Summa Teologica - III

Indice

Introduzione alla Mariologia

I Un'epoca di devozione mariana - Alcuni segni in S. Tommaso.

8 - Il secolo XI aveva segnato nella storia della pietà manna una svolta tanto grande da caratterizzare l'epoca successiva.

La figura di Maria non costituiva più « solamente il tipo e l'esemplare della Chiesa », ma ne diventava la regina, la madre, la mediatrice e come tale entrava dappertutto; sembra vederla comparire ad ogni istante, sperimentarne la benefica presenza nella vita di ogni giorno.299

L'ordine domenicano venne a trovarsi fin dalla fondazione in un simile movimento, non solo, ma contribuì grandemente ad accrescono, sì che l'ambiente in cui il giovane Tommaso d'Aquino fu formato e visse ne era letteralmente impregnato.

Basti pensare alla cronistoria di Gerardo de Frachet,300 redatta tra il 1256-1260 - e perciò vivente il Santo - su testimonianze pervenute da tutte le parti dell'ordine.301

Integrata con le altre fonti primitive, essa fa percepire quale importanza avesse l'azione e la devozione a Maria nella vita del Predicatore, dalla vocazione al letto di morte, dalla preghiera liturgica e privata al proprio specifico lavoro.302

Né senza influsso sul giovane discepolo dovette rimanere quella trasparente e commossa pietà mariana incastonata nella persona oltre che nella dottrina di Alberto Magno.303

9 - In un tale contesto alcuni particolari biografici di San Tommaso trovano, da una parte, un normale ed immediato inserimento nel clima d'insieme, e perciò stesso ci svelano, d'altro canto, il permanere e del suo intimo atteggiamento nei rapporti con Maria.

Se quanto Guglielmo di Tocco, primo suo biografo, racconta ha tutto il sapore di una « legenda » per quel gusto proprio dell'epoca di voler cercare e trovare il miracoloso dappertutto - Tommaso bambino avrebbe trovato un pezzo di carta con su scritta l'Ave Maria e l'avrebbe stretta fortemente baciandola spessissimo304 -, inoppugnabile invece rimane la constatazione, fatta dall'Uccelli, che le iniziali della stessa preghiera sono ripetute spesso sui margini nel manoscritto originale del Contra Gentile.

Questo, evidentemente, dice molto di più: tradisce una disposizione di fondo, un legame di pietà sviluppatosi nel segreto della cella: il fissarlo sui fogli era solo un segno, ma non l'unico a trasparire esteriormente nella vita; poiché un testimone del processo di canonizzazione fatto a Napoli ricordava - ed il fatto l'avrà perciò impressionato - di averlo visto predicare la quaresima del 1273 sulle parole del Saluto angelico, « con gli occhi chiusi, assorti, fissi al cielo ».305

Sul letto di morte il Santo confessava al suo fedele segretario, fra Reginaldo, come « gli apparve la Santa Vergine gloriosa, che lo rassicurò sulla sua vita e sulla sua scienza, e che tutto quel che deliberatamente per mezzo di lei aveva chiesto, lo aveva ottenuto ».

E quest'ultimo continuava: «piamente si crede che la Vergine gli abbia ottenuto dal Figlio quella Scienza, che egli chiese insieme al giglio della purezza ».306

Una testimonianza illuminante; ma forse qui entriamo già in quell'alone di mistero di cui amiamo circondare la vita dei grandi.

Non possiamo tuttavia tralasciare di ricordare il titolo di « servus Virginis Mariae » datogli in un poema fin dall'anno della morte 1274.307

Il tema devozionale di Tommaso sarà sviluppato con apparizioni e grazie da parte della Vergine in una sequenza di uno dei primi uffici liturgici in suo onore,308 nonché in una delle più famose rappresentazioni sacre quattrocentesche, che diede la svolta decisiva per la nascita del teatro italiano.309

Questi elementi di pietà mariana in Tommaso rientravano, dunque, in un movimento più ampio, che non era caratterizzato però dal solo fatto devozionale, ma si affiancava - in prospettive teologiche nuove - a nuovi problemi mariologici, quali quelli dell'immacolata, dell'Assunzione, della Mediazione.310

I I problemi mariologici della Somma e i limiti della nostra introduzione.

10 - In queste pagine introduttive non intendiamo fare una storia della mariologia per poi inserirvi la dottrina di san Tommaso, ma solo presentare i diversi filoni del pensiero mariologico nel loro sviluppo storico confluenti nell'Angelico.

Ciò spiega i limiti di questo excursus.

Anzi S.Tommaso nelle qq. 27-33 non affronta tutti i problemi oggi discussi, ma neppure quelli già affiorati ed elaborati presso i suoi contemporanei, accentrando - in forza del metodo seguito - ogni interesse su tre punti fondamentali: maternità, verginità e santità della Madre di Dio.

La prevalenza di questi ultimi non era però un fatto casuale, esistendo fra di essi un'unità vincolante di sviluppo storico e di principi, la cui panoramica conoscenza serve ad introdurci nella mariologia in genere e in quella di san Tommaso in particolare.

La Mariologia311 si presentava nel sec. XIII già abbastanza sviluppata, ma non costituiva ancora un trattato a sé stante della teologia, era piuttosto solo un momento, una parte dell'esposizione riguardante il Verbo Incarnato.

Tale nesso permetteva di conservare l'identità dei princìpi ed una migliore visione d'insieme con il resto della teologia.

D'altra parte, però, non lasciava entrare facilmente, nell'ambito dei commentari ufficiali della scuola, i nuovi problemi affioranti, che compariranno solo di sfuggita ( nei Quodlibet ) ed in maniera incompleta ( nei sermoni ).

Tutto ciò vale anche per San Tommaso, il quale, se costituisce - come vedremo - un punto di arrivo della tradizione, senza di questa però rimane non del tutto comprensibile, e nell'apporto e nei limiti.

11 - Gli inizi del pensiero mariologico vanno ricercati in oriente o convergono tutti intorno ad un'idea centrale: Maria vera madre di Dio, per il semplice motivo che tale affermazione era coinvolta nel discusso problema della persona del Cristo e ciò in forza di un dato scritturistico, per quel legame, cioè, tra madre e figlio, che ci si presenta nell'incarnazione.

« Ella appariva nell'insieme dei testi che parlano di lei e nel posto che le assegna la tradizione, come una persona concreta e vivente, rappresentata sia profeticamente, nella Bibbia, sia storicamente nel Vangelo ».312

Il processo di elaborazione è stato lungo e dibattuto.

Dalla morte di san Giovanni al concilio di Efeso ( 90-431 ) abbiamo un periodo di silenzio ( 90-190 ), poi uno di esitazioni laboriose ( 190-373 ), ed infine uno di soluzioni ( 373-431 ), che pongono fuoco il problema della maternità divina, della verginità integrale, della santità di Maria.313

La prima percezione, cosciente e riflessa, della Chiesa nei riguardi di Maria è che Ella è Madre di Gesù; in un secondo momento si cercherà di penetrare il senso di questa prima realtà in tutta la sua integrità sussistente, di cogliere, cioè, l'essenza della sua maternità divina partendo dai dati evangelici, che sono all'origine dello sviluppo dogmatico mariale.

