Summa Teologica - I

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Articolo 3 - Se l'anima conosca tutte le cose per mezzo di idee innate

C. G., II, c. 83; De Verit., q. 10, a. 6; q. 11, a. 1; q. 18, a. 7; q. 19, a. 1; De anima, a. 15

Pare che l'anima intenda tutte le cose per mezzo di idee innate.

Infatti:

1. Dice S. Gregorio [ In Evang. hom. 29 ] che « l'uomo ha in comune con gli angeli l'intelligenza ».

Ma gli angeli intendono tutte le cose mediante idee in esse innate: infatti nel De Causis [ 10 ] si legge che « ogni intelligenza è piena di forme [ intelligibili ] ».

Quindi l'anima possiede delle idee innate con le quali conosce gli esseri corporei.

2. L'anima intellettiva è più nobile della materia prima.

Ma quest'ultima è stata creata da Dio sotto quelle forme alle quali è in potenza.

A maggior ragione dunque è stata creata da Dio rivestita di specie intelligibili l'anima umana.

E in tal modo avremo che l'anima conosce le realtà materiali servendosi di specie innate.

3. Nessuno può dare una risposta vera su ciò che non conosce.

Ma anche un uomo ignorante, privo di scienza acquisita, risponde con verità alle singole domande, purché venga interrogato con metodo, come riferisce Platone nel Menone [ 15 ss. ].

Quindi un uomo possiede la conoscenza delle cose prima di acquistarne la scienza: il che risulterebbe impossibile se l'anima non avesse delle idee innate.

Quindi l'anima intende le cose materiali mediante tali idee.

In contrario:

Il Filosofo [ De anima 3,4 ], parlando dell'intelletto, dice che « è come una tavoletta su cui non è scritto nulla ».

Dimostrazione:

Essendo la forma il principio dell'operazione, è necessario che un essere si trovi ad avere verso la forma, che è il principio della sua operazione, lo stesso rapporto che ha verso quell'operazione.

Se p. es. il tendere verso l'alto proviene dalla levità, è necessario che quanto si muove solo potenzialmente verso l'alto sia solo potenzialmente un corpo lieve; invece ciò che attualmente si solleva in alto sarà in atto un corpo lieve.

Ora, noi riscontriamo che l'uomo rispetto al conoscere talora è solo in potenza, sia quanto alla conoscenza sensitiva che quanto all'intellettiva.

E viene posto in atto a partire da tale potenzialità: sente cioè in forza dell'azione degli oggetti sensibili sui sensi, e intende in forza dell'insegnamento o dell'induzione.

Bisogna dunque affermare che l'anima conoscitiva è in potenza a ricevere sia le immagini che sono i princìpi della sensazione, sia le immagini che sono i princìpi dell'intellezione.

E per tale motivo Aristotele [ ib. ] sostenne che l'intelletto, col quale l'anima formalmente conosce, non possiede idee innate, ma inizialmente è in potenza a tutte le specie intenzionali.

Potrebbe però accadere che un essere che possiede attualmente una forma non possa agire in forza di essa per un qualche impedimento: che un corpo lieve, p. es., possa essere impedito di sollevarsi in alto.

Per cui Platone pensò che l'intelletto umano sarebbe per natura ripieno di tutte le specie intelligibili, ma l'unione con il corpo gli impedirebbe di passare all'atto.

Tale posizione però non è sostenibile.

Primo, perché se l'anima ha una nozione naturale di tutte le cose non pare possibile che cada in tanta dimenticanza di questa conoscenza naturale da ignorare persino di possedere una tale conoscenza.

Nessuno infatti dimentica ciò che conosce per natura: che il tutto, p. es., è maggiore della sua parte, e altre verità del genere.

Ma la cosa diviene anche più insostenibile se ammettiamo che per l'anima è naturale essere unita al corpo, come si è già dimostrato [ q. 76, a. 1 ].

È assurdo infatti che l'attività naturale di un essere venga totalmente impedita da ciò che le compete per natura.

- Secondo, la falsità di tale teoria appare chiaramente dal fatto che quando abbiamo la mancanza di un dato senso viene a mancare la scienza di quelle cose che sono percepite per suo mezzo: come il cieco nato non può avere alcuna nozione dei colori.

Ora, ciò non avverrebbe se nell'anima fossero innati i concetti di tutte le realtà intelligibili.

- Dobbiamo quindi concludere che l'anima non conosce gli esseri materiali servendosi di idee in essa innate.

Analisi delle obiezioni:

1. È vero che l'uomo ha in comune con gli angeli l'intelligenza: non raggiunge però l'eminenza del loro intelletto; come anche i corpi inferiori, i quali, al dire di S. Gregorio [ l. cit. nell'ob. ], hanno la sola esistenza, sono distanti dal modo di esistere dei corpi superiori.

Infatti la materia dei primi non è del tutto attuata dalla forma, ma è in potenza rispetto alle forme che non ha; invece la materia dei corpi celesti è totalmente attuata dalla forma, in modo che non è più in potenza ad altre forme, come si è già spiegato [ q. 66, a. 2 ].

Parimenti l'intelletto dell'angelo è perfettamente attuato dalle specie intelligibili, in conformità alla sua natura, mentre quello dell'uomo è in potenza alle medesime.

2. La materia prima trae l'essere sostanziale dalla forma: era perciò necessario che fosse creata sotto una data forma, altrimenti non sarebbe potuta esistere.

Tuttavia, mentre sussiste sotto una data forma, è in potenza ad altre forme.

L'intelletto invece non riceve un essere sostanziale dalla specie intelligibile: quindi il caso è diverso.

3. L'interrogazione metodica procede dai princìpi universali per sé noti alle conclusioni particolari.

Ma con tale procedimento si causa la scienza nell'anima del discepolo.

Se quindi egli risponde il vero su quelle cose su cui viene interrogato in un secondo momento, non è perché ne aveva una conoscenza anteriore, ma perché le ha imparate in quel momento.

Infatti poco importa che l'insegnante, nel procedere dai princìpi comuni alle conclusioni, usi l'esposizione o l'interrogazione: poiché in ambedue i casi l'animo del discepolo arriva alla certezza delle nozioni posteriori in forza di quelle anteriori.

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