto quando avesse terminato le preghiere di comunità.

Erano una quarantina e l'aula era affollata.

La prima impressione che io ricevetti mi fu graditissima.

Mai nelle scuole pubbliche che io frequentavo avevo incontrato dei ragazzi così educati e gentili, pur senza nulla invidiare all'allegria dei miei compagni delle scuole pubbliche, la cui sguaiatezza era per me di tanto fastidio.

Alle 21 arrivava puntualissimo il Fr. Teodoreto e si stabiliva subito un perfetto silenzio.

Egli aveva con sé un messalino e faceva leggere l'Epistola del giorno dopo da qualcuno dei ragazzi.

Molto spesso l'incarico era dato a me.

Poi commentava il brano letto.

Il suo discorso era assai semplice, parlava come se facesse lezione in classe, ma toccava argomenti vitali.

Mai, ne in chiesa, ne altrove ( avevo frequentato poco tempo prima l'Oratorio S. Martino ) io avevo sentito parlare delle cose di Dio in un modo così bello, così persuasivo, così allettante.

Me ne tornavo a casa tutto infervorato e pieno di entusiasmo.

Quando io, parecchi anni dopo, accennai allo stesso Fr. Teodoreto le mie impressioni di quelle adunanze, egli se ne stupì vivamente.

Ma io non condivisi mai quello stupore, anzi acquistavo consapevolezza di aver incontrato un santo, non solo, ma di aver trovato la guida definitiva dell'anima mia, colui che mi avrebbe fatto scoprire la mia strada, la mia vocazione, l'ideale che cercavo.

Del resto, come spiegare la presenza degli altri soci dell'Unione, se non per una grazia particolare annessa alle parole di Fr. Teodoreto?

Nell'Unione non c'era proprio alcuna altra attrattiva, ne di giochi, o passeggiate, o musica, ecc.

E per di più, c'era il ritiro mensile di un'intera giornata, con silenzio completo, preghiere, prediche, ne più ne meno come l'avrebbero fatto dei novizi o dei religiosi.

Eppure il ritiro era frequentato come le adunanze, fatto con molta serietà, e molti giovani venivano da lontano.

Io stesso impiegavo una buona mezz'ora per arrivare in via Rosine da casa mia.

Non ho mai inteso il Fr. Teodoreto esortare alla frequenza, come si faceva in generale in tutte le altre associazioni.

Quei giovani non parlavano molto fra di loro di cose spirituali, ma « bevevano » letteralmente quello che ascoltavano, e anche nella loro condotta privata erano irreprensibili, come potei dedurre in seguito da molti segni.

L'Unione Catechisti era molto stimata dal clero torinese, che orientava verso di essa i giovani più impegnati nella vita spirituale.

Alle sue riunioni e ritiri intervenivano degli studenti forestieri del Politecnico, che erano a Torino solo per gli studi, fra i quali l'indimenticabile Justin Nicoara, un rumeno che tornato in patria dopo la laurea morirà schiacciato fra due carri ferroviari nel tentativo di salvare un uomo in pericolo.

Qualche volta arrivò all'Unione anche Pier Giorgio Frassati.

Peccato che non si prendesse mai nota delle presenze.

La ruota del tempo continuava a girare, l'Unione Catechisti perdeva qualche membro e ne acquistava degli altri, pur rimanendo sempre, con mia grande delusione, l'evangelico « pusillus grex ».

L'Istituto dei Fratelli delle S. C. non mostrava di voler accogliere l'eredità di Fr Teodoreto e questi ne soffriva assai, soprattutto perché era persuaso, anche per le assicurazioni dategli da Fra Leopoldo, che l'Unione Catechisti fosse opera di Dio e voluta da Dio.

Questa però, se non aumentava di numero, sviluppava le sue attività apostoliche, diventava un Istituto Secolare e realizzava un'opera che Fra Leopoldo raccomandava insistentemente ai Fratelli: la Casa di Carità Arti e Mestieri.

Tutto ciò non senza difficoltà e contraddizioni.

"Quando il Card. Gamba suggerì al Fr. Teodoreto di inserire nella Regola la pratica dei voti religiosi, questi accolse il suggerimento come una indicazione della Provvidenza, ma non manifestò un eccessivo entusiasmo, almeno a me parve così, come nemmeno io ero troppo entusiasta.

Comunque, ciascuno dei catechisti consultò il proprio direttore spirituale.

Io consideravo mio direttore spirituale lo stesso Fr. Teodoreto, ma mi confessavo regolarmente da un Padre Gesuita dei SS. Martiri, il P. Cerutti, il quale si mostrò decisamente contrario all'emissione dei voti da parte dei catechisti.

Ma l'opinione del P. Cerutti non prevalse su quella del card. Gamba, e io cambiai confessore, anche se nemmeno io fossi molto entusiasta di questa faccenda dei voti: la semplicità e l'entusiasmo dei primi tempi mi parevano così belli.