L'atto di fede precede la speculazione teologica: S. Ignazio, S. Ireneo, S. Giustino, Aristide parlano semplicemente di Maria come della Madre di Gesù;314 a partire però dal concilio di Nicea il termine Theotokos comincia sempre più a diffondersi; e la teologia del IV secolo racchiude in esso la fede dei semplici e le sue alte speculazioni,315 fino a diventare un vessillo dell'ortodossia in Cirillo d'Alessandria con il suo momento culminante ad Efeso.316

Va tuttavia precisato che lo scoppio di esultanza popolare, che salutò la fine del Concilio efesino, non ebbe un nesso troppo stretto col domma mariano: lo stesso termine Theotokos non fu soggetto unico, e neppure principale, della discussione; perché non si trattò della così detta « comunicazione degli idiomi », che è alla base di tale qualifica.317

La consacrazione del termine Madre di Dio, infatti, nel testo della definizione risulta accidentale rispetto allo scopo principale dell'intero documento.

E non è sufficiente l'essere entrato il termine nella definizione canonica per impostare tutto il successivo sviluppo mariologico della maternità di Maria.

La stessa cosa si ripeterà al concilio di Calcedonia ( 451 ), perché ancora una volta ai Padri premeva il problema delle due nature nell'unità della persona di Cristo, e non il fatto della maternità in sé.

Ad Efeso il problema era stato posto da, S. Cirillo ai Padri nei suoi anatematismi, che, evidentemente, non costituirono il testo della definizione:318 ciò avvenne nel Costantinopolitano III [ 553 ], che ritenne tali anatematismi dottrina definita, quale parte « gestarum, quae Ephesi acta sunt »!

12 - Pur con queste riserve e travisamenti, la conclusione circa la maternità della Vergine non poteva essere differente.

Ad Efeso si era ragionato, pressappoco, a questo modo: Volete una prova che in Cristo non vi è che una sola ipostasi?

Eccola: non si può dubitare della voce della tradizione dei padri, che chiama la Vergine « Madre di Dio »; perciò la persona che Maria ha portato nel suo seno è divina e non umana.

A Calcedonia si fa ricorso alla stessa tradizione: affermando che, se Maria è vera « Madre di Dio », allora l'unico Cristo, nato nell'eternità dal Padre e nel tempo da Maria, non può avere una sola natura, ma due nature distinte.

In ambedue questi concili come si vede, era racchiuso nel termine Theotokos il mistero stesso di Cristo e l'intera economia della redenzione.319

Da un punto di vista mariologico il titolo riconosciuto a Maria non esauriva l'argomento, costituiva anzi il punto di partenza dell'indagine teologica sul problema della sua maternità, strettamente connesso con quello della filiazione del Cristo.

Ha questi una o due filiazioni?

Se due, la maternità di Maria è privata di un carattere divino; se una, l'eterna, quale rapporto esiste allora tra Cristo e sua Madre?

A seconda del legame più o meno stretto tra l'umano ed il divino in Gesù, si affermerà in maniera più o meno propria che Maria è Madre di Dio.

La risposta poteva esser data naturalmente solo da un approfondimento teologico sulla filiazione del Cristo, problema questo a sua volta intrinsecamente legato a quello dell'unione ipostatica: da esso soltanto si potrà dedurre la vera natura della maternità di Maria.320

Di qui l'importanza della speculazione teologica dell'Aquinate su tali argomenti.

L'unità delle due nature in un'unica persona è il punto di partenza per lo sviluppo mariologico, e S. Tommaso « sta sulla vetta del medio evo, compendiando in sé il passato e segnando le vie dell'avvenire »:321 quale però sia stato il suo apporto al concetto di maternità e quale il reale uso fattone lo vedremo brevemente in seguito.

Per ora, facendo un passo indietro occorre accennare agli altri problemi, verginità e santificazione, strettamente connessi col tema centrale della maternità.

13 - Questa, infatti, era stata ontologicamente definita, ma il suo aspetto dinamico, esistenziale, con le numerose virtuali implicanze di ricchezza di grazie e di esigenze morali, era ben lungi da una adeguata esplicitazione.

I problemi della verginità e della santificazione straordinaria di Maria - oggi intesi come presupposti di una necessitante convenienza alla maternità, e dallo stesso San Tommaso trattati nelle prime questioni mariologiche precisamente come elementi dispositivi alla maternità - non trovarono contemporaneamente un'adeguata soluzione.

La perpetua verginità dopo qualche incertezza era stata universalmente accettata.

La santificazione - e in particolare l'aspetto dell'immacolato concepimento - sarà oggetto di acerbe polemiche ancora per parecchi secoli dopo l'Angelico prima di trovare la sua definitiva soluzione.322

Il fatto che la maternità fosse il fondamento di ambedue i privilegi sopra indicati, non era quindi pienamente esplicitato.

In tale sforzo di esplicitazione S. Tommaso rappresenta un momento storico molto importante, anche se non definitivo.

14 - La verginità anzitutto.

Più che riferire qui una sequela di testi patristici, ne ricercheremo lo linee di sviluppo e la loro confluenza in S. Tommaso.

Partiamo dal dato evangelico: al momento dell'annunciazione Maria era vergine e, secondo l'esegesi dei Padri, tale intendeva restare.

Maternità e verginità in lei, dunque, si abbinano.

S. Ignazio di Antiochia si limita ad enunciare questo binomio.323

Il processo teologico è già in atto con S. Ireneo, che per primo presenta il parallelismo Adamo-Cristo ed Eva-Maria, sottolineando la. necessità di una eccelsa santificazione - di cui la verginità è un segno - richiesta in Maria per pronunciare il suo fiat.324

La letteratura apocrifa - in particolare il Protovangelo di Giacomo - fa approfondire, chiarificandolo, il problema della verginità.

Si cominciano a distinguere, infatti, tre momenti: prima del parto ( ante ), nel parto ( in ) e dopo ( post ) il parto.

Il primo ci è testimoniato dal Vangelo; il secondo viene affermato per una presunta prova fatta dall'ostetrica nella natività; il terzo viene negato, portando come argomento i « fratelli » del Signore ricordati nel Vangelo.

Sono tali scritti una voce « autentica » della tradizione primitiva, cioè di origine apostolica?

Certamente no, ma testimoniano « certo tendenze semplici e più o meno spontanee, di cui appare difficile oggi precisare esattamente l'origine e la portata ».325

Tali scritti apocrifi hanno però esercitato una grandissima influenza ed hanno contribuito non poco a precisare i diversi momenti del problema.

Nel secolo II la verginità prima del parto è un dato di fede indiscusso e non subirà, neppure in seguito, veri e propri attacchi.

La verginità nel parto subisce invece la prova del fuoco già con Tertulliano nella polemica contro il docetismo: dottrina e eresia questa che attribuiva a Gesù un corpo apparente; e perciò negava che egli avesse sofferto e che fosse realmente morto per noi.

In un simile contesto si capisce il perché della violenta reazione dello scrittore africano contro la verginità nel parto.

L'affermare che la Madonna fosse rimasta vergine nel generare il Figlio, e che non avesse subito nel suo fisico le stesse conseguenze delle altre donne, equivaleva secondo l'apologista africano, ad avallare le dottrine ereticali di un corpo solo apparente per Gesù.326

Tertulliano però non si fermava qui, ma passava ad affermare che Maria non fu certo una creatura perfetta, tutta santa, essendo stata più volte rimproverata dal Figlio per mancanza di fede.

Dalla negazione della verginità si passa a negare la santità.

Il nesso era del tutto logico; perché la verginità non era considerata come un fatto puramente fisico, ma come una virtù morale, un elemento della santità.

Si poneva subito così la domanda: in che misura Maria era stata santa?

Ciò che sorprende in questa fase della polemica, allo stato attuale dei documenti, è la mancanza di ogni reazione da parte della Chiesa africana, fin quasi a generare il sospetto, che più o meno tale doveva essere il pensiero comune di essa nei riguardi di Maria.

