Francesco Fonti

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L'incarico di Presidente della Casa di Carità e le grandi ristrutturazioni

Francesco Fonti, in qualità di Presidente della Casa di Carità, fu promotore e/o sostenitore delle grandi svolte che hanno segnato in modo determinante la storia e gli sviluppi positivi della scuola, facendola sopravvivere alle crisi epocali che segnarono l'esaurimento di altri istituti analoghi.

Si tratta in sintesi di tre grandi iniziative: il sostegno economico all'introduzione del metodo simultaneo; la costruzione dei capannoni per i laboratori-officine di Torino e Grugliasco; l'avvio dei corsi di informatica.

In questo ambito non vogliamo certo sminuire il ruolo degli altri Catechisti, ma solo focalizzare l'attenzione sulle mosse "vincenti" realizzate da Francesco Fonti nel corso della sua lunga presidenza.

Intorno al 1960, i responsabili della scuola si resero conto che l'istruzione in officina giocava un ruolo fondamentale nella preparazione degli operai qualificati.

Perciò, onde evitare brutte sorprese, cominciarono ad assumere come istruttori alcuni ex allievi che entravano nella scuola dopo un periodo di tirocinio in fabbrica.

Nelle classi di Corso Brin un cattivo rendimento degli insegnanti teorici poteva creare grossi problemi, ma l'eventuale inattitudine degli istruttori di laboratorio mandava in crisi tutto il sistema d'apprendimento.

Quando Pietro Fonti, in collaborazione con il prof. Gianfranco Fiandra, introdusse il metodo simultaneo ( col quale il progresso nell'apprendimento teorico-pratico avviene in maniera omogenea e costante per ogni studente, senza accumulare ritardi individuali ) fu necessario raddoppiare il numero degli istruttori: da 1 ogni 24 allievi, si passò ad 1 ogni 12.

Allo stesso tempo, però, molti di questi, appartenendo alla vecchia generazione, non intendevano abbracciare il nuovo metodo che li avrebbe costretti a tempi e criteri di addestramento assai rigorosi.

Così, la maggior parte dei vecchi istruttori rassegnò le dimissioni.

Sostenere la scuola in questa fase critica di passaggio e spalleggiare i "riformatori" durante i confronti serrati che si accedevano nelle riunioni destinate a fissare la programmazione, non fu cosa facile; ma Francesco Fonti non si tirò mai indietro.

Gli istruttori anziani applicavano ad ogni gruppo delle "malizie" ( competenze di lavoro ) diverse e ad ogni cambio di docente i ragazzi si trovavano spiazzati.

Mancava l'uniformità del metodo.

I fratelli Fonti, Fiandra ed altri si resero conto che senza il ricorso ai fondamenti del lavoro di Taylor ( da applicarsi non alla produzione, ma alla formazione ) non si sarebbe arrivati a capo di nulla.

Il vecchio esperto meccanico o aggiustatore rifuggiva da questi discorsi e restava arroccato sulle sue "malizie"; mostrava il modo di procedere ( tecnica ), ma non spiegava le ragioni del suo operato ( teoria ).

Inoltre, col metodo Carrar ( la metodologia d'insegnamento delle scuole aziendali Michelin che, grazie alla mediazione di Claudio Brusa, innescò la prima grande svolta didattica della Casa di Carità ) si migliorava sensibilmente l'efficacia e la chiarezza dell'addestramento in officina.

L'istruttore realizzava il disegno del pezzo, passava al tornio, esponeva una e una sola sequenza della lavorazione; dopo di che diceva: "andate al tornio e fate altrettanto"; ciascuno dei 12 allievi, munito di un pezzo identico ( se ne rendevano necessari 12 uguali ), si metteva al lavoro su una macchina identica ( ce n'erano a disposizione 12 uguali ) e veniva seguito passo, passo nella ripetizione dell'operazione; quindi l'istruttore radunava nuovamente i dodici intorno a sé, mostrava una nuova sequenza e via di seguito.

Nelle programmazioni decise in precedenti riunioni, ogni fase dell'addestramento veniva "cronometrata" e caratterizzata da direttive molto precise, che l'istruttore doveva rispettare punto per punto.

