Novissima esposizione della vita del Servo di Dio

Indice

L'ultima malattia e la morte

20 - La vita di Fr. Teodoreto Garberoglio è stata lunga, intensa, riccamente intessuta di opere e di iniziative innovatrici, dedita a diffondere a tutti i livelli l'amore di Dio e del prossimo.

Da qui quella vastissima fama di santità che ne ha accompagnato la vita e che continua a propagarsi fino ai nostri giorni.

La malattia che il Servo di Dio si portò lungamente appresso e che alla fine ne vinse la forte fibra è stata la nefrite, sopportata a lungo con grande serenità e forza d'animo.

Nel 1946 fu colto da un primo attacco di emorragia cerebrale che lo lasciò parzialmente offeso.

A questo ne seguì un secondo nell'agosto 1949 ed un terzo nel gennaio 1954,94 dopo il quale sopraggiunse la morte alle 3 del mattino 13 maggio 195495 nell'infermeria del Collegio San Giuseppe di Torino, dopo aver ricevuto l'Estrema Unzione, ma non il Viatico per l'impossibilità a deglutire.96

Le varie fasi del male e gli effetti sulla forte fibra di Fratel Teodoreto sono ben descritte dal teste 4°, il Sig. Giovanni Cerone:

« Il Servo di Dio mori il 13 maggio 1954. Egli però soffriva da lunghi anni di nefrite, che lo costringeva ad un regime di vita austero.

Di tanto in tanto era sorpreso da forti febbri che lo costringevano a rimanere a letto.

Nel 1946 ebbe un primo attacco che lo privò dell'uso normale della parola: questo però non gli impediva di recitare bene e con chiarezza l'Ave Maria e il Padre Nostro.

Un secondo attacco lo colpì in un modo più grave nel 1949: i suoi disturbi si aggravarono.

L'otto maggio 1954, alla vigilia del quarantennio di fondazione, fu sorpreso da un nuovo attacco, che Io condusse alla morte.

Il Servo di Dio era preparato a questo grande ed importante passo: egli sovente diceva che la sua scomparsa era vicina.

Egli soleva pure denominare questi ripetuti attacchi: « chiamate del Signore » perché si verificasse in lui il distacco dalla terra e soprattutto dall'opera da lui fondata perché, come egli affermava: « L'opera è di Dio e non dell'uomo ».

Il Servo di Dio riceveva tutti i giorni la S. Comunione e poco prima di morire l'estrema unzione.

Ricordo ancora che il Servo di Dio nella sua ultima malattia seguiva le preghiere dei confratelli con un segno della mano.

In questi ultimi giorni fu pure visitato dal Cardinale Arcivescovo Maurilio Fossati e dal sindaco di Torino avv. Peyron Amedeo ».97

Sull'atteggiamento del Servo di Dio, composto, sereno e molto edificante, narra il teste 19°, il Dott. Domenico Conti:

« Praticamente Fr. Teodoreto agonizzò per circa cinque giorni consecutivi: senza poter ricevere il benché minimo conforto, neppure una goccia di acqua e senza poter comunicare con gli altri.

Durante questo tempo si mantenne sempre composto e raccolto, non senza una certa gravità: quando attorno a lui si pregava era visibile il tentativo di raccogliersi ulteriormente e di portare la mano non colpita sul Crocifisso, che portava sul petto, legato ad una catenella.

Del suo tentativo di coprirsi allorché gli veniva cambiata la biancheria già dissi, parlando della castità.

Nell'ultimo pomeriggio della sua vita terrena ho potuto intrattenermi a lungo, seduto accanto al suo capezzale.

E fu così che ho potuto baciargli più volte la mano ch'egli sembrava porgermi e con la quale mi accarezzò più volte posandola talvolta nella mia, non però con il palmo contro il palmo, bensì appoggiandovi le punte delle dita raccolte, in tutto ciò rivelando a mio avviso a sua volta la sua estrema delicatezza.

Benché molti dubitassero che il Fr. Teodoreto abbia avuto qualche lampo di lucidità nell'agonia a me sembra che i fatti sopra riportati siano la testimonianza di una presenza consapevole e vigile».98

Anche il teste 6°, Dott. Gaetano Sales e stato presente all'ultima malattia del Servo di Dio, ricordando i seguenti dati:

« Fratel Teodoreto morì a Torino il 13 maggio 1954 alle tre del mattino per una emorragia cerebrale.

Fui particolarmente vicino al suo capezzale nei giorni 10-11-12, nel quale lo assistetti per tredici ore consecutive.

In questi giorni non apriva mai gli occhi.

Ritengo che in moltissimi momenti egli capisse: ricordo che durante la recita del Rosario egli portava la sua mano a toccare il Crocifisso quando si diceva la parola ' Jesus ', altra volta toccava la Rivista Lasalliana che amava molto, altre volte toccava la mia mano.

