Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se l'atto principale della liberalità consista nel dare

In 4 Ethic., lect. 1

Pare che l'atto principale della liberalità non consista nel dare.

Infatti:

1. La liberalità, come anche ogni altra virtù morale, è governata dalla prudenza.

Ora, la prudenza mira principalmente a conservare le ricchezze: infatti anche il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] riconosce che « quanti hanno avuto il danaro senza guadagnarselo, ma l'hanno ereditato da altri, lo spendono con maggiore liberalità, poiché non hanno sperimentato l'indigenza ».

Perciò dare non è l'atto principale della liberalità.

2. Nessuno si rattrista di quanto ha inteso come cosa principale, né se ne astiene.

Invece la persona liberale talora si rattrista di ciò che ha dato, e d'altra parte non dà a tutti, come nota il Filosofo [ ib. ].

Quindi essa non trova nel dare il suo atto principale.

3. Per compiere ciò che principalmente si ha di mira si usano tutte le vie possibili.

Invece, secondo il Filosofo [ ib. ], chi è liberale « non è portato a chiedere », pur essendo questo un mezzo per ottenere l'occorrente da donare agli altri.

Quindi la liberalità non ha nel donare il suo atto principale.

4. L'uomo è più tenuto a provvedere a se stesso che agli altri.

Ora, spendendo si provvede a se stessi, mentre donando si provvede agli altri.

Perciò chi è liberale è portato più a spendere che a donare.

In contrario:

Il Filosofo [ ib. ] afferma che « è proprio di chi è liberale essere generoso nel dare ».

Dimostrazione:

È compito specifico della liberalità il buon uso del danaro.

Ora, l'uso del danaro consiste nell'emetterlo, o impiegarlo: poiché il suo acquisto, più che all'uso, assomiglia a una generazione, o produzione, mentre la sua custodia, in quanto è ordinata alla facoltà di usarne, assomiglia a un abito.

Ora, quanto più l'emissione di una cosa vuole giungere lontano, tanto maggiore è la virtù da cui deve procedere: come è evidente nel lancio di oggetti materiali.

Perciò deriva da una virtù maggiore l'estrarre il danaro per darlo ad altri che spenderlo a proprio vantaggio.

Ora, è proprio della virtù tendere principalmente alle azioni più perfette: poiché « la virtù è una certa perfezione », come dice Aristotele [ Phys. 7,3 ].

Quindi la lode principale della liberalità deriva dal dare.

Analisi delle obiezioni:

1. Spetta certamente alla prudenza il custodire il danaro perché non venga rubato o speso inutilmente.

Tuttavia non si richiede una prudenza minore per spenderlo che per conservarlo utilmente, anzi, se ne richiede una maggiore, poiché nell'uso di una cosa, il quale assomiglia al moto, si devono considerare più dati che nella sua conservazione, che invece assomiglia alla quiete.

- Quanto poi a coloro che hanno ereditato il danaro, e che lo spendono con maggiore liberalità non avendo sperimentato l'indigenza, si deve distinguere: se questo modo di fare deriva solo dall'inesperienza, essi non hanno la virtù della liberalità.

Ma talora una simile inesperienza è solo la rimozione di un ostacolo, per cui la liberalità li porta ad agire generosamente con maggiore prontezza.

Infatti il timore della povertà, derivante dall'esperienza di essa, impedisce talvolta a coloro che hanno guadagnato il proprio danaro di impiegarlo generosamente.

E la stessa cosa, secondo il Filosofo [ l. cit. nell'ob. ], fa l'amore, col quale essi lo amano come se fosse una loro creatura.

2. Secondo le spiegazioni date [ nel corpo; a. 3 ], l'atto proprio della liberalità è il buon uso del danaro, e quindi anche il donarlo come conviene.

Ora, qualsiasi virtù si rattrista di ciò che è contrario al proprio atto, ed evita quanto può impedirlo.

Ma alla buona elargizione del danaro si oppongono due cose: non dare quanto conviene e dare in un modo che non conviene.

Perciò chi è liberale si rattrista dell'una e dell'altra cosa, ma specialmente della prima, in quanto più contraria al proprio atto specifico.

E proprio per questo motivo egli non dà a tutti: poiché il suo atto ne sarebbe impedito, non avendo più la possibilità di dare ad altri a cui conviene dare.

3. Il dare sta al ricevere come l'agire sta al subire l'azione.

Ma il principio dell'attività non si identifica con quello della passività.

Essendo quindi la liberalità principio del dare, il liberale non ha come caratteristica la prontezza nel ricevere, e molto meno nel chiedere.

Egli piuttosto predispone secondo le esigenze della liberalità le cose che vuole donare, cioè assicura i frutti di quanto possiede, curandoli con sollecitudine per potersene servire con liberalità.

4. A spendere per noi stessi siamo inclinati per natura.

Quindi appartiene propriamente alla virtù il far sì che uno spenda il suo danaro per gli altri.

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