Sulla Povertà

1) L'esercizio della povertà, durante il tempo passato, ha dato luogo a qualche inconveniente?

2) La disciplina relativa si è dimostrata efficace, oppure sì è dimostrata sovente un formalismo?

3) Si è convinti che nella nostra condizione sia possibile, opportuno, importante l'esercizio della povertà come è disciplinato dalla nostra Regola?

4) In particolare che cosa si pensa dei permessi e dei rendiconti?

Norme interpretative

La povertà del catechisti è un esercizio dell'obbedienza, nello spirito di una totale disponibilità di se stesso all'apostolato, con tutte le rinunce che ne possono derivare.

Essa si fonda sull'atto di rinunzia a se stesso e ai beni temporali, che il catechista compie con la emissione dei voti.

Questa rinunzia non ha effetto giuridico nei confronti della società civile e non modifica la posizione sociale del catechista, che rimane proprietario e amministratore dei suoi beni.

Però lo priva del libero uso di qualunque bene, sia proprio che altrui, e del diritto di disporne.

Il voto pone dunque il catechista in una posizione analoga a quella degli amministratori di enti morali soggetti a tutela o degli economi delle case religiose.

La rinunzia effettuata con la professione religiosa obbliga in coscienza con la forza del voto, nei limiti di questo, e con la forza dello impegno a tendere alla perfezione, oltre a questi limiti.

Essa investe qualsiasi rapporto del catechista con i beni temporali, cioé con i beni aventi valore economico e valutabili in danaro ( cose, oggetti, diritti ecc. ) e riguarda il proprio patrimonio, le proprie rendite e i vantaggi derivanti da beni altrui.

La disciplina pratica della povertà nell'Istituto dei catechisti è attuata nel seguento modo:

I - Patrimonio

È il complesso dei beni dei quali il catechista è proprietario e può essere costituito da case, terreni, titoli, mobili, in dumenti, oggetti vari, diritti, brevetti, macchine, merci, aziende, partecipazioni, danaro ecc.

È rappresentato dall'inventario, nel quale i singoli beni sono descritti analiticamente e valutati in danaro al prezzo corrente e ne è indicata la destinazione.

Riguardo al patrimonio il catechista deve:

1°) presentarne l'inventario prima della professione;

2°) disporne con testamento prima della professione.

Il catechista compila il suo testamento con la massima libertà, osservando le norme della giustizia, della prudenza e della carità, tenendo presente obblighi e convenienze verso persone e istituzioni.

Non è obbligato a far conoscere il testamento ai superiori dell'Istituto, ma il giudizio e il consiglio di questi è assai opportuno.

Non è necessario che il testamento sia depositato presso l'Istituto, ma occorre cautelarsi che esso sia rinvenuto sicuramente a tempo debito da chi è interessato.

Dopo la professione il testamento non può più essere modificato senza il permesso dei superiori, giacché qualunque modifica costituisce un atto di disposizione dei propri beni.

3°) Amministrarlo con sollecitudine.

La negligenza nell'amministrare i propri beni è una mancanza contro la povertà, come la prodigalità e la dissipazione.

4°) Mantenerne l'attuale destinazione.

Ogni modifica dev'essere autorizzata, anche se non implica variazione nel valore.

È disponibile per le necessità ordinarie e nei limiti dei permessi la parte liquida rappresentata da denaro e da depositi provvisori di risparmio.

5°) Mantenerne l'entità.

Il patrimonio non può essere aumentato, né diminuito senza il consenso dei superiori dell'Istituto.

Quindi per accettare eredità o donazioni, effettuare acquisti, vendite, affitti, permute di beni, concedere o ricevere prestiti, pegni, ipoteche, garanzie, avalli ecc. occorre l'autorizzazione.

I superiori possono per giuste ragioni concedere al catechista di spogliarsi di una parte o anche di tutto il suo patrimonio, ad es. per aiutare qualche parente o qualche opera di bene, oppure per esercitare una povertà più stretta.

E parimenti possono concedergli di aumentarlo quando ne abbiano riconosciuta l'opportunità.

Il catechista imprenditore potrebbe quindi portare la sua azienda a grande sviluppo, però con le cautele ed alle condizioni stabilite dai superiori.

L'azienda amministrata dal catechista viene considerata come un'entità a se stante, di cui interessa unicamente conoscere, agli effetti della povertà il valore complessivo da segnare sull'inventario e l'utile annuo disponibile.

I superiori dell'Istituto non entrano nella gestione interna dell'azienda, ma nell'autorizzarne l'esercizio, lo sviluppo e la destinazione dell'utile.

Essi devono conoscere i bilanci e i criteri seguiti nella loro formazione.

La costituzione di riserve, palesi od occulte, e le operazioni straordinarie come l'apertura di filiali, l'assunzione di soci, i prestiti di miglioramento, la trasformazione giuridica del patrimonio ecc. devono essere autorizzate.

Non occorre invece autorizzazione particolare per le operazioni che costituiscono l'esercizio ordinario dell'azienda e non è richiesto di farne il rendiconto.

È sufficiente il permesso generale di gestire l'azienda e la presentazione del relativo bilancio annuale con l'indicazione dei criteri seguiti nel compilarlo.

Se le aziende amministrate sono diverse occorre presentare un bilancio per ognuna di esse.

II - Rendite

Sono indicati con questo termine tutti i cespiti di cui il catechista può disporre periodicamente ( stipendi, pensioni, interessi, dividendi, fitti, frutti ecc. ).

Riguardo ad esse il catechista ha l'obbligo:

1) di trasmetterne l'elenco ai superiori;

2) di destinarle all'uso indicato dai permessi;

3) di render conto della destinazione effettuata.

L'elenco dev'essere particolareggiato e trasmesso all'inizio di ogni anno, a cominciare da quello in cui si farà la professione.

Ogni modifica delle rendite dipendente dal catechista ( accettazione, cambio, rinuncia al lavoro, aumenti o riduzioni di interessi o di fitti, modifiche di contratti ecc. ) dev'essere autorizzata.

L'utilizzo delle rendite può avere le seguenti destinazioni:

1° - sopperire alle necessità proprie o a quelle delle persone a carico;

2° - formazione di risparmio a titolo di previdenza per la vecchiaia, invalidità, imprevisti oppure per la ricostituzione di capitale soggetto ad ammortamento o l'incremento di capitale destinato alla produzione;

3° - elemosina.

Tutto ciò che non è assorbito dalle voci 1) e 2) dev'essere attribuito alla voce 3).

Il tenore di vita del catechista dipende dalla sua condizione sociale e deve tendere ad esservi sempre alquanto inferiore.

È escluso ogni lusso e superfluità.

La determinazione del superfluo dipende dalla condizione sociale del catechista e dalla sua generosità, ma il giudizio definitivo spetta ai superiori dell'Istituto.