Quando io poi gli domandai: ' Perché ci lascia, signor direttore? ', egli aprì gli occhi umidi di lacrime sorridendo.

Per questi motivi ritengo che sovente fosse cosciente.

In tutto questo periodo non udii mai un lamento: avevo l'impressione come di un soldato che sia attento per rintuzzare una offesa ».99

21 - La fama di santità in morte.

Diffusasi immediatamente la notizia della morte del Servo di Dio, ad un primo intenso momento di dolore si sostituirono ben presto tutte quelle caratteristiche manifestazioni di riconoscente devozione che denotano una diffusa e già solida fama di santità.

Una vera e propria moltitudine di persone, dallo stesso giorno 13, volle rendere omaggio alla salma esposta nel parlatorio del Collegio, tale affluenza durò fino al 15, allorquando furono celebrate le solenni esequie.

Di questi eventi ci offre le seguenti notizie il teste 15°, il Sig. Francesco Fonti:

« Il cadavere fu esposto nel parlatorio del Collegio San Giuseppe dal pomeriggio del 13 maggio alla mattina del 15.

Fu visitato da un numero stragrande di persone: autorità civili, religiose, sacerdoti, religiosi, ex allievi e molli altri.

La sepoltura ebbe luogo nei locali del Collegio ed a spese del Comune.

La salma fu tumulata nel Cimitero di Torino, nella tomba dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane ».100

Di un vero e proprio rimpianto plebiscitario parla il 6° teste, Dott. Gaetano Sales:

« Il rimpianto fu universale. Non si capiva come tante persone così lo avessero conosciuto.

La salma fu esposta nel Collegio S. Giuseppe: le strade vicine erano invase da una moltitudine di persone che lo venivano a vedere.

Andarono a visitarlo tutte le autorità religiose e civili.

La sepoltura venne officiala al S. Giuseppe: tu un vero trionfo.

Tutti poi sentirono che non c'era bisogno di pregare per il Servo di Dio perché ritenevano che fosse più logico che egli pregasse per noi ».101

La folla che per due giorni si accalcò nel parlatorio del Collegio San Giuseppe non manifestava soltanto il rimpianto, ma compiva tutti quei gesti inequivocabili di una convinta fama di santità, come dimostra il 13° teste, Fratel Gioachino Gallo:

« Ho visto la salma esposta nella casa del S. Giuseppe in parlatorio.

Io venni appositamente da Roma per i funerali.

Mi colpì in modo particolare l'atteggiamento dei presenti che toccavano la salma e si facevano il segno di Croce: tra questi anche i sacerdoti.

I funerali, a cui partecipavano autorità ecclesiastiche e civili e grande folla furono fatti a spese del Comune: era un giorno piovoso ma la folla fu immensa ».102

Il teste 14°, Don. Pietro Fonti, ci informa che in quei giorni si diceva con chiarezza che il Servo di Dio era un santo:

« La salma fu esposta presso il Collegio: la sepoltura ebbe luogo nella Cappella del Collegio, e quindi fu seppellito nella tomba dei Fratelli nel Cimitero Generale di Torino.

Vi partecipò una grande folla e tutte le autorità civili e religiose. Si parlava come se fosse morto un santo ».103

Un'altra prova evidentissima che con il Fralel Teodoreto veniva a mancare una persona eccezionale, stimata in tutta Torino, ci proviene dall'iniziativa presa dalla giunta comunale, che, in modo molto significativo, gli tributò solenni esequie pubbliche a spese del Comune.

Di ciò non si poteva avere miglior testimonianza dello stesso sindaco di Torino, l'Avv. Amedeo Peyron, teste 7°:

« Disposi, a titolo di gratitudine civica per questa figura di educatore, e non solo per il suo stato di povertà, che i funerali fossero dignitosi e a spese del Comune.

Ho il piacere di dichiarare che la mia proposta fu approvata alla unanimità dal Consiglio Comunale, il che non è poca cosa.

Posso, a richiesta, far avere, l'estratto autentico del verbale, da cui risulta il testo della deliberazione di spesa ed il voto unanime di tutti i gruppi politici.

Ricordo anche di avere dato parere favorevole e di avere appoggiato la pratica per la traslazione della salma dal Cimitero Generale di Torino alla Casa di Carità di corso B. Brin, 26 ».104

22 - A distanza di cinque anni dalla morte ed esattamente il 27 febbraio 1959, la salma di Fratel Teodorelo Garberoglio fu traslata dal cimitero comunale nella Casa di Carità Arti e Mestieri.

All'evento era presente il 4° teste, il Sig. Giovanni Cesone, il quale ha così deposto:

« Il 27 febbraio 1959 fu traslata dal Cimitero Generale alla Casa di Carità di Corso Benedetto Brin, n. 26 nel corridoio superiore.

