Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se si dovesse dare un precetto relativo al timore

Pare che nella legge non si dovesse dare alcun precetto sul timore.

Infatti:

1. Il timore di Dio riguarda cose che sono introduttive alla legge, essendo esso « il principio della saggezza » [ Sal 111,10 ].

Ma le cose introduttive alla legge non cadono sotto i precetti della legge.

Quindi sul timore non si doveva dare alcun precetto legale.

2. Posta la causa si pone anche l'effetto.

Ma l'amore è la causa del timore: poiché ogni timore, come insegna S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 33 ], deriva da qualche amore.

Una volta quindi posto il precetto dell'amore, era superfluo dare un precetto sul timore.

3. Al timore si contrappone in qualche modo la presunzione.

Ma nella legge non si trova alcuna proibizione della presunzione.

Perciò non si doveva dare alcun precetto neppure sul timore.

In contrario:

Sta scritto nel Deuteronomio [ Dt 10,12 ]: « Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio? ».

Ora, Dio ci chiede quanto ci comanda di osservare.

Quindi temere Dio cade sotto un precetto.

Dimostrazione:

Il timore è di due specie: servile e filiale.

Ora, l'uomo viene indotto a osservare i precetti della legge non solo dalla speranza del premio, ma anche dal timore delle pene, cioè dal timore servile.

Stando perciò alle cose già dette [ a. prec. ], come nella promulgazione della legge non era opportuno dare un precetto sulla speranza, poiché bastavano i beni promessi per indurre gli uomini a sperare, così non era necessario dare un vero precetto sul timore [ servile ] avente per oggetto i castighi, ma bastava indurvi gli uomini con la minaccia del castigo.

E ciò fu fatto sia nei precetti del decalogo, sia nei successivi precetti secondari della legge.

In seguito però i sapienti e i profeti, volendo consolidare gli uomini nell'obbedienza alla legge, diedero degli insegnamenti sotto forma di ammonizioni e di precetti sia sulla speranza che sul timore.

Invece il timore filiale, che consiste nella riverenza verso Dio, è come incluso in uno stesso genere con l'amore di Dio, ed è il principio di tutto ciò che si compie in ossequio a Dio.

Perciò nella legge si danno dei precetti sul timore filiale, come anche sulla carità: poiché gli uni e gli altri sono prerequisiti agli atti esterni comandati dalla legge con i precetti del decalogo.

E così nel brano citato [ s. c. ] si esige dall'uomo il timore, sia « perché cammini nelle vie di Dio » esercitandone il culto, sia « perché lo ami ».

Analisi delle obiezioni:

1. Il timore filiale è introduttivo alla legge non come qualcosa di estrinseco, ma quale principio della legge, come anche l'amore.

E così per l'uno e per l'altro sono dati dei precetti che sono in un certo modo come dei princìpi generali di tutta la legge.

2. Dall'amore seguono il timore filiale e tutte le altre opere buone che derivano dalla carità.

Perciò, come dopo il precetto della carità sono dati i precetti relativi agli atti delle altre virtù, così sono dati insieme i precetti sia del timore che dell'amore di carità.

Come anche nelle scienze non basta porre i primi princìpi se non si pongono anche le conclusioni, prossime o remote, che ne derivano.

3. Basta indurre al timore per escludere la presunzione, come basta indurre alla speranza per escludere la disperazione, come si è detto [ a. prec., ad 3 ].

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