L'ideale cristiano e religioso

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L'unica liturgia

Gesù Cristo venne a compiere fra noi un'opera di lode, un'opera liturgica.

Egli la compie tuttora, perché, come Verbo incarnato, Gesù è Sacerdote, l'Apostolo e il Pontefice della religione che professiamo ( Eb 3,1 ).

La compirà eternamente, perché il sacerdozio è il suo stato fondamentale, quello che c'è di più radicale in lui.

Egli possiede un sacerdozio eterno ( Eb 7,24 ).

E il Padre glielo disse: « Tu sei Sacerdote in eterno » ( Sal 109,4 ).

Quindi lo vediamo, in cielo e sopra la terra, presiedere all'unica liturgia.

In una delle più sublimi visioni dell'Apocalisse, S. Giovanni ci mostra il nostro Pontefice che esercita il suo Sacerdozio nell'adunanza degli eletti, nel centro della creazione redenta, sopra il trono stesso, dove siede il Signore.

Lo Spirito settiforme riposa su di lui e ispira il suo Sacerdozio.

Egli sta ritto come un sacrificato.

È immolato come Vittima.

E rende gloria a Colui che era, che è e che sarà.

Ed ecco che tutti gli abitanti del Cielo s'uniscono all'Agnello per celebrare Colui al quale l'Agnello s'immola:

« Tu sei degno, Signore nostro e nostro Dio, di ricevere la gloria e l'onore e la potenza, perché tu creasti tutte le cose… Santo, Santo, Santo è il Signore onnipotente ».

Essi adorano, si prostrano e gettano le loro corone, per attestare che la loro vittoria e la loro gloria viene solo dal Signore.

Ma gli eletti si rivolgono verso l'Agnello, il quale riceve altresì la lode che gli è dovuta.

Mentre egli esercita il suo sovrano Sacerdozio, essi si prostrano dinanzi a lui e accordi potenti fanno risuonare il cantico nuovo di tutti i redenti:

« L'Agnello che fu immolato è degno di ricevere la potenza, la divinità, la sapienza, la fortezza, l'onore, la gloria e la benedizione » ( Ap 4-5 ).

Tali sono le grandi linee della liturgia i cui splendori si svolgono incessantemente nei cieli sotto la presidenza di Gesù, Pontefice universale, e sotto il soffio dello Spirito Santo, « per cui l'Agnello si offre a Dio come un'ostia immacolata » ( Eb 9,14 ).

Ora questa è esattamente la medesima liturgia che si riproduce fra noi all'altare: il medesimo sacerdozio, il medesimo Sacerdote, la medesima vittima, la medesima immolazione, il medesimo scopo da raggiungere.

Solo la forma esterna è cambiata: la Chiesa trionfante celebra il sacrificio nella visione, la Chiesa militante nella fede.

Ma non v'è che una liturgia.

Un concerto ammirabile sale ad ogni ora dal creato purificato e santificato verso il trono dell'Onnipotente, per benedirlo, esaltarlo e glorificarlo per mezzo dell'Agnello che s'immola; voci senza numero della moltitudine immensa dei redenti, che si sollevano da tutte le parti della terra e del cielo tutto quanto: ma tutte queste voci non formano che un unico concerto, cantano l'unica lode e celebrano la liturgia unica.

Ecco perché Gesù offrì il suo sacrificio sul Calvario e perché perpetuò il suo sacrificio per mezzo dell'Eucaristia: affinché perpetuamente salga a Dio la lode della gloria.

Tal è altresì lo scopo ultimo della comunione.

Questa liturgia che si svolge, perfettamente una, dinanzi al trono di Dio e sull'altare, Gesù vuol riprodurla nell'anima del comunicante.

Egli viene in noi per farci entrare nel gran movimento della lode, di cui egli è il Capo e il Pontefice.

Un giorno egli disse a Santa Margherita Maria: « Io vengo a te come supremo Sacrificatore ».

Il battezzato è un tempio consacrato, uno dei luoghi dell'offerta liturgica.

« Questo tempio di Dio che siete voi, è santo » ( 1 Cor 3,17 ).

In questo tempio siede Iddio Onnipotente, a cui è offerto il sacrificio, l'adorabile Trinità: « Noi porremo in lui la nostra dimora » ( Gv 14,23 ).

E la comunione v'introduce la vittima, l'Agnello immolato, che di nuovo viene ad offrirsi e ad unire al suo sacrificio quello dell'anima che lo riceve, perché egli vuole che con lui noi offriamo i nostri cuori come un'ostia viva, santa, gradita a Dio ( Rm 12,1 ).

« L'anima cristiana - dice Origene - è un altare fisso, in cui il sacrificio si perpetua giorno e notte ».

Sacrificio che non dev'essere passeggero, ma permanente, perché l'Agnello immolato rimane in noi, anche dopo la dissoluzione delle sacre specie, secondo ciò che egli ha promesso, affinché per suo mezzo noi offriamo incessantemente a Dio un'ostia di lode, il frutto delle labbra, le quali celebrano il suo nome ( Eb 13,15 ).

La comunione permette all'anima di celebrare nel suo santuario il sacrificio, che la Chiesa trionfante e militante non cessa di presentare al Signore: la medesima Vittima vi si offre, al medesimo Iddio per la medesima lode.

Nulla vi manca, nemmeno l'incenso e l'armonia delle cetre della celebre visione di S. Giovanni.

La preghiera dell'anima si solleva attorno al sacrificio come un odore di soavità che fa dire al Signore che « la sposa sale come una colonna di fumo, che esala la mirra e l'incenso e tutti gli aromi » ( Ct 3,6 ).

Il suono delle cetre è l'armonia di tutti gli atti d'amore, di tutti i desideri e sentimenti così vari, che sorgono allora nel cuore sotto l'ispirazione dello Spirito Santo.

Armonia che diviene sublime, vera eco del Cantico nuovo del coro degli eletti, quando tutte le potenze dell'anima e del corpo, come le corde d'una lira, sono armonizzate dalla purezza e dalla penitenza.

« Allora - dice l'Eterno Padre a Santa Caterina da Siena - quest'anima canta un cantico delizioso, accompagnandosi con uno strumento di cui la prudenza ha disposto così bene le corde, che danno tutte una santa armonia per la gloria e l'onore del mio nome.

Questa armonia è prodotta dalle grandi corde, che sono le potenze dell'anima, e dalle piccole corde, che sono i sensi esterni del corpo.

Tutti i miei santi hanno preso delle anime con quest'armonia.

Il primo che la fece udire è il mio Verbo dilettissimo, quando si rivestì della vostra umanità e che, unendola alla divinità, eseguì sulla croce questa musica ineffabile che rapì il genere umano ».

Così in Cielo, sull'altare e nell'anima si celebra la medesima liturgia eterna.

In proporzione che essa sviluppasi in noi, progredisce la santificazione di colui che la celebra.

Quando l'anima, sostenuta da una piena carità e unita con intelligenza ed amore al sacrificio dell'Agnello, giunge a non più lasciarsi distogliere per nulla dall'opera sua di lode, e a celebrare senza interruzione il culto interno, ella ha raggiunto la perfezione su questa terra, vive nelle ombre della fede come i beati nella visione eterna e la sua vita intima, dice il Beato Alberto Magno, è il preludio e l'inizio della vita del cielo.

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