Si rinnovò con maggiore affluenza la partecipazione popolare, che fu spontanea.

Diede l'assoluzione alla salma il Cardinale Arcivescovo presente il Sindaco, il rappresentante del Prefetto e della Provincia ».105

Anche il 16° teste, il Sig. Stefano Massaia, ricorda molto bene gli eventi relativi alla traslazione per avervi presenziato, tra l'altro sottolinea anche il rinnovarsi di quelle caratteristiche manifestazioni della fama di santità:

« La sepoltura tu imponente per la folla che vi partecipò: erano presenti le maggiori autorità religiose e civili, ex allievi, conoscenti, amici e gente del popolo.

La salma fu poi trasferita dal Cimitero Generale alla Casa di Carità Arti e Mestieri in via Benedetto Brin, il 27 febbraio 1959.

Ero presente ed in questa occasione si rinnovò il tributo di ammirazione verso le sue virtù da parte delle autorità e della popolazione».106

23 - Come abbiamo notato all'inizio del presente lavoro, il Rev.mo Promotore Generale della Fede - oltre a sottolineare gli elementi positivi concernenti la vita, le opere e gli scritti del Servo di Dio - ha riconosciuto che ci sono tutte le prove per ritenere la forma di santità reale e genuina, fondata sull'esercizio eroico di tutte le virtù.107

A tale convinzione il Promotore è giunto malgrado l'esistenza di un'unica voce discordante, come egli stesso ha notato:

« Non troviamo tra le deposizioni dei testi che una voce discordante sulla santità del Servo di Dio.

Il t. 31 dichiara: ' Per puro spirito di coscienza osservo che mia moglie, la quale peraltro l'aveva incontrato forse una volta sola, non è molto convinta della sua santità.

Mi pare di avere sentito una volta esprimere qualche giudizio di non completa comprensione da parte di un catechista, ora defunto, sul conto dell'Unione in sé e forse anche su Fratel Teodoreto ' ».108

La recente indagine suppletiva ha chiarito anche quest'ultima incertezza; a tal fine si è tornati ad interpellare il teste 31°, il Sig. Vittorio Buffa di Perrero, il quale ha fornito tutti i chiarimenti del caso dichiarando:

« Io sottoscritto Buffa di Perrero Vittorio, teste n. 31 ( ex officio 2° ) nella Causa di Beatificazione del Servo di Dio Fratel Teodoreto, posso affermare in piena coscienza e per dovere di giustizia, facendo riferimento alla nota di p. 23 del ' Votum Promotoris Generalis Fidei ', quanto segue:

1° - Ribadisco che nella mia famiglia che conosceva Fratel Teodoreto si ebbe sempre la più alta stima come di un Santo del Servo di Dio, stima accresciuta col passare degli anni e ancora oggi semmai viva.

2° - L'accenno fatto alla minore convinzione della Sua fama di santità da parte della moglie, peraltro espressa in forma alquanto dubitativa, dipendeva in massima parte dalla non conoscenza ( come già affermalo ) e forse anche da un certo spirito di contraddizione di fronte a testimonianze e stima che a suo parere riteneva eccessive.

3° - In riferimento a qualche giudizio di non completa comprensione da parte di un catechista, ora defunto, sul conto dell'Unione in sé, e forse anche su Fralel Teodoreto laccio rilevare che la forma dubitativa con cui ho espresso questo parere già denota trattarsi di cosa di non grave entità.

Inoltre rientra nella norma di ogni rapporto umano che qualche rilievo possa essere fatto nei confronti di istituzioni di persone da parte di chi, pur avendole frequentate per un certo tempo possa trovare elementi non confacenti con la propria mentalità e con il proprio modo di pensare.

E questo tanto più in una Istituzione che per le sue caratteristiche ed esigenze profondamente spirituali poteva suscitale reazioni di minore accettazione.

Nella fiducia di aver chiarito quanto richiesto dal Rev. Promotore della Fede, e sempre più convinto col trascorrere degli anni, e sono tanti, della santità del Servo di Dio Fratel Teodoreto, mi professo dev.mo professore dottor architetto Vittorio Buffa di Perrero ».109

Indice

94 Ibid., p. 161, § 480
95 Ibid., p. 294, doc. 1
96 Ibid., p. 231. § 640
97 Ibid., pp. 36-37, § 127
98 Ibid., pp. 230-231, § 640
99 Ibid., p. 66, § 212
100 Ibid., p. 161, § 481
101 Ibid.. p. 66, § 213
102 Ibid., p. 121, § 385
103 Ibid., p. 141, § 434
104 Ibid.. p. 71, § 228
105 Ibid., p. 37, § 128
106 Ibid.. p. 181, § 533
107 Votum Promotoris. pp. 76-?7, n. 26
108 Ibid., p. 23, in nota.
109 Summ. Docc,, pp. 55-56