Origini della "Divozione"

Il segreto

Scrivendo queste notizie, necessariamente sommarie, per non distrarre l'attenzione dal motivo conduttore di questa ricerca, viene alla mente tutta una catena di grazie e di favori insigni che costellano il cammino percorso e l'illuminano un passo dopo l'altro.

Andando a ritroso attraverso questo decorso di cinquantatre anni, si deve obiettivamente ammettere che la Casa di Carità Arti e Mestieri non è affatto il frutto di un disegno umano, sapientemente concepito, organicamente preordinato, sistematicamente tradotto in atto.

Non per nulla, nel giorno della tumulazione della salma di Fra Leopoldo nella cappella di Nostra Signora del Sacro Cuore, in San Tommaso a Torino, riferendosi agli sviluppi della Casa stessa, Fratel Teodoreto ebbe a dire : « Anche l'Unione Catechisti si è svolta così.

Ne Fra Leopoldo ne io avevamo un piano prestabilito.

Ci siamo lasciati guidare… ». I due uomini di Dio, camminando con i piedi per terra, avevano lo sguardo fisso al cielo.

Avevano rinunciato alla propria vista. Perciò non potevano inciampare.

Poiché per loro guardava - e guardava lontano - Iddio.

Come il Fondatore e Direttore dell'Unione si limitò a suggerire fin dall'inizio ai suoi Catechisti l'orientamento scolastico di tipo gratuito, lasciando fare a loro, così egli informò poi sempre il proprio contegno, nei confronti dell'Opera nata ed evolvente, all'atteggiamento di chi non cammina davanti, ma di fianco; di chi non toglie o riduce il campo visuale, ma lo lascia libero, aiutando a vedere; di chi non cammina per l'altro, ma sostiene.

Tuttavia, non si prenda abbaglio. Se si deve obiettivamente affermare che la Casa di Carità A. M. è opera dei Catechisti dell'Unione del SS. Crocifisso, da ciò non si venga indotti in errore, menomando in alcunché il concorso decisivo di Fratel Teodoreto.

Senza di lui, nulla sarebbe stato fatto. Il sommo agricoltore Iddio aveva legato il fusticello dell'Opera alla canna del Fratello delle Scuole Cristiane.

Senza quella canna il fusticello si sarebbe curvato, cadendo miseramente a terra.

I Catechisti non avrebbero avuto coraggio ad agire, senza quel coraggio che assicurava.

Lo provano cento documenti inoppugnabili.

Per sé - caro e santo Fratello Teodoreto! - scelse l'ombra: e che ombra luminosa!

Dal suo angolino, sempre più inosservato, egli vedeva il fusticello crescere, irrobustirsi, assumere proporzioni di fusto e di altezza.

Ne godeva e ne ringraziava intenerito Iddio.

Ne godeva per i Catechisti, suoi figli spirituali.

La loro vita di Carità non poteva che generare una Opera di Carità.

Quanto più perfetta la vita, tanto più perfetta l'Opera.

E l'Opera - per il numero esiguo dei promotori, per la loro trascurabile disponibilità personale di mezzi, per la gratuità totale dell'impresa, per le difficoltà d'ogni genere sempre insorgenti ( non esclusi dissensi, incomprensioni, scissure ), ma per tenacia di lavoro, oculatezza di amministrazione, fedeltà d'intenti, metodicità d'azione, disinteresse di persona, occhio alle circostanze e principalmente fiducia ed abbandono estremi nella Provvidenza sicura di Dio - l'Opera avrebbe un giorno gridato in loro favore.

Sarebbe stato nuovo documento insigne di quanto possa l'uomo, ove subordini e rivolga tutto a Dio, all'amore di Lui e, per Lui, all'amore del prossimo: puramente, cristallinamente, trasparentemente.

L'Opera avrebbe gridato non essere d'uomo, ma di Dio, richiamando sguardi, scuotendo torpori, incitando a moltiplicarla come il mezzo più potente a pacificare la società nell'ordine convinto della giustizia.

