Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se nella medesima potenza vi siano delle passioni specificamente distinte non contrarie fra di loro

In 3 Sent., d. 26, q. 1, a. 3; De Verit., q. 26, a. 4; In 2 Ethic., lect. 5

Pare che in una potenza non vi possano essere passioni specificamente distinte non contrarie fra di loro.

Infatti:

1. Le passioni differiscono secondo i loro oggetti, che sono il bene e il male, le cui differenze costituiscono le contrarietà esistenti fra le passioni.

Quindi in una medesima potenza non ci sono passioni che differiscano nella specie senza essere fra di loro contrarie.

2. La differenza specifica è una differenza formale.

Ma ogni differenza formale è basata su una contrarietà, come dice Aristotele [ Met. 10,8 ].

Quindi le passioni di una medesima potenza che non siano contrarie fra di loro non differiscono specificamente.

3. Qualsiasi passione consiste in un avvicinamento o in un allontanamento rispetto al bene o al male: perciò ogni differenza tra le passioni deve dipendere o dall'opposizione tra il bene e il male, o dalla differenza tra l'avvicinamento e l'allontanamento, oppure dal grado di vicinanza o di lontananza.

Ora, le prime due differenze implicano una contrarietà fra le passioni, come si è spiegato [ a. 2 ].

La terza invece non costituisce una differenza specifica: poiché altrimenti le specie delle passioni sarebbero infinite.

Non può essere, dunque, che le passioni di una medesima potenza differiscano nella specie senza essere contrarie.

In contrario:

L'amore e il gaudio differiscono specificamente e sono entrambi nel concupiscibile.

E tuttavia non sono contrari fra di loro, ma anzi, l'uno è causa dell'altro.

Quindi ci sono passioni della stessa potenza che differiscono specificamente senza essere contrarie.

Dimostrazione:

Le passioni [ in genere ] differiscono tra loro secondo i princìpi attivi, che nel caso delle passioni dell'anima sono gli oggetti.

Ora, la differenza tra i princìpi attivi può essere considerata sotto due punti di vista: primo, in base alla specie o alla natura di tali princìpi, come si distingue p. es. il fuoco dall'acqua; secondo, in base alla differente virtù attiva.

Ora, questa diversità del principio attivo o del movente nelle passioni dell'anima può essere arguita per analogia con gli agenti naturali.

Infatti ogni causa movente in qualche modo trae a sé il paziente, o lo allontana da sé.

E quando lo attrae produce in esso tre effetti.

Primo, gli conferisce un'inclinazione o un'attitudine a tendere verso l'agente medesimo: un corpo lieve, p. es., che risiede in alto, dà al corpo da esso generato la levità, mediante la quale esso riceve l'inclinazione a stare in alto.

Secondo, se il corpo generato è fuori del luogo proprio, gli conferisce il moto verso di esso.

Terzo, gli dà di riposare in quel luogo quando vi giunge: poiché l'acquietarsi in un luogo deriva dalla stessa causa che muoveva verso di esso.

E lo stesso si dica per la causa dell'allontanamento.

Ora, nei moti della parte appetitiva il bene esercita come una forza attrattiva, il male invece una forza repulsiva.

Quindi prima di tutto il bene causa nella potenza appetitiva una certa inclinazione o attitudine, ossia connaturalità al bene: e abbiamo la passione dell'amore, al quale corrisponde come contrario l'odio verso il male.

- Secondo, se il bene non è ancora posseduto, gli conferisce il moto verso il conseguimento del bene amato: e abbiamo la passione del desiderio o della concupiscenza.

Al contrario invece, rispetto al male, abbiamo la fuga o la ripugnanza.

- Terzo, una volta raggiunto, il bene dà all'appetito la quiete nel bene stesso conquistato: e abbiamo il piacere o la gioia, a cui si oppone, rispetto al male, il dolore o tristezza.

Le passioni dell'irascibile invece presuppongono già l'attitudine o l'inclinazione a perseguire il bene e a fuggire il male propria del concupiscibile, che ha per oggetto il bene e il male in assoluto.

E così rispetto al bene non ancora raggiunto abbiamo la speranza e la disperazione.

Rispetto al male non ancora inflitto si ha il timore e l'audacia.

Rispetto invece al bene raggiunto non si dà alcuna passione nell'irascibile: poiché, come si è detto [ q. 22, a. 3 ], non si presenta quale bene arduo.

Al contrario dal male già inflitto [ oggetto del dolore o tristezza ] segue la passione dell'ira.

Così dunque si vede chiaramente che nel concupiscibile ci sono tre gruppi di passioni, cioè: l'amore e l'odio, il desiderio e la fuga, il gaudio e la tristezza.

E così ce ne sono tre nell'irascibile: la speranza e la disperazione, il timore e l'audacia, e finalmente l'ira, che non ha una passione contraria.

Ci sono quindi undici passioni specificamente distinte, sei nel concupiscibile e cinque nell'irascibile; ed esse abbracciano tutte le passioni dell'anima.

È evidente così la risposta alle obiezioni presentate.

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