L'uomo nuovo sceglie Gesù come proprio Signore
26-1-2003
1) Cenni su scritti di S. Paolo, appositamente scelti
2) Il cristiano condivide il messaggio di Gesù
3) Motivazioni del nostro operare nella Chiesa
4) S. Paolo - le prime comunità cristiane
5) Cos'è "L'uomo definitivo"?
6) La cultura del nostro tempo e gli insegnamenti della Chiesa
7) Gesù è il mio Signore
8) I doni di Dio
9) Stile d'infanzia spirituale
10) Che cos'è "L'uomo nuovo"?
11) Siamo collaboratori di Dio
12) Il cristianesimo è una fede
13) Esperienza di Dio
14) Le discepole
15) Il catechista testimone di Cristo
16) Voglio far conoscere Gesù
Una riflessione oggi potrebbe giungerci dagli scritti di S. Paolo e vorrei proprio che vi trovassimo un incoraggiamento, un motivo per riflettere su ciò che il Signore, la Chiesa si aspettano da ciascuno di voi.
Essendo Catechisti, è chiaro che avete messo tutto quello che fa parte della vostra esistenza a disposizione del Signore.
Adesso io conosco qualcuno di voi, qualcuno più intensamente, qualcuno di vista, qualcuno lo ricordo e alcuni non li conosco affatto, ma, insomma, siamo qui alla presenza del Signore e questo è, ciò che ci contraddistingue, ciò che renderà piacevole questo pomeriggio.
Allora ho trovato in questo brano della Lettera agli Efesini, che ci sono alcune esortazioni: insieme anche ad altri scritti, che poi vi dirò, sempre di Paolo, che ci sono molto utili per approfondire quello che è il nostro essere catechisti.
Intanto vale la pena di ricordare che il catechista, sì forse a torto, viene considerato una persona che fa più dei cristiani comuni.
In realtà, nell'approfondimento spirituale di quella che è la vita cristiana dobbiamo renderci conto che ogni cristiano dovrebbe sentirsi interpellato in prima persona come colui che, in qualche modo, ha un messaggio da portare.
Effettivamente quel cristiano che non sente niente dentro di sé, un impulso che lo spinga a far parte agli altri di ciò che egli stesso vive, indica chiaramente che c'è qualcosa che non funziona nella sua esperienza cristiana.
Ognuno di noi fa questo tipo di riflessione: quando c'è qualche cosa che veramente ci interessa, che ci avvince, che ci affascina, difficilmente riusciamo a tenerla per noi, ma cerchiamo sempre qualcuno che riesca a condividere il nostro ideale.
Avete fatto questa esperienza? Sì o no?
Ma in questo campo si parla di qualsiasi cosa: una passione sportiva, una passione per le gite, per la montagna, per qualunque cosa, ogni esperienza che a noi dice qualche cosa è qualche cosa di importante e ci spinge a trovare altre persone che la pensano come noi.
Il primo punto di domanda, che può costituire un momento di riflessione, quindi potrebbe essere questo: compio la mia opera all'interno della Chiesa come un dovere o come una passione?
Voi capite che è una riflessione molto seria, perché si tratta di toccare il nucleo più profondo di quella che è la nostra esperienza cristiana.
E allora è importante che noi andiamo alle radici della nostra esperienza cristiana per verificare che stiamo agendo per le motivazioni giuste.
Ma, soprattutto nella giornata di Ritiro, non si tratta di fare un grande esame di coscienza, si tratta piuttosto di andare alle sorgenti della salvezza e di abbeverarci, di fare come ha fatto Gesù che è andato in Samaria, vicino al pozzo, e poi dopo ha convinto la donna ad abbeverarsi dell'acqua che Lui dava, non di quella che le poteva offrire dal pozzo.
Quindi la cosa più utile che noi possiamo fare durante un Ritiro, ma generalmente nell'esame di tutta la nostra vita cristiana, non è semplicemente ricercare ciò che non va, ma è principalmente trovare ciò che deve essere incrementato, dev'essere fortificato.
E all'origine della nostra esperienza cristiana abbiamo sicuramente la Rivelazione, la Rivelazione che è un evento, che è Gesù stesso con tutto ciò che è venuto a fare, la buona novella e anche con tutto ciò che è venuto a dirci.
L'esperienza delle prime comunità cristiane era un'esperienza fortemente centrata su Cristo.
