Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949

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Fine dell'Unione

Lo spirito di detta Regola

Per il semplice cristiano, il distacco richiesto dal precetto evangelico esige il buon uso delle affezioni regolato dalla virtù della temperanza.

Per il religioso il distacco richiesto dal consiglio esige la purificazione dell'affetto.

Questa purificazione è legata alla virtù della mortificazione, assicura la perfetta verginità del cuore e dell'anima e ci stabilisce nella pace profonda che è data a chi cerca unicamente Dio.

La consacrazione religiosa non proibisce le affezioni naturali legittime, ma vuole che siano soprannaturalizzate per non amare che in Dio e per Iddio, perché l'amore delle creature ci unisca al Principio d'ogni bene e ci faccia trovare ogni cosa in Lui.

Perciò: " Ogni membro dell'Istituto deve spogliarsi d'ogni affezione propria e puramente naturale " ( R. e C. art.33 ) cioè che essi non solamente rettifichino tutti i movimenti del cuore, ma che spogliandosi di ogni bene proprio, ricercato per sé, li ordinino in perfetta carità.

Questo lavoro trasformerà le affezioni naturali in affezioni soprannaturali, "non avendo di mira che la gloria di Dio" ( R. e C. art 33 ).

Non si tratta di amare meno, ma di amare meglio.

L'affezione detta naturale è quella che nasce da un motivo puramente naturale, resta nel dominio dell'io troppo sensibile ed egoista, si nutre di considerazioni, d'attenzioni e di dimostrazioni eccessive o fuori posto, il cui fine, senza essere positivamente ingenuo, resta però troppo personale e interessato.

Questi sentimenti troppo umani per un'anima religiosa sono ordinariamente irriflessivi, superficiali, instabili e diventano, col prolungarsi, una specie di amor proprio incosciente, un sentimento che turba, ché il cuore è cieco, conquiso, perfino ossessionato, inquieto, teme di perdere il bene che ama e finisce coll'essere asservito alla creatura e alla sua variabilità.

Sentimenti sterili che non producono nulla di stabile e non conducono a nessun bene solido.

La Regola vuole dunque che ci spogliamo delle affezioni naturali ossia che le cambiamo in affezioni spirituali liberandoci da ciò che si riferisce a noi stessi per non amare che in Dio e per Iddio.

L'affetto soprannaturale è fondato in Dio.

Affetto immutabile come Lui, forte, puro, fedele e costante.

Affetto fecondo di frutti salutari per colui che ama e per chi è amato;

esso è generoso, compassionevole, attivo, delicato.

Esso ripudia l'egoismo con tutti i suoi raggiri che si oppongono alla vera carità.

Le affezioni così soprannaturalizzate diventano come quelle definite da S. Ignazio nel libro degli Esercizi:

"Ogni affezione che provo deve venire dall'alto e discendere da Dio stesso in modo che tale affezione sia unicamente in considerazione del mio Creatore e Signore".

Si ama allora senza turbamento senza inquietudini non per questa vita ma per l'eternità, non per godere delle cose che passano ma per i grandi beni della grazia e della gloria divina.

L'affetto soprannaturale libera da ogni sensibilità troppo umana, accetta in pace l'assenza o la privazione di ciò che ama se così è necessario per la gloria di Dio.

"La religione e la pietà ( verso i Genitori ) sono due virtù.

L'esercizio di ciascuna di esse è limitato dalle circostanze stesse.

Ne segue che appartiene alla pietà filiale l'adempiere i doveri verso i Genitori secondo il modo conveniente.

Ma non è conveniente che l'uomo tenda ad onorare più il proprio padre che non ad onorare Dio.

Se dunque il culto dei Genitori ci distoglie dal culto di Dio, non è più pietà filiale la nostra, ma un operare contro Dio" ( S. Tommaso, IIa., IIae., 2,101, art. 6 ).

Semplici cristiani, noi avremmo il dovere di concedere ai nostri parenti, ai nostri amici, tutte le soddisfazioni legittime che non sono contro la legge divina.

Religiosi, Nostro Signore ci dice come al giovane del Vangelo:

"Se oltre l'osservanza della legge, tu vuoi essere perfetto, va, vendi tutto ciò che hai"… lascia tutto ciò che ti è caro "vieni e seguimi" ( Mt 19,21 )

"Chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me" ( Mt 10,37 ).

La preferenza che noi dobbiamo dare a Nostro Signore ci porterà a non più vivere che per Lui che solo può tener luogo di ogni cosa.

Facciamoci un dovere di perdere tutto per conquistare Lui.

In cambio di quello che noi sacrifichiamo Nostro Signore ci promette il centuplo e la vita eterna

"Signore, ecco che noi abbiamo abbandonato tutto per seguirTi, che ne sarà di noi?

- Voi che mi avete seguito sarete assisi su dodici troni.

Chi avrà lasciato per me la sua casa, i suoi fratelli o le sue sorelle, suo padre o sua madre, avrà il centuplo in questo mondo e la vita eterna" ( Mt 9,27-29; Mc 10,29-30 ).

Il centuplo comprende, nell'ordine dei beni dello spirito, tutti i numerosi mezzi che aiutano la formazione della nostra intelligenza e aumentano le nostre conoscenze:

ritiri, conferenze, prediche, letture, direzione.

Nell'ordine del cuore:

l'affetto più elevato e più paterno dei Superiori, l'affetto fraterno dei Confratelli dimostrato col mettere in comune i talenti e le attitudini di ciascuno nella gioia più profonda di un cuor solo e un'anima sola.

È anche, dal punto di vista materiale, un'abbondanza di risorse e di facilità di cui tutti possono godere o in un modo o in un altro.

Il centuplo consiste specialmente e soprattutto nella libertà di spirito, nella pace profonda del cuore, e nell'abbondanza delle grazie di Dio e nell'unione più intima con Nostro Signore.

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