Carlo Tessitore

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Conclusione

Tra i Catechisti della "vecchia guardia", Carlo Tessitore è forse quello che più ha inciso nello sviluppo e nell'espansione dell'Unione Catechisti.

La sua lunga Presidenza ha lasciato un segno profondo nella storia dell'Istituto, ma questo successo non può essere colto nella giusta prospettiva se non ritornando alla natura della pia Unione.

Se rileggiamo i "Pensieri sulle Regole" del 1949, notiamo come, fin dalle primissime righe, vengano messi in evidenza due "tratti caratteristici", apparentemente opposti: integrità e pieghevolezza.

L'Unione è, infatti, un gruppo di laici consacrati, vincolati ai consigli evangelici, che, "come il lievito nella pasta", aspira a fermentare le masse dei laici ( ormai affette da un cronico agnosticismo ), con una vita religiosa la cui integrità, nel mondo secolare, dovrebbe essere amplificata da una grande flessibilità operativa: ossia, "una pieghevolezza nell'adattare i mezzi di santificazione alle diverse condizioni sociali dei suoi mèmbri".22

C'è, dunque, un paradossale ma proficuo rapporto di competenze, sfruttato in maniera geniale da Fr. Teodoreto, tra l'integrità della vita cristiana e la flessibilità dei mezzi e delle condizioni sociali.

La prima trova il suo volano nella seconda.

Questa flessibilità, che ricorda da vicino la furbizia e la scaltrezza suggerite ai suoi discepoli da Cristo, è "retta", ovvero ordinata alla gloria di Dio, proprio perché è limitata ai mezzi dell'apostolato e non inficia la dottrina che ispira le Regole e, quindi, la condotta di vita dei membri.

Strumenti flessibili, ma vita integrale.

La limpida concezione di Fr. Teodoreto, come già spiegato altrove, rischiara "il secolo della confusione" mettendo ogni cosa al suo posto.

L'integrità riguarda la vita religiosa, la flessibilità riguarda i mezzi della sua promozione, non viceversa!

C'è, quindi, una fondamentale gerarchia di ruoli che si instaura tra il pragmatismo degli operai chiamati a realizzare il progetto e l'immaterialità degli obiettivi finali perseguiti dal progetto stesso: « Era la sete di Dio che veniva acuita e soddisfatta allo stesso tempo, era il problema centrale della vita che veniva affrontato insieme con tutti gli altri, i quali restavano però in sott'ordine ». ( Fr. Leone di Maria, "Fr. Teodoreto", pag. 244 ).

La parabola esistenziale di Carlo Tessitore, autore del giudizio sopra riportato, è la prova provata della realizzabilità dell'ideale di vita proposto ai laici da Fr. Teodoreto.

Pensiamo all'isolamento in cui spesso si ritrovò il Fratello, pensiamo alle perplessità di quanti lo consideravano fautore di una sorta di utopia cristiana, smentita dalla durezza di una società competitiva e tecnocratica.

Ed ora, torniamo con la mente al suo figlio spirituale, a Carlo Tessitore, laureato, dirigente di banca, personalità nota per i suoi contatti ad alto livello.

Davvero un bel salto di qualità: dall'ipotesi alla realtà.

Il "cristiano integrale" compiutamente inserito e operante nella società moderna non è una favola.

Se i fondamentalisti protestanti ( pensiamo agli amish ) sono obbligati a creare dei mondi a parte per realizzare integralmente il loro stile di vita, se i fondamentalisti islamici, anche i più pacifici, sono obbligati ad estraniarsi completamente dai meccanismi della civiltà moderna per riaffermare l'antica legge islamica, all'opposto il "cattolico integrale" ( vincolato tanto ai precetti, quanto ai consigli della vita evangelica ) può realizzare la propria santificazione nel cuore della civiltà industriale.

Il progresso, cioè, trasforma la zappa in trattore, il banco dei pegni in sportello telematico, ma non cambia di "uno Iota " la legge di Dio che plasma il cuore dei convertiti col fuoco dello Spirito, indipendentemente dai contesti che la Provvidenza assegna a ciascuno di noi.

È possibile dirigere una banca o un'azienda, coltivare amicizie e rapporti ai più alti livelli dell'economia e della politica, girare il mondo in aereo come dinamici uomini d'affari, eppure restare fedeli al mandato di Cristo.

Il paradosso è solo apparente e il dinamismo di Giovanni Paolo II, insieme custode del depositum fìdei e grande comunicatore, è lì a ribadirlo.

La figura di Carlo Tessitore per molti aspetti anticipa lo stile di vita, attuale nei mezzi ma antico nei contenuti, proposto dal regnante Pontefice.

Nella dimensione più propriamente culturale, l'apertura mentale di Tessitore ( profondamente cattolica, ossia universale, si pensi all'amore per la musica e la botanica ) ci dimostra ancora una volta quanto sia superfluo l'uomo nuovo promesso dalle vecchie ideologie e come i sogni della ragione, troppo spesso divenuti incubi, siano superati, in concretezza e positività, dalla "nuova generazione" annunciata da Fra Leopoldo e incarnata, tra i tanti, anche da Carlo Tessitore.

