Francesco Fonti

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L'ambiente di lavoro e la psicologia di un imprenditore cristiano

Molte testimonianze convergono su due fatti: Francesco Fonti si era sforzato di selezionare un personale non solo tecnicamente, ma anche "moralmente" qualificato ed inoltre si era preoccupato di mettere i neo-assunti, che spesso nel dopoguerra erano ragazzini tra i 12 ed i 16 anni, nelle condizioni ideali per esprimere al meglio le proprie attitudini.

Questo atteggiamento favoriva lo spirito di collaborazione tra dirigenti e tecnici e permetteva l'affermazione di uno stile di lavoro "creativo" ( nei limite del possibile, ovviamente ) che, stimolando il coinvolgimento attivo nella realizzazione dei progetti, favoriva l'attaccamento dei lavoratori all'azienda.

Nei primissimi tempi il manager dell'ufficio tecnico ( che contava 7-8 persone ) era Pietro Fonti.

Poi quando la Casa di Carità lo ha assorbito completamente ( 1955 ) è subentrato Giovanni Fonti col quale ho intrecciato una lunga e fruttuosa "collaborazione" professionale.

Quando sono arrivato si contavano 4 capireparto, l'addetto agli acquisti ed il disegnatore.

Ma per disegnatore non bisogna pensare all'impiegato Fiat seduto 8 ore al giorno davanti al tecnigrafo: si trattava, ora di affiancare il titolare ( nella messa a punto del progetto ), ora di congegnare nuove soluzioni per la riuscita di un'idea.

Il mio ruolo dunque non era solamente passivo, ma lasciava ampi spazi alla mia creatività tecnica e questo fatto mi gratificava molto.

Chiaramente i miei primi anni di affiancamento, costituirono un apprendistato assai prezioso, che mi permise di assorbire dai fratelli Fonti un insieme di nozioni ed esperienze che a scuola ovviamente non potevamo neanche immaginare.

Se avessi deciso di fare l'elettricista per conto mio, avrei certamente accumulato una vasta gamma di conoscenze, ma molto settoriali.

In ditta, invece, mi è stata data la possibilità di sviluppare una cultura tecnica più ampia e di allargare i miei orizzonti professionali.

Nella dinamica del lavoro non subivo passivamente degli ordini: "fai questo, fai quello".

C'era un rapporto di collaborazione coi titolari, non di subordinazione, indice questo di una mentalità fuori dal comune.

Al mio spirito di iniziativa era stato concesso un grande spazio di manovra e per un giovanotto come me, questa fiducia nelle capacità personali era una cosa impensabile, così come era impensabile trovare un lavoro stabile a soli 16 anni.

Questi furono i primi, importantissimi, "regali " che mi fecero i Fonti e non posso certo dimenticarli. ( Boccaccio )

L'azienda medio-piccola a conduzione familiare ( fenomeno tipicamente italiano, che attualmente, nonostante le critiche feroci dei "progressisti" fa la fortuna del cosiddetto Nord-Est ) è una realtà che si presta meglio di altre alla promozione dello spirito cristiano, ma soprattutto al contenimento di quell' "anonimato spersonalizzante" che spesso deprime il lavoratore, facendo le fortune di psicanalisti e psicologi del lavoro.

La crescita professionale degli operai della ditta Fonti è esemplare non solo per i "tempi lunghi" e la "completezza" che l'hanno caratterizzata ( diversamente dal lavoro precario oggi tanto di moda che costringe il verniciatore quarantenne a trasformarsi nel giro di qualche mese in consulente finanziario e viceversa ), ma anche per l'ambiente umano in cui si è realizzata.

Se in quegli anni sono maturato professionalmente e anche, perché no, umanamente lo devo in buona parte al clima costruttivo che i fratelli Fonti, in modi e con stili differenti, avevano creato in ditta.

La mia istruzione, grazie a loro, è proseguita ancora per molti anni.

L'atmosfera sul posto di lavoro era positiva per varie ragioni, tutte riconducibili alla guida illuminata della famiglia Fonti: in ogni ufficio ciascuno aveva la sua competenza e non si creavano sovrapposizioni di ruoli, ne contrasti o competizioni per spartirsi gli incarichi; inoltre, con grande acume, erano state scelte persone di animo "buono e semplice", poco propense a strafare o a mettersi in mostra.

C'era rispetto, non tensione, collaborazione, non competizione diversamente da quanto succede in tanti moderni luoghi di lavoro.

Essendoci le persone giuste al posto giusto, nessuno cercava di far le scarpe al collega.

Questo è un grande merito dei fratelli Fonti che evitavano favoritismi o preferenze di qualsiasi genere, proprio per mantenere una situazione di pacifica laboriosità.

Un altro aspetto gratificante del mio rapporto coi Fonti è stato questo: hanno sempre riconosciuto, non solo in termini materiali, il contributo che nel mio piccolo ho potuto dare ali 'azienda.

Cosa per nulla scontata in altri ambienti di lavoro, dove tutto è dovuto. ( Boccaccio )

Bisogna però evitare di cadere nello sdolcinato e fuorviante equivoco di chi riduce la "cristianità" dell'imprenditore alla debolezza di carattere o, peggio ancora, al familismo vecchia maniera.

Francesco Fonti dal 1936 competeva su un mercato combattuto, sentiva il peso di questa responsabilità ed il suo carattere si era forgiato di conseguenza.

Smancerie e tenere indulgenze erano agli antipodi del suo modo di fare conciso, schietto, a tratti severo.

Francesco Fonti nei primi anni aveva lasciato su di me l'impressione di una persona un po' burbera e distaccata.

