Summa Teologica - III

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Articolo 2 - Se per la redenzione del genere umano fosse necessaria l'incarnazione del Verbo di Dio.

In 3 Sent., d. 4, q. 3, a. 1, ad 3; In 4 Sent., d. 10, q. 1, a. 1, ad 3; C. G., IV, cc. 54, 55; C. err. Graec., c. 5; Comp. Theol., cc. 200, 201; In Psalm. 45

Pare che per la redenzione del genere umano non fosse necessaria l'incarnazione del Verbo di Dio.

Infatti:

1. Il Verbo divino, essendo Dio perfetto, come vedemmo nella Prima Parte [ q. 27, a. 2, ad 2 ], non acquistò alcuna virtù mediante il corpo che assunse.

Se dunque il Verbo divino riparò la nostra natura incarnandosi, l'avrebbe potuta riparare anche senza prendere un corpo.

2. Per la redenzione della natura umana, caduta a causa del peccato, si richiedeva soltanto che l'uomo soddisfacesse per il peccato.

Dio infatti non deve esigere dall'uomo l'impossibile; ed essendo egli più incline a compatire che a punire, come imputa all'uomo l'atto del peccato, così pare che gli debba anche ascrivere a distruzione del peccato l'atto contrario.

Non era dunque necessario che per redimere la natura umana si incarnasse il Verbo di Dio.

3. La salvezza dell'uomo dipende principalmente dal suo rispetto verso Dio, come ricorda la S. Scrittura [ Ml 1,6 ]: « Se sono il padrone, dov'è il timore di me? Se io sono padre, dov'è l'onore che mi spetta? ».

Ma il rispetto verso Dio nasce negli uomini in seguito alla considerazione della sua assoluta trascendenza e della sua lontananza dai sensi umani; si legge infatti nei Salmi [ Sal 113,4 ]: « Su tutti i popoli eccelso è il Signore; più alta dei cieli è la sua gloria ».

E poco dopo [ Sal 113,5 ] « Chi è pari al Signore nostro Dio? ».

Che Dio dunque si faccia simile a noi assumendo la nostra carne non pare che giovi alla salvezza umana.

In contrario:

Ciò che libera dalla perdizione il genere umano è necessario alla salvezza umana.

Ora, tale è il mistero dell'incarnazione divina, come dichiara il Vangelo [ Gv 3,16 ]: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna ».

Quindi per la salvezza umana era necessario che Dio si incarnasse.

Dimostrazione:

Un mezzo può essere necessario a un certo fine in due modi: o così che senza di esso non si può ottenere il fine, come il cibo è necessario alla conservazione della vita umana, oppure nel senso che il mezzo agevola il raggiungimento del fine, come è necessario un cavallo per un viaggio.

Ora, l'incarnazione di Dio non era necessaria per la redenzione della natura umana nel primo modo, avendo potuto Dio redimerci con la sua onnipotenza in molte altre maniere.

L'incarnazione era invece necessaria per la redenzione umana nel secondo modo.

Da cui le parole di S. Agostino [ De Trin. 13,10.14 ]: « Noi mostriamo che a Dio non mancavano altri mezzi, poiché tutto sottostà ugualmente al suo potere, ma che d'altra parte egli non ne ebbe un altro più conveniente per sanare la nostra miseria ».

E tale convenienza può rilevarsi rispetto all'avanzamento dell'uomo nel bene.

Primo, quanto alla fede, che acquista una maggiore sicurezza per il fatto che si crede allo stesso Dio che parla.

Per cui S. Agostino [ De civ. Dei 11,2 ] afferma: « Perché l'uomo con più fiducia accedesse alla verità, la Verità stessa, il Figlio di Dio, facendosi uomo gettò le fondamenta della fede ».

- Secondo, quanto alla speranza, che nell'incarnazione trova il suo stimolo più efficace: « Nulla », dice infatti S. Agostino [ De Trin. 13,10.14 ], « era tanto necessario a infonderci speranza quanto la dimostrazione del grande amore che Dio ci porta.

Ma quale segno poteva essere più chiaro della degnazione del Figlio di Dio a unirsi con la nostra natura? ».

- Terzo, quanto alla carità, che nell'incarnazione trova il suo massimo incentivo.

Da cui le parole di S. Agostino [ De cat. rud. 4.7 ]: « Quale fine più grande ha la venuta del Signore se non quello di manifestarci l'amore di Dio per noi? ».

E conclude: « Se poteva costarci l'amare, che almeno non ci costi il riamare ».

- Quarto, rispetto al ben operare, nel quale con l'incarnazione Dio stesso si è fatto nostro modello.

« Avevamo l'obbligo », spiega infatti S. Agostino [ Serm. 371,2 ], « di seguire non l'uomo che vedevamo, ma Dio che non vedevamo.

