Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se il dolore sia una passione dell'anima

III, q. 84, a. 9, ad 2

Pare che il dolore non sia una passione dell'anima.

Infatti:

1. Nessuna passione dell'anima è nel corpo.

Ma il dolore può trovarsi nel corpo; infatti, come scrive S. Agostino [ De vera relig. 12.23 ], « il dolore attribuito al corpo è la scomparsa repentina della salute di questo, che il cattivo uso dell'anima ha esposto alla corruzione ».

Quindi il dolore non è una passione dell'anima.

2. Tutte le passioni dell'anima appartengono alle facoltà appetitive.

Ma il dolore non spetta alle facoltà appetitive, bensì a quelle conoscitive: infatti S. Agostino [ De nat. boni 20 ] scrive che « la resistenza del senso a corpi più potenti produce dolore nel corpo ».

Quindi il dolore non è una passione dell'anima.

3. Tutte le passioni dell'anima appartengono all'appetito animale.

Ora, il dolore non appartiene all'appetito animale, ma piuttosto a quello naturale: infatti S. Agostino [ De Gen. ad litt. 8,14.31 ] scrive che « se nella natura non fosse rimasta una qualche bontà, non si sentirebbe dolore alcuno nel perdere come punizione un bene qualsiasi ».

Quindi il dolore non è una passione dell'anima.

In contrario:

S. Agostino [ De civ. Dei 14,8 ] mette il dolore tra le passioni dell'anima, riportando le parole di Virgilio [ Eneide 6,733 ]: « Da qui temono, desiderano, godono e si dolgono ».

Dimostrazione:

Come per il piacere si richiedono due cose, cioè l'unione con un bene e la conoscenza di questa unione, così anche per il dolore si richiedono due cose: l'unione con un male ( male appunto perché privazione di un bene ) e la conoscenza di questa unione.

Ora, tutto ciò che viene a unirsi non può causare piacere o dolore se non costituisce un bene o un male per il soggetto interessato.

Per cui risulta chiaro che una cosa è oggetto di piacere o di dolore sotto l'aspetto di bene o di male.

Ora il bene e il male, in quanto tali, sono oggetto dell'appetito.

Quindi è evidente che il piacere e il dolore appartengono all'appetito.

Ma ogni moto o inclinazione dell'appetito che segue la conoscenza appartiene all'appetito intellettivo o a quello sensitivo: infatti l'inclinazione dell'appetito naturale non segue la conoscenza del soggetto appetente, ma di un altro, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 6, a. 1, ad 2; q. 103, aa. 1,3 ].

Poiché dunque il piacere e il dolore presuppongono nel soggetto medesimo il senso o un'altra conoscenza, è chiaro che il dolore, come anche il piacere, risiede nell'appetito o intellettuale o sensitivo.

Ma ogni moto dell'appetito sensitivo, secondo le spiegazioni già date [ cf. q. 22, aa. 1,3; I, q. 20, a. 1, ad 1 ], è detto passione: e specialmente quei moti che denotano difetto.

Quindi il dolore, in quanto si trova nell'appetito sensitivo, è detto in senso rigorosissimo passione dell'anima: come i disturbi fisici sono detti propriamente passioni del corpo.

Per cui anche S. Agostino [ De civ. Dei 14,7 ] dà specialmente al dolore il nome di « malattia ».

Analisi delle obiezioni:

1. Si dice che un dolore è nel corpo perché nel corpo si trova la sua causa: p. es. quando patiamo qualcosa che nuoce al corpo.

Ma il moto del dolore è sempre nell'anima: infatti, come dice S. Agostino [ Enarr. in Ps 87,10 ], « il corpo non può soffrire senza che soffra l'anima ».

2. Si dice che il dolore è una sensazione non perché sia l'atto di una facoltà sensitiva, ma perché la sensazione è richiesta per il dolore corporale, come per il piacere.

3. Il dolore per la perdita di un bene dimostra la bontà della natura non perché il dolore sia un atto dell'appetito naturale, ma perché il tendere verso un dato bene provoca la passione del dolore nell'appetito sensitivo quando si sente che tale bene ci viene tolto.

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