Pensieri sulle Regole e Costituzioni 1949

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Commenti sulle Regole e Costituzioni dei Catechisti Congregati

Che cosa devono tenere presente i Catechisti quando si dice di amare la Croce

I Catechisti Congregati devono tener presente che quando si dice di amare la Croce non si vuol dire di amarla con un amore sensibile proveniente dalla parte inferiore del nostro essere:

ciò sarebbe impossibile;

e neanche con un amore puramente razionale, ma con un amore che provenga dalla ragione illuminata dalla fede e mossa dalla grazia di Dio.

Con questo amore, che sta nella parte superiore dell'anima, si stima e si ama, al lume della fede, la Croce con tutte le sofferenze che l'accompagnano, anche quando la parte inferiore è tutta immersa nel dolore e va in cerca di sollievo.

In quei momenti si può ripetere la preghiera fatta da Gesù nell'orto degli olivi e poi sorgere con Lui, abbracciare la Croce e portarla fino al Calvario.

Se i Catechisti Congregati leggeranno attentamente e faranno le loro meditazioni su quanto si è detto sul valore della Croce e della mortificazione si troveranno pronti a ricevere dalle mani di Dio qualsiasi tribolazione, ossia ogni sorta di povertà, d'ingiustizie, di perdite, di malattie, d'umiliazioni, di contraddizioni, di calunnie, d'aridità, d'abbandono e qualsiasi pena interna o esterna dicendo sempre, per qualunque cosa accada:

" Il mio cuore è pronto, mio Dio; il mio cuore è pronto".

Potranno allora ripetere con S. Paolo:

"Per ogni verso siamo tribolati, ma non avviliti d'animo;

siamo angustiati, ma non siamo disperati;

siamo perseguitati, ma non siamo abbandonati;

siamo abbattuti, ma non estinti;

portando noi sempre e dovunque la mortificazione di Gesù Cristo nel corpo nostro, affinché la vita ancor di Gesù si manifesti nella carne nostra mortale.

Trionfa dunque in noi la morte… " ( 2 Cor 4,8-10 ).

Dimostreranno così praticamente d'avere capito quella verità si poco compresa, sebbene chiaramente espressa nelle parole di S. Paolo sopra riferite, cioè:

quello che della vita di Gesù può passare nell'essere nostro naturale, non viene ad esso comunicato che come una grazia di morte, ossia che tanto si manifesterà, attraverso la nostra parte esteriore, la vita di Gesù, quanto in essa noi sapremo mortificarci.

Con altre parole:

Se faremo trionfare in noi la morte, ossia la mortificazione e ci terremo stretti alla Croce, verrà a noi la vita di Colui che, con la propria morte, diede la vita al mondo.

Per aiutarci a ben soffrire dobbiamo procurare di aver presente qualcuno dei pensieri seguenti:

1º) Lo sguardo di Dio rivolto su quelli che combattono e soffrono per suo amore.

Che cosa considera Iddio con piacere su questa terra ?

Forse si compiace di ciò che fanno i Re e gl'Imperatori o delle vittorie degli eserciti?

No certamente, ma Dio fa osservare all'Angelo e al demonio stesso:

"Non hai visto sulla terra la grande meraviglia?

Non hai tu ben osservato il mio servo Giobbe che soffre per amor mio?".

Ecco ciò che attira lo sguardo di Dio!

2º) La giusta misura della Croce proporzionata da Dio alla nostra debolezza è accompagnata dalla sua grazia.

La divina Provvidenza con le sue braccia domina con soavità, non permettendo che siamo tentati al disopra delle nostre forze;

con forza soccorrendoci con la sua potente grazia per non lasciarci cadere nel precipizio e per liberarci dal naufragio nelle tempeste della vita.

3º) I patimenti di Gesù Crocifisso sebbene innocente.

" O voi tutti che passate per la via spinosa delle Croci, sulla quale Io vi precedetti, vedete e guardate.

Vedete con gli occhi stessi del corpo e guardate poi meglio con gli occhi dello spirito:

Vi sembra forse che la vostra povertà, la vostra miseria, il vostro disonore, il vostro isolamento, i vostri dolori reggano al confronto con quanto Io ho sofferto?

