25 Aprile 1967
Diletti Figli e Figlie!
La vostra visita coincide con la festa d'un santo, che Ci è molto caro: San Marco Evangelista.
Perché molto caro?
Perché, secondo un'antichissima testimonianza del secondo secolo, quella di Papia, riportata da Eusebio nella sua Storia della Chiesa ( III, 39,15 ), Marco « era stato l'interprete di Pietro ».
E così tutta la tradizione successiva ( cf. Lagrange, Introdud. XXI, ss. ), tanto che San Girolamo, nel suo libro sugli Scrittori ecclesiastici, scrive: « Marco, discepolo e interprete di Pietro, pregato dai fratelli ( della comunità ) di Roma, scrisse un breve Vangelo secondo quanto egli aveva ascoltato Pietro riferire » ( c. 8 ).
E che Pietro avesse particolare affezione a Marco ce lo dice, alla fine della sua prima lettera, Pietro stesso, che scrivendo da Roma ai cristiani dell'Asia Minore, verso gli anni 63-64, nomina solo Marco e gli dà il titolo di « figlio mio » ( 1 Pt 5,13 ); titolo che indica un'affezione di lunga data, spirituale, e forse anche fondata su qualche parentela familiare ( cf. Hophan, Gli Apostoli, 314, ss. ).
La storia di Marco ( di Giovanni, suo nome ebraico, detto Marco, nome latino; cf. At 12,12 ) è interessantissima; s'intreccia forse con quella di Gesù, nell'episodio del ragazzo che, nella notte della cattura di Lui nell'orto degli ulivi, lo seguiva, dopo la fuga dei discepoli, coperto da un lenzuolo - per curiosità? per devozione? - ma quando coloro che avevano arrestato Gesù, fecero per afferrarlo, il ragazzo lasciò loro nelle mani il lenzuolo, e sgusciò via da loro ( Mc 14,52 ).
Ma soprattutto la storia di Marco si fonde con quella degli Apostoli: Paolo e Barnaba, specialmente, che egli segue a Cipro nella prima spedizione apostolica ( era cugino di Barnaba ), e che poi, forse stanco, forse impaurito, giunto a Perge, nella Pamfilia, egli abbandona per ritornarsene solo da sua madre, a Gerusalemme ( At 13,13 ).
Paolo ne fu addolorato; tanto che non lo volle compagno, tre o quattro anni dopo, nel secondo viaggio, nonostante che Barnaba intercedesse; così che Barnaba e Marco lasciarono Paolo con Sila per navigare a Cipro ( At 15,37-40 ).
Ma poi Paolo deve aver perdonato a Marco la sua prima infedeltà nella fatica apostolica, perché tre volte lo nomina amorevolmente nelle sue lettere ( Fm 24; Col 4,10; 2 Tm 4,11 ).
E dei rapporti fra l'apostolo Pietro e Marco, oltre a quelli accennati, poco sappiamo; ma ci basta qui far nostra la conclusione della tradizione e degli studi moderni:
il Vangelo di San Marco è una riproduzione scritta della catechesi narrativa dell'apostolo Pietro a Roma;
esso riflette, senza intenti letterari, ma con grande semplicità e vivezza di particolari, i racconti di S. Pietro circa le memorie di lui;
la sua documentazione è principalmente, se non la sola, la parola stessa dell'Apostolo, riportata come la relazione genuina d'un testimonio oculare, che conserva di Gesù la più immediata impressione.
La figura di San Pietro, nel secondo Vangelo, quello appunto di Marco, appare con qualche particolare risalto, sebbene non mai adulata, ma meglio delineata, anche nella descrizione dei suoi falli; ma è la figura del Maestro, quella « di Gesù Cristo, Figlio di Dio » ( Mc 1,1 ), che campeggia umile e grande insieme, semplice e prodigiosa, meravigliosa, avvincente.
Non è una figura idealizzata, descritta con fantasia d'artista; è una figura veduta, quella veduta da Pietro.
« Raccontando la storia del Cristo, egli la viveva di nuovo.
Egli udiva parlare il Signore, lo vedeva muoversi ed agire » ( Huby, S. Marco, XXII ).
Perciò San Marco ci ha lasciato in brevi pagine disadorne e non sempre ordinate, ma estremamente sincere e vive, l'immagine di Cristo, come San Pietro la ricordava e la portava scolpita nella semplicità fedele, umile ed entusiasta del suo cuore, realisticamente.
Ecco perché Ci è caro San Marco: egli ci riporta il profilo di Cristo, nello sfondo del disegno sinottico primitivo ( cf. Vannutelli ), visto da San Pietro.
E San Pietro, offrendoci la visione sensibile e scenica di Cristo, c'introduce alla conoscenza di Cristo quale veramente è; una conoscenza che solo la fede in qualche modo può afferrare e penetrare.
Ed ecco anche perché a voi, diletti Figli e Figlie, che oggi vediamo in così grande numero ed in tanto fervore intorno alla tomba di San Pietro, raccomandiamo ciò che più preme, ciò che più vale:
la conoscenza di quel Gesù, che Pietro qui a Roma, per il mondo intero, annunciò;
l'adesione a quella fede in Cristo Signore, per amore del Quale egli fu apostolo e fu martire;
fede che qui potete attingere, dove l'autenticità evangelica la sigilla, e dove essa si perpetua nella sua nativa e limpida veracità e nella sua coerente e secolare fecondità nel magistero della Chiesa ed è simboleggiata dalla stabilità della pietra, che da Cristo all'Apostolo fu data in nome e alla Chiesa per fondamento.
Poco altro sappiamo di San Marco; da Roma egli si recò in Egitto e fu il fondatore riconosciuto della Chiesa di Alessandria; le sue reliquie, Venezia gloriosa e devota le custodisce; ma il suo Vangelo di qua soprattutto rifulge, dove Pietro e Paolo, suoi maestri, fecero di Marco l'Evangelista contrassegnato dal simbolo del leone.
Un atto di fede in Cristo, e un atto d'amore a Lui sono attesi da voi, Figli carissimi, per dare a questa Udienza il suo pieno significato ed il suo merito; ed è ciò che vi invitiamo a fare col Credo, che alla fine dell'udienza, prima di congedarvi con la Nostra Benedizione Apostolica, insieme noi canteremo.