Ed il sospetto aumenta col ripetersi di un'uguale situazione a Cesarea: identica posizione di Origene e identico atteggiamento di silenzio da parte della gerarchia.

15 - Tale era, dunque, la situazione quando incominciarono i concili cristologici di Nicea, Efeso e Calcedonia.

Sul titolo di vergine dato a Maria iniziava allora un ripensamento teologico, che distinguendo i tre momenti ( prima, nel e dopo il parto ), per lo più si limitava ad affermare tale prerogativa riguardo al primo momento.

S. Cirillo e S. Efrem non danno al riguardo molta luce.

Contrario alla verginità è naturalmente il vescovo ariano Eumonio.

Per S. Atanasio la verginità dopo il parto, pur essendo sicura, non è di fede.

Quest'ultima verrà invece affermata - ma solo nel senso di mancanza di rapporti sessuali - da S. Epifanio nel suo Pananon [ 77 ], deducendola dalla pienezza di santità di Maria in conseguenza della maternità divina; cosa che non riescono ancora a fare S. Basilio, S. Gregorio Nazianzeno, S. Gregorio di Nissa e S. Giovanni Crisostomo.

Quest'ultimo - pur ammettendo una verginità perpetua, anche nel parto - presenta di Maria un quadro morale non del tutto positivo.

Lo stesso S. Cirillo vede colpevolezze e mancanze di fede in Maria, la quale avrebbe avuto bisogno del dono dell'apostolo ai piedi della croce, per riscoprire la fede.

Il Crisostomo o Cirillo sanno che Cristo è Dio, che Maria è sua Madre: ma questo titolo, questa realtà, non è per essi un motivo sufficiente per affermare la santità di Maria.

16 - Se dall'oriente si passa all'occidente, troviamo in S. Ilario il primo scrittore d'importanza, che, col suo commento a Matteo,327 redatto verso il 356, prende posizione a favore della verginità di Maria dopo il parto, ma non sembra troppo favorevole a quella nel parto.328

Né si trattiene dall'insinuare che Dio abbia potuto trovare in Maria qualcosa da riprendere al momento del trapasso ponendo così la Vergine « su di un piano sensibilmente uguale al nostro sotto l'aspetto dell'origine e del peccato ».329

Ad affermare la verginità inequivocabilmente sarà S. Zeno di Verona.330

Non per questo però Maria appare in lui totalmente esente da ogni peccato: tanto è vero che si ritiene necessaria per lei una purificazione al momento dell'incarnazione.

Da queste ultime scorie si libererà Sant'Ambrogio, presentando Maria al vertice di una perfezione irraggiungibile da ogni creatura, e quale modello supremo di imitazione in ogni virtù.

17 - La posizione di Ambrogio sì diffonde negli ambienti ascetici.

In reazione a tali ambienti il laico Elvidio, contaminato dall'arianesimo, nega la perpetua verginità di Maria, che avrebbe avuto più figli, e si sforza di presentarla come un ideale non per le sole vergini, ma anche per le madri, nel tentativo di livellare così la dignità dei due stati.

Mentre l'autorità tace, nel 383 interviene con la sua travolgente vivacità S. Girolamo.

Il suo opuscolo Adversus Helvidium331 ribadisce il trionfo della verginità dopo il parto.

Ma la lotta riprende violenta con Gioviniano, allorché Girolamo cade in disgrazia.

Il fatto della verginità di Maria viene attaccato perché è la vita ascetica in quanto tale ad essere messa in discussione, vita che trova in Maria un motivo ideale di ispirazione.

A ciò si aggiunga la minaccia di una rinnovata accusa di docetismo per chi difendeva la verginità nel parto.

Una prima condanna di Gioviniano viene da Roma, ma in misura più piena dal concilio di Milano tenuto da S. Ambrogio, che, in termini chiari ed inequivocabili, difende la verginità di Maria anche nel parto.

Sarà ancora Ambrogio col suo scritto De istitutione virginis [ 393 ? ],332 a riprendere e a elaborare l'argomento in una prospettiva ben diversa da quella del Crisostomo.

Lo scritto, infatti, è « una specie di antologia mariana, un capolavoro alla sua maniera, capolavoro non in senso letterario - s'intende -, ma nell'ordine teologico ».333

18 - Tali idee passeranno in eredità ad Agostino, che assicurerà loro il trionfo in Africa.

Ai primi del 400 compaiono due opuscoli del Santo di Ippona, De bono coniugali e De sancta virginitate, opuscoli complementari fra di loro, che rappresentano la messa a punto della dottrina cattolica sull'argomento.

Maria - spiega egli - è stata più grande per la sua santità che per il compito di madre.

A questa santità alla si era votata con tutte le sue forze - o il fatto della promessa di verginità ne è un segno -, prima ancora di sapere quel che Dio un giorno le avrebbe chiesto.

Il problema della verginità fu così conglobato in quello della santità.

A ciò contribuì la successiva polemica pelagiana.

Questa eresia, affermando la preminenza del libero arbitrio sulla grazia, riconosceva Maria immune da ogni colpa, sorpassando lo stesso Ambrogio, che l'aveva proclamata soltanto senza imperfezione.

Quale l'atteggiamento di Agostino?

Egli non negherà quanto Pelagio aveva detto, ma a sua volta dirà: « Per l'onore di Cristo, non voglio far questione di sorta sulla santa Vergine Maria, quando si tratta di peccati.

Sappiamo infatti che a lei, per aver meritato di concepire o di partorire colui che fu senza peccato, fu conferita la grazia in misura maggiore, per trionfare del peccato in modo assoluto … ».334

Tale testo, ripreso da tutti i successivi teologi, ha avuto un'importanza fondamentale nella teologia latina.

In esso, infatti, contro Pelagio si affermava che l'aver vinto il peccato su tutta la linea non è un effetto puramente volontaristico, ma frutto di grazia, e che tale privilegio derivava dalla maternità divina ( per onore del Signore » ).

Veniva così a precisarsi nella santificazione il compito di Dio e quello della creatura; e si affacciava pure il problema del peccato originale, come primo punto dell'incontro tra Dio e la creatura in ciò che riguarda la santificazione.

19 - Anche qui fu lo scoppio di un'altra polemica a far progredire lo sviluppo teologico.

Incominciò Giuliano di Eclano con lo scritto ad Florum del 421: intervento che voleva essere una risposta al De nuptiis et concupiscentia di Agostino, il quale rispose a sua volta con l'Opus imperfectum adversus Iulianum del 428.

Il primo sosteneva che l'uomo è naturalmente buono, che nasce senza peccato; e, come prova determinante, adduceva il caso di Maria.

« Tu sei peggiore di Gioviniano », scriveva egli in polemica con Agostino, « il quale ha fatto a pezzi la verginità di Maria per la maniera come descrive il suo parto: tu consegni Maria in persona al diavolo per la condizione che gli attribuisci nella nascita ».335

Giuliano negava il peccato originale in Maria, non perché non l'avesse contratto, ma perché in sé inesistente.

Agostino rispondeva con una frase divenuta oggetto di molte discussioni per i molteplici significati che può ricevere: « Non transcribimus diabolo Mariam conditione nascendi, sed ideo quia ipsa conditio resolvitur gratia renascendi ».336

Il primo e più evidente significato è che Maria non appartiene al demonio per il fatto della nascita; ed il suo caso trova soluzione nella grazia.