È un'esperienza che prende la sua forza e tutto il suo dinamismo da Gesù e allora è interessante sentire che cosa diceva Paolo ad alcune comunità che seguiva, a cui scriveva e presso cui si recava per visitarle e per sostenerle con la sua dottrina.
Qui, nella lettera agli Efesini, troviamo per esempio al cap. 4 versetto 20: "Voi non così avete imparato a conoscere Cristo, se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti secondo la verità che è in Gesù per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni incantatrici.
Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" ( Ef 4,20-24 ).
Siamo nei versetti 20-24; evidentemente qui San Paolo parla ai primi cristiani della comunità di Efeso, sta indicando una via che è necessario sia molto forte anche per noi: rinnovarvi nello spirito della vostra mente.
Quindi il primo punto da tenere in considerazione è un discernimento: ciò che mi muove, ciò che mi fa agire deve essere una motivazione affascinante, non semplicemente un dovere da compiere.
Rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera sembrano parole semplici.
Cosa ne dite, sono parole semplici?
Ciascuna di queste parola vuol dire qualcosa di importante.
Rivestire l'uomo nuovo: non si tratta di recitare una parte, ma si tratta di colmare veramente un vuoto.
Un vestito finché non è indossato resta vuoto, resta accasciato su se stesso, ma quando si parla di rivestire l'uomo nuovo si ha in mente un progetto ben chiaro.
Intanto, l'ho già detto tante volte, è importante che noi ci ricordiamo il significato di alcune parole che troviamo nella Scrittura.
Nuovo ci fa pensare a una cosa che prima non c'era: è una novità, perché nel nostro parlare comune questa parola la usiamo con quel senso, ma nel senso biblico e teologico la parola nuovo non vuol dire questo, vuol dire definitivo.
Vi ricordate alla Messa, la nuova ed eterna alleanza, vuol dire ultima e definitiva alleanza, l'ultimo patto di alleanza.
È evidente, ma, scusate, Dio può fare di più di quello che ha già fatto?
È venuto, si è fatto uccidere, è risorto, ha dato se stesso come parola e come sacramento, ci ha dato lo Spirito, ci dato sua madre, guardate che più di così Dio non poteva fare niente.
Quindi ultimo e definitivo patto di alleanza; quando qui Paolo dice l'uomo nuovo, vuol dire l'uomo definitivo, cosa vuol dire l'uomo definitivo?
Vuol dire l'uomo che si è indirizzato nella strada giusta, l'uomo che ha fatto delle scelte definitive, l'uomo che, in qualche modo, è talmente tanto legato a Gesù Cristo da essere una cosa sola con Lui, fino al punto che tu vedi quella persona, però fai esperienza di Gesù.
Quando Paolo dice: "Dovete rivestire l'uomo nuovo" sta indicando una strada.
Ci dice: "Voi dovreste essere con Gesù una cosa così unita, così forte, il modo di fare di Gesù, il modo di pensare di Gesù, gli insegnamenti di Gesù la vita di Gesù ecc. dovrebbero essere non due cose dentro di voi, dovrebbe essere una cosa sola".
Non il pensiero di Gesù, il pensiero della Chiesa è il mio pensiero, no!
Il pensiero di Gesù è il pensiero della Chiesa, perché Gesù è la Chiesa!
E il pensiero di Gesù, il pensiero della Chiesa e il mio pensiero dovrebbero essere la medesima cosa.
Non ci dovrebbe essere nessun tipo di differenza.
Voi capite che qui san Paolo quando ci dice: "Dovreste rivestire l'uomo nuovo", ci sta indicando un itinerario da compiere, non un comando, non un obbligo.
Allora è una cosa buona e sono molto contento di sapere che state frequentando questi corsi, perché così avete la possibilità di approfondire quella che è la spiritualità del catechista e anche di rinsaldare tutti quei capisaldi della dottrina cristiana che contraddistinguono tutta la nostra vita.
Avete anche modo di chiarire alcune precomprensioni, dei pregiudizi, che possono in qualche modo condizionare la cultura del nostro tempo.
Voi sapete come è distante la cultura del nostro tempo dagli insegnamenti della nostra Chiesa, mentre gli insegnamenti della Chiesa non sono affatto distanti dagli insegnamenti di Gesù.
