L'ideale cristiano e religioso

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Obblighi dei Catechisti

2 - Edificazione da dare.

È una conseguenza del comando che il Signore ha fatto a tutti gli uomini di curare il bene del prossimo.

La carità cristiana, la gloria di Dio, il bene pubblico, il nostro vantaggio spirituale ce ne impongono l'obbligo; ma quest'obbligo comune a tutti i cristiani, noi dobbiamo compierlo più perfettamente come chiamati da Dio a una perfezione superiore a quella comune degli uomini.

È certamente per questo che il Signore ci tiene in mezzo al mondo, e la moltitudine di scandali che si rinnovano ogni giorno ci rende più urgente tale dovere.

Noi dobbiamo edificare in tutto, con la nostra condotta, con le nostre conversazioni e con lo star lontani dai divertimenti e dalle massime mondane.

La condotta nostra, senza aver nulla all'esterno che ci distingua, deve essere tale da far conoscere che noi siamo interamente del Signore e che il solo vederci richiami tutti a Dio.

La cura della nostra perfezione, la condotta sempre uguale, regolata, riservata, non possono mancare di contribuire a ottenere tali effetti; non è possibile che il nostro crescere in grazia e in sapienza dinanzi a Dio, avvenga realmente senza che tale accrescimento non si renda sensibile anche agli occhi degli uomini e non serva a edificarli.

Ma l'edificazione è più direttamente l'effetto della modestia cristiana, virtù che regola l'esterno dell'uomo, il suo aspetto, i suoi gesti, il suo andamento, il suo modo di vestire, e che non permette nulla in lui di contrario alla buona educazione e all'umiltà.

Bisogna dunque che regni sul nostro volto la calma e una dolce serenità che sia indice della pace dell'anima nostra, aliena tanto dall'allegria dissipata che si spande in risa smoderate, quanto dagli eccessi dell'oscura tristezza, della noia, del disgusto, ecc.

Gli occhi nostri siano modesti, non si fissino troppo sul volto delle persone, specialmente su quelle di altro sesso e non dimostrino né curiosità né leggerezza;

il nostro capo non giri da un lato e dall'altro senza grave ragione e, quando il bisogno lo richieda, si faccia con gravità;

le mani siano occupate in qualche cosa o ferme in una stessa posizione;

se stiamo seduti, non teniamo le gambe né troppo allargate né l'una sull'altra;

i nostri gesti siano moderati, come pure il tono della nostra voce;

il nostro muoverci non sia né troppo lento, né precipitato, per edificare sempre il prossimo sia che andiamo per la via, sia che ci troviamo in qualunque altro luogo;

nei vestiti e nella cura del capelli dobbiamo cercare la pulizia ed evitare la ricercatezza e tutto ciò che è contrario a quella modestia che dev'essere il frutto della presenza di Dio e della dimora dello Spirito Santo in noi stessi.

Le nostre conversazioni sono pure un mezzo di edificazione quando non sono troppo frequenti, e sono fatte con la circospezione voluta.

La circospezione o sorveglianza di sé è contraria alla dissipazione dello spirito e alla troppa espansione del cuore; essa fa evitare le colpe nelle quali si cade facilmente: le maldicenze, le calunnie, le burle canzonatorie, le parole di vanità, le adulazioni, le esagerazioni, i propositi liberi e poco riflessivi, le piccole bugie, le dispute, il desiderio di comparire e di avere il sopravvento riguardo agli altri.

La circospezione ci fa pure attenti sull'oggetto stesso della conversazione: non tratteniamoci di cose inutili e frivole; e anche quando, per adattarci agli altri, ci prestiamo a discorsi su cose indifferenti, procuriamo di introdurvi, in bel modo, qualche parole buona che possa elevare l'anima e portarla a Dio.

Ciò richiede prudenza quando si è con persone del mondo; ma non dovremo mancare mai a tale dovere quando ci tratteniamo tra noi o con inferiori che hanno bisogno d'istruzione e l'anima ben disposta.

Bisogna parlare con libertà di Dio, delle cose sante e utili alle persone con le quali parliamo e a noi stessi.

Quando si è ripieni di Dio, tutto serve d'occasione, e la lingua non trova difficoltà a esprimere i sentimenti del cuore.

Però è necessario, all'inizio, fare un po' di sforzo per pigliare l'abitudine dell'adempimento di questo dovere di carità, seguendo il consiglio di S. Giovanni Battista de La Salle che raccomanda ai suoi religiosi " d'imparare e di avvezzarsi a parlar di Dio, e a parlarne bene ".

Non si arriverà però mai a rendere edificanti i propri discorsi se si piglia l'abitudine di parlar troppo con gli uomini; è nel silenzio che s'impara a ben parlare, perché è là che ci vuotiamo delle cose create e ci riempiamo di Dio.

C'è il silenzio dello spirito, il silenzio del cuore e il silenzio della lingua.

Queste tre sorta di silenzi non devono essere separati; invano la lingua tace se nello stesso tempo la mente si occupa di pensieri vani e il cuore di vani desideri.

È necessario che tacendo si bandisca anche dalla mente e dal cuore tutto ciò che può allontanare da Dio.

In questo silenzio l'anima mantiene una santa comunicazione con Dio che la illumina, la fortifica, la preserva da un gran numero di colpe, l'arricchisce di molti meriti, la consola nelle afflizioni e la trasporta in certo modo nel cielo per ivi conversare con gli Angeli, coi Santi e con Dio stesso.

Nostro Signore ci offre un gran motivo per osservare il silenzio coll'avvertirci che nel giorno del giudizio noi dovremo rendere conto a Dio di tutte le parole dette senza un giusto motivo.

San Paolo scongiura insistentemente tutti i fedeli, quelli stessi che guadagnano la loro vita col lavoro delle loro mani, a lavorare in silenzio.

È una regola che noi Catechisti dobbiamo osservare con diligenza: vivendo nel mondo troveremo ogni giorno molte occasioni nelle quali sarà necessario parlare; ma quando la necessità, il bisogno, la carità, la gloria di Dio non ci obbligheranno a parlare, non mancheremo di farci un dovere e un piacere di osservare il silenzio.

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