Summa Teologica - I-II

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Articolo 6 - Se il beneficare gli altri sia causa di piacere

Pare che il beneficare gli altri non sia causa di piacere.

Infatti:

1. Il piacere deriva dal conseguimento del proprio bene, come si è detto [ a. 1; q. 31, a. 1 ].

Ora, il beneficare gli altri non è un conseguire, ma piuttosto un erogare il proprio bene.

Quindi è causa più di tristezza che di piacere.

2. Il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] scrive che « l'illiberalità è più naturale agli uomini della prodigalità ».

Ora, è proprio della prodigalità il beneficare gli altri, mentre è proprio dell'illiberalità l'astenersi dal beneficare.

Siccome dunque l'operazione connaturale è per ciascuno piacevole, come nota lo stesso Aristotele [ Ethic. 7,14; 10,4 ], sembra che il beneficare gli altri non sia causa di piacere.

3. Effetti contrari procedono da cause contrarie.

Ora, per l'uomo sono naturalmente piacevoli degli atti che consistono nel fare del male: come vincere, redarguire o rimproverare gli altri, o anche punire sotto l'impulso dell'ira, come osserva il Filosofo [ Reth. 1,11 ].

Quindi fare del bene è causa più di tristezza che di piacere.

In contrario:

Il Filosofo [ Polit. 2,2 ] scrive che « donare e soccorrere gli amici o gli estranei è cosa assai piacevole ».

Dimostrazione:

Beneficare gli altri può essere in tre modi causa di godimento.

Primo, in vista dell'effetto, che è il bene altrui.

E questo perché, considerando il bene altrui come bene nostro, per l'unione stabilita dall'amore, godiamo del bene da noi compiuto negli altri, specialmente negli amici, come di un bene nostro.

- Secondo, in vista del fine: cioè quando uno, nel fare del bene a un altro, spera di assicurare un bene a se stesso, o da parte di Dio o da parte di un uomo.

Ora, la speranza è causa di piacere.

- Terzo, in vista del principio.

E da questo lato beneficare un altro può essere piacevole in rapporto a tre princìpi.

Primo, in rapporto alla facoltà o capacità di beneficare: e in base a ciò beneficare un altro diviene piacevole in quanto la beneficenza dà a un uomo la persuasione di possedere un bene con un'abbondanza tale da poterlo comunicare.

Ed è così che gli uomini godono dei propri figli e delle proprie azioni come di ciò a cui comunicano il proprio bene.

Secondo, in rapporto all'abito [ virtuoso ], che rende connaturale il fare del bene.

Per cui i liberali donano con gioia.

Terzo, in rapporto alla causa movente: quando uno, p. es., viene mosso a fare del bene a un altro per amore di amicizia: infatti tutto ciò che noi facciamo o soffriamo per gli amici diventa piacevole, poiché l'amore è la causa precipua del godimento.

Analisi delle obiezioni:

1. L'operazione, in quanto sta a indicare il nostro bene, è piacevole.

Però in quanto lo diminuisce può essere dolorosa: come quando è esagerata.

2. La prodigalità implica un'erogazione esagerata, che ripugna alla natura.

Per questo si dice che la prodigalità è contro natura.

3. Vincere, redarguire e punire è piacevole non in quanto riguarda un male altrui, ma in quanto contribuisce al bene proprio, che è amato più di quanto si possa odiare il male altrui.

Infatti vincere è naturalmente piacevole perché l'uomo acquista così la persuasione della propria superiorità.

Per questo i giochi in cui c'è competizione e in cui ci può essere vittoria sono sommamente piacevoli: e lo stesso si dica di tutte le competizioni.

- Invece la correzione e il rimprovero possono essere in due modi causa di godimento.

Primo, perché esse danno a un uomo la persuasione della propria sapienza e superiorità: infatti correggere e rimproverare spetta ai sapienti e ai maggiori.

Secondo, perché uno nel rimproverare e nel riprendere può fare del bene a un altro: il che è piacevole, come si è detto [ nel corpo ].

- Per chi poi è in preda all'ira è piacevole punire perché così ha l'impressione di togliere l'apparente minorazione dovuta a un danno precedente.

Infatti chi è stato danneggiato da un altro si ritiene per questo minorato da lui: perciò desidera liberarsi da questa minorazione, restituendo il danno.

- È evidente quindi che fare del bene agli altri può essere direttamente piacevole; invece fare del male è piacevole solo nella misura in cui interessa il proprio bene.

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