Supplemento alla III parte

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Articolo 5 - Se il fuoco dell'inferno da cui saranno tormentati i corpi dei dannati sia corporeo

Pare che il fuoco dell'inferno da cui saranno tormentati i corpi dei dannati non sia corporeo.

Infatti:

1. Il Damasceno [ De fide orth. 4,27 ] afferma: « Il diavolo, i suoi demoni e il suo uomo, cioè l'Anticristo, con gli empi e i peccatori, saranno consegnati al fuoco eterno, non già materiale, qual è quello esistente presso di noi, ma della specie che Dio conosce ».

Ora, ogni entità corporea è materiale.

Quindi il fuoco dell'inferno non potrà essere corporeo.

2. Le anime dei dannati, appena si separano dal corpo, vengono gettate nell'inferno.

Ora, S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,16.32 ] ha scritto: « Penso che sia spirituale e non corporeo » il luogo in cui viene trasportata l'anima dopo la morte.

Quindi quel fuoco non sarà corporeo.

3. Il fuoco corporeo nel suo modo di agire non segue la gravità della colpa di colui che ne è tormentato, ma piuttosto il grado di umidità o di secchezza: infatti vediamo che il giusto e l'empio sono bruciati allo stesso modo dal fuoco materiale.

Invece il fuoco dell'inferno nel suo modo di agire segue il grado di colpevolezza di colui che ne viene tormentato.

Per cui S. Gregorio [ Dial. 4 ] scrive: « Il fuoco della geenna è unico, ma non è unico il modo in cui esso tormenta i peccatori, poiché ognuno soffrirà tanta pena quanta ne esige la colpa ».

Perciò il fuoco suddetto non può essere corporeo.

In contrario:

1. In S. Gregorio [ ib., c. 29 ] si legge: « Io non dubito affatto che il fuoco della geenna, nel quale certamente sono tormentati i corpi, sia corporeo ».

2. Sta scritto [ Sap 5,20 ]: « Il mondo combatterà con lui contro gli insensati ».

Ma il mondo non combatterebbe tutto intero contro gli insensati se essi fossero puniti con delle pene solo spirituali e non corporali.

Quindi essi saranno puniti col fuoco materiale.

Dimostrazione:

Circa il fuoco dell'inferno ci furono molte opinioni.

Infatti alcuni filosofi, tra i quali Avicenna [ Met. 9,7 ], non credendo alla risurrezione dei corpi, pensarono che dopo la morte non ci sia altra punizione che quella dell'anima.

E poiché pareva ad essi impossibile che l'anima, essendo incorporea, venisse punita col fuoco materiale, negarono l'esistenza del fuoco materiale per la punizione dei reprobi, interpretando tutti i castighi di ordine materiale relativi alla pena delle anime dopo la morte in senso metaforico.

Come infatti il piacere e la gioia delle anime buone non avrà per oggetto alcuna realtà materiale, ma solo delle realtà spirituali, connesse col conseguimento del fine, così il tormento dei malvagi sarebbe soltanto spirituale, nel senso cioè che essi si addoloreranno per il mancato conseguimento del fine, di cui hanno il desiderio naturale.

Per cui come tutto ciò che viene detto sui piaceri delle anime dopo la morte, e sembra appartenere ai piaceri corporali, come ad es. rifocillarsi, ridere e altre cose del genere, così anche tutto ciò che viene detto circa la loro sofferenza, e sembra indicare un castigo corporale, va inteso in senso figurato: come quando si dice che bruciano nel fuoco, che sono tormentati dal fetore, e altre cose del genere.

Infatti i piaceri e i dolori spirituali, essendo sconosciuti alla massa, vanno presentati sotto la figura dei piaceri e dei dolori materiali, affinché gli uomini siano spinti maggiormente dal desiderio o dal timore di essi.

Ma poiché nel castigo dei dannati va considerata non solo la pena del danno, che corrisponde all'allontanamento [ da Dio ] che ci fu nella colpa, bensì anche la pena del senso, che corrisponde alla conversione [ alle creature ], non basta ammettere questo tipo di punizione.

