Summa Teologica - II-II

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Articolo 7 - Se chi è forte agisca per il bene della propria virtù

In 3 Ethic., lect. 15

Pare che il forte non agisca per il bene della propria virtù.

Infatti:

1. Sebbene nell'agire il fine sia il primo nell'intenzione, tuttavia è l'ultimo nell'esecuzione.

Ora, l'atto della fortezza nell'esecuzione è posteriore all'abito stesso di questa virtù.

Quindi non è possibile che l'uomo forte agisca per il bene del proprio abito.

2. S. Agostino [ De Trin. 13,8.11 ] scrive: « Alcuni cercano di persuaderci che le virtù da noi amate per la sola beatitudine devono essere amate per se stesse in modo da non amare la beatitudine.

Ma così facendo noi cessiamo dall'amare le virtù medesime, dal momento che non amiamo l'unico motivo per cui le possiamo amare ».

Ora, anche la fortezza è una virtù.

Quindi l'atto della fortezza non va indirizzato a tale virtù, ma alla beatitudine.

3. S. Agostino [ De mor Eccl. 1,15 ] insegna che la fortezza « è un amore che tutto sopporta facilmente per Dio ».

Ora, Dio non è l'abito della fortezza, ma qualcosa di più eccellente, dovendo il fine essere sempre superiore ai mezzi.

Quindi l'uomo forte non agisce per il bene della propria virtù.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 3,7 ] afferma che « per l'uomo forte il bene è la fortezza, e tale è il suo fine ».

Dimostrazione:

Il fine è di due specie: cioè prossimo e remoto.

Il fine prossimo di qualsiasi agente è l'imprimere in altri soggetti una somiglianza della propria forma: come il fine del fuoco è riscaldare, e il fine del costruttore è produrre una somiglianza della propria arte nella materia.

Invece qualsiasi bene che da ciò deriva, se è voluto, può considerarsi fine remoto dell'agente.

Ora, come nel campo dell'operabile la materia viene organizzata dall'arte, così anche nel campo dell'agibile gli atti umani sono ordinati dalla prudenza.

Perciò dobbiamo concludere che il forte mira come a suo fine prossimo a esprimere nell'atto la somiglianza della propria virtù: intende infatti agire secondo la convenienza del proprio abito.

Invece il suo fine remoto è la beatitudine, cioè Dio.

Analisi delle obiezioni:

1. Il fine che il forte si propone non è l'abito in se stesso, ma in quanto è espresso nei suoi atti.

2, 3. Queste due obiezioni valgono se parliamo del fine ultimo.

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