L'insegnamento della Chiesa è l'insegnamento di Gesù, dunque come Catechisti, sotto questo punto di vista, non possiamo permetterci di essere distanti, oppure di coltivare dentro di noi una sorta lieve o fumosa o nebbiosa di compromesso: sì, il Signore dice questo, la Chiesa dice quell'altro, però, noi dobbiamo adattarci ai tempi, no!
Noi non ci dobbiamo adattare ai tempi, siamo noi che dobbiamo adattarci a Gesù, non far adattare gli insegnamenti di Gesù ai tempi che viviamo adesso, perché Gesù sulla croce è morto per davvero, perché il suo sangue Gesù lo ha versato per davvero e per di più è risorto per davvero e ha detto ai suoi discepoli: "Andate e insegnate quello che io vi ho insegnato, non quello che insegna il mondo".
Quindi quando san Paolo dice questa parola: "Rivestite l'uomo nuovo" sta riassumendo dentro queste tre parole tutto quello che io sto cercando semplicemente di sfiorare, cioè ci rendiamo conto che c'è un orizzonte molto più vasto?
L'uomo nuovo è l'uomo che ha fatto una scelta definitiva nei confronti di Gesù, cioè ha scelto Gesù come proprio Signore.
Certo che dire che Gesù è il Signore tutti sono capaci di dirlo, perché non diciamo una falsità.
Quando diciamo che Gesù è il Signore dell'universo, non diciamo una falsità, quando egli è il re del cielo e della terra.
Però, forse, diciamo una cosa incompleta se diciamo che Gesù è il mio Signore.
Io non dico che stiamo dicendo una menzogna o una falsità, però stiamo dicendo una verità che deve essere colmata, una verità che deve essere riempita.
Sì certo, Gesù è il mio Signore, ma quanto?
È il Signore della mia mente, spero di si, cioè tutti i miei modi di ragionare aderiscono ai modi di ragionare di Gesù?
Gesù è il Signore dei miei progetti?
Quando io devo decidere di fare qualche cosa, qualunque cosa, dentro di me c'è questo criterio di discernimento, cioè questo punto di riferimento essenziale che mi fa dire: "Bene, Gesù direbbe questa cosa?
Farebbe la medesima cosa? La farebbe come la faccio io o farebbe la medesima cosa ma tutto in un altro modo?".
Gesù è il Signore delle mie azioni? Gesù è il Signore dei miei convincimenti?
Gesù è il Signore delle mie concezioni? Gesù è il Signore della mia spiritualità?
Gesù è il Signore della mia fantasia? Gesù è il Signore della mia creatività?
Gesù è il Signore della mia intelligenza?
Oppure la mia intelligenza è usata per tutto, ma per il Signore non c'è il caso che io mi sforzi poi molto?
Gesù è il Signore della mia razionalità?
Vi racconto un aneddoto che ho letto su un libro molto tempo fa, parla di un uomo di nome Franklin, appassionato di chimica.
Nel periodo dopo la guerra di secessione del Sud degli Stati d'America, c'era una situazione di sfacelo sociale ed economico e quest'uomo aveva nella sua casa una cameretta ad uso laboratorio, dove faceva i suoi studi e i suoi esperimenti e un'altra cameretta che chiamava il piccolo laboratorio di Dio.
Era un credente serio ed autentico e si chiedeva come fare per evitare l'enorme disagio della popolazione per la mancanza di cibo sufficiente.
Un giorno gli capitò tra le mani un'arachide e si incuriosì a tal punto che andò a chiudersi nel laboratorio di Dio, cioè dove solitamente pregava e si mise in preghiera.
In compagnia del Signore espresse a Dio tutta la sua curiosità, dicendo: "Signore rivelami tutto quello che si può sapere sull'arachide".
E nel suo cuore sentì una voce che gli diceva: "Mio caro la tua mente è troppo piccola per contenere tutto l'immenso significato che ha un'arachide nella storia della salvezza!".
Però da quel momento la luce del Signore diede qualche suggerimento, fino al punto da fargli scoprire più di 50 modi diversi nell'utilizzo dell'arachide.
In questo modo si calcola che circa 200.000 persone furono salvate da morte certa per fame, proprio dalla scoperta dell'utilizzo delle arachidi.
Dunque per la fede di un solo credente che aveva messo Gesù al centro e Signore della propria razionalità e della propria intelligenza, Dio ha potuto beneficare centinaia di migliaia di persone.
