Summa Teologica - III

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Articolo 4 - Se la passione di Cristo abbia causato la nostra salvezza sotto forma di redenzione

Infra, a. 6, ad 3; In 3 Sent., d. 19, a. 4, sol. 1; In Rom., c. 3, lect. 3

Pare che la passione di Cristo non abbia causato la nostra salvezza sotto forma di redenzione, o di riscatto.

Infatti:

1. Nessuno compra o riscatta cose che non hanno mai cessato di appartenergli.

Ora, gli uomini non cessarono mai di appartenere a Dio; poiché, come si legge nei Salmi [ Sal 24,1 ]: « Del Signore è la terra e quanto contiene, l'universo e i suoi abitanti ».

Quindi Cristo non ci ha riscattati con la sua passione.

2. Secondo S. Agostino [ De Trin. 13,13.17 ], « il demonio doveva essere sconfitto da Cristo con la giustizia ».

Ma la giustizia esige che chi ha rapito con l'inganno i beni altrui ne venga privato: poiché « la frode e l'inganno non devono mai acquisire dei diritti », come dicono anche le leggi civili.

Siccome dunque il demonio aveva sottomesso a sé con l'inganno una creatura di Dio, cioè l'uomo, pare che l'uomo non dovesse venire sottratto al suo dominio mediante un riscatto, o redenzione.

3. Chi compra o riscatta un oggetto deve dare una somma a chi lo possiede.

Ma Cristo non diede il suo sangue, che è il prezzo del nostro riscatto, al demonio, il quale ci teneva in schiavitù.

Quindi Cristo con la sua passione non ci ha riscattati o redenti.

In contrario:

S. Pietro [ 1 Pt 1,18s ] ha scritto: « Non a prezzo di cose corruttibili, quali l'argento e l'oro, foste riscattati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia ».

E S. Paolo [ Gal 3,13 ] afferma: « Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi ».

Ora, si dice che egli divenne maledizione per noi in quanto per noi patì sulla croce, come si è notato sopra [ q. 46, a. 4, ad 3 ].

Perciò con la sua passione egli ci ha riscattati.

Dimostrazione:

In forza del peccato l'uomo aveva contratto due obbligazioni.

Innanzitutto quella della schiavitù del peccato: poiché « chiunque commette il peccato è schiavo del peccato », secondo l'affermazione evangelica [ Gv 8,34 ]; e S. Pietro [ 2 Pt 2,19 ] scrive che: « Uno è schiavo di ciò che lo ha vinto ».

Avendo perciò il demonio sconfitto l'uomo inducendolo al peccato, l'uomo si era reso schiavo del demonio.

- Secondo, l'uomo aveva contratto il reato della pena in rapporto alla giustizia di Dio.

E anche questa è una specie di schiavitù: poiché rientra nella schiavitù il dover subire ciò che non si vuole, essendo proprio dell'uomo libero il disporre a piacimento di se stesso.

Essendo quindi la passione di Cristo una soddisfazione sufficiente e sovrabbondante per il peccato e per il reato del genere umano, la sua passione fu come il prezzo del riscatto grazie al quale siamo stati liberati da queste due obbligazioni.

Infatti la soddisfazione che uno offre per sé o per altri viene considerata come un compenso mediante il quale uno si redime dal peccato e dalla pena, secondo le parole del profeta [ Dn 4,24 ]: « Riscatta i tuoi peccati con l'elemosina ».

Ora, Cristo ha soddisfatto [ per noi ] non già dando del danaro, o cose simili, ma dando per noi la cosa più grande, cioè se stesso.

Si deve quindi dire che la passione di Cristo è il nostro riscatto o redenzione.

Analisi delle obiezioni:

1. L'uomo può appartenere a Dio in due modi.

Primo, in quanto è soggetto al suo potere.

E in questo modo l'uomo non cessò mai di appartenere a Dio; poiché sta scritto [ Dn 4,22.29 ]: « L'Altissimo domina sul regno degli uomini, e lo dà a chi vuole ».

- Secondo, per l'unione con lui mediante la carità.

Da cui le parole di S. Paolo [ Rm 8,9 ]: « Se uno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene ».

L'uomo quindi non cessò mai di appartenere a Dio nel primo modo.

Nel secondo invece smise di appartenergli col peccato.

In quanto dunque fu liberato dal peccato mediante la soddisfazione data da Cristo, si dice che l'uomo fu redento dalla passione di Cristo.

2. Col peccato l'uomo si era obbligato verso Dio e verso il demonio.

Con la colpa infatti egli aveva offeso Dio, e si era sottomesso al demonio, cedendo a lui.

Perciò con la colpa egli non era divenuto servo di Dio, avendo rinnegato tale servitù, ma era piuttosto incorso nella schiavitù del demonio, permettendo Dio giustamente questo fatto per l'offesa commessa contro di lui.

Quanto al castigo invece l'uomo aveva contratto un obbligo innanzitutto verso Dio, quale giudice supremo, e poi verso il demonio, quale giustiziere.

E ciò secondo l'accenno evangelico [ Mt 5,25 ]: « Perché il tuo avversario non ti consegni al giudice, e questi al carceriere », « cioè all'angelo crudele del castigo », come spiega il Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 11 ].

Sebbene quindi il demonio, da parte sua, tenesse ingiustamente sotto di sé l'uomo, ingannato dalla sua astuzia, sia quanto alla colpa che quanto al castigo, tuttavia era giusto che l'uomo subisse ciò per divina permissione quanto alla colpa, e per divina disposizione quanto al castigo.

Perciò la giustizia esigeva che l'uomo venisse redento in rapporto a Dio, non già in rapporto al demonio.

3. Essendo la redenzione, o riscatto, richiesta per la liberazione dell'uomo in riferimento a Dio, e non invece in riferimento al demonio, il prezzo del riscatto doveva essere pagato non al diavolo, ma a Dio.

E così si deve dire che Cristo offrì il suo sangue, che è il prezzo della nostra redenzione, non al diavolo, ma a Dio.

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