Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 1 - Se la detrazione sia « una denigrazione della fama altrui con parole dette di nascosto »

Infra, q. 74, a. 1; In Rom., c. 1, lect. 8

Pare che la detrazione non sia, come alcuni la definiscono, « una denigrazione della fama altrui con parole dette di nascosto ».

Infatti:

1. Apertamente e di nascosto sono circostanze che nel peccato non costituiscono una specie: per un peccato infatti è indifferente che sia conosciuto da molti o da pochi.

Ora, ciò che non costituisce la specie di un peccato non rientra nella sua essenza, e non deve entrare nella sua definizione.

Quindi non è essenziale alla detrazione, o maldicenza, che sia fatta di nascosto.

2. La fama viene concepita come notorietà pubblica.

Quindi per denigrare la fama di una persona non bastano le parole dette di nascosto, ma ci vogliono le parole dette pubblicamente.

3. Detrae chi toglie o diminuisce qualcosa.

Ma spesso si denigra la fama del prossimo anche senza togliere nulla alla verità: p. es. quando uno rivela le colpe vere di un altro.

Quindi non ogni denigrazione della fama è una detrazione.

In contrario:

Sta scritto [ Qo 10,11 Vg ]: « Se il serpente morde in silenzio, non è da meno di esso chi sparla in segreto ».

Quindi la detrazione consiste nel mordere di nascosto la fama di una persona.

Dimostrazione:

Come ci sono due modi di danneggiare il prossimo con le azioni, e cioè apertamente, come nella rapina e in qualsiasi violenza, e in maniera occulta, come nel furto e nei colpi a tradimento, così ci sono due modi di danneggiare il prossimo con le parole.

Primo, apertamente con la contumelia, di cui abbiamo già parlato [ q. 72, a. 1; a. 4, ad 3 ]; secondo, di nascosto con la maldicenza, o detrazione.

Ora, per il fatto che uno parla apertamente contro una persona mostra di disprezzarla, e quindi la disonora: perciò la contumelia compromette l'onore di chi ne è l'oggetto.

Chi invece parla di nascosto contro qualcuno mostra di temerlo, non già di disprezzarlo: perciò direttamente non ne compromette l'onore, ma la fama.

Poiché nel proferire di nascosto tali parole, per quanto dipende da lui, spinge chi lo ascolta a formarsi una cattiva opinione dell'interessato.

Infatti chi fa della maldicenza pare mirare a questo: che si creda alle sue parole.

È quindi evidente che la detrazione differisce dalla contumelia per due motivi.

Primo, per il modo in cui sono presentate le parole: poiché chi insulta parla apertamente contro una persona, mentre il maldicente parla di nascosto.

Secondo, per il fine desiderato, cioè per il danno che si intende arrecare: l'ingiurioso infatti colpisce l'onore, il maldicente invece la fama.

Analisi delle obiezioni:

1. Nelle commutazioni involontarie, alle quali si riducono tutti i danni arrecati al prossimo con le parole o con i fatti, le circostanze indicate diversificano la natura del peccato: poiché, come sopra [ q. 66, a. 4 ] si è visto, l'involontario per violenza è diverso dall'involontario per ignoranza.

2. Le parole di detrazione sono dette occulte non in senso assoluto, ma in rapporto all'interessato: poiché sono pronunziate a sua insaputa e in sua assenza.

Invece chi insulta parla in faccia all'interessato.

Per cui si ha una detrazione se uno, nell'assenza dell'interessato, ne parla male dinanzi a molta gente; si ha invece una contumelia se ne parla male davanti a lui solo.

Tuttavia anche dicendo male di una persona assente davanti a una sola persona uno ne compromette la fama, se non del tutto, almeno in parte.

3. Si dice che uno detrae non perché decurta la verità, ma perché sminuisce la fama di una persona.

E ciò a volte è fatto direttamente, a volte indirettamente.

Direttamente può essere fatto in quattro modi: primo, attribuendo al prossimo cose false; secondo, esagerandone la colpa; terzo, rivelandone i segreti; quarto, asserendo che il bene che esso compie è fatto con cattiva intenzione.

Si può invece fare della detrazione indiretta o negando il bene altrui, o astenendosi dal parlarne.

Indice