Supplemento alla III parte

Indice

Articolo 1 - Se nei beati si debbano ammettere delle doti

Pare che nei beati non si debbano ammettere delle doti.

Infatti:

1. Secondo le leggi la dote va data allo sposo per sostenere i pesi del matrimonio.

Ora, i santi non rappresentano lo sposo, bensì la sposa, poiché sono membri della Chiesa.

Quindi ad essi non vengono date delle doti.

2. La dote, secondo la legge, non è data dal padre dello sposo, bensì dal padre della sposa.

Invece i doni della beatitudine vengono dati dal Padre dello Sposo, cioè di Cristo, secondo le parole di S. Giacomo [ Gc 1,17 ]: « Ogni buon regalo e ogni dono perfetto [ viene dal Padre della luce ] ».

Quindi tali doni che vengono fatti ai beati non vanno chiamati doti.

3. Nel matrimonio vengono offerte le doti per renderne più tollerabili i pesi.

Ma nel matrimonio spirituale non ci sono pesi: soprattutto nello stato della Chiesa trionfante.

Perciò in questo non si devono assegnare delle doti.

4. Le doti non vengono date che in occasione di un matrimonio.

Ora, il matrimonio spirituale con Cristo mediante la fede viene contratto nello stato della Chiesa militante.

Se quindi certe doti spettano ai beati, per la stessa ragione spetteranno anche ai santi che vivono sulla terra.

Ma a questi non spettano.

Quindi neppure ai beati.

5. Le doti rientrano tra i beni esterni, che vengono denominati beni di fortuna.

Invece i premi dei beati appartengono ai beni interiori.

Quindi non meritano il nome di doti.

In contrario:

1. S. Paolo [ Ef 5,32 ] scrive: « Questo mistero è grande: lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa »; dal che si rileva che il matrimonio spirituale viene significato da quello carnale.

Ora, nel matrimonio carnale la sposa è condotta dotata nella casa dello sposo.

Quindi, venendo i santi condotti nella dimora di Cristo quando entrano nella beatitudine, sembra che allora vengano dotati di certe doti.

2. Nel matrimonio carnale vengono assegnate delle doti per rendere gradevole il matrimonio.

Ma il matrimonio spirituale è più gradevole di quello carnale.

Quindi soprattutto ad esso spettano delle doti.

3. Gli ornamenti della sposa rientrano nella dote.

Ora, i santi entreranno nella gloria con i loro ornamenti, secondo le parole di Isaia [ Is 61,10 ]: « Mi ha rivestito delle vesti di salvezza, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli ».

Perciò nella patria i santi avranno delle doti.

Dimostrazione:

Senza dubbio quando i beati sono introdotti nella gloria ricevono da Dio dei doni a loro ornamento: e questi ornamenti sono stati dai maestri denominati « doti ».

Per cui della dote di cui ora parliamo viene data la seguente definizione: « La dote è un ornamento perpetuo dell'anima e del corpo, sufficiente alla vita e duraturo per sempre nell'eterna beatitudine ».

E questa descrizione ricalca il modello della dote materiale con cui la sposa viene ornata e provveduta nei riguardi del marito, in modo che questi possa nutrire la sposa e i figli; e tuttavia tale dote è conservata durevolmente dalla sposa, in modo da tornare ad essa in caso di dissoluzione del matrimonio.

Sul significato del nome ci sono però diverse opinioni.

Alcuni infatti affermano che il termine dote non deriva da alcuna analogia col matrimonio carnale, ma è desunto dall'uso comune di denominare dote ogni perfezione od ornamento di qualsiasi uomo: come ad es. chi possiede il sapere si dice che è « dotato di scienza ».

E in questo senso Ovidio [ Ars amat. 1,596 ] si è servito del termine dote in quel verso: « E con qualsiasi dote tu puoi piacere, cerca di piacere ».

Ciò però non è del tutto esatto.

Poiché ogniqualvolta un nome è posto a significare principalmente una data cosa, non c'è consuetudine di usarlo per altre cose se non secondo una certa analogia.

Ora, poiché secondo la sua prima istituzione il termine dote si riferisce al matrimonio carnale, è necessario che in qualsiasi altra accezione si riscontri un'analogia col significato principale.

Perciò altri dicono che l'analogia sta nel fatto che nel matrimonio si intende propriamente per dote il dono che viene fatto alla sposa da parte dello sposo quando questa viene condotta nella casa dello sposo, e che riguarda l'ornamento della sposa.

Ciò risulta ad es. dalle parole rivolte da Sichem a Giacobbe e ai suoi figli [ Gen 34,12 ]: « Aumentate pure molto la dote nuziale, e il valore del dono »; oppure da quel testo dell'Esodo [ Es 22,15 ]: « Se uno seduce una vergine ne pagherà la dote nuziale, e la prenderà in moglie ».

E così anche gli ornamenti donati da Cristo ai santi quando vengono introdotti nella dimora della gloria sono denominati doti.

