Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se l'atto umano, in quanto buono o cattivo, abbia l'aspetto di cosa lodevole o colpevole

Pare che l'atto umano, per il fatto che è buono o cattivo, non abbia l'aspetto di cosa lodevole o colpevole.

Infatti:

1. « Il peccato », come dice Aristotele [ Phys. 2,8 ], « può capitare anche nei fenomeni naturali ».

E tuttavia i fenomeni naturali non sono né lodevoli né colpevoli, come insegna il medesimo autore [ Ethic. 3,5 ].

Quindi l'atto umano non ha carattere di colpa per il fatto che è cattivo ed è peccato: e così neppure è lodevole per il fatto che è buono.

2. Il peccato può capitare non solo negli atti morali, ma anche nell'attività professionale e artistica: poiché, come scrive Aristotele [ Phys. 2,8 ], « pecca il grammatico che non scrive correttamente, e il medico che sbaglia nel dare una bevanda ».

Ma un artefice non è ritenuto colpevole solo per aver fatto male una cosa, poiché spetta alla capacità dell'artista il saper fare bene o male una cosa a piacimento.

Quindi anche l'atto morale non acquista colpevolezza per il fatto che è cattivo.

3. Dionigi [ De div. nom. 4 ] scrive che il male è « debole e impotente ».

Ora, la debolezza e l'impotenza tolgono, oppure diminuiscono, la ragione di colpa.

Quindi gli atti umani non sono colpevoli per il fatto che sono cattivi.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 3,1 ] insegna che « sono lodevoli le opere virtuose e biasimevoli o colpevoli le opere contrarie ».

Ma gli atti buoni sono atti virtuosi, poiché « la virtù rende buono chi la possiede e le opere che egli compie » [ Ethic. 2,6 ]: perciò gli atti contrari sono atti cattivi.

Quindi l'atto umano, per il fatto che è buono o cattivo, ha l'aspetto di cosa lodevole o colpevole.

Dimostrazione:

Come il male è più esteso del peccato, così il peccato è più esteso della colpa.

Infatti si dice che un atto è colpevole, o lodevole, perché viene imputato a chi lo compie: infatti lodare o incolpare qualcuno equivale a imputargli la bontà o la malizia dei suoi atti.

Ma l'atto è imputato a chi lo compie quando è in potere dell'agente, il quale ha il dominio sui propri atti.

Ora, ciò avviene in tutte le azioni volontarie, poiché l'uomo ha il dominio sui propri atti mediante la volontà, come si è spiegato in precedenza [ q. 1, aa. 1,2 ].

Quindi rimane che il bene e il male comportano la nozione di lode o di colpa nelle sole azioni volontarie, nelle quali il male, il peccato e la colpa sono la stessa cosa.

Analisi delle obiezioni:

1. Gli atti naturali non sono sotto il dominio dell'agente naturale, dato il determinismo della natura.

Quindi, sebbene nei fenomeni naturali ci sia il peccato, tuttavia non ci può essere la colpa.

2. Il compito della ragione è diverso nelle attività professionali e nelle azioni morali.

Infatti nelle attività professionali la ragione viene ordinata a un fine particolare, da essa escogitato.

Invece nelle azioni morali la ragione viene ordinata al fine generale di tutta la vita umana.

Ora, i fini particolari sono ordinati al fine universale.

Siccome dunque, come si è già visto [ a. 1 ], il peccato consiste nello scostarsi dall'ordine al fine, in due modi ci può essere il peccato nell'attività professionale.

Primo, mediante una deviazione dal fine particolare perseguito dall'artefice, ed è il peccato caratteristico dell'arte: è il caso dell'artigiano che, volendo fare un'opera perfetta, ne produce una di scarto, oppure, volendo produrre un'anomalia, fa un'opera regolare.

Secondo, mediante una deviazione dal fine generale della vita umana: e allora si dice che pecca l'artefice che intende compiere un'opera cattiva allo scopo di ingannare altri.

Questo peccato però non è proprio dell'artefice come tale, bensì dell'artefice in quanto uomo.

Quindi del primo peccato si fa colpa all'artefice come artefice; del secondo invece si incolpa l'uomo in quanto uomo.

Ora nelle azioni morali, in cui si considera l'ordine della ragione verso il fine generale della vita umana, il peccato e il male vanno sempre considerati in base alla deviazione dall'ordine razionale verso questo fine.

E così per questo peccato viene incolpato l'uomo in quanto uomo, e in quanto essere morale.

Per cui il Filosofo [ Ethic. 6,5 ] scrive che « in arte è preferibile chi pecca volontariamente; non così invece se si tratta della prudenza e delle virtù morali », di cui la prudenza ha la direzione.

3. La debolezza che si trova nel male volontario è sottoposta al dominio dell'uomo.

Quindi non toglie e non diminuisce la colpevolezza.

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