L'ideale cristiano e religioso

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Fortezza e temperanza

5 - La virtù della fortezza ha una duplice funzione da compiere.

Essa deve aiutare la volontà a reprimere ogni timore eccessivo, a restare ferma in mezzo al pericolo, a sopportare con pazienza tutti i mali corporali per non perdere un bene superiore.

Non basta, in ogni caso, usare pazienza e sopportare; talvolta occorre attaccare le difficoltà di fronte ed esporsi a grandi pericoli.

La volontà ha bisogno allora di energia e di magnanimità; la seconda funzione della virtù della fortezza consiste nel procurargliela.

I pericoli di morte non sono frequenti, ma altri numerosi ostacoli ci chiudono di continuo la strada della santità.

Gli uomini ci sono contrari; ci si deride; si interpretano male le nostre più innocenti azioni; i nostri sforzi sono guardati con un sorriso di pietà.

Talvolta la persecuzione è chiara e viene di dove meno ce lo saremmo aspettato.

Anche gli avvenimenti sembrano d'accordo contro di noi; le nostre varie imprese falliscono, la nostra salute è in pericolo, le nostre forze mancano proprio quando ci erano più necessarie.

In noi c'è forse un fondo di scoraggiamento, di pusillanimità pronto a manifestarsi e impadronirsi dell'anima nostra al più piccolo insuccesso, oppure si guarda, con ansia, l'avvenire, mentre la nostra presente debolezza ci spaventa.

Allora le difficoltà s'ingrandiscono, e la tristezza, l'abbattimento, il disgusto mettono lo scompiglio nell'anima.

In questi momenti difficili, la fortezza consiste nell'esercitare la pazienza, la perseveranza, la magnanimità e, in certi casi, la magnificenza.

La pazienza ci arma contro la tristezza che deriva dai mali ordinari di questa vita, come la malattia, la perdita dei beni, la morte dei cari.

Essa modera tutte le manifestazioni esterne e interne della tristezza: l'abbattimento, i sospiri, le lagrime, le lagnanze.

Ci dà la longanimità di fronte alla lunga e inutile attesa di un bene vivamente sperato, come la nostra perfezione, la grazia d'orazione.

Oh! come ci è necessaria la longanimità nella vita spirituale per aspettare in pace il momento del Signore, quel felice momento in cui Egli medesimo prenderà in mano la causa della nostra perfezione.

Sappiamo attendere, pregare, sperare; il Signore non illude coloro che in Lui confidano.

Oltre la pazienza e la longanimità ci è pure necessaria la perseveranza.

Il suo effetto è di farci continuare il lavoro del nostro perfezionamento, malgrado le difficoltà e le noie che derivano dalla frequenza e dalla lunga durata degli atti da fare.

E se le difficoltà di questo lavoro di perfezione derivano anche da altre sorgenti, la fortezza ci darà la costanza.

Poi non basta soffrire, bisogna anche agire.

La magnanimità, da una lato, deve stimolare la passione sensibile della speranza e farla aspirare con fiducia e sicurezza alle grandi opere; deve, d'altro lato, impedire che si disperi del successo, che si ceda alla pusillanimità, che uno si lasci sviare dal fine da conseguire per causa delle difficoltà o della grandezza stessa dell'opera da fare.

Quest'opera può consistere in una cosa esterna da compiersi per la gloria di Dio.

In tal caso la forza necessaria per condurre a buon fine tale impresa si chiama magnificenza.

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