Nessuno degli altri giovani presentò delle difficoltà ( che io sappia ) e l'Unione si divise subito in due gruppi: quelli che intendevano sposarsi ( gli attuali catechisti associati ) e quelli che volevano professare i consigli evangelici ( i congregati ).

Nessuno fece pressioni di alcun genere, però la frequenza degli associati alle adunanze si diradò alquanto.

A questo punto anche il Fr. Teodoreto tendeva ad appartarsi e a lasciar fare ai catechisti, con mio disappunto.

Io insistevo che continuassce lui a presiedere le adunanze, a far le conferenze durante i ritiri, ma non fu mai più come prima.

Per giunta l'eroica comunità dei Fratelli di S. Pelagia si spostò in corso Trapani, aprendo un Istituto di Arti e Mestieri e il Fr. Teodoreto seguì in un primo tempo quella comunità e poi fu destinato al Collegio S. Giuseppe, mentre i catechisti si riunivano nella loro Casa di Carità, da poco aperta alla periferia della città.

La presenza del Fr. Teodoreto fra i catechisti, si andò diradando, a motivo della sua salute, limitandosi alle adunanze del Consiglio e ai Ritiri mensili, ma i singoli catechisti lo andavano a trovare spesso nella sua comunità.

La sua morte, benché prevista prossima, fu un lutto grande per i suoi figli spirituali, nonostante l'alone della sua santità, perché tutti gli portavano un grande affetto.

In particolare ne soffrì il catechista Giovanni Cesone, il quale era orfano dei genitori e aveva trovato in Fr. Teodoreto la tenerezza di un padre.

A questo proposito ricordo che il Fr. Teodoreto era di temperamento forte e volitivo, ma nello stesso tempo sensibilissimo: intuiva lo stato d'animo dei suoi ragazzi, anche quando non erano più tanto ragazzi e portavano barba e baffi, e interveniva nel modo più delicato ed efficace.

Del resto, non erano solo i catechisti che si appoggiavano a lui, ma pure alcuni Fratelli, affascinati dalla sua virtù, come ad esempio Fr. Anastasio e Fr. Cecilio, che lo consultavano sovente.

Tra di noi si diceva ridendo che si andava da Fr. Teodoreto a farsi fare un'iniezione spirituale.

Eppure io non ho mai conosciuto un uomo più umile di lui.

La modestia traspariva in tutto il suo atteggiamento e in tutti i suoi discorsi.

Non c'era virtù che raccomandasse più insistentemente dell'umiltà, e praticasse con più convinzione.

L'umiltà era una virtù sua caratteristica, che spiccava fra tutte e si manifestava nei suoi giudizi e più ancora nella sua vita, tutta orientata alla ricerca della volontà di Dio, fino alle cose piccole di ogni giorno.

Questa sua ricerca fedele della volontà di Dio, che lo faceva un diligente e fervoroso osservante della sua Regola, si rese ancor più evidente nella fondazione dell'Unione Catechisti.

La ricerca positiva della volontà di Dio è il filo conduttore di tutto nella vita di Fr. Teodoreto, a cominciare dalla sua consacrazione a Dio nell'Istituto dei Fratelli S. C. e poi in tutto il suo orientamento inferiore e in tutti i suoi atti anche minimi.

Non vidi mai in lui quell'entusiasmo esteriore e un po' chiassoso, che è naturale in chi è folgorato da una grande idea e sedotto da un orizzonte luminoso.

L'entusiasmo c'era, eccome, e non ci voleva molto acume a scoprirlo, ma era governato nelle sue manifestazioni esteriori: voleva la certezza che tutto fosse secondo Dio.

Che prudenza, che equilibrio, che abbandono nelle mani di Dio.

Il Santo Padre Pio XI aveva cara questa espressione, che ripeteva volentieri: « Siamo nelle mani di Dio e quindi in buone mani ».

Si direbbe che il Fr. Teodoreto fosse ispirato da queste parole, che non sono soltanto sorgente di fiducia, ma anche regola di agire.

Perciò ricorreva a tutti i mezzi per garantirsi di lavorare nel solco della Provvidenza Divina e poi si abbandonava nelle mani di essa.

All'uomo umile, totalmente disponibile e sempre fedele il Signore concesse la sua grazia in abbondanza.

Lo scelse per l'attuazione dei suoi disegni e lo guidò nel compimento di essi.

Ma lui si considerò sempre un puro strumento.

L'opera sua però si dimostrò vitale e tuttora continua in quell'apostolato catechistico che il Fondatore le lasciò come una consegna definitiva.

In fede.

Tessitore Carlo

Torino, 6 giugno 1983.

Giurato e firmato in mia presenza.

Torino, il 6 giugno 1983.

Mons. Giovanni Luciano. Not.

l. s.

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