Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se ci possa essere volontarietà senza alcun atto

Infra, q. 71, a. 5, ad 2; In 2 Sent., d. 35, q. 1, a. 3; De Malo, q. 2, a. 1, ad 2

Pare che non ci possa essere volontarietà senza un qualche atto.

Infatti:

1. Ciò che è volontario deriva dalla volontà.

Ma nulla può venire dalla volontà se non mediante un atto, almeno della volontà stessa.

Quindi non ci può essere volontarietà senza un qualche atto.

2. Come si dice che uno vuole con un atto della volontà, così si dice che non vuole se questo atto viene a cessare.

Ma il non volere causa l'involontarietà, che è l'opposto della volontarietà.

Quindi non ci può essere volontarietà se manca l'atto della volontà.

3. La conoscenza è essenziale alla volontarietà, come si è detto [ aa. 1 e 2 ].

Ma la conoscenza avviene mediante un atto.

Quindi non ci può essere volontarietà senza un qualche atto.

In contrario:

Si dice che è volontario ciò di cui siamo padroni.

Ma noi siamo padroni di agire e di non agire, di volere e di non volere.

Come quindi è volontario l'agire e il volere, così lo è pure il non agire e il non volere.

Dimostrazione:

La volontarietà deriva dalla volontà.

Ora, si dice che una cosa deriva da un'altra in due modi.

Primo, direttamente, cioè come dalla causa agente: p. es. come il riscaldamento dal calore.

Secondo, indirettamente, cioè per il fatto stesso che non agisce: come si dice che il naufragio della nave dipende dal pilota perché egli ha cessato di pilotare.

Bisogna notare tuttavia che il risultato di un'azione mancata non deve essere sempre attribuito alla causalità dell'agente per il semplice fatto che esso non agisce, ma soltanto quando esso può e deve agire.

Se infatti il pilota non potesse più dirigere la nave, oppure non fosse stato affidato a lui il suo comando, non gli si potrebbe imputare l'eventuale naufragio della nave che si verificasse per l'assenza del pilota.

Ora, dato che la volontà con il volere e con l'agire può eliminare l'assenza del volere e dell'agire, e qualche volta è tenuta a farlo, il fatto stesso di non volere e di non agire viene ad essa imputato, come determinato da essa.

E in questo caso ci può essere volontarietà anche senza atto: qualche volta senza l'atto esterno, ma con un atto interno, come quando si vuole non agire; altre volte anche senza alcun atto interno, come quando ci si astiene dal volere.

Analisi delle obiezioni:

1. È volontario non solo ciò che deriva direttamente dalla volontà perché essa agisce, ma anche ciò che da essa dipende indirettamente perché non agisce.

2. L'espressione non volere viene usata in due sensi.

Primo, come un'unica dizione, cioè come se fosse l'infinito del verbo latino nolo [ non voglio ].

Per cui, come il dire: Nolo legere, equivale a: Voglio non leggere, così non voler leggere significa avere la volontà di non leggere.

Quindi il non volere in questo senso determinerebbe un fatto involontario [ se la lettura fosse imposta con violenza ].

- Secondo, come suona.

E allora viene negato ogni atto della volontà.

E questo non volere non determina un fatto involontario.

3. L'atto del conoscere è richiesto per la volontarietà come l'atto del volere: deve essere cioè in potere di uno considerare, volere e agire.

Come quindi è un fatto di volontarietà il non volere e il non agire nel tempo debito, così lo è pure il non considerare.

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