La maniera ed il tempo di tale soluzione, ossia della santificazione, non trovano invece una risposta: il fatto della nascita - ed è chiaro in Agostino dalla polemica antimanichea - non può essere ascritto ad un principio cattivo e, quindi, non ci lega al demonio.

Ma un peccato vizia l'opera creatrice di Dio nell'uomo: solo una nuova rigenerazione da parte di Dio ristabilirà l'equilibrio rotto.

Fu dunque Maria consegnata al demonio?

Non per la sua nascita, come se questa fosse essenzialmente cattiva, ma in maniera indiretta e trovando liberazione con la grazia.

Il pensiero di Agostino, infatti, è al riguardo abbastanza chiaro.

Una sola creatura, e non già tutte, come voleva Giuliano, nacque innocente, Gesù; perché egli solo fu concepito verginalmente e al di fuori di ogni rapporto carnale.

Allo stato attuale delle cose, chi dice rapporto carnale, dice vizio e peccato.

Perché Gesù non incorresse in quest'ultimo ebbe non solo una madre vergine, ma fu anche concepito « per opera dello Spirito Santo », il quale intervenne in Maria, evitando in lei nell'atto della concezione ogni moto di concupiscenza.337

20 - Agostino spirava in Occidente, mentre ad Efeso stava per aprirsi il Concilio.

Le posizioni mariologiche dei Padri si possono riassumere in questi termini: per i latini, la maternità divina è accettata come dato di fede; la verginità prima, nel e dopo il parto conosce solo sporadici avversari; punto non chiarito rimane il momento della santificazione.

In oriente, grazie soprattutto al concilio di Efeso e a uno sviluppo omiletico di rilievo, la situazione viene ad essere la seguente: è comune la dottrina sulla maternità; la fede nella verginità nel e dopo il parto si diffonde sempre di più ( sarà solennemente proclamata solo in seguito nel concilio Lateranense del 649 ).

Segna il passo invece anche qui il problema della santificazione, che, pur trovando in alcuni autori, e in particolare in San Giovanni Damasceno un ottimo difensore,338 talvolta venne meglio difesa da qualche eretico, p. es., da Nestorio,339 che non da un S. Giovanni Crisostomo.

Da quanto sin qui siamo venuti dicendo risulta evidente, che l'indagine teologica sui problemi riguardanti la Madonna non aveva ricevuto nell'epoca patristica un'esauriente soluzione.

Soprattutto non si era ancora fatto valere in tutta la sua portata il principio chiarificatore fondamentale - anche se comunemente accettato - che tutto in Maria dipende dalla maternità divina.

Il materiale accumulatosi lungo i secoli era però molto, avendo parlato di Maria i Concili, i Padri, e gli scrittori di ogni tendenza.

III S. Tommaso, i Padri e le sue fonti immediate.

21 - Possiamo a questo punto fare un primo bilancio per S. Tommaso, che risulta abbastanza positivo.

Egli, infatti - e in questo supera tutti i suoi contemporanei -, è il primo a citare nella sua Cristologia e nella Mariologia i concili greci, il primo e il solo a servirsi delle catene greche e, accanto ai dottori latini - Girolamo, Ambrogio, Agostino, Leone Magno, Anselmo, Bernardo, Ugo di San Vittore -, cita il Crisostomo, il Damasceno, e, ancora una volta per primo, il dottore della divina maternità di Maria, Cirillo d'Alessandria.340

Sicché possiamo dire col Morgott, che l'Angelico, dando alle affermazioni dei Padri « una forma precisa e metodica, uno sviluppo maggiore e una ferma base … sta come sulla vetta del medio evo, compendiando in sé il passato e segnando le vie dell'avvenire.341

22 - Per gli stretti limiti ed interessi di una semplice introduzione non ci è consentito seguire la tematica mariana dei tre principali problemi sopra indicati - che poi saranno quelli trattati nella Somma - e degli altri collaterali dalla fine della patristica ai tempi di San Tommaso; ma passiamo subito a indicare quelle fonti più immediate, quell'ambiente scolastico, cioè, in cui il Santo viveva e si muoveva e che già era impegnato in un lavoro di sistematizzazione.342

All'inizio del secolo XIII esisteva un testo universalmente accettato, il libro delle Sentenze di Pietro Lombardo.

I grandi maestri della scolastica saranno anzitutto e soprattutto suoi commentatori.

Così, dopo il commento di Pietro il Cantore, nascono i commentari dei grandi scolastici, Alberto Magno [ 1246-1249 ], San Bonaventura [ 1250 ] e dello stesso San Tommaso [ 1252-1256 ].

Questi avrà sul suo tavolo di lavoro da una parte lo scritto di Alberto, suo maestro a Parigi e Colonia,343 e dall'altra quello di Bonaventura, che a sua volta lo mette a contatto con il proprio maestro, Alessandro d'Hales.344

Che San Tommaso, giovane professore, dipenda da costoro è un fatto ormai definitivamente acquisito; e un'analisi comparativa sarebbe qui superflua.345

Ma il riferimento a queste fonti è necessario per capire l'apporto di San Tommaso, soprattutto nella Somma.

Il Lombardo aveva diviso la sua esposizione in due parti: la prima ( distinzioni 1-5 ) trattava dell'incarnazione stessa di Dio, e cioè della persona divina che assume la natura umana ( d. 1 ), della natura umana assunta ( dd. 2-4) e dell'unione ipostatica ( d. 5 ).

La seconda parte riguardava invece le condizioni dell'incarnazione divina ( dd. 6-22 ).

Alla mariologia dedicava perciò le distinzioni 3-5, che affrontavano - dopo una premessa sulla santificazione - il problema di Maria e la generazione del Cristo ( d. 3 ), la sua concezione come opera dello Spirito Santo ( d. 4 ) e l'unione ipostatica ( d. 5 ).

23 - In quale prospettiva veniva affrontato l'insieme dei problemi manologici? Il punto di partenza è, dicevamo più sopra, il fatto stesso dell'incarnazione del Figlio di Dio, dove lo studio sull'unione ipostatica viene solo al termine di quello sulla « natura » dell'incarnazione.

Non si parte, cioè, dall'alto, ma dal basso, e si cerca di sviluppare il tema in una linea ascensionale.

La questione preliminare, infatti, è la seguente: è possibile un'unione tra essere creato ed increato, essendo quest'ultimo immutabile e perfetto?346

Ci si voleva render conto, in altre parole, in primo luogo, come questo fatto non implicasse contraddizione.

In forza della stessa linea ascensionale, quando si dovrà trattare del modo o della natura della incarnazione, si partirà ancora dal basso, cioè dall'azione generatrice di Maria, fondamento della sua relazione di madre al Figlio.

L'opera di Maria termina - in una simile impostazione - alla persona del Figlio di Dio, avendo ricevuto la « potentiam oboedientiae « dallo Spirito Santo.

Si delinea così il movimento ascendente: Maria genera una natura umana, la quale, sotto l'azione unificante dello Spirito Santo, sussiste nella persona del Verbo.

Sospinta dal dinamismo di tale azione divina, Maria è come trasportata fino alla soglia del divino, « ma sembra restare estrinseca a questo ordine dell'unione ipostatica, precisamente a causa del principio generativo di ordine naturale, fisico, che fonda la sua maternità divina ».347

Maria rimane in basso, principio passivo; l'agente principale di tale generazione umana è lo Spirito Santo, che unisce la carne formata in lei alla natura divina, ove, in alto, il Figlio di Dio ha cura di terminare in sé l'unione dell'umano e del divino.

