Supplemento alla III parte

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Articolo 3 - Se ai morti giovino i suffragi fatti dai peccatori

Pare che ai morti non giovino i suffragi fatti dai peccatori.

Infatti:

1. Nel Vangelo [ Gv 9,31 ] si legge: « Dio non ascolta i peccatori ».

Ma se le loro preghiere giovassero a quelli per i quali sono formulate, essi sarebbero esauditi da Dio.

Quindi i suffragi che essi fanno non giovano ai morti.

2. Dice S. Gregorio [ Past. 1,10 ] che « quando si manda a intercedere uno che non gode del favore di colui a cui viene rivolta la preghiera, si provoca a cose peggiori l'animo di chi è adirato ».

Ora, qualsiasi peccatore dispiace a Dio.

Perciò i suffragi da lui fatti non inducono il Signore a misericordia.

Quindi tali suffragi non giovano.

3. Un'opera buona reca più utilità a chi la fa che a qualunque altro.

Ma il peccatore con le sue opere non può meritare in alcun modo per sé.

Molto meno dunque può meritare per gli altri.

4. Ogni opera meritoria deve essere vivificata, ossia « informata dalla carità ».

Ma le opere del peccatore sono morte.

Quindi non possono giovare ai morti, ai quali sono destinate.

In contrario:

1. Nessuno può sapere con certezza assoluta se un altro è in stato di grazia o di colpa.

Se quindi giovassero solo i suffragi di quelli che sono in grazia, uno non potrebbe sapere a chi chiedere suffragi per i suoi defunti.

E così molti si asterrebbero dal procurare i suffragi.

2. Dice inoltre S. Agostino [ Enchir. 110 ] che un morto riceve dai suffragi tanto giovamento quanto meritò di riceverne quando era in vita: quindi il valore dei suffragi è proporzionato [ solo ] alle condizioni di colui per cui vengono fatti.

Perciò, come sembra, non ha importanza che siano fatti dai buoni o dai peccatori.

Dimostrazione:

Nei suffragi fatti da coloro che non sono in grazia si possono considerare due cose.

Primo, l'opera compiuta: ad es. il sacrificio dell'altare.

Ora, questo giova come suffragio per i defunti anche se compiuto da peccatori, poiché i nostri sacramenti hanno efficacia per se stessi a prescindere dal valore di chi li compie.

Secondo, l'opera quale atto dell'operante.

E allora bisogna distinguere.

Poiché l'opera del peccatore che fa i suffragi, considerata in primo luogo come sua, non può essere in alcun modo meritoria né per sé né per gli altri.

- Ma il peccatore che fa i suffragi può essere considerato quale rappresentante di un altro.

Il che può accadere in due modi.

O in quanto il peccatore che fa i suffragi rappresenta tutta la Chiesa, come il sacerdote che compie le esequie per i morti.

In questo caso dunque, siccome l'azione appartiene a colui in nome del quale viene fatta, come dice Dionigi [ De cael. hier. 13,4 ], è chiaro che i suffragi di detto sacerdote, anche se peccatore, giovano ai defunti.

- In un altro modo l'opera può essere di un altro quando chi la compie agisce come suo strumento.

Infatti l'azione viene attribuita, più che allo strumento, all'agente principale.

Perciò anche se chi funge da strumento non è in istato di poter meritare, l'azione può nondimeno essere meritoria a motivo dell'agente principale: come un servo che, trovandosi in peccato, fa una qualsiasi opera di misericordia per ordine del padrone che vive in grazia di Dio.

Per cui se qualcuno, morendo in stato di grazia ordina che gli vengano fatti dei suffragi, oppure lo ordina un altro nelle stesse disposizioni, questi valgono per il defunto anche se chi li fa si trova in peccato.

Tuttavia essi varrebbero di più se chi li compie fosse in grazia di Dio: perché allora quelle opere sarebbero doppiamente meritorie.

Analisi delle obiezioni:

1. La preghiera fatta da un peccatore in certi casi non è del peccatore, ma di un altro.

Perciò da questo lato essa è degna di essere esaudita dal Signore.

Talvolta poi anche i peccatori sono ascoltati da Dio, cioè quando chiedono ciò che a lui è gradito.

Il Signore infatti dispensa il bene non solo ai giusti, ma anche ai peccatori, come è detto nel Vangelo [ Mt 5,45 ]: non per i loro meriti, ma per la sua clemenza.

Perciò la Glossa [ interlin. di Agost. ], a commento delle parole del Vangelo di S. Giovanni [ Gv 9,31 ]: « Dio non ascolta i peccatori », dice che il cieco le pronunciò in quanto ancora « non unto », cioè come uno che non ci vedeva perfettamente.

2. La preghiera del peccatore, pur non essendo accetta a Dio per l'orante che dispiace, può tuttavia esserlo a motivo di un altro che egli rappresenta, o di cui esegue un ordine.

3. Se il peccatore che fa i suffragi non ne riporta alcun beneficio, lo deve alla propria indisposizione, che lo rende incapace di trarre tale giovamento.

Può tuttavia giovare in qualche modo ad altri che non sono indisposti, come si è visto [ nel corpo ].

4. Sebbene l'opera del peccatore non sia viva in quanto appartiene a lui, tuttavia lo può essere in quanto è di un altro, come è stato già spiegato [ nel corpo ].

Ma poiché le ragioni addotte in contrario sembrano concludere che è indifferente procurare i suffragi per mezzo dei buoni o dei cattivi, bisogna rispondere anche a queste.

5. [ S. c. 1 ]. È vero che non possiamo sapere con certezza se uno è in stato di grazia, ma è possibile congetturarlo in base a ciò che di lui appare all'esterno, poiché « l'albero si conosce dai frutti », come dice il Vangelo [ Mt 7,16ss ].

6. [S. c. 2]. Perché i suffragi valgano per un altro si richiede da parte di questi la capacità ricettiva che egli acquistò in vita per mezzo delle proprie opere buone.

E in questo senso parla S. Agostino.

Tuttavia si richiede anche la qualità dell'opera destinata al suffragio.

E questa non dipende da colui che deve usufruirne, bensì da colui che la compie, o che ordina di compierla.

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