Summa Teologica - I-II

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Articolo 8 - Se vi siano soltanto quattro specie di dolore o di tristezza

Infra, q. 41, a. 4, ad 1; In 3 Sent., d. 26, q. 1, a. 3; De Verit., q. 26, a. 4, ad 6

Pare che il Damasceno [ De fide orth. 2,14 ] abbia fissato senza giusti motivi quattro specie di tristezza, cioè l'accidia, l'abbattimento [ achthos ] ( o ansietà, secondo S. Gregorio Nisseno [ Nemesio, De nat. hom. 19 ] ), la misericordia e l'invidia.

Infatti:

1. La tristezza è il contrario del piacere.

Ma del piacere non vengono determinate specie di sorta.

Quindi non vanno determinate neppure per la tristezza.

2. La penitenza è una specie di tristezza.

E così pure la nemesi e lo zelo, ricordate dal Filosofo [ Reth. 2, cc. 9,11 ].

Eppure esse non sono comprese in quelle quattro specie.

Quindi la suddetta divisione è insufficiente.

3. Ogni divisione va fatta mediante termini opposti.

Ma le realtà indicate non hanno opposizione reciproca.

Infatti per S. Gregorio [ Nemesio, l. cit. ] « l'accidia è una tristezza che toglie la voce, l'ansietà una tristezza che aggrava, l'invidia una tristezza dei beni altrui e la misericordia infine una tristezza dei mali altrui ».

Ora, può capitare che uno si rattristi sia del male che del bene altrui, e insieme si senta interiormente aggravato, ed esteriormente perda la voce.

Quindi una simile divisione non è giustificata.

In contrario:

Sta l'autorità di S. Gregorio Nisseno [ cioè di Nemesio ] e del Damasceno [ cf. ob. 1 ].

Dimostrazione:

È proprio della specie essere come un'aggiunta determinante del genere.

Ora, una cosa può essere aggiunta al genere in due modi.

Primo, come una determinazione che lo riguarda, e che virtualmente è contenuta in esso: come razionale si aggiunge ad animale.

E tale aggiunta produce le varie specie di un dato genere, come risulta chiaro dal Filosofo [ Met. 7,12; 8, cc. 2,3 ].

- Ci sono invece delle determinazioni che si aggiungono al genere come qualcosa di estraneo alla sua nozione: come quando ad animale si aggiunge bianco.

E tale aggiunta non produce vere specie del genere, stando all'uso comune dei termini genere e specie.

Tuttavia qualche volta si dice che una cosa è una specie di un dato genere perché implica un elemento estraneo al quale viene applicata la nozione di quel genere: come si dice che la brace e la fiamma sono delle specie del fuoco in quanto la natura del fuoco è applicata a una materia estranea.

Stando dunque a questo modo di parlare si dice pure che l'astronomia e la prospettiva sono delle specie della matematica, in quanto i princìpi della matematica sono applicati a realtà di ordine fisico.

E in questo senso vengono qui determinate le specie della tristezza, mediante l'applicazione della nozione di tristezza a qualcosa di estraneo.

E questo elemento estraneo può essere desunto o dalla parte della causa, ossia dall'oggetto, oppure dalla parte dell'effetto.

Infatti l'oggetto proprio della tristezza è il male proprio o soggettivo.

Quindi si può considerare sotto un solo aspetto come oggetto estraneo alla tristezza il male altrui, perché pur essendo un male, non è il proprio: e allora abbiamo la misericordia, che è la tristezza del male altrui, però in quanto viene considerato come un male proprio.

Oppure si possono considerare entrambi gli aspetti, se cioè la tristezza non ha per oggetto né il male, né ciò che è proprio, ma il bene altrui, considerato però come un male proprio: e allora abbiamo l'invidia.

- L'effetto poi caratteristico della tristezza è una certa fuga dell'appetito.

Quindi si può riscontrare un effetto estraneo quanto a uno solo dei termini, nel senso che la fuga diviene impossibile: e in tal caso abbiamo l'ansietà, che aggrava l'animo in modo che non appaia più scampo: per cui è detta anche angustia.

Se poi tale gravezza cresce al punto di inibire l'attività, provocando così l'accidia, allora si avrà l'elemento estraneo in rapporto ai due termini indicati, cioè quanto alla fuga e all'appetito.

E si dice in particolare che l'accidia toglie la voce perché la voce, fra tutti i moti esterni, meglio esprime il concetto e l'affetto interiore, non solo negli uomini ma anche negli altri animali, come insegna Aristotele [ Polit. 1,1 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Il piacere ha per causa il bene, che viene definito in una sola maniera.

Quindi non vengono determinate varie specie di piacere come invece si fa con la tristezza, che ha per causa il male il quale, come scrive Dionigi [ De div. nom. 4 ], « si produce in più modi ».

2. La penitenza ha per oggetto il male proprio, che è l'oggetto diretto della tristezza.

Quindi non appartiene a tali specie.

- Lo zelo poi e la nemesi ricadono nell'invidia, come vedremo [ II-II, q. 36, a. 2 ].

3. La divisione suddetta non viene desunta dall'opposizione delle specie, ma dalla diversità degli elementi estranei ai quali si applica la nozione di tristezza, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ]

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