17 Giugno 1970
Nella nostra ricerca delle idee principali del Concilio, ricorrenti nelle dottrine dei suoi documenti, e informatrici dello stile ecclesiale, che tutto lo penetra, una troviamo, sulla quale non possiamo non fermare la nostra attenzione; ed è l'idea di servizio.
Non è certo un'idea nuova nella concezione religiosa, intesa come un ordine stabilito da Dio, nel quale ordine ogni creatura, anche l'uomo, creatura libera, si trova implicata e subordinata.
Il timore di Dio, essenza del senso religioso naturale, è definito « principio della sapienza » ( Sal 111,10; Sir 1,16 ); è il principio logico e ontologico della filosofia biblica, e proclama al tempo stesso il dominio assoluto di Dio creatore e la dipendenza, sia pure libera, ma moralmente necessaria, dell'uomo.
Il dovere fondamentale di adorazione ( latria ) si evolve in quello di servizio ( diaconia ).
Nell'ambito religioso della rivelazione, questo concetto di servizio assume figura particolare nella seconda parte del libro di Isaia, nel quale la figura misteriosa del « servitore del Signore » si presta a diverse interpretazioni, tra le quali prevale chiaramente quella del Messia redentore ( Cfr. Is 42,1ss; Is 4,3-6; Is 52,13-53 ).
Gesù, come tutti sanno, sebbene Figlio di Dio, volle assumere natura di schiavo, facendosi simile all'uomo, « umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte di croce » ( Cfr. Fil 2,6-8 ).
Tutto il Vangelo si svolge in uno spirito di sudditanza alla volontà del Padre, e in uno spirito di servizio al bene altrui; questo spirito informa tutta la missione di Cristo, il Quale dice apertamente di se stesso che « il Figlio dell'uomo - cioè Gesù, il Messia - non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in redenzione di molti » ( Mt 20,28 ).
E tutti sappiamo come Gesù ha fatto del suo esempio una legge ai suoi discepoli; vale la pena di citare il testo di questa grande lezione riformatrice e costituzionale per la Chiesa: « I re delle nazioni le dominano, e quelli che hanno autorità su di esse sono chiamati benefattori.
Non sia però così fra voi; anzi il più grande fra voi sia come il più piccolo; e chi governa sia come colui che serve …
Io sto in mezzo a voi come uno che serve » ( Lc 22,26-27 ).
Questo insegnamento del Signore è stato espressamente e intenzionalmente assunto dal Concilio, e riferito in modo esplicito e diretto all'autorità che governa il Popolo di Dio, riprendendo un tema che pervade tutta la tradizione ecclesiastica, e che identifica la potestà col ministero ( Cfr. Congar, Pour une Eglise servante et pauvre, p. 15 e n. 2 ).
Sant'Agostino ci offre al riguardo le formole più incisive, e con lui San Gregorio Magno ( Cfr. ID., L'Episcopat et l'Eglise universelle, p. 26 ss.; 101-132 ).
E ministero vuol dire servizio, servizio per amore, per altrui utilità, con sacrificio di sé.
L'affermazione del Concilio su questo punto ( Cfr. Lumen gentium, 32) è molto importante ed è destinata a rettificare e ad autenticare l'esercizio dell'autorità nella Chiesa, a riportarne le forme alle sue genuine espressioni pastorali, a rivelare il titolo fondamentale della potestà gerarchica nella Chiesa, l'amore, a rivendicarne, nell'umiltà e nella dedizione, la dignità e la necessità.
È un'affermazione che, prima d'ogni altro, riguarda l'ufficio a noi commesso nella Chiesa universale; e noi preghiamo Cristo Signore, come ci raccomandiamo alla pietà dei nostri fratelli e dei nostri figli, per potervi dare fedele ed esemplare osservanza, quale si conviene a chi fa proprio il titolo di « servo dei servi di Dio ».