È un esempio semplice, piccolo ma che ci fa capire che cosa intendevo dire quando dicevo che Gesù è davvero il Signore della mia intelligenza.
Oppure penso che la mia intelligenza debba essere qualche cosa di diverso da tutto ciò che fa parte della vita quotidiana?
I locali che vi ospitano sono locali di una scuola cattolica, che serve a preparare delle persone che usano le leggi della natura, la fisica la chimica, l'elettrodinamica ecc. al servizio della società di oggi.
Ma voi pensate che cosa potrebbe essere uno scienziato che mette Gesù al centro della propria intelligenza e chiede a Gesù la luce infinita della sua sapienza?
I suggerimenti di Gesù nell'intelligenza di una persona cosa possono produrre non solo nel portafoglio di quella persona, ma a beneficio di tutti quanti?
Allora Gesù Signore della tua fantasia.
Beh! Tu sei un catechista dovresti desiderare più di ogni altra cosa che Gesù sia davvero il Signore della tua fantasia.
Se tu hai bisogno di comunicare un messaggio importante ai tuoi allievi come farai, prendi un libro e leggi?
Non mi pare che Gabriella vi abbia detto di fare così in questi incontri, vero?
Allora c'è bisogno che il Signore sia la guida della nostra fantasia? Direi di sì.
Certo bisogna anche che noi abbiamo chiare le motivazioni per cui facciamo queste cose.
Gesù si manifesterà sicuramente il Signore di tutto ciò che mettiamo a sua disposizione, a patto che noi non bruciamo incenso per noi stessi, cioè a dire: se io metto Gesù a Signore della mia intelligenza, non lo metto perché così posso fare più soldi degli altri e poi andarmene in vacanza in Perù per sei mesi all'anno.
Devi sapere che se il Signore guiderà la tua intelligenza, lo farà per fare del bene attraverso di te.
Molti grandi compositori di musica del passato erano sicuramente ispirati dallo Spirito Santo nell'esprimere della musica, ma essi facevano questo servizio in modo anonimo; di molti conosciamo il nome, di tanti altri abbiamo un nome che è semplicemente un nome di invenzione, uno pseudonimo, perché i doni che sono stati ricevuti, sono stati messi a disposizione di Dio e con un ulteriore sviluppo.
Conosci i doni che Dio ti ha dato?
Questo è un altro aspetto su cui riflettere oggi che avete tempo per voi.
Dio vi ha dato dei doni.
Allora ringrazia Dio per i doni che hai ricevuto, sono doni di natura, ma non vuol dire che non te li abbia dato Iddio.
Hai la salute, la memoria, la capacità, hai del tempo a disposizione, voi tutti sapete come è difficile in questi periodi avere del tempo a disposizione, è un dono di Dio.
Allora se Dio ti permette di avere questo dono ci sarà qualche motivo!
I doni di Dio sono da mettere a frutto, non perché tu ne sia schiavo.
Anche tu beneficerai di questi doni; mentre tu li eserciti, sperimenti un certo tipo di libertà e un certo tipo di pienezza.
Se tu eserciti un dono di Dio lo fai con gioia, perché ti accorgi che Dio sta facendo qualcosa di grande attraverso di te, ma questo non ti schiaccia.
Sì, ti impegna, però ti gratifica anche, ti realizza, perché non c'è niente di più deprimente di una potenzialità che non viene sfruttata.
Tante persone cadono nell'esaurimento nervoso anche perché si sentono sottovalutati.
Dio, invece, non vuole fare questo nel tuo caso.
Dio prenderà tutti i doni che ti ha dato, te li metterà in luce e farà in modo che tu possa svilupparli.
E sviluppando questi doni tu sarai sempre più te stesso, sarai realizzato, sarai una persona piena nell'attività e allora si realizza quello che si diceva una volta all'inizio della messa: entrerò all'altare di Dio, a quel Dio che prolunga, ampia, riempie la mia giovinezza.
Dunque l'uomo nuovo è l'uomo definitivo, l'uomo che ha messo Gesù al centro della propria esistenza.
Gesù è il modello, Gesù è la forza, Gesù è il fine da raggiungere.
È una bella parola, ma come fare a mettere Gesù al centro della propria vita?
Cercando di coltivare un tipo di spiritualità che sia molto semplice e anche molto diretto.