Viceversa quando la nostra collaborazione si è intensificata, ho avuto modo di scoprire una persona diversa.

Del resto, nel valutare le persone, le cose dette e le conversazioni contano fino ad un certo punto.

Quando si tratta di lavorare insieme, di condividere fianco a fianco un "avventura", un'impresa professionale, hai modo di cogliere qualcosa di più profondo: l'anima vera della persona.

Un'amicizia nasce in modi diversi a seconda dei temperamenti: la mia amicizia con Francesco Fonti si è sviluppata durante quel periodo di collaborazione, in modo singolare, in mezzo agli ordinativi ed ai listini prezzi.

Avendolo avvicinato ho avuto modo di comprendere le ragioni della sua riservatezza che poteva essere scambiata per scontrosità.

Egli semplicemente si sforzava di conferire una grande serietà ad ogni sua iniziativa.

Ed è comprensibile visti gli incarichi che ricopriva in ditta ed alla Casa di Carità.

In sua presenza si poteva parlare con la massima libertà, però la sua risposta poteva essere altrettanto "dura".

Non era mai mosso da sentimenti o rancori personali; semplicemente rimaneva fedele alle sue idee e questa coerenza certo non lo rendeva tenero.

Ma il risvolto positivo della cosa era questo: sapevi sempre cosa potevi aspettarti da lui.

Quello che diceva, lo manteneva e ciò gli procurava la fama ( meritata ) di uomo integerrimo e affidabile.

Questi aspetti del suo carattere nei rapporti con le banche e con i clienti ebbero riflessi molto positivi per la vita dell'azienda.

Io stesso ho avuto modo di trattare con fornitori e clienti; ebbene, non sempre ci si trova davanti a persone oneste.

Spesso ti raccontano favole.

E a quel punto, se manca la serietà, il rigore … è finita, perdi ogni credito.

Del resto, Francesco Fonti doveva anche darsi un contegno adeguato, perché in un modo o nell'altro trattava con i presidenti delle federazioni sportive internazionali, i dirigenti dei Ministeri, i direttori di banca e, a quei livelli, doveva dare l'impressione della massima affidabilità, altrimenti potevamo dire addio agli ordinativi: "alle spalle di questo signore c'è un'azienda che funziona", ecco che cosa pensavano i suoi interlocutori. ( Boccaccio )

Con gli anni, una volta smessi i panni del "capitano d'industria", Francesco si liberò dal peso di tante angosce e responsabilità ( verso clienti e dipendenti ) riuscendo a smussare e ad addolcire i tratti più formali e rigidi della sua personalità.

Chi lo aveva osservato con attenzione, nei lunghi anni che seguirono il trasferimento della ditta in via Lorenzini, notava una certa differenza di atteggiamento tra l'imprenditore laconico ed esigente degli anni '40, che assumeva in ditta i ragazzini orfani, e il "nonno" conosciuto negli anni '90, sempre interessato alle vicende familiari dei dipendenti.

Tutte le volte che torno in azienda mi sento a casa e questo è certamente il sintomo di un modo di lavorare non comune, di una solidarietà che raramente si trova negli ambienti di lavoro.

La mia collaborazione con Obialero, l'attuale titolare della ditta e degno continuatore dello spirito dei Fonti, continua ancora oggi che sono in pensione.

Francesco Fonti dopo il passaggio delle consegne a Obialero aveva tralasciato la riservatezza di un tempo, diventando, grazie anche alla sua età avanzata, una sorta di patriarca.

Ha cominciato ad interessarsi della mia famiglia, agli studi dei miei figli, manifestando i sentimenti e le attenzioni che può avere un nonno per i nipoti.

Perciò posso proprio dire che negli ultimi anni Francesco Fonti mi ha finalmente rivelato una profondità e una nobiltà d'animo
che, appena assunto, soggiogato com'ero dal suo distacco professionale, non potevo immaginare, ( Boccaccio )

Per quanto i sindacati e l'evoluzione dei costumi non gli permettessero di manifestare in modo esplicito l'aspetto più squisitamente religioso della sua formazione, Francesco Fonti favorì, nei limiti del possibile, una serie di iniziative che testimoniassero, anche se in maniera episodica, il solco cristiano nel quale aveva avviato la sua attività economica.

In una società fortemente secolarizzata come la nostra, questi fatti, in apparenza poco significativi, non sono il residuo di una civiltà cristiana ormai al tramonto, al contrario affermano una fedeltà che non muore, a prescindere da quelle che l'attuale Pontefice, celebrando la memoria di Restituta Kafka, martire del Crocifisso, chiama "mode del momento" ( Osservatore Romano, 22-23 giugno 1998 )

Dal '54 in poi, per circa sette-otto anni, celebrammo la Pasqua in fabbrica.

I Fonti chiamavano un frate cappuccino, Padre Benigno ( mancato un mese fa ), del santuario della Madonna di Campagna, che veniva a predicare due o tre volte nella settimana precedente Pasqua.

Qui in ditta, nei locali dello spogliatoio, si svolgevano le confessioni.

Alla fine, dopo ogni messa, veniva organizzato un rinfresco.

Poi, i mutamenti sociali, l'ingresso dei sindacati e tutto il resto han fatto venir meno questa usanza; tuttavia, ancora oggi, il Gruppo Famiglie della parrocchia San Vincenzo de Paoli organizza degli incontri di preghiera serali nei cortili delle case e, in questa zona ( via Lorenzini ), il punto di riferimento è, manco a dirlo, la ditta Fonti.

In tali occasioni ciascuno pronuncia le proprie intenzioni …( Boccaccio )

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