Summa Teologica - II-II

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Articolo 6 - Se tra i prossimi alcuni siano da amarsi più di altri

Infra, q. 44, a. 8, ad 2; In 3 Sent., d. 29, q. 1, a. 2; De Virt., q. 2, a. 9; In Gal., c. 6, lect. 2

Pare che tra i prossimi non si debba amare una persona più di un'altra.

Infatti:

1. S. Agostino [ De doctr. christ. 1,28.29 ] ha scritto: « Si devono amare ugualmente tutti gli uomini.

Siccome però tu non puoi aiutarli tutti, devi pensare specialmente a coloro che per le varie circostanze di tempo e di luogo sono a te più strettamente uniti come per un destino ».

Quindi nel prossimo non si deve amare una persona più di un'altra.

2. Se il motivo per amare persone diverse è identico, l'affetto non deve essere diverso.

Ora, il motivo per amare tutti i nostri prossimi è identico, cioè Dio, come dimostra S. Agostino [ De doctr. christ. 1, cc. 22,27 ].

Perciò dobbiamo amare tutti i prossimi ugualmente.

3. Come scrive il Filosofo [ Reth. 2,4 ] , « amare è volere del bene a qualcuno ».

Ma a tutti i nostri prossimi noi vogliamo un bene uguale, cioè la vita eterna.

Quindi li dobbiamo amare tutti ugualmente.

In contrario:

Tanto più uno merita di essere amato, quanto più gravemente pecca chi agisce contro il suo amore.

Ora, nell'agire contro l'amore di alcuni prossimi uno pecca più gravemente che agendo contro l'amore di altri: nel Levitico [ Lv 20,9 ], p. es., si comanda di mettere a morte chi avrà maltrattato il padre o la madre, il che non viene comandato per coloro che maltrattano altre persone.

Quindi alcuni prossimi vanno amati più di altri.

Dimostrazione:

Su questo problema ci furono due opinioni.

Alcuni infatti dissero che tutti i prossimi devono essere amati con la carità ugualmente quanto all'affetto, non però quanto agli atti esterni: ritenendo essi che l'ordine della carità vada concepito in rapporto ai benefici esterni, che siamo tenuti a prestare più ai congiunti che agli estranei, e non in rapporto all'affetto interiore, che dobbiamo nutrire ugualmente verso tutti, compresi i nemici.

Ma questa affermazione è irragionevole.

Infatti l'amore di carità, che è la tendenza propria della grazia, non è meno ordinato dell'appetito naturale, che è la tendenza della natura: poiché tutte e due queste tendenze derivano dalla sapienza divina.

Ora, noi vediamo che negli esseri materiali l'inclinazione naturale è proporzionata all'atto o al moto che si addice alla natura di ciascuno di essi: la terra, p. es., ha una tendenza di gravità maggiore dell'acqua, poiché è fatta per stare al di sotto dell'acqua.

Perciò è necessario che l'inclinazione della grazia, che è l'affetto della carità, sia proporzionata agli atti da compiere esternamente: in modo cioè da farci nutrire un affetto di carità più intenso verso coloro che dobbiamo beneficare di più.

Dobbiamo quindi concludere che anche affettivamente tra i prossimi alcuni vanno amati più di altri.

E la ragione sta nel fatto che, essendo i princìpi dell'amore Dio e chi ama, necessariamente l'affetto cresce secondo la maggiore vicinanza a uno di questi due princìpi: sopra [ a. 1 ] infatti abbiamo detto che dovunque si trova un principio si riscontra anche un ordine in rapporto a tale principio.

Analisi delle obiezioni:

1. Ci può essere disuguaglianza nell'amore in due modi.

Primo, per la diversità del bene che desideriamo agli amici.

E da questo lato con la carità amiamo ugualmente tutti gli uomini: poiché a tutti desideriamo un bene dello stesso genere, cioè la beatitudine eterna.

Secondo, un amore può essere più grande per una maggiore intensità dell'atto.

E in questo senso non è necessario amare tutti ugualmente.

Oppure si potrebbe rispondere che l'amore verso gli altri può essere disuguale in due modi.

Primo, per il fatto che alcuni sono amati e altri non lo sono.

E questa disuguaglianza va rispettata nella beneficenza, poiché non possiamo aiutare tutti, ma nella benevolenza dell'amore non è ammissibile.

C'è poi una seconda disuguaglianza nell'amore per il fatto che alcuni sono amati più di altri.

S. Agostino dunque non intende escludere questa disuguaglianza, ma la prima soltanto: come è evidente dall'accenno alla beneficenza.

2. Non tutti i prossimi sono uguali in rapporto a Dio, ma alcuni sono a lui più vicini, per una maggiore bontà.

E questi meritano di essere amati con la carità più degli altri, che sono meno vicini.

3. L'obiezione considera la grandezza dell'amore [ soltanto ] dal lato del bene che desideriamo agli amici.

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