Eppure tutto ciò Io l'ho sostenuto essendo innocente!

Oh, continuate ora, si vi basta l'animo, a far lamenti, voi che siete colpevoli!" 

Anche lo Spirito Santo ci comanda, per bocca degli Apostoli, di fissare i nostri sguardi su Gesù Crocifisso per armarci di tale pensiero, la cui forza di resistenza riesce davvero più terribile ai nostri nemici che qualsiasi altra arma.

Il Crocifisso sia dunque il nostro scudo, la nostra corazza, il nostro elmo, la nostra spada e tutta la nostra forza.

4º) Il pensiero del Paradiso e quello dell'Inferno.

Ricordiamoci di guardare in alto a quel premio che sostenne i Patriarchi e i Profeti nella loro fede e nelle persecuzioni, che animò gli Apostoli e i Martiri nella loro fatiche e nei loro tormenti.

Ascoltiamo gli Angeli e i Santi che ci dicono:

"Attenti a non lasciarvi sfuggire la corona che sta preparata per voi, se saprete portare la Croce che vi è offerta!

Se non la portate voi, verranno altri in luogo vostro e vi rapiranno la corona".

Gesù poi soggiunge:

"Io non darò la mia ricompensa se non a colui che avrà sofferto e vinto con la pazienza".

Guardiamo anche al posto che ci toccherà nell'inferno con i reprobi se nelle contrarietà ci abbandoniamo, come essi fecero, all'impazienza, al dispetto, alla vendetta.

Ripetiamo con S. Agostino " Signore, qui brucia, qui taglia a pezzi;

puniscimi come meglio ti sembra in questo mondo, ma di grazia, perdonami nell'altro".

Non lamentiamoci volontariamente, ne mormoriamo contro le creature delle quali Dio si serve per affliggerci.

Dobbiamo però distinguere tre specie di lagnanze:

a) Quelle involontarie o naturali;

ossia del corpo che geme, che sospira, che si lagna, che piange; in questo caso, se l'anima nella parte superiore è rassegnata alla volontà di Dio, non vi ha neppur l'ombra di peccato.

b) Vi sono le lagnanze ragionevoli e sono quelle che si fanno con chi può mettere riparo ai nostri mali come sarebbe il Superiore, il medico:

questo genere di lagnanze, senza diventar peccato, possono però essere un'imperfezione quando siano espresse con eccessiva sollecitudine o preoccupazione.

c) Vi sono poi le lagnanze colpevoli, quando ci lamentiamo contro qualcuno che ci fa soffrire per trarne, in qualche modo, vendetta;

ovvero quando deliberatamente ci lamentiamo del dolore sopraggiuntoci e alla lagnanza aggiungiamo l'impazienza e la mormorazione.

Se vogliamo far progressi nella perfezione dobbiamo ricevere le Croci con umiltà e riconoscenza dicendo almeno: " Dio sia benedetto".

Quando poi la bontà di Dio ci manderà qualche Croce rilevante, non solo ringraziamola noi in modo tutto speciale, ma ricorriamo anche ad altri perché preghino secondo la nostra intenzione - intendendo così di ringraziare Dio del favore fattoci.

In tanto per renderci degni di quelle Croci che formano i Santi e che ci arriveranno dalla divina Provvidenza, senza nostra ricerca - Croci, fra tutte, le migliori - pensiamo, col nostro savio Direttore e col nostro Superiore, a sceglierne qualcuna volontaria privandoci di qualche cosa che ci piace e pigliando qualche cosa per la quale abbiamo ripugnanza.

Abbracciamo quelle piccole croci che sono, ogni giorno e quasi ogni ora, alla nostra portata, così non avremo da difenderci da quella vanità che sovente si insinua nella stessa pazienza con cui si sopportano le grandi Croci.

Dimostriamoci fedeli nel poco, il Signore, come lo ha promesso, ci stabilirà sul molto cioè sopra la molte grazie che Egli ci concederà, sopra le molte croci che Egli ci manderà, sopra la molta gloria che Egli ci darà.

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