Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se la menzogna sia sempre un peccato

Supra, q. 69, aa. 1, 2; In 3 Sent., d. 38, q. 1, a. 3; Quodl., 8, q. 6, a. 4; In De Trin., a. 9; In 4 Ethic., lect. 20

Pare che la menzogna non sia sempre un peccato.

Infatti:

1. È evidente che gli evangelisti scrivendo il Vangelo non fecero peccato.

Eppure è chiaro che essi hanno scritto delle cose false, poiché nel riferire le parole di Cristo o di altri spesso uno le riporta in un modo e uno in un altro, per cui o l'uno o l'altro deve aver detto il falso.

Quindi non tutte le bugie sono peccato.

2. Nessuno è ricompensato da Dio per dei peccati.

Invece le levatrici egiziane furono ricompensate da Dio per la loro menzogna, come si legge nell'Esodo [ Es 1,21 ]: « Dio diede loro una numerosa famiglia ».

Perciò la menzogna non è un peccato.

3. Le gesta dei Santi sono narrate dalla Sacra Scrittura per formare gli uomini alla virtù.

Eppure di certi personaggi santissimi si legge che hanno mentito: come nella Genesi [ Gen 12,13.19; Gen 20,2.5 ] si legge che Abramo disse che sua moglie era sua sorella.

Giacobbe inoltre mentì dicendo di essere Esaù: eppure ottenne la benedizione [ Gen 27 ].

Viene poi esaltata Giuditta [ Gdt 15,10 ], che mentì a Oloferne [ Gdt 10,12s; Gdt 11 ].

Quindi non sempre la bugia è un peccato.

4. Per evitare un male più grave bisogna rassegnarsi a un male minore: come fa il chirurgo, il quale asporta un organo per salvare tutto il corpo.

Ora, creare un'opinione falsa nell'animo di una persona è un male minore rispetto a un assassinio che altrimenti ne potrebbe nascere.

Quindi si può mentire per preservare una persona dall'omicidio e un'altra dalla morte.

5. Si ha una menzogna se uno non mantiene ciò che ha promesso.

Ma non tutte le promesse vanno mantenute, poiché S. Isidoro [ Synonym. 2,58 ] ammonisce: « Alle cattive promesse sii infedele ».

Quindi non tutte le bugie vanno evitate.

6. La bugia è un peccato per il fatto che con essa si inganna il prossimo; da cui le parole di S. Agostino [ Contra mendacium 21.42 ]: « Pensare che ci sia un genere di menzogna che non sia peccato è ingannare grossolanamente se stessi, ritenendo di poter onestamente ingannare gli altri ».

Ma non tutte le bugie sono causa di inganno: poiché con la bugia giocosa non si inganna nessuno.

Infatti queste bugie non vengono dette perché vi si creda, ma solo per divertimento; e d'altra parte anche nella Sacra Scrittura non mancano le espressioni iperboliche.

Quindi non sempre la bugia è un peccato.

In contrario:

Nella Scrittura [ Sir 7,13 ] si legge: « Non volere in alcun modo ricorrere alla menzogna ».

Dimostrazione:

In nessun modo può essere buono e lecito ciò che è cattivo nel suo genere, poiché la bontà richiede il concorso ordinato di tutti gli elementi: infatti « il bene deriva dal concorso integrale delle cause, il male invece da ogni singolo difetto », come scrive Dionigi [ De div. nom. 4 ].

Ora, la menzogna è cattiva nel suo genere, poiché è un'azione che si esercita su una materia sconveniente: essendo infatti le parole per loro natura espressioni del pensiero, è cosa innaturale e sconveniente che uno esprima con le parole ciò che non pensa.

Per cui il Filosofo [ Ethic. 4,7 ] insegna che « la menzogna è per se stessa cattiva e riprovevole, mentre la verità è buona e lodevole ».

Quindi la bugia è sempre un peccato, come afferma anche S. Agostino [ Contra mendacium cc. 1,21 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Non è lecito pensare che nel Vangelo, o in qualsiasi altro libro ispirato, ci siano delle affermazioni false, o che i loro scrittori abbiano detto delle menzogne: poiché così verrebbe distrutta la certezza della fede, che si basa sull'autorità della Sacra Scrittura.

