Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se nell'uomo la fede sia infusa da Dio

I, q. 111, a. 1, ad 1; C. G., III, c. 154; De Verit., q. 18, a. 3; C. err. Graec., c. 30; In Ephes., c. 2, lect. 3

Pare che nell'uomo la fede non sia infusa da Dio.

Infatti:

1. S. Agostino [ De Trin. 14,1 ] insegna che « la fede nasce, si nutre, si difende e si rafforza in noi mediante il sapere ».

Ma le cose che nascono in noi col sapere sono acquisite e non infuse.

Quindi la fede non è prodotta in noi da un'infusione divina.

2. Ciò che l'uomo raggiunge ascoltando, o guardando, è da lui acquisito.

Ora, l'uomo arriva a credere vedendo i miracoli e ascoltando l'insegnamento della fede: infatti nel Vangelo [ Gv 4,53 ] si legge: « Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive", e credette lui con tutta la sua famiglia »; e S. Paolo [ Rm 10,17 ] scrive che « la fede viene dall'ascoltare ».

Perciò nell'uomo la fede è acquisita.

3. Ciò che si trova nella volontà umana può essere acquisito da un uomo.

Ora, come dice S. Agostino [ De praed. sanct. 5.9 ], « la fede si trova nella volontà dei credenti ».

Quindi la fede può essere acquisita.

In contrario:

Sta scritto [ Ef 2,8s ]: « Per questa grazia siete salvi mediante la fede; e ciò non è da voi, perché nessuno possa vantarsene, ma è dono di Dio ».

Dimostrazione:

Per la fede si richiedono due cose.

Primo, la presentazione all'uomo delle verità da credere: e ciò è richiesto perché uno creda esplicitamente qualcosa.

Secondo, l'adesione del credente alle verità proposte.

Ora, rispetto al primo requisito è necessario che la fede venga da Dio.

Infatti le verità di fede sorpassano la ragione umana: quindi non rientrano nel pensiero umano senza la rivelazione di Dio.

Ma ad alcuni esse vengono rivelate da Dio immediatamente, come agli Apostoli e ai profeti; ad altri invece vengono proposte da Dio mediante i predicatori della fede, secondo le parole dell'Apostolo [ Rm 10,15 ]: « Come lo annunzieranno senza essere prima inviati? ».

Rispetto poi al secondo requisito, cioè all'adesione dell'uomo alle verità di fede, riscontriamo due cause.

La prima che sollecita dall'esterno, come la costatazione dei miracoli o l'esortazione di chi induce alla fede: e queste sono ambedue delle cause inadeguate, poiché fra i testimoni di uno stesso miracolo e gli ascoltatori di una stessa predicazione alcuni credono e altri non credono.

Bisogna quindi ammettere una seconda causa che è interiore, e che muove l'uomo interiormente ad accettare le verità di fede.

Ora, i Pelagiani ritenevano che tale causa fosse soltanto il libero arbitrio dell'uomo: perciò affermavano che l'inizio della fede dipenderebbe da noi, in quanto siamo noi a predisporci ad assentire alle verità di fede, mentre il compimento dipenderebbe da Dio, il quale ci presenta le verità da credere.

Ma ciò è falso.

Poiché l'uomo ha bisogno di Dio quale principio soprannaturale che lo muova interiormente, dal momento che nell'aderire alle verità di fede viene elevato al disopra della propria natura.

E così la fede rispetto all'adesione, che ne è l'atto principale, viene da Dio che muove interiormente con la sua grazia.

Analisi delle obiezioni:

1. Il sapere può far nascere e può nutrire la fede come elemento di persuasione esterna, ma la causa propria e principale della fede è ciò che muove interiormente ad aderirvi.

2. Anche questa obiezioni riguarda le cause che propongono esternamente le verità di fede, o persuadono a credere con la parola o con i fatti.

3. Il credere si attua nella volontà del credente, ma il volere dell'uomo ha bisogno di essere preparato da Dio con la grazia perché possa elevarsi a cose che sorpassano la natura, come si è visto [ nel corpo ].

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