Ne godeva, il caro e santo Fratello delle Scuole Cristiane, anche per un'altra ragione: per una memoria che gli era sacra, per l'amico messaggero di quell'idea di pace sociale, per il suo Fra Leopoldo.

Sarebbe apparso in tutta la sua luce di figlio di San Francesco.

I suoi scritti - quelle confidenze, quegli orientamenti, quegli ordini dall'Alto, da Nostro Signore Gesù Crocifisso - non sarebbero più parsi sospetti, ne avrebbero più sollecitato dubbi e neppure acceso opposizioni.

Si sarebbe mostrato a luce meridiana che chiunque, di e in qualsiasi condizione, avesse tentato l'impresa, vi sarebbe certamente riuscito, purché agisse in puro spirito di Carità.

L'Opera era là, viva, operante, che parlava da sé.

Ed era proprio sorta così, come era stato predetto negli scritti di Fra Leopoldo.

Il segreto si era andato svelando a poco a poco.

A mano a mano, un passo dopo l'altro, tutto appariva chiaro. Sì. Certo.

Quegli scritti dovevano essere integralmente applicati.

Quegli scritti erano, sono, saranno la chiave del successo.

- 27 dicembre 1919: «Tutto l'andamento delle Case di Carità che si edificheranno, splenda cristianamente e cattolicamente ».

- 16 febbraio 1920: «Ci vuole un po' di tempo. Tutto sta che vi incamminiate ».

- 2 maggio 1920: « …incamminarsi dal poco. Il grande verrà: tutto quel che desiderano».

- 23 luglio 1920: «Non vorrei col tempo, molto avanti, che vi si speculasse sopra: si deve sempre domandare la carità per ottenere che venga l'aiuto… Non è per arricchire nessuno, ma per le anime redente… In primo luogo, ricordino l'acccttazione dei figli poveri ».

- 17 febbraio 1921: « Si ricordino sempre di domandare la carità. Di' loro che l'ho detto tre volte, di avere fede in me e nei miei detti, e confidenza nel cooperare ».

- 10 marzo 1921: « Di' loro che non voglio un'opera umana. Voglio un'opera divina ed un andamento… secondo il mio cuore ».

- 28 aprile 1921: «Da quelli che vogliono offrire denaro, lo prendano pure: non a scopo di paga, ma di carità » ( è fatta qui esplicita allusione, tra gli offerenti, anche agli allievi. Ciò che significa non esservi alcuno superiore in Carità, ma tutti uguali, concorrendo ciascuno in Carità, secondo la propria misura ).

- 27 ottobre 1920: «Gli offerenti sanno pure che le loro offerte vanno in buone mani e che sono spese in fior di Carità secondo il cuore di Dio ».

- 30 luglio 1920: « Faremo una cosa che farà strabiliare il mondo. Ci vorranno tempo e fatiche. E vi saranno anche intrighi che non fanno per noi ».

- 5 marzo 1920: « Le Opere di Dio hanno il contrassegno di essere contraddette. Sono uomini di poca fede quelli che si rifiutano ».

- 10 gennaio 1920: « Debellerò tutti gli artifici diabolici e di gente malvagia che le faranno contro ».

- 4 aprile 1920: « Devesi più che mai parlare ai Vescovi, di questa istituzione, ed in ogni città inculcare ai ricchi di profondere le loro ricchezze ».

- 20 gennaio 1920: « parlo dei ricchi: ascoltino i miei consigli, si ricordino che hanno avuto da me ricchezze per aiutare l'opera della Casa di Carità».

- 30 gennaio 1920: «nessuno deve rifiutarsi a costo di fare un sacrificio ; il sacrificio che faranno sarà Sempre poco a confronto del bene che ne verrà ».

- 24 novembre 1919: «Non bisogna lesinare… Se non fanno quanto io chieggo, si scaveranno la fossa ».

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