Ciò però è in evidente contrasto con quanto dicono i giuristi, che sono competenti in questo campo.

Essi infatti dicono che la dote propriamente è « un donativo fatto dalla parentela della moglie a favore del marito, come contributo per l'onere del matrimonio che il marito sostiene » [ Raym. de Penn., Summa 4,25,1 ].

Invece ciò che lo sposo dona alla sposa viene chiamato « donativo in vista delle nozze ».

Ed è in questo senso che il termine dote è usato in quel passo del primo libro dei Re [ 1 Re 9,16 ] in cui si dice che « il Faraone, re d'Egitto, si impadronì di Gazer e la assegnò in dote alla figlia, moglie di Salomone ».

- Né contro questa interpretazione si possono invocare i testi citati sopra.

Sebbene infatti le doti vengano ordinariamente assegnate dai genitori della fanciulla, tuttavia talora capita che lo sposo, o il padre dello sposo, assegni lui la dote, sostituendosi al padre della fanciulla.

E ciò può capitare per due motivi.

O per un affetto straordinario verso la sposa: come nel caso di Hemor, il quale volle dare la dote che avrebbe dovuto ricevere per l'amore ardente di suo figlio verso la ragazza.

Oppure ciò può capitare come punizione per lo sposo, che debba cioè dare lui alla vergine da lui violata la dote che avrebbe dovuto dare invece il padre della ragazza.

E di ciò parla appunto Mosè nel testo citato.

Perciò secondo altri si deve concludere che la dote nel matrimonio carnale è propriamente quella assegnata dai parenti della sposa alla parentela dello sposo, per sostenere, come si è detto, gli oneri del matrimonio.

Ma allora rimane la obiezioni di vedere come tale assegnazione possa adattarsi al nostro caso: poiché gli ornamenti che si riscontrano nella beatitudine sono conferiti alla mistica sposa dal suo sposo.

Ciò verrà dunque chiarito nelle risposte alle obiezioni.

Analisi delle obiezioni:

1. Nel matrimonio carnale, sebbene la dote venga assegnata allo sposo quanto all'uso, tuttavia appartiene alla sposa quanto alla proprietà e al dominio: il che appare evidente dal fatto che in caso di dichiarazione di nullità del matrimonio la dote secondo le leggi rimane alla sposa.

E così anche nel matrimonio spirituale gli ornamenti concessi alla mistica sposa, ossia alla Chiesa nei suoi membri, appartengono al suo sposo in quanto ridondano a sua gloria e onore, ma spettano alla sposa quali suoi ornamenti.

2. Il Padre dello Sposo, ossia di Cristo, è la sola persona del Padre: invece il padre della sposa è tutta la Trinità.

Ora, gli effetti prodotti nelle creature spettano alla Trinità tutta intera, e quindi nel matrimonio spirituale le doti in parola, propriamente parlando, sono date più dal padre della sposa che dal Padre dello Sposo.

Questo conferimento però, sebbene venga prodotto da tutte le Persone, può essere appropriato a ognuna di esse sotto qualche aspetto.

Alla Persona del Padre quale donatore: poiché in lui risiede l'autorità; a lui inoltre va appropriata la paternità anche rispetto alle creature, per cui egli è insieme il Padre dello Sposo e della sposa.

Al Figlio invece in quanto il conferimento delle doti è a motivo di lui e per lui.

Allo Spirito Santo infine in quanto le doti vengono conferite in lui e in conformità con lui: infatti l'amore è la ragione di ogni dono.

3. Alle doti va attribuito di per sé ciò di cui di per sé sono causa, cioè il fatto di rendere gradevole il matrimonio; va invece loro attribuito per accidens ciò che da esse viene eliminato, cioè il peso del matrimonio, che viene appunto alleviato dalle doti: come alla grazia spetta per se il rendere giusta una persona, mentre il rendere giusto un peccatore le spetta per accidens.

Sebbene quindi nel matrimonio spirituale non ci siano oneri, tuttavia si riscontra in esso un sommo godimento.

Ed è per rendere perfetto tale godimento che vengono conferite alla sposa delle doti, in modo che con esse si possa unire gioiosamente allo sposo.

4. Non c'è l'uso di assegnare la dote alla sposa nel fidanzamento, ma quando viene portata in casa dello sposo per godere della sua presenza.

Ora, fino a che siamo in questa vita « siamo in esilio lontano dal Signore » [ 2 Cor 5,6 ].

E così i doni concessi ai santi in questa vita non sono denominati doti: lo sono invece quelli che vengono loro conferiti quando sono trasferiti nella gloria, dove godono della presenza dello Sposo.

5. Nel matrimonio spirituale si richiede la bellezza interiore, secondo le parole del Salmo [ Sal 45,14 Vg ]: « Tutta la gloria della figlia del re è nell'interno », ecc.

Invece nel matrimonio carnale si richiede anche la bellezza esteriore.

Perciò non è necessario che nel matrimonio spirituale vengano assegnate doti di quel genere, come nel matrimonio carnale.

Indice