Nei laboratori delle comuni scuole professionali non avveniva nulla di tutto questo. Non si seguiva un ritmo prestabilito: c'era l'allievo che progrediva, l'altro che si attardava.

Chi stabiliva i tempi d'apprendimento era l'elemento più brillante che risolvendo da sé i problemi, si "trascinava" dietro il resto del gruppo.

Ed è a lui che faceva riferimento il docente, assecondando una formazione dispersiva e poco produttiva.

Per portare avanti la rivoluzione del metodo simultaneo, Francesco e Pietro Fonti hanno dovuto selezionare un nuovo corpo di istruttori; non di rado, però, alcuni dei nuovi assunti, anche se giovani, rifiutavano di attenersi alla programmazione definita dal prof. Fiandra ( 5 minuti per questo, 3 minuti per quello, 2 ripetizioni per l'operazione semplice, 3 per quella complessa ecc. ), proprio perché faticavano ad entrare nell'ordine di idee preteso dai dirigenti della scuola.

In tutta questa vicenda, il ruolo di Francesco Fonti riguardò, in particolare, la gestione economica della riforma:

1) l'acquisto di nuove macchinari da laboratorio ( onde uniformare tempi e modi di addestramento );

2) l'acquisto di quantità maggiori di materiale ferroso ( lamiere, cilindri ecc. ) dovuto all'aumento del lavoro ( 35% in più ) e all'aumento degli orari d'istruzione ( del 25% )

3) l'aumento delle spese per il personale ( raddoppio degli istruttori e aggiunta di una segreteria destinata a fissare i cicli dei piani di lavoro, con relativo "collaudo" delle nuove programmazioni ).

Ognuna delle 12 squadre del primo anno ( composta di 12 allievi su un totale di 144 ) doveva avere a disposizione 12 trapani, 12 mole, 12 saldatrici tutte uguali, nonché una giacenza per l'eventuale sostituzione.

Fiandra, poi, si preoccupò di estendere questi criteri a tutti gli altri corsi.

Furono pure impiegati due addetti che approntavano i "pezzi" per il laboratorio, in modo che i ragazzi non perdessero tempo in lavorazioni di preparazione ( venivano forniti dei tubi, ad esempio, già predisposti per l'incisione ).

Francesco Fonti aveva apprezzato la "genialità" dell'idea: trasferire le tecniche di produzione dalla fabbrica alla scuola.

In questo modo gli allievi della Casa di Carità passavano con una facilità estrema dai corsi diurni o serali alla professione di operaio qualificato, proprio perché conoscevano i principi base della produzione.

Come Presidente della Casa di Carità, Francesco Fonti assunse anche la lodevolissima iniziativa di costruire i capannoni laboratorio di Torino ( 1 edificio ) e Grugliasco ( 2 edifìci ); per avviare i lavori, chiese ed ottenne il sostegno finanziario del Cavalier Tanzi, il noto proprietario della Parmalat, che era stato a suo tempo un ex allievo dei Fratelli S.C. ed in particolare di Fratel Gustavo Furfaro, da sempre molto vicino agli ambienti dell'Unione Catechisti.

A Grugliasco, Pininfarina senior ( carrozziere di fama mondiale ) già negli anni '60, per onorare un debito di gratitudine assunto coi Fratelli delle S. C., aveva comprato un terreno, posto a fianco di una villa storica in possesso della famiglia lasalliana, da adibire a centro culturale formativo: vi erano compresi un edificio scolastico, un capannone ed un campo da basket.

A questo punto i Fratelli della S. C., ai quali venne affidato il complesso, interpellarono Domenico Conti, allora Presidente dell'U. C., per avere dei dati più precisi sull'allestimento di un laboratorio ( il consulto fu fornito da Pietro Fonti ).

Dopo qualche tempo cedettero quei locali in comodato alla Casa di Carità.

Di lì a poco, col sostegno di Francesco, vennero eretti, a distanza di qualche anno uno dall'altro, due nuovi capannoni.

Il Presidente seguì i lavori molto da vicino, facendo la spola Torino-Grugliasco e mantenendo dei rapporti molto stretti con gli architetti responsabili.

