Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se la vendetta vada esercitata anche contro coloro che hanno peccato involontariamente

I-II, q. 87, aa. 7, 8

Pare che la vendetta vada esercitata anche contro coloro che hanno peccato involontariamente.

Infatti:

1. La volontà di una persona non dipende dalla volontà di un'altra.

Eppure l'una viene punita per l'altra, come si legge nell'Esodo [ Es 20,5 ]: « Io sono un Dio geloso, che punisco la colpa dei padri nei figli sino alla terza e alla quarta generazione ».

Infatti per il peccato di Cam fu maledetto da Dio il suo figlio Canaan [ Gen 9,25ss ].

E per il peccato di Giezi la lebbra si trasmise ai suoi posteri [ 2 Re 5,27 ].

E anche il sangue di Cristo rese soggetti al castigo i discendenti dei Giudei, i quali dissero: « Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli » [ Mt 27,25 ].

Si legge poi nella Scrittura [ Gs 7 ] che per il peccato di Acar il popolo di Israele fu dato nelle mani dei nemici.

Finalmente per il peccato dei figli di Eli tale popolo fu sconfitto dai Filistei [ 1 Sam 4,2.10 ].

Quindi uno può essere punito anche se la sua volontà è estranea alla colpa.

2. È volontaria l'azione che è in potere di un uomo.

Ma talvolta la pena viene inflitta per cose che non sono in potere dell'interessato: come quando per la lebbra contratta uno viene rimosso dall'amministrazione di una chiesa; o quando per la miseria o la malizia dei cittadini una chiesa perde la cattedra episcopale.

Quindi la vendetta viene inferta anche per delle colpe involontarie.

3. L'ignoranza causa involontarietà.

Ma talora la vendetta raggiunge anche chi è nell'ignoranza.

Infatti i bambini dei Sodomiti, sebbene fossero nell'ignoranza invincibile, perirono assieme ai loro genitori, come si legge nella Scrittura [ Gen 19,25 ].

Parimenti per il peccato di Datan e di Abiron furono ingoiati anche i loro piccoli [ Nm 16,27ss ].

Anzi, per il peccato degli Amaleciti Dio comandò di uccidere persino gli animali bruti privi di ragione [ 1 Sam 15,2s ].

Quindi la vendetta va esercitata talvolta anche contro le colpe involontarie.

4. La costrizione è assolutamente incompatibile con la volontarietà.

Ora, chi è costretto per paura a commettere un peccato, non per questo sfugge al reato che lo lega al castigo.

Quindi la vendetta viene esercitata anche contro chi non ha peccato volontariamente.

5. Scrive S. Ambrogio [ In Lc 4, su 5,3 ] che « la nave in cui si trovava Giuda era agitata dalla tempesta: quindi anche Pietro, che era stabile per i suoi meriti, veniva turbato dai peccati altrui ».

Ma Pietro non voleva certo il peccato di Giuda.

Quindi talora è punito anche chi non vuole la colpa.

In contrario:

Il castigo è dovuto al peccato.

Ma ogni peccato è volontario, come insegna S. Agostino [ De vera relig. 14.27; De lib. arb. 3, cc. 1,17,18 ].

Quindi la vendetta va esercitata soltanto su coloro che hanno voluto la colpa.

Dimostrazione:

La pena o castigo può essere considerata sotto due aspetti.

Primo, sotto l'aspetto di punizione.

E come tale la pena è dovuta solo al peccato: poiché con essa viene ristabilita l'uguaglianza della giustizia, nel senso che colui che peccando aveva troppo assecondato la propria volontà, viene a subire cose contrarie al proprio volere.

Per cui, essendo ogni peccato volontario, compreso quello originale, secondo le spiegazioni date [ I-II, q. 81, a. 1 ], è evidente che nessuno viene punito in questo senso se non per atti compiuti volontariamente.

Secondo, una pena può essere considerata come medicina, non solo per far guarire dai peccati già commessi, ma anche per preservare dai peccati futuri e spingere al bene.

E sotto questo aspetto uno può essere castigato anche senza una colpa: non però senza una causa.

- Si deve tuttavia notare che una medicina non priva mai di un bene maggiore per procurarne uno minore: un medico, p. es., non accecherà mai un occhio per sanare un calcagno; tuttavia egli potrà infliggere un danno nelle cose minori per soccorrere le maggiori.

E poiché i beni spirituali sono i beni supremi, mentre quelli temporali sono i minimi, talora uno viene castigato nei beni temporali senza avere alcuna colpa: ed è così che Dio infligge molte penalità della vita presente come umiliazioni o prove; nessuno invece viene punito nei beni spirituali, né al presente né al futuro, senza una sua colpa: poiché simili punizioni non sono medicinali, ma accompagnano la dannazione dell'anima.