Voi in fondo siete anche abbastanza avvantaggiati, siete facilitati.
Dovendo esprimere delle grandi verità spesso con dei ragazzi o dei bambini siete in qualche modo indotti a dovervi sforzare per ragionare in un modo che i bambini siano in grado di capire, non è così?
È una cosa buona, non è una cosa infantile, è una cosa saggia saper parlare dicendo cose difficili in modo che i bambini siano in grado di capirvi.
Oltretutto ricordatevi che Gesù al saggio Nicodemo diceva che bisognava tornare come dei bambini!
Allora come iniziare questo cammino?
Essendo molto semplice il nostro modo di rivolgerci al Signore.
Non abbiamo bisogno di avere un uditorio davanti a noi, per usare parole semplici, frasi semplici, preghiere vere che vengano dal nostro cuore, abbiamo semplicemente da essere veri davanti al Signore.
Siamo cresciuti in altezza e in età, ma il nostro cuore è sempre un cuore che sta cercando Dio.
Se il salmista mette in bocca al fedele quello che noi troviamo nel Sal 130 non è mica un caso!
E il salmo 130 dice queste cose: Signore non s'inorgoglisce il mio cuore, non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze, io sono tranquillo come un bimbo svezzato in braccio a sua madre.
Poi continua, per sottolineare questo aspetto: come un bimbo svezzato è l'anima mia.
E poi la conclusione: speri Israele nel Signore ora e sempre.
Che significa? Significa che tu devi fare questo cammino.
La speranza è la certezza delle cose che Dio insegna.
Allora il nostro approccio, perché questo uomo nuovo si realizzi dentro di noi, parte proprio da una estrema semplicità, potremmo dire da questo stile di infanzia spirituale, che non vuol dire immaturità spirituale.
Guardate che bisogna essere abbastanza maturi, per riuscire a parlare a Dio con la semplicità con cui parlo a un bambino!
Perché Gesù parla a noi dei bambini e ce li mette come esempio?
Perché la loro fede è cristallina, non è posta in dubbio da niente.
Se tu a un bambino dici che c'è Gesù, qui in mezzo e glielo descrivi, tu userai la creatività e la fantasia per descrivere Gesù, ma guarda che il bambino lo vede, lo vede!
Perché è entrato talmente in questa comunione con Gesù, che è convinto che sia lì e quasi lo vede.
Allora probabilmente Gesù, quando ci dice che dobbiamo diventare come dei bambini ci invita a recuperare questo tipo di fiducia semplice e cristallina, senza del quale noi non riusciamo ad avere Gesù al centro della nostra vita e quindi non riusciamo a costruire l'uomo nuovo.
Che cos'è l'uomo nuovo?
È l'uomo definitivo, l'uomo come dovrebbe essere, il progetto di Dio nella sua pienezza, finito.
Noi non siano finiti.
Solo Gesù è finito: è Lui l'uomo nuovo, l'uomo perfetto, beninteso senza smettere di essere Dio.
Allora se noi dobbiamo capire che cos'è l'uomo nuovo, allora noi dobbiamo contemplare Gesù.
Dobbiamo avere Gesù di fronte ai nostri occhi, dobbiamo tenerlo sempre davanti ai nostri occhi per capire, ma chi sei Tu?
Io voglio parlare nel tuo nome, ma cosa faccio: il registratore che ripete delle parole oppure no?
Avere Gesù sempre di fronte ai nostro occhi è forse l'impegno principale, ma non significa che noi dobbiamo lasciar perdere tutti gli altri impegni.
Avere Gesù di fronte ai nostro occhi significa usare bene di tutte quelle facoltà che Dio ci ha dato.
Ci ha dato la memoria? Bene!
Ricordati di Gesù; ci ha dato l'intelligenza, la razionalità? Bene!
Applica alle situazioni che tu stai vivendo il pensiero di Gesù e cioè come farebbe Gesù in questo caso?
Come agirebbe? Che cosa direbbe?
Se tu non sai perché dici che non riesci a capire che cosa farebbe, allora fermati, fermati e chiedi consigli a Lui, fai un po' di silenzio.
Forse il silenzio manca ed è una delle cose più importanti.
Fai silenzio e digli: " Signore, mi rendo conto che dentro di me non so come tu avresti agito in questa occasione o in quest'altra e allora?