Poiché Maria è puramente passiva, la concezione non può essere che miracolosa, nel suo inizio e nella sua realizzazione ( = concezione verginale ); ma il miracolo resta solo nell'ordine della natura ed è solo nell'assunzione che il fatto della generazione viene elevata all'ordine divino, soprannaturale, dell'unione ipostatica.

IV L'apporto di una prospettiva tutta nuova.

24 - Verso il 1270 il problema della filiazione di cristo era al centro delle discussioni teologiche all'università parigina, e S. Tommaso non era estraneo a codeste dispute.

Già nel 1258 aveva trattato la questione nel Quodlibeto IX.348

Riprese a esaminare il problema nel Quodlilibeto I intorno alla pasqua del '69, ed infine qui nella Terza Parte della Somma tra gli anni 1272-1273.

Il cambiamento più significativo che qui riscontriamo rispetto al Lombardo, agli altri maestri e ai suoi stessi scritti precedenti consiste nell'accettare in pieno l'ordine del Credo: « E s'incarnò per opera dello Spirito Santo ».

Quindi in primo luogo si pone la questione dell'unione ipostatica, « da Maria Vergine », e con ciò quella della natura di tale unione.

Si va, dunque, dall'alto verso il basso secondo il principio: « Nel mistero della incarnazione non ci fu un'ascesa, come se la creatura preesistente potesse elevarsi fino alla dignità dell'unione [ ipostatica ], opinione questa dell'eretico Fotino.

Ma piuttosto va considerata come una discesa, in quanto il Verbo di Dio, perfetto, prese l'imperfezione della nostra natura ».349

La prospettiva della Somma, in cui Maria immediatamente s'inserisce, è molto diversa, perché la si pone nella prospettiva del Verbo, che viene da lei concepito per opera dello Spirito Santo.

Capovolto risulta quindi anche il principio che regolava la linea ascensionale precedente.

« Se consideriamo nel mistero dell'incarnazione « scrive ancora l'Angelico, « la materia concepita, somministrata dalla madre, tutto è naturale.

Se invece consideriamo il principio attivo, tutto è miracoloso.

Siccome però una cosa va giudicata più per la forma che per la materia, e più dal principio attivo che da quello passivo, ne segue che il concepimento di Cristo deve dirsi miracoloso e soprannaturale in senso assoluto e sotto un certo aspetto naturale ».350

Le due posizioni o maniere di vedere la Vergine sono così ben chiare.

Se si guarda a lei come alla donna che concepisce col suo sangue, dovremo dire che la concezione del Cristo è naturale, benché miracolosa; se la si guarda invece come colei che partorisce il Figlio di Dio, si viene ad affermare che il Verbo ha accettato e per sempre una generazione umana, trasferendo tutto nel soprannaturale con l'unione ipostatica.

Il problema mariologico centrale consisterà allora nel precisare la natura del rapporto che si stabilisce tra il Verbo e Maria.

Il Verbo si « fa carne », prendendo la natura umana; questa così viene ad essere « madre di Dio ».

In che misura ? Nella misura in cui il Verbo si fa soggetto di una nascita umana.

« Non basterebbe dire che l'umanità del Cristo, una volta formata da Maria, è successivamente ( = su un piano logico) assunta dal Verbo …

Maria non concepisce un uomo né una umanità che il Verbo assume, ma ella concepisce immediatamente il Verbo in quanto questi fa sua la natività umana, natività che fonda la generazione umana, fisica.

In fin dei conti, la maternità divina non è una maternità che comincia umanamente e che termina divinamente, anche se si afferma l'istantaneità di questo divenire; ma essa è in primo luogo divina, come divina è la concezione del Cristo vista ontologicamente ».351

25 - Per il S. Tommaso della Somma la maternità divina di Maria va, dunque, vista alla luce dell'unione ipostatica, non già nel senso che la Madre sia stata assunta nella unità della persona divina - sarebbe questo un errore grossolano -, ma per il fatto che la carne da lei assunta la mette in rapporto diretto ed immediato col Verbo.

La relazione quindi di Maria al Verbo è su di un piano ontologico proprio per quella umanità che il Verbo fa sussistere nella sua unità personale, e che crea quella relazione che i teologi dicono reale o secundum esse.

Tale relazione non cambia la sostanza di Maria, ma la mette per sempre ed essenzialmente in relazione con la persona del Verbo in lei incarnato.

La maternità di Maria può a questo punto essere considerata sotto un duplice aspetto: come maternità divina ha per correlativo la persona sussistente del Verbo da lei generato nella natura umana; come maternità umana, nella funzione cioè generatrice, raggiunge solo la generazione umana e fisica del Cristo: chiaro che solo la prima avvolge di una realtà soprannaturale, anche se creata, la personalità ontologica di Maria in rapporto al Figlio; mentre la seconda da sola non potrebbe dar luogo a uno stretto titolo di maternità in Maria rispetto a Cristo; giacché non si può avere una stretta filiazione umana nel Cristo, in cui esiste un'unica filiazione ( anche se con due nascite ): quella divina.

Ragion per cui i teologi diranno con una formulazione tecnica, che la relazione di Maria al Cristo è reale, e quella del Verbo a Maria invece è solo di ragione.

26 - Le conseguenze di questa nuova prospettiva sono grandissime: se Maria deve esser chiamata madre di Dio, prima di esserlo come colei che fisicamente concepì l'umanità del Cristo, dovette esserlo per il fatto che con la sua anima essa fu più vicina al Figlio che col corpo: così come nella santa umanità assunta l'anima del Cristo fu in qualche modo più vicina del corpo alla sussistenza divina.

Si chiarifica pure in tutte le sue esigenze santificanti - di cui la stessa verginità non rappresenta che un momento, o una risposta - il principio fondamentale di tutta la mariologia: ragion d'essere d'ogni altro privilegio concesso a Maria e base di ogni argomentazione di convenienza in questo trattato è la divina maternità.

« Bisogna dire che per la sua maternità anche la vergine Maria appartiene all'ordine ipostatico.

È vero che ella non è unita sostanzialmente a Dio, ma vi è una relazione della sua persona alla persona stessa di Dio.

È vero ancora che senza i legami di conoscenza e d'amore che la legano al Verbo incarnato, legami nell'ordine della grazia, il suo stato e la sua qualità di Madre di Dio sarebbero di poco valore.

La sua maternità non può essere per lei una ragion d'essere ed un fine se non in quanto, con la sua anima spirituale, ella può tendere a suo Figlio come a un oggetto e ad un fine e a possederlo come tale.

Ma … la conoscenza e l'amore non sono che le proprietà spirituali che accompagnano la sua qualità e il suo stato di madre.

In Maria la vita spirituale tutta finalizzata dal suo Figlio, che è Dio, è ancora di ordine materno.

Ella è finalizzata direttamente dal Verbo incarnato, predestinata ad essere, in tutta la pienezza del termine, sua Madre.

Basta capire che il fine personale di questa donna è l'esercizio pieno e sovrano del suo compito e del suo stato di madre, perché la formula astratta prenda tutto il suo senso: essa è nell'ordine ipostatico, con la santa umanità del Verbo, al di sopra di tutto l'universo e di tutto il mondo della grazia …

Guardate in questa luce la maternità di Maria.

Ella appare ben presto una realtà soprannaturale di un ordine elevato al disopra di tutti gli altri.

