Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se sia lecito giudicare

III, q. 59, a. 1; C. impugn., c. 21; In Rom., c. 2, lect. 1; c. 14, lect. 1; In 1 Cor., c. 4, lect. 1

Pare che non sia lecito giudicare.

Infatti:

1. Il castigo non viene inflitto che per una cosa illecita.

Ma secondo il Vangelo [ Mt 7,1 ] coloro che giudicano sono sotto la minaccia di un castigo che è risparmiato invece a quelli che se ne astengono: « Non giudicate, per non essere giudicati ».

Quindi giudicare non è una cosa lecita.

2. S. Paolo [ Rm 14,4 ] scrive: « Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo?

Sia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone ».

Ora, è Dio il padrone di tutti.

Perciò a nessun uomo è lecito giudicare.

3. Nessun uomo è senza peccato, poiché sta scritto [ 1 Gv 1,8 ]: « Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi ».

Ma a chi pecca è proibito di giudicare, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 2,1 ]: « Sei dunque inescusabile chiunque tu sia, o uomo che giudichi: poiché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose ».

Quindi nessuno è in grado di giudicare.

In contrario:

Sta scritto nel Deuteronomio [ Dt 16,18 ]: « Ti costituirai giudici e scribi in tutte le città: essi giudicheranno il popolo con giuste sentenze ».

Dimostrazione:

Il giudizio in tanto è lecito in quanto è un atto di giustizia.

Ora, stando alle cose già dette [ a. prec., ad 1,3 ], affinché il giudizio sia un atto di giustizia si richiedono tre cose:

primo, che derivi dall'abito della giustizia;

secondo, che derivi dall'autorità di uno che comanda;

terzo, che sia emanato secondo la retta norma della prudenza.

Quando dunque manca uno qualsiasi di questi elementi, allora il giudizio è vizioso e illecito.

In un primo modo quando uno va contro la rettitudine della giustizia: e allora il suo giudizio viene detto perverso, o ingiusto.

In un secondo modo invece quando uno giudica di cose su cui non ha autorità: e allora si parla di un giudizio usurpato.

Quando poi manca la certezza nella ragione, come quando uno giudica di cose dubbie od occulte basandosi su delle semplici supposizioni, allora si ha un giudizio sospettoso, o temerario.

Analisi delle obiezioni:

1. Secondo S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,18.59 ], in quel passo il Signore proibisce il giudizio temerario, che vuole giudicare le intenzioni e altre cose occulte.

- Oppure, stando a S. Ilario [ In Mt 5 ], il Signore intendeva proibire il giudizio sulle cose divine, che noi non dobbiamo giudicare, essendo esse al di sopra di noi, ma semplicemente credere.

- Oppure egli intendeva proibire il giudizio fatto senza benevolenza e con animosità, secondo la spiegazione del Crisostomo [ Op. imperf. in Mt hom. 17 ].

2. Il giudice viene costituito ministro di Dio.

Per cui sta scritto [ Dt 1,16 ]: « Giudicate con giustizia »; e si aggiunge [ Dt 1,17 ]: « poiché il giudizio appartiene a Dio ».

3. Coloro che sono in peccato mortale non devono giudicare quelli che sono nello stesso peccato, o in peccati meno gravi, come dice il Crisostomo [ In Mt hom. 24 ] a commento delle parole evangeliche [ Mt 7,1 ]: « Non giudicate ».

E ciò va inteso specialmente quando si tratta di peccati pubblici: poiché ne nascerebbe uno scandalo nella mente altrui.

Se invece i peccati non sono pubblici, ma occulti, e urge per ufficio la necessità di giudicare, con umiltà e tremore uno può rimproverare e giudicare.

Così infatti S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,19.64 ] scriveva: « Se ci trovassimo nel medesimo peccato, gemiamone insieme, e invitiamoci reciprocamente a unire i nostri sforzi ».

- Né per questo uno condanna se stesso in modo da acquistare un nuovo titolo di condanna, ma piuttosto, condannando gli altri, mostra di essere anch'egli condannabile, per lo stesso peccato o per altri consimili.

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