Inoltre si impegnò in lunghe trattative coi Fratelli delle Scuole Cristiane, al fine di ottenere la proprietà degli immobili.

Il comodato era revocabile da un momento all'altro e la Casa di Carità non poteva proseguire dei lavori senza avere garanzie sulla loro destinazione finale.

La costruzione dei capannoni di Torino venne affidata all'arch. Bardelli, che a suo tempo aveva progettato la nuova sede di Corso Brin.

Da quel momento gli appuntamenti con gli architetti ed i vari responsabili si moltiplicarono.

Avendo, tra tutti i componenti della scuola, una maggiore esperienza dei rapporti tra spazi di lavoro e macchinari, Francesco doveva spesso intervenire sui vari dirigenti della Casa di Carità per far capire dove e come correggere i progetti di costruzione e gli eventuali ampliamenti delle scuole.

Spesso Pietro Fonti mediava per far comprendere le esigenze tecniche espresse dal fratello: è stato un lavoro pesante, ma, alla fine, sulle cose essenziali hanno dovuto dargli ragione.

L'idea, ad esempio, di separare le officine dalle aule si è rivelata vincente.

Un altro impegno che vide in prima linea il Presidente fu l'istruzione dei disegnatori Autocad ( grafica computerizzata ): l'idea inizialmente non fu apprezzata.

Allora intervenne Pietro Fonti, prospettando l'avvio di un corso serale.

Si iniziò con l'acquisto di una serie di computer Olivelli M 19, 20 e 24, un'operazione questa che venne seguita in prima persona da Francesco Fonti.

Il corso serale riscosse un grande successo, anche perché in quel periodo la nuova figura del disegnatore Autocad si andava lentamente sovrapponendo a quella del disegnatore tradizionale ( munito di tecnigrafo ecc. ) e nelle aziende stava crescendo la richiesta di questi nuovi elementi.

Il calcolatore richiamava sul video delle forme geometriche "pre-disegnate" e con quelle bisognava comporre il profilo del manufatto.

In questo settore dell'informatica, Pininfarina e Giugiaro intravidero dei formidabili sbocchi per lo studio delle carrozzerie e selezionarono molti giovani usciti dai corsi della Casa di Carità.

Questi imprenditori erano all'avanguardia nelle applicazioni dei nuovi metodi di progettazione: l'idea dal computer passava direttamente al modello in resina, per verificarne la fattibilità.

Tali tecniche si affinarono nel corso degli anni '80, fino a quando un gruppo di aziende impegnate nel ramo fece pressioni sulla Casa di Carità affinché avviasse dei nuovi corsi: così Francesco Fonti decise di organizzare un corso diurno per l'uso di una nuova generazione di computer, gli Apollo, impostati, per l'appunto, in funzione dei modelli in resina.

Ma non disponeva di insegnanti adeguati ad un simile impegno formativo.

Di conseguenza furono richiesti ed ottenuti dalle stesse ditte "committenti" un certo numero di tecnici che, per 50.000 lire all'ora, avessero la predisposizione e le competenze necessario a gestire le lezioni di informatica.

Poi, in breve tempo anche gli insegnanti di ruolo assimilarono la preparazione necessaria.

Si tenga conto di un fatto, che rende bene l'idea del livello dei corsi: essi erano diretti solo ed esclusivamente ad allievi già diplomati ( ragionieri, periti, geometri distribuiti in classi miste, di ragazzi e ragazze ).

La cosa ovviamente non interessò solo la sede di Torino, difatti, un buon numero di calcolatori fu trasferito a Bassano, dove venne avviato un corso analogo.

Anche questa iniziativa riscosse un grande successo, proporzionato alla mole degli investimenti.

Tutto il peso della gestione economica ricadde sul Presidente: gli Olivetti costavano relativamente poco, ma le prime spese per gli Apollo si aggirarono subito intorno ai duecento milioni ( escludendo le stampanti, molto grandi e molto costose ).

Gli insegnanti presi in prestito dalle ditte, poi, richiesero compensi per decine e decine di milioni.

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