Summa Teologica - II-II

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Articolo 6 - Se la liberalità sia la più grande delle virtù

Pare che la liberalità sia la più grande delle virtù.

Infatti:

1. Ogni virtù umana è una certa immagine rappresentativa della bontà divina.

Ora, la massima somiglianza con Dio, « che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare » [ Gc 1,5 ], si ottiene mediante la liberalità.

Quindi la liberalità è la più grande delle virtù.

2. Secondo S. Agostino [ De Trin. 6,8 ], « tra le cose che non sono grandi per quantità, essere più grandi equivale a essere migliori ».

Ma la bontà appartiene in grado sommo alla liberalità poiché, come insegna Dionigi [ De div. nom. 4 ], il bene tende a diffondere se stesso.

Per cui S. Ambrogio [ De off. 1,28 ] dice che « la giustizia custodisce il diritto, la liberalità invece custodisce la bontà ».

Quindi la liberalità è la più grande delle virtù.

3. Gli uomini meritano onore e affetto per le loro virtù.

Ora, Boezio [ De consol. 2, pr. 5 ] afferma: « La liberalità rende illustri in modo tutto particolare ».

E il Filosofo [ Ethic. 4,1 ]: « Fra tutte le persone virtuose le più amate sono quelle liberali ».

In contrario:

« La giustizia », dice S. Ambrogio [ l. cit. ], « risulta più sublime della liberalità, però la liberalità è più gradita ».

E anche il Filosofo [ Reth. 1,9 ] dichiara che « l'onore più grande è concesso ai forti e ai giusti, e dopo di essi ai liberali ».

Dimostrazione:

Ogni virtù tende a un determinato bene.

Perciò una virtù è tanto più grande quanto migliore è il bene a cui tende.

Ora, la liberalità può tendere verso il bene in due modi: primo, in maniera primaria e diretta; secondo, in maniera indiretta.

Ora, in maniera primaria e diretta essa tende a rendere ordinati gli affetti relativi al possesso e all'uso del danaro.

E da questo lato alla liberalità va preferita la temperanza, che regola i desideri e i piaceri della carne appartenenti al proprio corpo; nonché la fortezza e la giustizia, che sono ordinate al bene comune, una per il tempo di pace, l'altra per il tempo di guerra; a tutte poi vanno preferite le virtù che ordinano l'uomo al bene divino.

Infatti il bene divino è superiore a qualsiasi bene umano, tra i beni umani il bene pubblico è superiore a quello privato e tra i beni personali il bene del corpo è superiore ai beni esterni.

- Secondo, la liberalità può tendere verso il bene indirettamente.

E da questo lato la liberalità è ordinata a tutto il bene delle suddette virtù: infatti il non essere attaccati al danaro fa sì che uno se ne serva con facilità a vantaggio sia personale che del prossimo, e a onore di Dio.

E sotto questo aspetto la liberalità ha una superiore eccellenza per la sua universalità.

- Siccome però ogni cosa va giudicata più secondo i suoi compiti primari e diretti che secondo il suo influsso indiretto, si deve concludere che la liberalità non è la più grande delle virtù.

Analisi delle obiezioni:

1. Il donare di Dio deriva dal fatto che egli ama gli uomini a cui offre i suoi doni, e non dal fatto che è distaccato da questi doni.

Perciò esso appartiene non alla liberalità, ma piuttosto alla carità, che è la più grande delle virtù.

2. Ogni virtù partecipa la natura della bontà mediante l'atto che da essa emana.

Ora, gli atti di non poche altre virtù sono più buoni del danaro che il liberale elargisce.

3. Gli uomini liberali, o generosi, sono amati più degli altri non con un'amicizia fondata sulla virtù, cioè perché sono migliori, ma con un'amicizia fondata sull'utilità, cioè perché sono più utili rispetto ai beni materiali, che d'ordinario gli uomini sommamente desiderano.

E ciò spiega anche la loro rinomanza.

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