25 Ottobre 1967
Diletti Figli e Figlie!
Quando noi abbiamo la fortuna d'incontrarci con fedeli premurosi e devoti, quali voi siete, sempre sorge nel Nostro animo il pensiero reso abituale ed insistente dal Concilio Ecumenico e dal recente Congresso dell'apostolato dei Laici, il pensiero cioè circa la vostra vocazione all'apostolato.
Non vi può essere, è stato detto, un fedele sincero e cosciente che non sia interessato alla causa del Vangelo nel mondo, all'attività e alla missione della Chiesa, alla salvezza degli uomini che lo circondano; ogni rapporto umano, in questa concezione della economia della Redenzione, tende a concorrere a questo disegno divino, tende a diventare testimonianza e collaborazione con l'apostolato della Chiesa.
Se così è, e davvero è così, Noi Ci domandiamo, incontrando i Nostri figli che con la loro visita Ci professano la loro fedeltà e Ci dimostrano il loro buon volere, Ci domandiamo se essi sono entrati in questo ordine di idee, da cui la Chiesa deve attingere il suo rinnovamento e deve trovare le risorse per il superamento delle difficoltà che l'età nostra oppone alla vita cristiana.
Se Noi ora diciamo a voi, ad alta voce, questo Nostro segreto interrogante pensiero, vuol dire che Noi speriamo che la vostra risposta sia senz'altro quella positiva e coraggiosa del sì alla chiamata che la Chiesa rivolge ad ogni autentico suo figlio: sì, noi vogliamo superare il momento di indifferenza, di timidezza, d'inettitudine, che preme su ciascuno spirito, e vogliamo dare all'apostolato della Chiesa viva e moderna il nostro contributo.
È così? Certamente, Figli carissimi, deve essere così!
È il Nostro invito, il Nostro augurio, la Nostra esortazione.
E perché ognuno di voi abbia da ciò occasione per riflettere come fare e che cosa fare, Ci limiteremo a ricordarvi che l'apostolato, a cui siete chiamati, può esprimersi in due forme fondamentali : una individuale, l'altra collettiva.
Chiunque, anche da solo, può fare qualche cosa per il regno di Dio, secondo il proprio genio e le proprie possibilità.
« Una forma particolare di apostolato individuale, dice il Concilio …, è la testimonianza di tutta la vita laicale promanante dalla fede, dalla speranza e dalla carità » ( Ap. actuos., n. 16 ).
È il modo ben noto dell'esempio, del buon esempio.
Almeno questo apostolato ciascuno lo può dare, se vuole; e lo deve dare.
Ogni convinto cristiano deve irradiare d'intorno a sé una parola vissuta, quella dello stile del suo pensiero e della sua maniera di agire; ognuno deve in qualche modo impressionare nel bene gli altri e l'ambiente in cui vive con la rettitudine della propria condotta, con l'osservanza della norma cristiana, con l'espressione della sua mentalità derivante da Cristo la sua ispirazione chiara, semplice, lineare, in una parola, esemplare.
In un mondo, in cui i cattivi esempi, gli scandali, gli oltraggi alla onestà del pensiero e del costume traboccano, procuri ognuno di diffondere l'esempio della coerenza cristiana e cerchi d'immunizzare se stesso dal contagio dei disordini intellettuali e morali che minaccia la società e d'infondere nel vivere sociale stesso qualche tonico incitamento al bene.
Ecco il primo apostolato.
A voi lo raccomandiamo di cuore, mentre tutti vi benediciamo.