Se osservata alla luce dei travagli dell'adolescenza, quando il Catechista si considerava, come tanti giovani d'oggi, "psicologicamente disoccupato", la sua maturazione interiore rivela la forza tramante della Croce.

Del resto, senza questo polo magnetico dell'umano pellegrinaggio, valido tanto nelle tempeste quanto nelle bonacce della vita, le aspirazioni della gioventù, dopo le prime disillusioni, si perdono nel vuoto desolante della "vanitas vanitatum", proprio perché la persona matura, l'uomo che veramente conosce se stesso, non si accontenta dell'uomo.

Vuole molto di più, vuole il massimo, vuole Dio.

Ecco cosa significa "acuire la sete di Dio": far conoscere ai ragazzi il desiderio nascosto che cova sotto le fumisterie dello stordimento materialista.

È questo desiderio bruciante che rende tollerabile le fatiche della vita.

Tessitore ha convertito - secondo quella rettificazione delle pulsioni raccomandata da San Ignazio e appresa nei ritiri spirituali - la naturale ambizione che anima tutti gli uomini e le donne in carriera, nel "santo zelo" predicato da Fr. Teodoreto.

Insegnare ad "avere sete di Dio" per riflettere sul mondo l'amore che non chiede nulla, la carità che culmina nella sofferenza dedicata a Cristo, è il compito che Tessitore si è dato e che ha svolto in maniera esemplare.

Questa esemplarità è data soprattutto dall'ampiezza della sua azione.

"Carità" era intravedere Dio nelle bellezze della natura, esaltarlo col canto gregoriano, presentarlo nel catechismo e nei commenti ai Vangeli donati agli amici, manifestarlo nell'aiuto concreto prestato al giovane senza lavoro ecc.

Ma soprattutto "carità" era regalare al prossimo il "desiderio di Dio", l'ardore che consuma tutte le nostre paure e meschinità, permettendoci "il progresso nella virtù".

« Fratel Teodoreto, per il fatto di aver conosciuto Fra Leopoldo, era, come lui, un assetato dell'Amore di Dio e quindi nutriva il desiderio di conoscere, amare, e adorare Nostro Signore, per poi farlo conoscere, amare e adorare dagli altri.

Perché questo è il messaggio essenziale rivolto da Gesù a Fra Leopoldo e quindi anche a me ». ( C. Tessitore citato da L. Cagnetta ).

Pensiamo a cosa fanno e sopportano molti genitori per amore dei figli.

Quale molla segreta li spinge, quale forza misteriosa li anima di fronte alle avversità?

Non è certo la fredda ed inerte razionalità dell'imperativo categorico kantiano, bensì un fuoco, un amore che scalda e trascina.

Ogni mezzo propagandistico atto a suscitare questo fuoco è il benvenuto.

Dunque, le grandi realizzazioni pratiche di Carlo Tessitore non possono essere disgiunte da iniziative affini a quelle sostenute per il "Crocifisso del gran ritorno", il cui senso profondo non va ricercato in un antiquato ossequio alle forme del passato, ma in una tenace e radicata convinzione interiore:

« Noi dobbiamo trasformare tutta la nostra vita in una immolazione continua a Dio, così come lo fu Gesù Cristo; ecco il nostro sacerdozio » ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 14 agosto 1939 ).

Tessitore ritrovò nell'Unione l'ideale sacerdotale a cui aveva dovuto rinunciare da giovane: la Croce divenne la "maestra"23 di una schola charitatìs eretta in mezzo al mondo moderno col preciso scopo di praticare la verità, la vita e la donazione cristiane in maniera integrale, senza quelle riserve, verso le quali ci inclina il cosiddetto "pensiero debole".

La sfida, nonostante le irrisioni di tanti neo-modernisti, fu vinta, sia nel campo dell'interiorità che in quello della professionalità, ossia dei mezzi umani.

Tessitore riuscì a dimostrare che il cristiano autentico non è un "pagliaccio",24 non è la maschera dietro cui nascondere la nostalgia per un vuoto folclore archiviato dalla Storia, bensì il portavoce di un futuro di salvezza.

Il suo ottimismo, la sua bonaria ironia, la sua disponibilità all'ascolto aggiungono, a questa volontà di riproporre un cristianesimo senza sconti, l'attitudine del grande educatore capace di introdurre i giovani, con dolcezza e gradualità, alla sequela di Cristo.

In questa meravigliosa sintesi risiede il valore di una vita spesa per costruire e diffondere nel mondo una realtà cattolica capace di "rialzare la Croce" proprio laddove si pensava di poterla sostituire con gli idoli del progresso.

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22 Fr. Teodoreto, Pensieri sulle Regole e Costituzioni,
Torino, 1999, pag. 3
23 G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 23 ottobre 1935: "La croce sia la nostra maestra di carità e di amore verso il SS. Crocifisso ed il nostro prossimo" ( Fr. Teodoreto )
24 Fr. Leone di Maria, "Fr. Teodoreto", pag. 245