Questo tema del servizio come ragion d'essere dell'autorità nella Chiesa si presta a molte considerazioni, sia per chi vuole rintracciare nelle pagine del Nuovo Testamento l'eco alla parola magistrale di Gesù; ovvero per chi lo cerca nella documentazione patristica, o teologica ( Cfr. ad es. Summ. Theol., II-II, 88, 12 ); oppure per chi rintraccia nella lunga storia della Chiesa la congiunzione della potestà pastorale con l'autorità civile con le relative complicazioni e alterazioni del concetto evangelico dell'ufficio gerarchico; o anche, come oggi si sta facendo, per chi va cercando le forme e lo stile con cui la Chiesa deve esercitare la sua autorità gerarchica: l'idea del servizio rimane il parametro di confronto e di perfezionamento canonico del potere conferito da Cristo ai suoi Apostoli e ai loro successori per la guida del Popolo di Dio.
Ma Noi qui ci limitiamo ad alcune rapide e semplici osservazioni.
Il fatto che Gesù Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse governata in spirito di servizio non vuol dire che la Chiesa non debba avere una potestà di governo gerarchico:
le chiavi conferite a Pietro dicono qualche cosa, dicono assai;
come la parola di Gesù che trasferisce agli Apostoli la sua divina autorità, quasi identificandosi con loro: « Chi ascolta voi, ascolta me; e chi disprezza voi, disprezza me » ( Lc 10,16 ), c'insegna di quale potere, pastorale sempre, e destinato al bene della Chiesa, ma forte ed efficace, siano rivestiti coloro che rappresentano Cristo, non per elezione dalla base, o per incarico della comunità, ma per trasmissione apostolica, mediante il sacramento dell'ordine sacro;
e ci spiega come l'apostolo Paolo, il quale aveva ben chiara coscienza d'essere al servizio di tutti: debitor sum ( Rm 1,14 ), non tema di minacciare i Corinti riottosi di ritornare da loro, se occorresse, in virga ( 1 Cor 4,21 ), col bastone del castigo; ed anche di tradere … Satanae, cioè di scomunicare, di consegnare a Satana l'incestuoso infelice.
Un'altra osservazione: tutto « l'ordinamento ecclesiale è inteso esattamente solo se concepito come ordinamento di servizio.
Per comprendere esattamente il compito ministeriale della gerarchia ecclesiastica è necessario inserirlo nel problema più ampio della funzione di servizio, che spetta a tutti i membri della Chiesa …
Il servizio ecclesiale è compito proprio di tutti i membri della Chiesa » ( Löhrer, La gerarchia al servizio del popolo cristiano, nel vol.: La Chiesa del Vaticano II, p. 699 ).
E questo vale per ogni singolo fedele, ma ancor più per tutto il corpo ecclesiale; la Chiesa intera è al servizio dell'umanità; è questa l'idea centrale, della Costituzione pastorale Gaudium et spes ( Cfr. Gaudium et spes, 3, n. 11, n. 42, n. 89, etc. ).
È fuori dubbio che, se la Chiesa sarà imbevuta di questa coscienza del servizio di salvezza, ch'essa deve al mondo, essa sarà più premurosa e gelosa d'essere unita, d'essere santa, d'essere disinteressata, d'essere missionaria, d'essere comprensiva dei bisogni del nostro tempo; e diventerà più sollecita nella fedeltà al duplice compito che, a tal fine, le è assegnato: mantenere intatta la fede, cioè il patrimonio di verità e di grazia, che Cristo le consegnò; e rendersi progressivamente capace di comunicare agli uomini il suo messaggio ed il suo carisma di salvezza.
Così che l'idea di servizio, lungi dall'incombere sulla Chiesa come un peso opprimente e paralizzante, l'abilita a rinnovarsi nella sua autentica vocazione interiore e ad effondersi in apostolato sempre nuovo, sempre geniale, sempre generoso.
È la forza rigeneratrice del dovere; è l'energia espansiva dell'amore.
Resterebbe da spiegare come questa idea di servizio si possa accordare con quella della libertà, di cui il Concilio ci ha pure lasciato indimenticabili insegnamenti.
Ma Noi opiniamo che ciascuno possa da sé scoprire il nesso armonico fra queste due idee conciliari, solo che siano comprese nel loro giusto significato.
Lo auspichiamo, con la Nostra Apostolica Benedizione.