Per dare quindi all'uomo di poter vedere chi doveva seguire, Dio si fece uomo ».

Quinto, quanto alla piena partecipazione della divinità, che è la vera beatitudine dell'uomo e il fine della sua vita.

E questa piena partecipazione ci viene conferita attraverso l'umanità di Cristo: infatti « Dio si è fatto uomo perché l'uomo divenisse Dio », scrive S. Agostino [ Serm. supp. 128 ].

Altrettanto utile era l'incarnazione anche per allontanare l'uomo dal male.

Primo, in quanto essa persuade l'uomo a non stimare il diavolo, che è il primo artefice del peccato, superiore a se stesso, e a non prestargli ossequio.

Per cui avverte S. Agostino [ De Trin. 13,17.22 ]: « Dal momento che la natura umana poté essere unita a Dio così intimamente da divenire con lui una sola persona, non osino quei superbi spiriti maligni anteporsi all'uomo vantandosi della loro incorporeità ».

- Secondo, l'incarnazione ci insegna quanto sia grande la dignità della natura umana, affinché non la macchiamo peccando.

« Dio ci ha mostrato quale eminente posto abbia tra le realtà create la natura umana, apparendo tra gli uomini come un vero uomo », afferma S. Agostino [ De vera relig. 16.30 ].

E il papa S. Leone [ Serm. 21,3 ] ammonisce: « Riconosci, o cristiano, la tua dignità, e fatto partecipe della natura divina non tornare all'antica miseria con un'indegna condotta ».

- Terzo, per distogliere l'uomo dalla presunzione « viene esaltata in Cristo uomo la grazia divina, non preceduta da merito alcuno », come rileva S. Agostino [ De Trin. 13,17.22 ].

- Quarto, perché, come aggiunge il medesimo Santo, « una così grande umiltà di Dio è in grado di riprendere e di guarire la superbia dell'uomo, che è l'impedimento più grave per la sua adesione a Dio ».

- Quinto, l'incarnazione giovò a liberare l'uomo dalla schiavitù [ del peccato ].

E ciò doveva avvenire, dice S. Agostino [ De Trin. 13, cc. 13,14 ], « in modo che il diavolo fosse vinto dall'uomo Cristo Gesù »: il che avvenne attraverso la soddisfazione offerta da Cristo per noi.

Un puro uomo infatti non avrebbe potuto soddisfare per tutto il genere umano; d'altra parte Dio non doveva soddisfare: era quindi necessario che Gesù Cristo fosse Dio e uomo.

Da cui le parole di S. Leone papa [ l. cit. ]: « La potenza assume la debolezza, la maestà l'abiezione: di modo che in corrispondenza ai nostri bisogni un solo e medesimo mediatore fra Dio e gli uomini potesse morire e risorgere grazie agli opposti attributi.

Se infatti non fosse vero Dio, non porterebbe il rimedio; se non fosse vero uomo, non ci darebbe l'esempio ».

Ci sono poi moltissimi altri vantaggi derivati dall'incarnazione, al di sopra della comprensione umana.

Analisi delle obiezioni:

1. L'obiezione si fonda sul primo tipo di necessità, quella cioè di un mezzo indispensabile per ottenere l'effetto.

2. Una soddisfazione può dirsi sufficiente in due modi.

Primo, in maniera perfetta, in quanto è « condegna », ossia compensa adeguatamente la colpa commessa.

E in questo senso non poteva essere sufficiente la soddisfazione di un puro uomo, poiché tutta la natura umana era stata corrotta dal peccato, e il merito di una o anche di più persone non poteva compensare alla pari il danno di tutta la natura.

Inoltre il peccato commesso contro Dio acquista una certa infinità a motivo dell'infinità della maestà divina: l'offesa infatti è tanto maggiore quanto più grande è la persona verso cui si manca; era quindi necessario per una soddisfazione adeguata che l'azione del riparatore avesse un'efficacia infinita, quale è appunto l'azione di un uomo-Dio.

Secondo, una soddisfazione può dirsi sufficiente in maniera imperfetta, ossia relativamente all'accettazione da parte di chi se ne accontenta, anche se non è adeguata.

E in questo senso può essere sufficiente la soddisfazione di un puro uomo.

Tuttavia, poiché ogni cosa imperfetta presuppone qualcosa di perfetto su cui reggersi, è dalla soddisfazione di Cristo che prende efficacia la soddisfazione di ogni puro uomo.

3. Dio, assumendo la carne, non ha sminuito la propria maestà, e quindi neppure il motivo del rispetto che gli è dovuto.

Anzi, questo risulta accresciuto per la maggiore conoscenza che abbiamo di lui: poiché per il fatto stesso che ha voluto avvicinarsi a noi assumendo la carne, ci ha attratti a conoscerlo di più.

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