Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se la violenza produca atti involontari

Infra, q. 73, a. 6; In 3 Ethic., lect. 1

Pare che la violenza non causi atti involontari.

Infatti:

1. La volontarietà e l'involontarietà si desumono in rapporto alla volontà.

Ma alla volontà non si può fare violenza, come si è dimostrato [ a. 4 ].

Quindi la violenza non può causare involontarietà.

2. Un fatto involontario è accompagnato dalla tristezza, come affermano il Damasceno [ De fide orth. 2,24 ] e il Filosofo [ Ethic. 3,3 ].

Ma in certi casi chi patisce violenza non se ne rattrista.

Quindi la violenza non provoca atti involontari.

3. Ciò che è dovuto alla volontà non può essere involontario.

Ma ci sono dei fatti violenti che sono dovuti alla volontà: come quando uno sale in alto nonostante la gravità del suo corpo, oppure quando piega le membra nel verso contrario alla loro flessibilità naturale.

Quindi la violenza non causa involontarietà.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 3,1 ] e il Damasceno [ l. cit. ] affermano che « ci sono dei fatti involontari dovuti alla violenza ».

Dimostrazione:

La violenza si contrappone direttamente alla volontarietà e alla spontaneità naturale.

Tanto il fatto volontario quanto quello naturale derivano infatti da un principio intrinseco, mentre il fatto violento deriva da un principio estrinseco.

Come quindi negli esseri privi di conoscenza la violenza produce qualcosa di contrario alla natura, così in quelli dotati di conoscenza determina qualcosa di contrario alla volontà.

E come ciò che è contro la natura viene detto innaturale, così ciò che è contrario alla volontà viene detto involontario.

Quindi la violenza causa l'involontario.

Analisi delle obiezioni:

1. L'involontarietà si oppone alla volontarietà.

Ma sopra [ a. 4 ] abbiamo spiegato che si denomina volontario non soltanto l'atto immediato della volontà, ma anche l'atto che è comandato dalla volontà.

E abbiamo pure detto [ a. 4 ] che rispetto all'atto immediato della volontà questa non può subire violenza: per cui la violenza non può ridurre quell'atto a un atto involontario.

Invece la volontà può subire violenza rispetto agli atti imperati.

E la violenza determina l'involontarietà proprio rispetto a tali atti.

2. Un fatto è detto volontario perché è conforme all'inclinazione della volontà, come viene detto naturale perché è conforme all'inclinazione della natura.

Ma un fenomeno può dirsi naturale per due motivi.

Primo, perché deriva dalla natura come da un principio attivo: come riscaldare è naturale per il fuoco

Secondo, in forza di un principio passivo, cioè perché nella natura esiste un'inclinazione a ricevere l'azione da un principio estrinseco: come il moto del cielo è detto naturale per l'attitudine naturale del corpo celeste a un tale moto, sebbene il motore sia un essere dotato di volontà.

E allo stesso modo un fatto può dirsi volontario in due modi: primo, all'attivo, come quando si vuole compiere una data azione; secondo, al passivo, quando cioè la si vuole subire da un altro.

Perciò quando l'azione viene inflitta da un agente esterno rimanendo in colui che la subisce la volontà di subirla, allora l'atto non è violento assolutamente parlando: poiché sebbene colui che subisce l'azione non vi contribuisca col suo agire, vi contribuisce però col suo voler subire.

Quindi l'atto non può essere considerato involontario.

3. Come spiega il Filosofo [ Phys. 8,4 ], il movimento col quale gli animali talora si muovono contro l'inclinazione naturale dei corpi, sebbene non sia naturale per il loro corpo, tuttavia è naturale in qualche modo per gli animali, che sono fatti per muoversi seguendo l'appetito.

Quindi questo è un fenomeno violento in senso non assoluto, ma soltanto relativo.

- E lo stesso si dica del piegare le membra contro il loro verso naturale.

Questa infatti è un'azione violenta in senso relativo, cioè rispetto a un membro particolare, ma non in senso assoluto, cioè in rapporto all'uomo come tale.

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