Non bisogna stupirsi che, senza divinizzarla, questa donna si metta al disopra di ogni creatura, che, senza confonderla col Figlio, da cui dipende più di tutte le altre creature, perché è a lui ordinata con tutto il suo essere, la si dichiari da lui inseparabile ».352

Da questo piano di grandezza ontologica, da cui promana ed in cui trova il suo ultimo perché ogni privilegio della sua anima e del suo corpo, si è nella migliore condizione per afferrare e giudicare il « mistero di Maria » in una luce unitaria e adeguata.

V I limiti della mariologia di S. Tommaso.

27 - Tuttavia una simile trattazione si evolve necessariamente in una maniera più essenzialistica che esistenzialistica.

E questo non tanto perché S. Tommaso « spirito eminentemente dialettico, stringe il freno alla fantasia e al sentimento … [ e ] non è in nessun luogo mai il panegirista, lo scrittore ascetico, e meno ancora il poeta »,353 quanto perché ai suoi tempi ancora non era nato quell'interesse per l'indagine psicologica, che sarà caratteristica della scuola francese del Seicento,354 e dominerà nella maggior parte degli scritti dell'epoca moderna.

C'è però da chiedersi se S. Tommaso, pur adattandosi al piano essenzialistico, abbia sviluppato fino alle sue ultime conseguenze il principio mariologico della divina maternità da lui così genialmente impostato.

Va tenuto presente che il Santo non ha mai elaborato una mariologia completa.

Perciò non dobbiamo meravigliarci che nella Somma Teologica molto poco, e talvolta nulla, troviamo su altri problemi mariologici, come l'Assunzione, la Corredenzione, la Mediazione, la Regalità, nulla sul parallelismo Eva-Maria e perciò sul rapporto tra Maria e la Chiesa, di cui è Madre.355

Ma ciò non è tutto.

Inquadrando storicamente l'opera dell'Angelico troviamo limiti di altro genere.

Talora ci troviamo dinanzi a posizioni teologiche non ancora del tutto sviluppate, o non ancora libere da difficoltà create dagli autori precedenti.

Oppure si presentano i limiti caratteristici dell'esegesi medioevale, o quelli imposti dalle scienze naturali, dal diritto, dalla biologia.

In particolare da quest'ultima, perché molte questioni vertono sulla maternità di Maria, che prima di tutto deve essere ben concepita fisicamente.

Gli autori che intendono criticare la mariologia tomista per lo più si fermano al problema dell'Immacolata.

Non tutti però considerarono S. Tommaso contrano a tale privilegio.

Anzi si può dire che non c'è anno in cui la schiera dei suoi interpreti non lo dichiari sia a favore che contro.356

Cosicché l'unica cosa chiara è che S. Tommaso in proposito non è chiaro, o meglio che non ha preso sempre la stessa posizione.

Ma San Tommaso è anche figlio del suo ambiente, erede del suo passato, il quale riaffiora continuamente: per tal motivo non c'è questione in cui egli non sia costretto a pagare qualche piccolo o grande contributo negativo.

Sono queste le scorie dell'opera di Tommaso, che, malgrado tutto, non intaccano gli elementi essenziali della sua mariologia.

Basterà fare un solo esempio.

Tra i punti più compromessi dalle false nozioni scientifiche dell'opera, c'era la riduzione della maternità di Maria a pura passività.

Ebbene, S. Tommaso, esposta quella che riteneva la dottrina più sicura, alla fine, quasi a premunirsi contro le conseguenze del suo errore afferma che a Maria si deve concedere quanto si concede a ogni altra donna nei riguardi della prole, per poter trarre con assoluta sicurezza tutte lo conclusioni teologiche.

Dovremmo a questo punto tirare delle conclusioni.

Col Laurentin possiamo dire: « Meglio dello Pseudo-Alberto, S. Tommaso delinea il principio di una sintesi con gli approfondimenti che dà alla dottrina della maternità divina, ma questa sintesi egli non la fa ».357

28 - A questo punto vien fatto di chiedersi da quali principi si deve partire per codesta sintesi.

Il problema del principio o dei principi è di estrema importanza e attualità, anche perché molti - data la frammentarietà della mariologia tomista - hanno cercato di completare la dottrina « ad mentem divi Thomae ».

La difficoltà è diventata ancora più tangibile da quando si è fatto della mariologia un trattato a sé stante.

Fino a che punto è giustificato il punto di partenza od il successivo metodo di sviluppo?

É stato conservato il giusto equilibrio col rimanente complesso teologico?

Tali domande non sono per nulla teoriche ed astratte, ma - estese alla mariologia in genere - hanno dato luogo in questi ultimi anni ad accese polemiche, che hanno avuto riflessi non prevedibili anche nel Vaticano II.

I mariologi moderni, in verità, non sono in nessun modo d'accordo su quel che dovrebbe essere il « principio primario » in campo mariologico, tanto che il Rahner ha potuto elencare ben dieci « principi fondamentali », e in più ne ha aggiunto un undicesimo da parte sua.

Ciascuno di essi ha trovato uno o più qualificati difensori;358 non è mancato anzi, chi ha affermato che « la ricerca di un tale principio è condannata in partenza a non venirne mai a capo ».359

Dalla mancanza di accordo sul punto di partenza è seguita anche una diversità d'impostazione metodologica del trattato: storico-scritturistica ( P. Plessis, Garcìas Garcés, Laurentin ) estetica, ossia in rapporto a Dio, a sé e noi ( Lépicier, Merkelbach, Alastruey ); classificativa, o in relazione alla certezza dommatica ( Kurz ), o in ordine di privilegi ( Contenson, S. Bernardino ); causale ( Roschini ); liturgica; ascetico-mistica, ecc.

Questi diversi metodi hanno permesso una esposizione più organica e completa del mistero di Maria, ma hanno anche suscitato in questi ultimi anni continue controversie.

29 - Contro i mariologi oggi vengono mosse due accuse fondamentali: la prima, di aver fatto della mariologia un trattato a sé stante, staccato dall'insieme organico del resto della teologia, sviluppato con principi propri e perciò caratterizzato da una tendenza al mariologismo;360 la seconda accusa, in parte connessa con la precedente, è di trascurare troppo la Sacra Scrittura e di ricorrere invece alla « mariologia dei titoli ».

Partendo, cioè, da formule encomiastiche e lapidarie si cerca di mettere a punto la dottrina corrispondente, invece di iniziare dalla dottrina per esplicitare le formule specifiche.

La controversia è stata od è ancora molto vivace.361

In realtà le accuse, piuttosto gravi e in parte almeno esagerate, hanno richiamato i teologi ad una visione mariologica in più stretta connessione con la cristologia; perché quest'ultima costituisce il punto di partenza ed il motivo chiarificatore, l'elemento equilibratore e il punto di convergenza.

Principi e metodo di S . Tommaso si presentano in questo dibattito di estrema attualità.

Basta dare un semplice sguardo all'ordine delle questioni nella Somma, per rendersi conto come la trattazione mariologica sia tutta nell'ambito e in funzione cristologica.

La Terza Parte inizia col trattato dell'unione ipostatica e su ciò che segue da tale unione ( qq. 1- 26 ); si passa quindi a considerare « quel che il Figlio di Dio incarnato ha fatto o patito nella natura umana a sé unita » ( qq. 27-59 ), e precisamente del suo ingresso nel mondo, della sua vita terrena, della sua dipartita da questo mondo e della sua esaltazione dopo la vita terrena.

La Madonna entra in scena solo nel secondo atto, prepara cioè l'ingresso di Cristo nel mondo.

E quindi si parla di lei nel concepimento del Redentore ( qq. 27-34 ), nella sua nascita ( qq. 35-36 ) e nella sua circoncisione ( q. 37 ).

