Summa Teologica - I-II

Articolo 2 - Se la passione appartenga più alla parte appetitiva che a quella conoscitiva

In 3 Sent., d. 15, q. 2, a. 1; sol. 2; De Verit., q. 26, a. 3; In Div. Nom., c. 2, lect. 4; In 2 Ethic., lect. 5

Pare che la passione appartenga più alla parte conoscitiva dell'anima che a quella appetitiva.

Infatti:

1. Secondo Aristotele [ Met. 2,1 ], ciò che è primo in un dato genere è anche il massimo, ed è causa degli altri esseri che si trovano in quel genere.

Ora, la passione si riscontra nella parte conoscitiva prima che in quella appetitiva: infatti la parte appetitiva non subisce una passione se non in seguito a una passione della parte conoscitiva.

Quindi le passioni sono più nella parte conoscitiva che in quella appetitiva.

2. L'elemento più attivo è evidentemente meno passivo: infatti l'azione e la passione si contrappongono.

Ma la parte appetitiva è più attiva di quella conoscitiva.

Quindi la passione risiede maggiormente nella parte conoscitiva.

3. Come l'appetito sensitivo è una facoltà organica, così anche le potenze conoscitive sensibili.

Ora le passioni si producono, propriamente parlando, mediante una trasmutazione organica.

Quindi le passioni non si trovano nella parte appetitiva più che in quella percettiva.

In contrario:

S. Agostino [ De civ. Dei 9,4 ] scrive che « i moti dell'animo, che i greci chiamano pathe, alcuni dei nostri, come Cicerone, li chiamano perturbazioni, altri affezioni o affetti, altri alla greca passioni ».

Dal che risulta che le passioni si identificano con le affezioni.

Ora, le affezioni appartengono evidentemente alla parte appetitiva, non alla conoscitiva.

Quindi le passioni sono più nell'appetito che nella parte conoscitiva.

Dimostrazione:

Abbiamo già detto [ a. prec. ] che nel termine passione è indicata una attrazione [ o riduzione ] alle disposizioni dell'agente.

Ora, l'anima è attratta verso le cose più mediante la parte appetitiva che mediante la conoscitiva.

Infatti mediante la potenza appetitiva l'anima viene ordinata alle cose come sono in se stesse: per cui il Filosofo [ Met. 6,4 ] può scrivere che « il bene e il male », oggetto della facoltà appetitiva, « sono nelle cose ».

Invece la facoltà conoscitiva non viene attratta verso la cosa in se stessa, ma la conosce nell'immagine intenzionale che di essa possiede, o che riceve in conformità alla propria natura.

Per cui il Filosofo aggiunge che « il vero e il falso », oggetto della conoscenza, « non sono nelle cose, ma nella mente ».

È chiaro quindi che il concetto di passione si attua più nella parte appetitiva che in quella conoscitiva.

Analisi delle obiezioni:

1. Le condizioni di ciò che costituisce una perfezione sono diverse da quelle di ciò che costituisce un difetto.

Infatti nelle perfezioni si misura l'intensità in base alla vicinanza a un unico principio: come la luminosità di un corpo luminoso viene considerata più o meno intensa in rapporto al corpo sommamente luminoso, al quale più o meno si avvicina.

Invece nelle cose che si presentano come difetti l'intensità non viene misurata in base alla vicinanza a un massimo, bensì in base all'allontanamento da ciò che è perfetto, poiché è in ciò che consiste la privazione e il difetto.

Quindi il difetto è meno grave quanto meno ci si allontana da quel grado di perfezione: per cui da principio si trova un difetto piccolo, che continuando la discesa diviene sempre più grande.

Ora, la passione si presenta come una carenza, essendo connessa con la potenzialità del soggetto.

E così negli esseri che si avvicinano alla perfezione prima, cioè a Dio, non si trova che poco o nulla di potenzialità e di passione; invece negli esseri che degradano essa tende ad aumentare.

Quindi anche nella prima facoltà dell'anima, cioè nella parte conoscitiva, la ragione di passione si trova meno accentuata.

2. Si dice che la potenza appetitiva è più attiva perché causa direttamente l'atto esterno.

Ma ciò dipende dal fatto che è più passiva, cioè dal fatto che dice ordine alle cose come sono in se stesse: infatti mediante l'atto esterno si raggiungono le cose [ nella loro concretezza ].

3. Come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 78, a. 3 ], un organo può subire delle alterazioni in due modi.

Primo, mediante un'alterazione immateriale, in quanto riceve l'immagine intenzionale di una cosa.

E questo è un elemento essenziale per l'atto della facoltà sensitiva di conoscenza: come l'occhio viene alterato dall'oggetto visibile non per esserne colorato, ma per ricevere l'immagine intenzionale del colore.

C'è però una seconda alterazione dell'organo, che lo modifica nella sua disposizione fisica: cioè mediante il riscaldamento, il raffreddamento o altre simili trasmutazioni.

Ora, questa alterazione è accidentale rispetto all'operazione conoscitiva del senso: tale è, p. es., l'affaticarsi dell'occhio per il guardare troppo intenso, o la lesione del medesimo dovuta all'intensità dell'oggetto.

Ora, le alterazioni di questo genere sono ordinate essenzialmente all'atto dell'appetito sensitivo: per cui nella definizione di questi moti della parte appetitiva si usa indicare come elemento materiale la trasmutazione fisica di qualche organo: si dice, p. es., che l'ira è « l'accensione del sangue intorno al cuore » [ cf. De anima 1,1 ].

Quindi è chiaro che la qualifica di passione si applica più all'atto dell'appetito sensitivo che all'atto della facoltà di percezione, sebbene siano entrambi atti di organi corporei.

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