Regole del governo individuale e collettivo dei Catechisti

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Pratiche di pietà

Assistenza alla S. Messa

3º - Uniformarsi a certi segni e gesti del Sacerdote

- Oltre le parole vi sono gesti, genuflessioni, segni di croce:

Non tutti gli atteggiamenti del Sacerdote devono essere ripetuti.

Alla Messa letta il Sacerdote sta in piedi e i fedeli in ginocchio, e dopo l'offertorio anche seduti.

Si può imitare il Sacerdote negli inchini del capo al nome di Gesù, al nome della Beatissima Vergine e del Santo del giorno.

Nel Gloria e nel Credo ci sono frasi che devono essere dette a capo inclinato;

si può facilmente imparare questo assistendo alla Messa solenne perché c'è il Cerimoniere che annuncia gli inchini.

Al Gloria si inchina all' "adoramus Te", al "grazias agimus".

Al Credo ci si inginocchia al l'Incarnatus est la genuflessione va fatta adagio e l'inchino sempre più profondo, il massimo di profondità si ha all'Incarnatus est, poi il cerimoniere dice "surgent" la genuflessione deve durare tutta la frase.

Poi non vi sono più inchini fino all'elevazione, salvo lo sguardo all'Ostia con la giaculatoria.

"Signor mio e Dio mio" che è consigliata per lucrare l'indulgenza annessa.

Segni di croce si devono fare quelli del celebrante ma non se ne devono aggiungere;

alcuni dopo l'elevazione fanno un segno di croce che non ha corrispondenza sul celebrante.

Si può fare il segno di croce all'inizio dell'introito, non però nelle messe da morto perché in esse il Sacerdote fa il segno di croce non su di sé ma sul messale.

La benedizione finale va presa in ginocchio.

Quando al bacio dei fedeli al Vangelo ci sono diverse opinioni;

ma la Messa solenne è quella che dà la norma;

in essa il Vangelo è baciato da uno solo, se il Vescovo assiste è lui che bacia il messale e nessun altro nemmeno il celebrante il suddiacono dal luogo dove è stato cantato il Vangelo porta il messale chi presiede celebrante o Vescovo, se lo porta al Vescovo non gli fa nessun inchino, non fa neanche la genuflessione davanti all'altare, perché il Vangelo è la parola di Dio che supera tutte le dignità.

Per tutto questo non pare che sia secondo lo spirito della liturgia che i fedeli facciano questo atto liturgico anche perché lo spirito della Chiesa è piuttosto austero.

Invece si possono dire le parole che dice il Sacerdote dopo il Vangelo "per l'Evangelica dicta deleantur nostra delicta" (per l'Evangelo letto siano cancellati i nostri peccati).

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