29 Aprile 1964
Diletti Figli e Figlie!
Il sentimento, che nasce nel Nostro cuore alla visione della vostra presenza - anche oggi quanto numerosa, quanto varia, e quanto affettuosa! - è quello della riconoscenza: grazie, grazie, diciamo a ciascuno di voi per essere venuto a visitarci, a procurarci il piacere di conoscervi, di salutarvi, di pregare con voi, di benedirvi.
Voi capite come questo sentimento cresce in proporzione della devozione che qua vi conduce, dei disagi e delle spese del vostro pellegrinaggio, della distanza, che voi avete superata per avvicinarvi alle tombe degli Apostoli ed a Noi; così quelli che vengono da più lontano Ci sono ora più vicini!
Questo Nostro ringraziamento, carissimi Figli e Figlie, non è soltanto l'espressione doverosa e consueta della cortesia di chi è visitato ai suoi visitatori; è qualche cosa di più: è la voce della carità, di cui vive la Chiesa, è la vibrazione dei vincoli che uniscono il Padre ai suoi figli a lui stretti d'intorno, è la prova dell'unità spirituale, che a questo incontro esteriore mostra l'interiore, rete di rapporti che tutti ci fa fratelli in Cristo, e tutti variamente imparentati nella compagine organica e visibile del suo mistico Corpo: voi Figli e Figlie, e Noi, in Cristo, vostro Padre; voi discepoli, e Noi per suo mandato, maestro vostro; voi gregge del Signore, e Noi, nel suo nome, vostro Pastore.
Comprendete perciò come un'udienza, pia e domestica come questa, è per Noi come una festa di famiglia, una consolazione dello spirito, una celebrazione del mistero della Chiesa.
Perciò vi siamo grati della vostra venuta; perciò accogliamo con umile gioia le vostre acclamazioni, non fermate alla Nostra Persona, ma rivolte al ministero, che esercitiamo, e al Signore, che rappresentiamo.
Vi diremo di più: la vostra adesione è la Nostra letizia, la Nostra speranza nelle tante apprensioni, nelle tante necessità, nelle tante pene, che fanno grave - voi lo potete ben credere - il Nostro servizio apostolico.
Voi Ci confortate al pensiero, nascente della vostra fedeltà, che la forza del Papa è l'amore dei suoi figli.
Qui, ora, quasi Ce ne fate gustare l'esperienza; Noi ve ne siamo, Figli e Figlie, gratissimi.
Sì, la forza del Papa è l'amore dei suoi figli, è l'unione della comunità ecclesiastica, è la carità dei fedeli che sotto la guida formano un Cuor solo e un'anima sola.
Questo contributo di energie spirituali, che viene dal popolo cattolico alla Gerarchia della Chiesa, dal singolo cristiano fino al Papa, Ci fa pensare alla Santa, che domani la Chiesa onorerà con festa speciale, Santa Caterina da Siena, l'umile, sapiente, impavida vergine domenicana, che, voi tutti sapete, amò il Papa e la Chiesa, come non si sa che altri facesse con pari altezza e pari vigore di spirito.
Fra le tante e immense cose che questa devotissima figlia della Chiesa c'insegna, due ne possiamo ricordare quasi a conferma di quanto vi stiamo dicendo; e cioè: anche una povera donna, una figliola del popolo, può amare e quindi servire la Chiesa ed il Papato con grandezza d'animo superlativa e con effetti benefici, che solo la Provvidenza, per verità, può disporre e calcolare.
Cioè tutti, come del resto voi fate in questo momento, devono amare la Chiesa, e tutti possono renderle così un grande dono: quello del cuore.
E poi: la Chiesa ed il Papato si possono e si devono amare, S. Caterina ce lo insegna, anche se il loro volto fosse velato da umane infermità: la testimonianza di fedeltà e di carità sarà allora più grande, più intelligente, più meritoria; ed è forse questa la lezione di cui tanti moderni, che pur si dicono cattolici, bene non comprendono, intenti come sono, e quasi appassionati a cercare difetti nella Chiesa e nella Curia Romana, formulando critiche non sempre serene e talora non oggettive.
Gesù una volta ebbe a dire: « Beato colui che non si sarà scandalizzato di me » ( Mt 11,6 ); è parola, che la storia della Chiesa ci fa meditare; e che il figlio della Chiesa, che abbia di essa l'intelligenza vera e che ad essa dia tributo di carità vera, ancor oggi troverà, come Gesù l'annunciò, sorgente di beatitudine.