Analisi delle obiezioni:

1. Un uomo non viene mai punito spiritualmente per il peccato di altri: poiché la punizione spirituale interessa l'anima, secondo la quale ciascuno è « libero di sé » [ Met. 1,2 ].

Invece uno può essere punito per il peccato di altri con una pena temporale per tre motivi.

Primo, perché nell'ordine temporale un uomo può appartenere a un altro, e quindi viene coinvolto nel castigo di quello: come i figli, secondo il corpo, sono qualcosa del padre, e gli schiavi dei padroni.

- Secondo, perché il peccato di una persona può influire su altri.

O per imitazione: come i figli imitano i peccati dei genitori, e gli schiavi quelli dei padroni, per peccare con maggiore audacia.

Oppure per un rapporto di meriti: come i peccati dei sudditi meritano un prelato iniquo, secondo le parole della Scrittura [ Gb 34,30 Vg ]: « [ Dio ] fa regnare il malvagio per i peccati del popolo »; e come per il peccato di Davide, colpevole del censimento, fu punito tutto il popolo di Israele [ 2 Sam 24 ].

O anche per una certa condiscendenza o tolleranza: talora infatti i buoni, come dice S. Agostino [ De civ. Dei 1,9 ], sono puniti temporalmente con i cattivi perché non li hanno redarguiti dei loro peccati.

- Terzo, per raccomandare l'unione dell'umana società, per cui l'uno deve preoccuparsi dell'altro affinché non cada nel peccato; e anche per far detestare la colpa, dal momento che il castigo di uno ricade su tutti, inquantoché tutti formano un corpo solo, come dice S. Agostino [ Quaest. sup. Ios. 8 ] a proposito del peccato di Acar.

Il fatto poi che il Signore « punisca la colpa dei padri nei figli sino alla terza e alla quarta generazione » è più un atto di misericordia che di severità: poiché così facendo egli non ricorre subito alla vendetta, ma attende che in seguito i posteri si correggano; se però la malizia di questi ultimi aumenta, è come costretto a punire.

2. Come dice S. Agostino [ ib.], il giudizio degli uomini deve imitare quello di Dio nei giudizi evidenti, secondo i quali egli infligge la dannazione spirituale solo per i peccati personali.

Invece il giudizio umano non può imitare i giudizi occulti di Dio, secondo i quali egli punisce temporalmente delle persone senza loro colpa: poiché l'uomo non può comprenderne i motivi, e sapere ciò che è utile a ciascuno.

Per cui nel giudizio umano non si deve mai punire senza colpa una persona con una pena afflittiva: né con la morte, né con la mutilazione, né con le percosse.

Invece anche nel giudizio umano uno può essere punito con la perdita di qualcosa pur senza una sua colpa; però non senza una causa.

E ciò può avvenire in tre modi.

Primo, per il fatto che uno, senza sua colpa, è reso incapace di ritenere o di conseguire un bene qualsiasi: come uno che ha contratto la lebbra può essere rimosso dal governo di una chiesa, e un altro che si è sposato due volte o ha fatto versare del sangue può essere escluso dagli ordini sacri.

- Secondo, perché il bene di cui uno viene privato non è un bene proprio, ma della collettività: come il fatto che una chiesa sia sede episcopale è un bene di tutta la città, e non dei chierici soltanto.

- Terzo, perché il bene di uno dipende dal bene di un altro: come nel delitto di lesa maestà il figlio perde l'eredità per la colpa del padre.

3. Secondo il giudizio di Dio i bambini sono puniti con le pene temporali assieme ai genitori sia perché sono qualcosa di essi, sia perché in loro Dio punisce anche i genitori.

E ancora perché ciò ridonda a loro bene: perché se fossero risparmiati sarebbero portati a imitare le colpe dei genitori, e quindi meriterebbero pene più gravi.

- La vendetta poi viene esercitata sugli animali e sulle altre creature prive di ragione perché in tal modo ne vengano puniti i proprietari.

E anche per incutere l'orrore del peccato.

4. La costrizione esercitata dal timore rende un atto non involontario in senso assoluto, ma misto di volontario e di involontario, come si è spiegato sopra [ I-II, q. 6, a. 6 ].

5. Gli altri Apostoli furono turbati per il peccato di Giuda come viene turbato un popolo per il peccato di uno solo; e ciò, secondo le spiegazioni date [ ad 1 ], per mostrare l'unità di tutti gli uomini.

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