Allora c'è un vuoto dentro di me, tu lo devi colmare, io ti chiedo di riempire questo vuoto perché voglio avere la tua mentalità, il tuo modo di pensare, di ragionare, voglio rivestire l'uomo nuovo, voglio essere colui che porta Te di fronte agli altri".
Bene questo è un tema lunghissimo e a questo proposito c'è un altro punto che volevo toccare.
Nella 2 Cor 6 ecco che cosa ci dice Paolo al riguardo di come deve essere il vero ministro di Dio: "Poiché siamo suoi collaboratori vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio".
Avete accettato di seguire Gesù, come suoi collaboratori?
Insieme con Paolo dovreste essere quelle persone che ripetono queste stesse parole: noi siamo collaboratori di Dio.
"Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio", state portando il lieto annunzio: "Non sprecate quello che state ricevendo, è una cosa troppo importante.
Siete convinti del valore delle cose che state portando agli altri?
È una cosa importante anche per voi?
È diventata un dato di fatto o è divenuta quasi una santa ossessione?
Quando tu intorno a te vedi delle persone che come a Ninive non sanno distinguere la destra dalla sinistra, che cosa pensa veramente il tuo cuore?
Ah! io ho già fatto la mia parte, basta così, fatta la mia lezione di catechismo, basta, adesso ho altro a cui pensare.
Oppure tu sei colui che accogli la grazia di Dio, cioè hai dentro di te i medesimi pensieri che furono di Gesù?
Nella lettera ai Fil 2 si dice proprio questo: "Abbiate in voi i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù".
Se io ho dei modi di vedere diversi da quelli di Gesù, allora devo ancora fare della strada, devo soffermarmi devo ascoltarlo, mi devo cibare della sua parola.
Il Cristianesimo non è una dottrina, è una esperienza di vita, il Cristianesimo non è un insieme di norme, non è una morale, il Cristianesimo non è una religione, il Cristianesimo è una fede, da cui scaturisce anche la forma religiosa, ma prima che essere una forma religiosa è la fede.
E la fede è fondamentale.
Fede = relazione affettiva personale tra me e Dio.
Se non è questo tutto il resto crolla, se sono un insieme di convincimenti di dottrine e allora presto o tardi vacilleranno.
Non sono delle norme, ma è una persona, come possiamo dire in maniera più semplice?
In una coppia, in un matrimonio ciò che tiene unite le due persone del matrimonio non sono le lettere d'amore che si sono spedite, mi spiego?
Quelle sono una conseguenza di qualcosa che c'è prima, un legame fortissimo che in tanti casi è indescrivibile, perché coinvolge tutto quello che è la globalità della persona.
Che dire di quei fidanzati che in mezzo alla nebbia, in una giornata umida, dicono: "Che bella giornata!".
Perché? Perché tutto è diventato rosa, semplicemente perché c'è lui o c'è lei e non si vede nient'altro.
Allora, attenzione bene, facendo le debite proporzioni, l'esperienza cristiana è un'esperienza che deve attraversare trasversalmente tutto quello che è la persona.
O Gesù mi riempie ed è il mio appagamento e non mi toglie da quella che è la mia vita quotidiana, oppure io rischio di essere ancora una persona religiosa, non una persona di fede.
Forse urge questo tipo di cambiamento!
Il Santo Padre Paolo VI in uno dei suoi discorsi che rimasero famosi disse proprio questo: l'uomo del nostro tempo non ha bisogno di maestri, ma ha bisogno di testimoni.
In realtà il cristiano o è un mistico, diceva il teologo Karl Barth, oppure non è un cristiano.
Cosa vuol dire mistico? Uno che si solleva da terra ogni volta che entra in chiesa?
No! Mistico è uno che ha fatto esperienza di Dio.
Allora perché oggi nel vostro tempo di riflessione personale non provate a scrivere sul vostro quaderno?
Mettete per iscritto, e dopo vi spiego perché, questa frase: "Una delle vostre esperienze di Dio".
Siete scioccati?
Scrivi la tua esperienza con Dio, non scrivi niente?
Come? C'è l'esperienza di Dio o no?
Tu hai fatto l'esperienza della struttura chiesa, della dottrina morale, della dottrina cristiana, hai tutto questo bagaglio che ti trascini dietro dal tempo della tua infanzia.
Sei stato formato cristianamente, cattolicamente, non c'è nessuna defezione, ma dov'è l'esperienza di Dio?