La trattazione tomistica centrale riguarda, lo si vede dal numero delle questioni, il concepimento e la nascita di Cristo in cui la funzione di Maria è determinante.

Di qui l'esigenza d'illustrare le disposizioni remote ( santificazione, verginità e matrimonio, qq. 27-29 ) e prossime: annunciazione ( q. 29 ), cooperazione al concepimento ( qq. 30-33 ) e generazione del Figlio ( qq. 35-36 ).

I problemi posti dalla mariologia oggi non sono esauriti da tali questioni.

S. Tommaso ha considerato Maria solo in rapporto all'incarnazione: il suo trattato dovrebbe essere arricchito, sempre in stretta connessione con la cristologia, seguendo passo passo tutti gli altri argomenti sviluppati nella Terza Parte, cioè redenzione, santificazione, glorificazione di Cristo.

« Occorrerebbe sviluppare », scrive il P. Bernard « nel senso più formale tutta una teologia del mistero di Maria da quella medesima del mistero del Cristo, e modellare esattamente quella su questa.

A dire il vero tale lavoro non è stato fatto: resta da fare quasi interamente ».362

30 - Per quanto riguarda l'altra accusa mossa ai mariologi, bisogna riconoscere che molti di essi, trascurano la Bibbia, o nell'interpretarla non sempre si attengono alle norme di una ermeneutica scientifica, ricorrendo, p. es., troppo spesso al sensus plenior.363

Quale la posizione di S. Tommaso?

« Tutti i luoghi biblici mariani che si conoscono, nessuno eccettuato, sono da lui citati ».364

Notiamo inoltre che in nessuna parte della Somma egli è così aderente ai fatti, all'evento biblico, come nelle questioni che ripercorrono l'arco della vita del Cristo; per cui, se deficienza esegetica in lui si può notare, questa è dovuta non all'impostazione generale del trattato, quanto piuttosto allo sviluppo dell'ermeneutica biblica.

Se la mariologia però non si riduce a pura filologia del testo sacro, ma si sviluppa come comprensione della parola affidataci da Dio ( momento scritturistico ) e tramandataci dai Padri ( momento patristico ), per essere da noi illustrata e difesa ( momento speculativo ) - ed il magistero della Chiesa si è pronunziato in tal senso365 - , allora S. Tommaso, pur con i suoi limiti, resta uno dei momenti più importanti nella storia della mariologia in sé ed un raro esempio di equilibrata sintesi tra Bibbia, tradizione patristica e sforzo speculativo.

Nessuna meraviglia, quindi, se « i suoi principi son divenuti le colonne sopra le quali santi come Antonino di Firenze, Bernardino da Siena, Alfonso ed altri; e teologi come Dionigi il Certosino, S. Pietro Canisio, Suarez, De-Vega, Cartagena, Petavio, Novato e molti altri hanno edificato le loro particolari elucubrazioni intorno alla dignità e privilegi della beatissima Vergine e pubblicato opere meravigliose … ».366