Per cui lo stesso Avicenna [ l. cit. ] ne aggiunge un secondo, affermando che le anime dei malvagi dopo la morte saranno punite non dai corpi, ma dalle loro immagini: come nel sogno, per le suddette immagini presenti nell'immaginazione, all'uomo può sembrare di essere colpito da vari generi di sofferenze.

E a questo tipo di punizione sembra ricorrere anche S. Agostino nel De Genesi ad litteram [ 12, cc. 32,33 ].

Ciò però non sembra accettabile.

Poiché l'immaginazione è una facoltà che si serve di un organo corporeo, per cui è impossibile che tali immagini si producano nell'anima separata dal corpo come nell'anima di chi sogna.

E così lo stesso Avicenna [ l. cit. ], per evitare questo inconveniente, afferma che le anime separate dal corpo si servono come di un organo di qualche parte di un corpo celeste, a cui il corpo umano deve essere conforme per essere perfezionato dall'anima razionale, che è simile agli spiriti motori dei corpi celesti.

E in ciò egli segue in qualche modo l'opinione degli antichi filosofi, i quali affermavano che le anime ritornano alle stelle corrispettive

Ma ciò è del tutto assurdo, secondo l'insegnamento del Filosofo.

Poiché l'anima si serve di determinati organi corporei come l'arte si serve di determinati strumenti.

Essa quindi non può passare da un corpo a un altro, come voleva Pitagora, stando alle informazioni di Aristotele [ De anima 1,3 ].

- In che modo poi si deve rispondere a S. Agostino, lo vedremo più avanti [ ad 2 ].

Comunque però venga inteso il fuoco che tormenta le anime separate, si deve tuttavia in ogni modo affermare che il fuoco col quale saranno tormentati i corpi dei dannati dopo la risurrezione è corporeo: poiché a un corpo non può essere convenientemente applicata che una pena corporale.

Per cui S. Gregorio [ Dial. 4,29 ] prova che il fuoco dell'inferno deve essere corporeo in base al fatto stesso che i reprobi dopo la risurrezione vi saranno imprigionati.

E anche S. Agostino [ De civ. Dei, 21,10 ], come riferisce il testo delle Sentenze [ 4,44,6 ], dice chiaramente che il fuoco in cui saranno tormentati i corpi dovrà essere corporeo.

E di questo appunto noi ora stiamo trattando.

- Invece del modo in cui le anime dei dannati sono punite da questo fuoco corporeo abbiamo già parlato in precedenza [ q. 70, a. 3 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Il Damasceno non nega in modo assoluto che il fuoco suddetto sia materiale, ma dice che « non è materiale come quello che è presso di noi »: poiché se ne distingue per alcune proprietà.

Oppure si può rispondere che dal momento che tale fuoco non altera i corpi, ma esercita su di essi una funzione punitiva mediante un influsso spirituale, esso non è materiale: non già per la sua natura, ma per l'effetto punitivo sui corpi, e più ancora sulle anime.

2. La frase di S. Agostino può spiegarsi nel senso che il luogo dove vengono trasportate le anime dopo la morte non può essere detto materiale inquantoché l'anima esiste in esso non materialmente, ossia nel modo in cui i corpi si trovano in un luogo, ma in un modo diverso o spirituale, come possono essere localizzati gli angeli.

Oppure si può rispondere che S. Agostino parla in questo caso non già determinando, bensì esprimendo un'opinione: come fa spesso nel libro citato.

3. Il fuoco suddetto sarà uno strumento punitivo della giustizia divina.

Ora, uno strumento non agisce soltanto secondo la propria virtù e il proprio grado, ma anche in virtù dell'agente principale e in quanto è regolato da esso.

Perciò, sebbene il fuoco secondo la propria virtù non abbia la facoltà di tormentare di più o di meno secondo la gravità del peccato, riceve però tale facoltà per il fatto che la sua azione è regolata secondo l'ordine della divina giustizia.

Come anche il fuoco di una fornace viene regolato nella sua azione dall'abilità dell'artigiano, secondo le esigenze dell'effetto voluto dall'arte.

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