Il fatto poi che nel Vangelo e negli altri libri santi vengano riferite diversamente le parole dei vari personaggi non è una menzogna.

Dice infatti S. Agostino [ De cons. Evang. 2,12 ]: « Questo problema non deve preoccupare colui il quale ritiene che la conoscenza della verità risulta dalle idee, quali che siano le parole con cui essa viene presentata ».

E aggiunge: « Dal che appare evidente che non dobbiamo accusare nessuno di menzogna se più individui, nel ricordare cose viste o udite, non le esprimono tutti allo stesso modo e con le stesse parole ».

2. Le levatrici non furono ricompensate per la menzogna, ma per il timore di Dio e per la loro benevolenza, da cui derivò la bugia.

Per cui l'Esodo [ Es 1,21 ] si esprime in questi termini: « Poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia ».

Ma la bugia che ne derivò non era meritoria.

3. Come insegna S. Agostino [ Contra mendacium 5 ], nella Sacra Scrittura sono riferite le gesta di alcuni personaggi come esempi di perfetta virtù, per cui di costoro non si può pensare che abbiano mentito.

Se dunque nelle loro parole si riscontrano delle espressioni che paiono menzogne, bisogna intenderle in senso figurato, o profetico.

Per cui il Santo scrive [ Contra mendacium 5 ]: « Si deve credere che quanto viene detto sui personaggi la cui autorità fu indiscussa nei tempi profetici, sia stato da essi compiuto o affermato in senso profetico ».

Tuttavia, come nota lo stesso S. Agostino [ Quaest. in Gen. 26 ], quando Abramo disse che Sara era sua sorella, volle celare la verità senza dire una bugia: infatti la si poteva dire sorella in quanto figlia di un fratello.

Da cui le parole [ Gen 20,12 ]: « È veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre »: cioè sua cugina da parte di suo padre.

- Giacobbe poi disse di essere Esaù e primogenito di Isacco in senso mistico: cioè per il fatto che giuridicamente spettava a lui la primogenitura.

Ed egli ricorse a questo modo di parlare guidato dallo spirito profetico per indicare un mistero, cioè il fatto che il popolo minore, ossia quello dei gentili, doveva soppiantare quello primogenito, cioè gli Ebrei [ cf. Gen 25,23 ].

Altri personaggi invece sono lodati dalla Scrittura non come esempi di perfetta virtù, ma per certe loro inclinazioni virtuose: cioè perché appariva in essi un qualche sentimento lodevole, che però li conduceva a commettere anche delle cose sconvenienti.

E in questo modo viene lodata Giuditta, non perché mentì a Oloferne, ma per l'affetto che nutriva per la salvezza del suo popolo, per cui si espose a gravi pericoli.

Si potrebbe però anche rispondere che le sue parole erano vere in senso mistico.

4. La menzogna, come si è visto [ nel corpo ], è un peccato non solo per il danno che arreca al prossimo, ma per il suo intrinseco disordine.

Ora, non si può fare uso di una cosa illecita e sconveniente per far fronte ai danni o ai bisogni del prossimo: come non è lecito rubare per fare l'elemosina ( eccetto il caso di necessità estrema, in cui tutto è comune ).

Non è quindi lecito dire bugie per stornare un pericolo da qualcuno.

È lecito però nascondere prudentemente la verità con qualche scusa, come spiega S. Agostino [ Contra mendacium 10.17 ].

5. Un'azione può essere considerata sotto due punti di vista: primo, in se stessa; secondo, in colui che la compie.

Ora, la bugia giocosa considerata in se stessa è fatta per ingannare, sebbene chi la dice non abbia questa intenzione, ed essa non inganni per il modo con cui viene detta.

Diverso è poi il caso delle espressioni iperboliche o figurate che si riscontrano nella Sacra Scrittura: poiché, come dice S. Agostino [ Contra mendacium 5.5 ], « tutto ciò che si fa o si dice in senso figurato non è una menzogna.

Infatti ogni enunciato va riferito alle cose che vengono enunciate: ora, tutto ciò che viene fatto o detto in maniera figurata enunzia ciò che significa per chi è chiamato a comprenderne il significato ».

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