Summa Teologica - I

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Articolo 15 - Se la scienza di Dio sia variabile

In 1 Sent., d. 38, q. 1, a. 2; d. 39, q. 1, aa. 1, 2; d. 41, q. 1, a. 5; De Verit., q. 2, a. 5, ad 11; a. 13

Pare che la scienza di Dio sia variabile.

Infatti:

1. La conoscenza prende il nome dalla sua relazione con le realtà conoscibili.

Ma gli attributi [ divini ] che implicano relazione alle creature si predicano di Dio in rapporto al tempo, e variano secondo le mutazioni delle creature.

Quindi la scienza di Dio è variabile secondo il mutarsi delle creature.

2. Dio può sapere tutto ciò che può fare.

Ma Dio può fare molte più cose di quante ne faccia.

Quindi può sapere molte più cose di quante ne conosca.

E così la scienza di Dio può variare per accrescimento o per diminuzione.

3. Dio un tempo conobbe Cristo come nascituro.

Ora invece non conosce Cristo come nascituro, poiché egli non ha più da nascere.

Quindi Dio non sa al presente tutto ciò che una volta sapeva.

Pare quindi che la sua scienza sia mutevole.

In contrario:

Dice S. Giacomo [ Gc 1,17 ] che in Dio « non c'è variazione, né ombra di cambiamento ».

Dimostrazione:

Essendo la scienza di Dio la sua sostanza, come si è già dimostrato [ a. 4 ], ed essendo d'altra parte la sua sostanza assolutamente immutabile, come si è già visto [ q. 9, a. 1 ], ne viene di necessità che la sua scienza è del tutto invariabile.

Analisi delle obiezioni:

1. Gli attributi Signore e Creatore, e altri consimili, importano relazione alle creature come sono in se stesse; la scienza di Dio, al contrario, dice relazione alle creature come sono in Dio, poiché una cosa è attualmente conosciuta in quanto è nel soggetto conoscente.

Ora, le cose create esistono in Dio in maniera invariabile, in se stesse invece in una maniera variabile.

- Si può rispondere anche in un altro modo, che cioè i termini Signore e Creatore e altri simili esprimono delle relazioni che conseguono ad atti il cui termine sono le creature considerate in se stesse: perciò tali relazioni vengono attribuite a Dio in modo variabile secondo la mutabilità delle creature.

La scienza invece, e l'amore, e simili, implicano relazioni che nascono da atti che devono essere considerati come immanenti a Dio: perciò si affermano di Dio senza mutamento.

2. Dio sa anche le cose che può fare e che non fa.

Dal fatto dunque che Dio può fare più di quanto non faccia non segue che possa conoscere più di quanto conosce, a meno che non ci si riferisca alla scienza di visione, che consiste nel conoscere le cose che vengono all'esistenza in un dato tempo.

Ma dal fatto che Dio conosce che cose ora non esistenti possono essere, o che cose esistenti possono non essere, non consegue che la sua scienza sia variabile, ma solamente che egli conosce la mutabilità delle cose.

La sua scienza sarebbe invece variabile se egli fosse venuto a conoscere qualcosa che prima aveva ignorato.

Ma ciò non può avvenire, poiché qualsiasi cosa che è o che può essere nel tempo, Dio la conosce dalla sua eternità.

Quindi, proprio perché si suppone un dato essere esistente in un momento qualsiasi del tempo, bisogna ammettere che esso è conosciuto da Dio fin dall'eternità.

Per cui non si deve concedere che Dio possa conoscere più di quanto conosce: poiché tale proposizione implica che Dio prima abbia ignorato ciò che poi ha conosciuto.

3. Gli antichi Nominalisti dicevano che vi è piena identità in queste tre proposizioni: Cristo nasce, Cristo nascerà, Cristo è nato, poiché tutte e tre indicano la stessa cosa: la nascita di Cristo; e da ciò segue che tutto ciò che Dio ha saputo, lo sa, poiché ora sa che Cristo è nato, il che significa la stessa cosa che: Cristo deve nascere.

- Ma questa opinione è falsa, sia perché la diversità delle parti del discorso causa la diversità degli enunciati, sia perché ne verrebbe che una proposizione che è vera una volta sarebbe vera sempre.

E ciò ha contro di sé Aristotele [ Praed. 5 ], il quale osserva che la frase: Socrate siede è vera mentre egli siede, ma è falsa non appena si alza.

Quindi bisogna concedere che non è vera l'affermazione: tutto ciò che Dio ha saputo, lo sa, se viene riferita agli enunciati stessi.

Ma da ciò non segue che la scienza di Dio sia variabile.

Come infatti senza variazione della scienza divina si ha che Dio conosce che un'identica cosa ora è e ora non è, così, senza cambiamenti nella scienza divina, abbiamo che Dio conosce che una data proposizione ora è vera e ora è falsa.

La scienza di Dio sarebbe invece variabile se egli conoscesse gli enunciati sotto forma di proposizioni, cioè unendone e dividendone i termini, come accade per il nostro intelletto.

Dal che segue che la nostra conoscenza subisce variazioni o perché si passa dal vero al falso, come quando, p. es., la cosa cambia e noi rimaniamo con la stessa persuasione, oppure perché si passa da un'opinione all'altra, come quando pensiamo che un tale è seduto e subito dopo pensiamo che non è seduto.

Ma né l'una né l'altra delle due cose può avvenire in Dio.

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