P. GUGLIELMO DI AGRESTI O. P.

Indice

299 Cfr. R. LAURENTIN, Compendio di Mariologia, Roma, 1964.
300 Vitae Fratrum, a cura di A. Ferma, Bologna, 1963.
301 Cfr. G. Di AGRESTI, Il senso della mediazione mariana nella cronistoria domenicana di G. De Frachet », in Tabor XIII (1959); « Notre-Dame et les premiems dominicaines selon les Vitae Fratrum », In Marie, 1959, pp. 255-257.
302 Cfr. A. Duval, La dévotion mariale dans l'Ordre des Frères Précheurs, in Marie; etudes sur la Sainte vierge sous la direction d'H. Du Manoir, t. II, Parigi, 1952, pp. 739-782; G. DI AGRESTI, La Madonna e l'Ordine Domenicano, Roma, 1969, pp. 13-55.
303 Ibid., pp. 56 ss. Per le dipendenze dottrinali cfr. O. LE BRAS, Das Abhc'ingigkeil des hl. Thomns son Aquin von Albertus Magnus und Bonaventura im dritten Buche des Sentenzenkommentar, Wurzburg, 1936.
304 PRÜMMER-LAURENT, Fontes Vitae S. T. Aq., II, pp. 67-68.
305 Cfr. P. MANDONNET, La carême de S. T. à Naples in S. Tommaso d'Aquino, Miscellanea Storico-Artistica, Roma, 1924, P. 207
306 PRÜMMER.LAURENT, Fontes Vitae S. T. Aq., II, p. 170.
307 Ibid., VI, p. 587.
308 Cfr. A. ZUCCHI, in S. Tommaso d'Aquino, Miscellanea, p. 305.
309 Cfr. B. Da BÀRTHOLOMEIS, Laudi drammatiche e rappresentazioni sacre, Firenze, 1943, II, pp. 44 ss.
310 Cfr. H. BARRÉ, Marie et l'EgLise du vénerable Béde a saint Albert , in Bulietin de la Société francaise d'études mariales, IX (1951), pp. 59-143; R. LAURENTIN, Compendio, pp. 91-107.
311 Cfr. O. ROSCHINI, Mariologia, I, Roma. 1947, pp. 13.15.
312 Cfr. J. M. NICOLAS, i Théologie Mariale in, In Rev. Thom. LI (1951), p. 209.
313 Cfr. C. DILLESORNEIDER, Le sens de la foi et Le progrès dogmetique du mysare mariale, Roma, 1954; 0. JOURNET, Esquisse du développement du dogme mariale, Parigi, 1954; It. HOLSTEIN, i Le developpement du dogme marial., in Marie, Ètude, 1961, VI, pp. 243 ss
314 Cfr. G. JOUASSARD, "Marie a travers la patristique: Maternité divine, virginité, Sainteté", In Marie, Études, 1949, I, pp. 71-157
315 Cfr.. J. LEBRETON, Le désacoord de la foi populaire et de la théologie savante dans l‟église chrétienne du III siècle, In Revue d'hist. ecclés., XX (1924), p. 34.
316 Cfr. A. D‟ALÉS, Le dogme d'Éphése, Parigi, 1931, pp. 150 ss.
317 Cfr. DILLESCHNEIDER, Le sens e la foi, p. 170.
318 Cfr P. GALTIER, in Rech. de sciencese rel., XXIII (1933), pp. 45 ss.
319 Cfr. P. GALTIER, L'unité du Christ(, Parigi, 1939, pp. 2 ss.
320 Cfr 11. M. MANTEAU-BONAMY, Maternité divine et Incarnation. Étude historique et doctrinale de Saint Thomas nos jours, Parigi, 1949. Tale studio è tra i migliori insieme a quello di J. NICOLAS, Le concept intégral de maternité divine, Saint Maximin 1937. Sulle differenze tra I due cfr. Revue Thomiste, LI (1951), pp. 214 - 222.
321 Cfr. F. MARGOTT, Die Manoloqie des hl. Thomas von Aquin, Friburgo, 1878, trad. Ital. Piacenza, 1882, pp. 9-10.
322 Cfr. per altri temi mariologici, quale l‟assuuzione, la mediazione, la corredenzione, ecc., il sintetico panorama di R. LAURENTIN, Compendio di Mariologia, p. 93 ss.
323 Cfr. ,Smirn. I, I ; Efes. 7, 2 ; 19, 1 ; Magn. 11, 1 Trail. 9, 1.
324 Ctr. G. JOUASSARD, "Marie à traver la patristique , pp. 73-74; idem, La théologie mari ale de Saint Irénée, in Acces du VII Congres marial national, Lione, 1954, pp. 255-276; J. CARON, La Mariologie de Saint Irénée, Lione, 1932; B. PRZYBYNSKI, De Mariologia zanci Irenaei Lugdunensi, Roma, 1937 ; N. MOHOLY, i Saint Irenaeus, the Father of manology., in Studia Mariana, VII, Burlington, 1952, pp. 129-187; sul tema Eva-Maria, cir. lndic. bibl. in LAURENTIN, op. cit., p. 243.
325 Cfr. G. JOUASSARD, "Marie à travers la patristique", p. 76.
326 Sulla verginità nel parto per gli scritti apocrifi, cfr.J. C. PLUMPE, "Some little Known early witnesses to Marys Virginitas in partu", in Theological studies IX (1948), pp. 567-577.
327 Cfr. ML, 9, 921-922.
328 Cfr. JOUASSARD, art. cit., p. 102, nota 7.
329 Ibid.
330 Maria virgo incorrupta concepit, post conceptum virgo peperit, post partum virgo permansit ,lib. II, Trace. VIII, 2, ML 11, 414-415.
331 ML 23, 183-206.
332 ML 6, 305-334.
333 JOUASSARD, art. cit., p. 113.
334 De Natura Gratia, c. 36. ML 44, 267.
335 Opus imperfectum, IV, 122, ML 45, 1417.
336 Cfr. P. FRIEDRICH, Die Mariologie des hl. Augustinus, Colonia, 1907, pp. 199 ss.
337 Cfr. De peccatorum meritis et remissione, Il, 38, ML 44, 174-176.
338 Cfr. V. A. MITCHEL, The Manologie of. St.John Damascene, Turnhout, 1030; C. CHEVALIER, La mariologie (Le saint Jean Damascene, Roma, 1936; V. GRUMEL, La mariologie de saint Jean Damasene in Echos d'Orient, XL (1937), pp. 318- 346.
339 Cfr. NILUS A SANCTO BROCARDO, De maternitate divina … Nestorii Constantinopolitani et Cyrilli Alexandrini sententia, Roma, 1944.
340 Cfr. I. BACKES, Die Christologie des hl. Thomas von Aquin und dir griechischen Kirchenväter, Paderbon, 1931; P. RENAUDIN, "La théologie de Saint Cyrille d'Alexandrie d‟après Saint Thoma", In Rev. Thom., XXXVI (1936), pp. 73-33; J. VOSTÉ, «De investigandis fontibus, patristicis S. Thomae» , in Angelicum, 1937, pp. 417-434.
341 Cfr. MORGOTT, Dir Mariologie, pp. 9 s.
342 Cfr. H. BARRÉ, "Marie et l‟Église du Vénérable Béde Saint Albert", In Bulletin de la Societé francaise d'études maria1es, XX (1951), pp. 59-143, il più completo; per l'ambiente più immediatamente vicino a S. Tommaso cfr. B. KOROAK, Mariologia S. Alberti Magni eiusque coaequalium Roma, 1954.
343 Cfr. P. GLORIEUX, Repertoire des Maîtres en théologie de Paris au XIII siècle, Parigi, 1934, t. I, p. 63.
344 Ibid., t. XI, pp. 15-38.
345 Cfr. MÀNTEAU-BONAMY, op. cit., pp. 19 ss.
346 Cfr. dello stesso S. Tommaso 3 Sent., d. 1, q. 1, a. 1.
347 MANTEAU-BONAMY, op. cit., p. 54.
348 Cfr. P. MANDONNET, "Cronologie sommaire de la vie et des oeuvres de S. Thomas" in R.S. Ph. Théol., 1920, pp. 140-152
349 III, q. 33, a. 3, ad 3.
350 III, q. 33. a. 4.
351 Cfr. MANTEAU-BONAMY, op. cit.. p. 112
352 Cfr. M. J. Nicolas, Essai de Synthèse mariale., in Maria, Ètudes, I, pp. 718-719.
353 Cfr. Morgott, op. cit., p. 9.
354 Vedi P. Da BÉRULLE, Le grandezze di Maria, Milano, 1949, pp. 59-121.
355 Vedi l'elenco di tutti i passi tratti dalle altre opere di S. Tommaso su questi temi, in O. Roschini, La mariologia di San Tommaso, Roma, 1950, pp. 15-24.
356 Cfr. Su tali sforzi disperati J. A. ROBILIIARD, in R. Sc. Ph. Th., 1955, pp. 464-465.
357 Cfr. LAURENTIN, Compendio, pp. 103-104.
358 Cfr. K. RAHNER, Le principe fondamental de la theologie mariale , in Rcv.de Scienee religieuse, LXII (1954), pp. 508-509 : cfr. altre indicazioni in LAURENTIN. Compendio, pp. 238-239, ed in maniera più sistematica e completa per tutti i problemi mariologici dei nostri giorni O. BESUTTI, Note di Bibliografia mariana , in Marianum, IX (1947), pp. 115-137 ; idem, Bibliografia mariana, Roma, 1950-1959, III; In fine T. M. BARTOLOMEI, Esame critico-costruttivo delle varie tendenze sul primo principio mariologico, in Divus Thomas (Pino.) LXXXVI (1965), pp. 321-368.
359 Cfr. G. DE BROGLIE, "Le principe fondameutal de la théologie mariale‟, in Maria, etudes, VI, pp. 299-365.
360 Cfr. R. LAURENTIN, La question mariale, 1963, p. 28; A. MULLER, Fragen imd Aussichten der heutigen Mariologiel, in Fragen der Theoloile heute, 1958, p. 301.
361 Vedi in opposizione agli autori precedenti A. ALDAMA. De quaestione mariali in hodierna vita Ecclesiae, 1964; 0. ROSCHINI, "La cosidetta Questione mariana", in Marianum XXVI (1964), nn. I-II pp. 53-112.
362 Vedi P. BERNARD, La maternité spirituelle de Marie et la pensée de Saint Thomas, In Bull. de la Soc. franc. d‟études mariales, I (1935), p. 105, soprattutto al paragrafo IV, ove parla di un plan d‟après s. Thomas d'un théologie du mystère de Marie; cfr. lbid., con identiche osservazioni PHILIPON, II (1936), p. 237.
363 Cfr. R. LAURENTIN, La question mariale, 1963, p. 28; A. MULLER, Fragen imd Aussichten der heutigen Mariologiel, in Fragen der Theoloile heute, 1958, p. 301.
364 Cfr. ROSCHINI, La mariologia di S. T., p. 38.
365 Cfr. PIO XII, Allocuzione al Congresso mariologico) internazionale‟, In Ari. Apost. Sed. XLVI (1954), pp. 679-680; CONC. VATIC. II, Optatam totius, n. 16.
366 Cfr. MORGOTT, Die Mariologie, p. 10. In questi ultimi tempi ai problemi mano- logici gi discussi nella tradizione se ne sono aggiunti altri e con prospettive diverse, soprattutto col Vaticano TI, per restare nell'ambito del magistero ecclesiastico. A tal riguardo cfr.: R. LAURENTIN, La Madonna del vaticano 11, Bergamo 1965 ( interessante per le vicende conciliari e l'esegesi del c. VIII della Lumen gentium ); due arti. coli dl 0. Barallna e J. Galot, in La Chiesa del Vaticano II, Vallecchi 1965. pp. 1137- 1171 ( commento e bibliografia su detto capitolo ); D. BERTETTO, Maria Madre universale nella storia della salvezza, Firenze, 1969 ( trattazione sistematica con prospettive ecumeniche ).