Hai vissuto quel particolare aspetto fondamentale che è la mistica?
Perché stai con Dio? Vedete, ci sono alcune cose su cui riflettere.
Tante volte nella liturgia un canto liturgico ci introduce alla messa: "Venite alla festa".
Ma viene alla festa chi ha fatto l'esperienza di Gesù, perché sente gioia di stare con Lui, ma chi non ha fatto esperienza di Gesù viene alla pizza non alla festa!
Perché c'è la lettura, veloce e magari malfatta, c'è un canto, poi c'è un'altra lettura, poi c'è l'alleluia, poi c'è la predica, poi c'è un insieme di preghiere difficili.
Preghiamo per la Chiesa, per questo e quell'altro, nessuno capisce niente, altro che preghiere dei fedeli e tutto va avanti nell'arco di trequarti d'ora e quando si dà la benedizione finale tutti dicono: "Meno male, andiamo via!".
Perché accade questo? Noi abbiamo fatto un incontro con Gesù in quella domenica lì o abbiamo semplicemente assolto a un precetto?
Se dentro di noi c'è anche in forma ancora nebulosa questo dire togliamoci in fretta il fastidio, ragazzi miei sentite suonare le sirene, perché vuol dire che se per te è un fastidio tu non ti stai incontrando con Gesù.
Tu stai semplicemente ubbidendo a una legge, allora la tua esperienza, quello che tu comunichi al tuo prossimo come evangelizzatore e come Catechista, non è esperienza di vita.
Tu non hai ancora rivestito Gesù Cristo nella tua vita, tu fai delle cose buonissime e santissime, ottime anzi, magari sei più santo di tante persone perché, pur non avendo sentito, cerchi di convincere gli altri, però non ti manca qualcosa?
Non senti che nella tua vita spirituale potrebbe esserci qualche cosa di più?
Di più ricco, di più pregnante, di più gioioso.
Tu vuoi limitarti ad essere ricordato come una persona che ha preso un fardello e lo ha messo sulle spalle degli altri, o vuoi essere ricordato come una persona che ha dato la gioia agli altri?
Perché se tu hai incontrato Gesù e lo comunichi con gioia, gli altri saranno affascinati da te, dal tuo modo di fare e piano piano respireranno, parleranno, agiranno per gli stessi motivi che fai tu, proprio come facevano i discepoli.
Il discepolo che cosa faceva?
Stava con Gesù, ascoltava Gesù, lo seguiva da tutte le parti, lo serviva, fino al punto che come pensava Gesù cominciavano a pensare loro e diventava loro il suo modo di pensare.
C'erano le discepole, che erano le donne che servivano Gesù, allora non venivano chiamate discepole, perché in quella cultura guai a pensare che una donna fosse discepola, solo gli uomini potevano essere discepoli, ma di fatto erano discepole.
Che facevano queste discepole?
Niente di speciale, però avevano talmente tanto assorbito la mentalità di Gesù che parlavano solo di Lui, sempre.
Al mattino andavano a cuocere il pane, facevano la coda al forno e nell'attesa parlavano.
Di che cosa avranno parlato secondo voi? Di Gesù, ed erano anche furbe!
Il padre Daniel Ange fa così: quando viaggia in treno con qualcuno dei suoi amici si mette a parlare forte di Gesù e di tutte le esperienze che ha di Gesù.
Sempre, lui dice, sempre c'è qualcuno che si avvicina, che rimane incuriosito e comincia a chiedergli qualcosa e molte conversioni avvengono semplicemente in treno.
E le donne erano furbe, andavano alla fonte a prendere l'acqua, a lavare i panni di Gesù e degli apostoli e cosa facevano? Raccontavano.
Hai sentito Gesù cosa ha detto ieri, cosa ha fatto e intanto lì alla fonte c'erano altre donne e che erano subito curiose.
Tornate a casa con chi parlavano?
Con il marito, e il marito diceva: "Tutte baggianate, cosa sono queste novità, ci penso io, adesso voglio andare a controllare".
E così il marito andava e la moglie seguiva, ma con la moglie c'erano anche i bambini e c'erano le altre donne, fatto sta che ogni volta che Gesù si spostava c'erano le donne che erano andate al forno, che erano andate alla fonte, che erano andate da qualche parte e, avendo parlato di Gesù, si trascinavano dietro una curiosità tale per cui tutto il villaggio si spostava dove era Gesù.
