Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949

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Esercizi di pietà

Difficoltà dell'orazione

Le difficoltà dell'orazione sono classiche;

esse sono state riconosciute e studiate dai maestri della vita spirituale, le loro principali manifestazioni si riducono alle seguenti:

distrazioni, aridità, noie, desolazioni, tentazioni.

Le cause sono molteplici e derivano generalmente da una triplice origine:

ciò che viene da noi, colpevole o no, ciò che viene da Dio, ciò che viene dal demonio.

Le principali cause personali di queste difficoltà sono:

l'ignoranza, o almeno una conoscenza insufficiente della natura dell'orazione, del suo scopo e soprattutto delle sue condizioni, e perciò essa rischia di diventare, sia per eccesso, uno studio troppo speculativo, sia per difetto, un pio vaneggiamento.

L'impotenza naturale viene sia dalla fatica fisica, mancanza di sonno, strapazzo, vita troppo tesa, sia da una specie di stanchezza morale, scacchi ripetuti, vita di sofferenza continua.

L'anima in certi stati di abbattimento non può far altro che accettare perché si trova in un'assoluta atonia e senza reazione nell'orazione:

la dispersione dello spirito, sia per mobilità naturale che disturba il raccoglimento, sia per la vivacità d'una immaginazione troppo aperta alle cose esteriori o troppo fertile;

la dispersione del cuore, per affezioni mal regolate, immortificazioni abituali, attacchi conservati o mal combattuti ( Cfr. S. Giovanni della Croce. Salita al Carmelo 10,11 ).

Insomma, come dice S. Angela da Foligno, "la legge della preghiera è l'unità.

Dio esige la totalità dell'uomo e non solo una parte di lui.

La preghiera richiede il cuore tutto intero.

Per trovare l'Unico necessario bisogna troncare ogni abitudine superflua, ogni familiarità superflua con le creature qualunque siano, ogni conoscenza superflua, ogni curiosità, ogni occupazione superflua, in una parola bisogna che l'uomo si separi da tutto ciò che lo divide" ( S. Angela da Foligno. Vita 2° cap. 23 ).

Certe difficoltà dell'orazione possono anche venire da Dio che le permette per un bene.

La sua condotta è infinitamente varia per le diverse anime e anche per ciascuna in particolare.

Si dà o si ritira, sostiene o sembra abbandonare, rischiara e consola ovvero lascia nella freddezza e nella desolazione.

L'essenziale per l'anima è di perseverare attraverso tutto nell'orazione con umiltà, coraggio e confidenza.

Il P. de Grandmaison distingue tre sorta di aridità.

La prima è colpevole ed è prodotta da un difetto di spogliamento e di sforzo:

non ci separiamo abbastanza da ciò che allontana da Dio.

La seconda viene da Dio, è una prova, la scuola riservata ai suoi amici.

La terza detta "mista" viene contemporaneamente da Dio e dall'anima:

è un avvertimento o una sanzione;

in fondo una dimostrazione d'amor di Dio che vuole aiutare l'anima ad essergli più fedele ( Cf. P. de Grandmaison ).

Il demonio può intervenire soprattutto per via di illusioni, ciò che succede assai spesso.

Il P. Guillorè non teme di asserire che è "un mare da bere che se ne potrebbe fare un libro".

Il P. de Cloriviere le riduce a due forme principali.

La prima è quella di voler salire da se stesso a un grado superiore d'orazione al quale non si è chiamati.

Così non si vuole altro Maestro che lo Spirito Santo sia respingendo praticamente ogni direzione e sottraendosi ad ogni controllo, sia cercando una pretesa orazione spontanea, senza metodo;

col pretesto di arrivare così più presto all'intimità divina, sia lasciandosi andare a una passività di cattiva lega, contraffazione della vera passività mistica.

Tutte illusioni che portano a mettersi in uno stato straordinario dando a se stesso la sicurezza infallibile d'essere sotto l'azione diretta dello Spirito Santo, già legato a Lui:

affermazione contraria alle abitudini d'umiltà e di prudenza dei veri mistici.

Il secondo consiste nel "distogliersi da quegli stati d'orazione ai quali Dio attira col pretesto dei pericoli che vi si possa incontrare".

In ogni vita religiosa veramente interiore, la grazia opera sovente in modo più potente, traendo l'anima a delle ascensioni successive.

È "l'ascende superios" del Vangelo.

Sarebbe pusillanimità, o almeno poltroneria il rifiutarsi a queste sollecitazioni che richiedono, è vero, più profonde rinunce e più grandi sacrifici.

A queste due forme principali si aggiungono le molteplici illusioni dello spirito d'indipendenza e d'una falsa larghezza di vedute che porta alcune volte a cercare una spiritualità diversa da quella della propria famiglia religiosa:

si può, è vero, ispirarsi a ciò che c'è di buono in ogni Scuola con l'obbligo di adattarlo e integrarlo nello spirito autentico e proprio dell'Istituto a cui si appartiene;

altre volte porta a prendere le ispirazioni e divagazioni proprie per ispirazioni divine, sostituendo inconsciamente le proprie impressioni e i propri sogni all'azione reale della grazia.

Si crede in buona fede di pregare con orazione infusa, mentre tale modo di pregare non è che vago e fantastico.

La preghiera rimane dunque nello stesso tempo indispensabile, onnipotente e difficile e si deve sempre pregare per imparare a pregare.

"Signore, insegnaci a pregare!" ( Lc 11,1 ).

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