5 Gennaio 1969
Diletti Figli e Figlie!
L'anno civile ora cominciato rimette sulle Nostre labbra l'antico augurio: anno nuovo, vita nuova; augurio questo che interpreta una delle più generali e caratteristiche aspirazioni dell'uomo moderno e non meno del cristiano.
La novità è la veste della vita contemporanea.
Come dopo l'inverno la vegetazione naturale sembra rinascere e tutta si rinnova nella fresca e fiorente esplosione primaverile, così l'età nostra segna una stagione storica di grandi cambiamenti e di profondo rinnovamento, che toccano ogni forma di vita: il pensiero, il costume, la cultura, le leggi, il tenore economico e domestico, i rapporti umani, la coscienza individuale e collettiva, la società intera.
Ci siamo abituati a questo grande fenomeno di trasformazione, che investe ogni cosa, ogni strumento, ogni persona, ogni istituzione; ed in maniera così rapida e universale, che tutti si ha l'impressione d'essere trascinati e travolti da una corrente irresistibile, come da un fiume che ci investe e ci porta via.
È anzi da notare che la presente generazione è come inebriata da questa mutazione; la chiama progresso e vi partecipa, anzi vi collabora con forza e con entusiasmo, e spesso senza alcuna riserva: il passato è dimenticato, la tradizione interrotta, le abitudini abbandonate.
Anzi si notano segni di impazienza e di intolleranza, là dove una qualche stabilità, una qualche lentezza tende ad evitare o a frenare in qualche settore la trasformazione, che si vuole generale, e che si crede in ogni caso necessaria, benefica, liberatrice.
Così si parla sempre di rivoluzione, così si solleva oggi in ogni campo la « contestazione », senza spesso che ne sia giustificato né il motivo, né lo scopo.
Novità, novità; tutto è messo in questione, tutto dev'essere in crisi.
E siccome tante cose hanno bisogno reale di correzione, di riforma, di rinnovamento, e siccome oggi l'uomo ha acquistato la coscienza sia delle deficienze in cui si svolge la sua vita, sia delle possibilità prodigiose con cui si possono produrre mezzi e forme nuove di esistenza, egli non sta più tranquillo; una frenesia lo prende, una vertigine lo esalta, e talora una follia lo invade per tutto rovesciare ( ecco la contestazione globale ) nella cieca fiducia che un ordine nuovo ( parola vecchia ), un mondo nuovo, una palingenesi ancora non bene prevedibile sta per sorgere fatalmente.
È questo un tema di pensiero che si è fatto sentimento comune, opinione pubblica, legge storica.
Cosi oggi è la vita.
Non saremo Noi a contestare del tutto questa contestazione, questo bisogno di rinnovamento, che per tante ragioni ed in certe forme è legittimo e doveroso.
Certo: est modus in rebus: una misura s'impone.
Ma il bisogno è reale.
Anzi vi ricordiamo, Figli carissimi, che una seconda spinta, oltre quella del nostro momento storico-culturale-sociale, accresce in noi e giustifica, con nuovi motivi, l'aspirazione alla vita nuova; ed è la spinta data alla coscienza dell'uomo moderno, e specialmente dell'uomo di Chiesa, dal recente Concilio.
Che il Concilio abbia avuto ed abbia tuttora come suo fine generale un rinnovamento di tutta la Chiesa ( cfr. Optatam totius, intr. e concl.; Lumen Gentium, n. 4, n. 15; Unitatis redintegratio, n. 6; ecc. ) e di tutta l'attività umana, anche nella sfera profana ( Gaudium et Spes, n. 43 ), è verità che traspare da ogni documento e dal fatto stesso del Concilio medesimo; ed appunto opportuna la domanda se noi abbiamo bene riflettuto su questo scopo principale del grande avvenimento.
Anch'esso s'iscrive nella grande linea del movimento trasformatore moderno, del dinamismo proprio del nostro periodo storico.
Anch'esso tende a produrre un rinnovamento.
Ma quale rinnovamento?
La risposta è complessa, perché molti sono i settori ai quali il rinnovamento vorrebbe applicarsi; e questa molteplicità ha dato pretesto anche ad arbitrarie intenzioni, le quali si vorrebbero attribuire al Concilio, come l'assimilazione della vita cristiana al costume profano e mondano, l'orientamento, così detto orizzontale, della religione rivolta non più al primo e sommo amore e culto di Dio, ma all'amore e al culto dell'uomo, la sociologia come criterio principale e determinante del pensiero teologico e dell'azione pastorale, la promozione d'una presunta e inconcepibile « repubblica conciliare »; e così via.
Cosi ha dato occasione a tentativi di « aggiornamento » su vari punti della vita cattolica, circa i quali è tuttora aperta la discussione e in via d'esperimento l'applicazione; specialmente s'è parlato e si parla delle « strutture » della Chiesa, con intenzioni non sempre consapevoli delle ragioni che le giustificano e dei pericoli che deriverebbero dalla loro alterazione o dalla loro demolizione.
È da notare che l'interesse per il rinnovamento è stato da molti rivolto alla trasformazione esteriore e impersonale dell'edificio ecclesiastico, e all'accettazione delle forme e dello spirito della Riforma protestante, piuttosto che a quel rinnovamento primo e principale che il Concilio voleva, quello morale, quello personale, quello interiore; quello cioè che deve ringiovanire la Chiesa nella coscienza del suo mistero, della sua adesione a Cristo, della sua animazione per virtù dello Spirito Santo, della sua compagine fraterna e gerarchica, della sua missione nel mondo, della sua ultraterrena finalità che la rende pellegrina, povera e buona nel suo passaggio nel corso del tempo.
« Ogni rinnovamento della Chiesa - dice sapientemente il Decreto conciliare sull'ecumenismo ( n. 6 ) - consiste essenzialmente nell'accresciuta fedeltà alla sua vocazione ».
E, passando dalla considerazione comunitaria a quella di ogni singola persona, aggiunge: « Non vi è vero ecumenismo senza conversione interiore » ( n. 7 ).
Figli carissimi!
Noi vorremmo invitarvi tutti a meditare questa fondamentale intenzione del Concilio: quella della nostra riforma interiore e morale.
Siamo convinti che la voce del Concilio è passata sopra le nostre anime come un vento parlante, come una chiamata personale?
Ad essere veramente cristiani, veramente cattolici, veramente membra vive ed operanti del Corpo mistico del Signore, ch'è la Chiesa?
Abbiamo avvertito che il Concilio è una vocazione per ciascuno di noi all'autenticità cristiana, alla coerenza tra la fede e la vita, alla professione reale, nel cuore e nelle opere, della carità?
Abbiamo meditato quella sublime e pur tanto ovvia parola del Concilio che vuole perfetto e santo ogni seguace di Cristo, in qualsiasi condizione di vita egli si trovi ( cfr. Lumen Gentium, n. 40 )?
San Paolo ce lo ripete: « In novitate vitae ambulemus »: « dobbiamo camminare in novità di vita » ( Rm 6,4-12,2 ).
Ecco dunque il senso del consueto e sereno augurio per l'anno nuovo: quello d'una vita nuova, più cristiana, più buona.
Con la Nostra Benedizione Apostolica.