Ma perché succedeva questo?
Perché loro erano entusiaste di Gesù, erano piene di Lui, non c'era più niente che contasse più di Lui e quindi non è che smettessero di fare i loro doveri: dovevano cuocere il pane e andavano a cuocere il pane, mica non lo facevano!
Dovevano fare altre cose, bene! Andavano, anzi tutto quello che facevano, lo facevano scaltramente, per spargere sempre di più interesse nei confronti di Gesù.
Allora qui bisogna veramente che noi ci rendiamo conto che dobbiamo acquisire uno stile particolare che ci renda catechisti in ogni situazione della nostro vita.
Non sei catechista nel momento in cui entri nella classe e fai il segno di croce, no!
Quello lì è un momento particolare del tuo essere testimone di Cristo.
Ma catechista = testimone di Cristo, colui che ha fatto esperienza di Gesù.
L'esperienza di Gesù va coltivata, va difesa, va accresciuta, devi in qualche modo pensare che la tua vita spirituale è più importante di qualunque altra cosa.
Devi trovare un tempo nella tua settimana che tu possa dedicare solo a Gesù, un tempo di silenzio e più la tua vita è frenetica e più devi trovare questo tempo di silenzio.
Concludo con questo aneddoto.
Un giorno una suora andò dalla Madre Teresa di Calcutta e si lamentava: "Sono stanca, sapessi, con tutti questi ammalati da imboccare, queste piaghe da curare e con tutti quelli da sfamare, non ne posso più!".
E la Madre: "Oh! Poverina, è vero ti vedo che sei stanca. Come mai sei venuta da me?".
"Con tutto questo da fare sono venuta a chiedere il permesso di non fare la mia quotidiana ora di adorazione eucaristica".
"Davvero sei proprio stanca, allora facciamo così: per superare questo tempo di difficoltà, invece di fare un'ora di Adorazione, ne farai due!".
Questo la dice molto lunga su quelle che sono le priorità che dobbiamo imparare a valutare.
O Gesù occupa il primo posto nella tua vita, o sei tu che lo occupi.
Per carità, anche con le buone intenzioni, mica dico questo, solo che c'è uno squilibrio, perché al centro della vita non ci dev'essere il tuo io, ma deve esserci Dio e finché non c'è Dio, la tua vita girerà un pochino sbilanciata, bisognerà sempre cercare di revisionare qualche cosa.
Quando tu ti accorgi, però, e diventi consapevole che il tuo sbilanciamento dipende dal fatto che Gesù non è veramente il centro di tutto e non è veramente il Signore di tutto, veramente non rivesti tu l'uomo nuovo, ma c'è ancora del tuo io dentro.
Fai le cose per te stesso, per lanciare incenso a te stesso, perché gli altri ti vogliano bene, perché gli altri pensino bene di te, perché gli altri vedano che sei una persona buona, santa, disponibile.
Tu capisci chiaro che il tuo io si è gonfiato e davanti hai disegnato una piccola D, sei quasi diventato un dio, ecco.
Non è il caso di allarmarsi, però è il caso di riflettere seriamente su quelle che sono le nostro priorità.
Sì, perché occorrono persone che si mettano a disposizione del prossimo per far conoscere Gesù, non per far conoscere le leggi di Gesù, ma per far conoscere Lui.
Concludo dicendo questo: quel bambino che era malato di leucemia e che stava morendo, ricevette dalla mamma sua la donazione del midollo.
Perché la mamma era costretta a farlo? Perché lo amava.
Questo è il punto su cui riflettere.
Nessuno ci costringe a parlare di Gesù, se lo facciamo la motivazione giusta deve essere perché lo amiamo e lo amiamo se lo conosciamo, lo incontriamo e lo frequentiamo.
Tutto il resto è una conseguenza, tutto è solo più una conseguenza.
Se tu a una persona fai conoscere Gesù, lo fai sperimentare, è evidente che quella persona diventa buona, è evidente che diventa una persona ubbidiente, è evidente che è una persona che andrà naturalmente in Chiesa, si confesserà, parteciperà all'Eucarestia, non perché tu l'hai obbligata, ma perché questa persona ha incontrato Gesù.
Il successo del catechista è nel vedere che la persona non sa il catechismo a memoria, ma ha conosciuto Gesù.